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La circolazione transnazionale delle perdite fiscali

Quando si tratta di operazioni compiute da residenti all'estero o dai non residenti in Italia vengono applicate le disposizioni nazionali in ottemperanza alle convenzioni contro le doppie imposizioni. Nella tassazione internazionale il paese di residenza fiscale del contribuente di norma garantisce un credito d'imposta o l'esclusione dall'imposizione per i redditi prodotti all'estero, ma diverso è il caso della maturazione di una perdita fiscale, in ossequio alla quale non si è chiamati al pagamento di alcuna imposta. L'art.166 comma 2-bis del Tuir, introdotto dal D.Lgs. n.344 del 2003, stabilisce: “Le perdite generatesi fino al periodo d'imposta anteriore a quello da cui ha effetto il

trasferimento all'estero della residenza fiscale, non compensate con i redditi prodotti fino a tale periodo, sono computabili in diminuzione del reddito della predetta stabile organizzazione ai sensi dell'articolo 84 e alle condizioni e nei limiti indicati nell'articolo 181”. Secondo la norma nazionale in caso di trasferimento della residenza fiscale

all'estero, tanto del soggetto Ires quanto del soggetto Irpef, le perdite fiscali maturate e

115 DAMIANI M., Società di comodo tra disfavore fiscale e coerenza con il principio di inerenza, in Corriere

non utilizzate prima del periodo d'imposta nel quale si è verificato il trasferimento della sede sono utilizzabili dalla stabile organizzazione in Italia secondo le regole stabilite per i soggetti Ires all'art.84 del Tuir e nel limite dettato all'art.181 rappresentato dalla differenza tra gli elementi attivi e passivi riconducibili alla stabile organizzazione.116 Non

approfondendo la definizione di stabile organizzazione è tuttavia opportuno inquadrare l'istituto al fine di comprendere le problematiche che potrebbero sorgere nel definire la sorte delle perdite fiscali. La definizione di stabile organizzazione enunciata all'art.162 del Tuir, in aderenza della definizione pervenuta dall'art.5 del modello OCSE, si concretizza in una mera organizzazione del soggetto non residente, la casa madre, non necessariamente a carattere materiale. Sebbene non costituisca un soggetto di diritto autonomo rispetto alla casa madre, lo stesso non può dirsi ai fini fiscali, visto che rappresenta il centro di imputazione delle situazioni giuridiche dell'impresa non residente, tanto nella definizione del presupposto dell'imposta, quanto negli obblighi derivanti dall'applicazione del tributo. Nella determinazione del reddito della stabile organizzazione vengono applicate le disposizioni destinate ai soggetti Ires. La stabile organizzazione costituendo un'entità distaccata dalla casa madre, ma non autonoma, può definire il proprio reddito mediante due criteri: il metodo diretto e quello indiretto. In base al primo, l'organizzazione verrà considerata come un'entità autonoma e definirà in via indipendente rispetto alla casa madre il proprio reddito, al contrario il metodo indiretto imporrà la determinazione del risultato economico globale (stabile organizzazione e casa madre) e imputandolo in proporzione agli elementi patrimoniali alla stabile organizzazione. La prima implicazione che ne deriva dall'utilizzo di una siffatta metodologia risulta essere la forzata imputazione del risultato globale alla società distaccata. In materia di perdite fiscali le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni riconoscono allo stato di residenza la mancata deduzione della perdita conseguita nello stato della stabile organizzazione, ma questo non svantaggia il contribuente, nel caso in cui nello stato della stabile organizzazione si consenta la deduzione della perdita. Questa limitazione trova la sua fondatezza nell'evitare che il

116FALSITTA G., FANTOZZI A., MARONGIU G., MOSCHETTI F., cit., p.818; PRAMPOLINI A., MICHELUTTI R.,

Riporto delle perdite nella 'exit tax', in Corriere tributario, n.46/2013, p.3655 e ss; SACCARDO N., Considerazioni in materia di perdita e acquisto della residenza in corso d'anno, in Rivista di diritto

contribuente ottenga un duplice beneficio fiscale, realizzato attraverso la doppia deduzione della perdita. In realtà la convenzione permetterebbe allo stato di residenza di riconoscere l'utilizzo della perdita fiscale prodotta all'estero, limitando l'esenzione dall'imposta degli utili o dei redditi futuri prodotti all'estero, deducendo l'ammontare di perdita pregressa che il contribuente ha facoltà di riportare nello stato estero.117 La

stessa convenzione precisa che nessuna regola può essere stabilita a priori visto che le discipline degli stati possono anche differire in misura rilevante e sarà perciò compito dello stato stabilire le opportune regole da adottare. Come si è già affermato la normativa nazionale disciplina le perdite fiscali nei rapporti con l'estero all'art.166 e 181 del Tuir.

Prima ancora di comprendere quale sia la sorte delle perdite fiscali inutilizzate al momento del trasferimento della sede all'estero è opportuno precisare che la perdita, sia essa di periodo o pregressa, potrà essere utilizzata in compensazione con l'eventuale saldo positivo netto derivante dalla differenza tra le plusvalenze e le minusvalenze conseguite per effetto dello stesso trasferimento. Risulta evidente che il trasferimento della residenza dovrebbe chiudere i conti con l'ordinamento nazionale e risulterebbe irragionevole considerare in maniera differente le perdite da realizzo assimilato da quelle da realizzo effettivo.118 Tale compensazione dovrà comunque avvenire nel rispetto

dell'art.84 del Tuir. Alla presenza di un risultato negativo in conseguenza delle precedenti operazioni di compensazione la sorte della perdita dipende dal perdurare o meno nel territorio nazionale di una stabile organizzazione.

Nel caso in cui il soggetto mantenga in Italia il collegamento della stabile organizzazione le perdite pregresse non utilizzate dal soggetto trasferitosi all'estero possono essere compensate dall'organizzazione rimasta in Italia. Questo orientamento è avvenuto con il recepimento della direttiva comunitaria n. 2005/19/CE, la quale ha previsto all'art.13 comma 2, la possibilità del riporto delle perdite fiscali alle sole operazioni compiute all'interno dei confini nazionali.119 Infatti la stessa normativa nazionale all'art.152

comma 1 rinvia le disposizioni in materia di determinazione del reddito d'impresa, ivi comprese le limitazioni operate dall'art.84 del Tuir in materia di riporto delle perdite

117 VALENTE P., Convenzioni contro le doppie imposizioni, Ipsoa, Milanofiori Assago, 2012, p.775;

TESAURO F., cit., p.185.

fiscali pregresse.120 Per gli imprenditori individuali troveranno applicazione le

disposizioni dell'art.8 comma 3, nel limite della sola quota di reddito prodotta dalla stabile organizzazione nei periodi d'imposta successivi. Riconosciuta la deducibilità della perdita fiscale nel solo ambito della stabile organizzazione è necessario comprendere quale sia il meccanismo per il calcolo della perdita fiscale. La relazione di accompagnamento al D.Lgs. n.199 del 2007 ha stabilito che occorre dapprima calcolare il rapporto tra il patrimonio netto contabile della società e il patrimonio della stabile organizzazione e successivamente identificare la quota di perdita fiscale residua della società trasferita. La perdita fiscale viene perciò determinata in via presuntiva, poiché nel meccanismo di calcolo non si tiene conto dell'origine della perdita fiscale. Si pensi ad una società con a carico perdite pregresse che decida di trasferire all'estero la propria residenza fiscale, mantenendo in Italia una stabile organizzazione. L'ammontare di perdita utilizzabile dovrà in primis riferirsi alla stabile organizzazione e in secondo luogo sarà utilizzabile solo nella misura del patrimonio netto della società trasferita rimasto in Italia, sebbene, si ricorda, essere stata interamente prodotta nel territorio nazionale. Il diritto alla compensazione delle perdite trova una compressione nel diritto di libertà di circolazione.

Nell'ipotesi in cui il soggetto non mantenga in Italia una stabile organizzazione le implicazioni che ne derivano sono differenti. Innanzitutto la mancanza di una stabile organizzazione nel territorio nazionale fa venir meno l'esistenza di un reddito d'impresa del soggetto estero, il quale verrà assoggettato, per rinvio dell'art.152 comma 2 del Tuir, alle disposizioni normative contenute al titolo I, ivi comprese le limitazioni dell'art.8. La mancanza di una stabile organizzazione in Italia impedisce, tanto ai soggetti Irpef quanto

119 CARINCI A., Stabile organizzazione e circolazione transnazionale delle perdite, in Diritto e pratica

tributaria, n.5/2014, parte 1, p.855 e ss. Il testo normativo dell'articolo 13 recita: “una società che

trasferisce la sua sede sociale entro l’ambito del territorio di uno Stato membro ha facoltà di riportare in esercizi successivi o anteriori le perdite che non erano state esaurite per scopi fiscali, detto Stato membro autorizza la stabile organizzazione, situata nel suo territorio, della SE o della SCE che trasferisce la sede sociale a rilevare le perdite della SE o della SCE che non sono ammortizzate dal punto di vista fiscale, a condizione che sia ammesso in analoghe circostanze il riporto delle perdite in esercizi successivi o anteriori da parte di una società che abbia mantenuto la sua sede sociale o la propria residenza fiscale nello Stato membro in questione”.

120 L'art.152 del Tuir recita: “ Per le societa' e gli enti commerciali con stabile organizzazione nel territorio

dello Stato, eccettuate le societa' semplici, il reddito complessivo e' determinato secondo le disposizioni della sezione I del capo II del titolo II, sulla base di apposito conto economico relativo alla gestione delle stabili organizzazioni e alle altre attivita' produttive di redditi imponibili in Italia”.

ai soggetti Ires, la possibilità di riportare in avanti le perdite pregresse rimaste inutilizzate nel periodo d'imposta nel quale è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale all'estero e di compensarle con eventuali redditi considerati prodotti nel territorio nazionale.121

Altra questioni potrebbero sorgere nel caso di trasferimento della residenza fiscale dall'estero in Italia, in merito al riconoscimento o meno alla riportabilità senza vincoli temporali delle perdite fiscali conseguite nel primo triennio dell'attività d'impresa svolta all'estero. Le modifiche apportate dal DL n.203/2006 vincolando il riporto illimitato al rispetto del requisito della novità dell'attività produttiva, ha risolto la questione in senso sfavorevole al contribuente straniero, in ragione del fatto che il trasferimento non può in alcun modo configurarsi come nuova attività imprenditoriale.

Capitolo 3

LE PERDITE FISCALI NEL REGIME DI TRASPARENZA FISCALE

3.1 Il sistema di trasparenza fiscale

Il legislatore tributario ha disposto per le società di persone all'art.5 del Tuir ed in taluni casi per le società di capitali all'art.115 e 116 del Tuir un particolare regime di tassazione, fondato sul principio della trasparenza fiscale, in base al quale il reddito conseguito dalla società, entità giuridica ed economica autonoma, viene determinato da questa e ripartito tra i singoli soci per essere tassato ai fini Irpef, con l'effetto che l'obbligazione tributaria sorgerà unicamente in capo al socio.122

L'art.5 comma 1 del DPR 917/1986 dispone per le società di persone che: “i redditi delle

società semplici, in nome collettivo ed in accomandita semplice residenti nel territorio dello stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazioni agli utili”. Ciò significa che i redditi

conseguiti dalle società di persone sono tassati non in capo ad esse, come accade per le società di capitali nell'imposta Ires, ma in capo ai soci risultanti al termine del periodo d'imposta123. Ad essi l'utile o la perdita conseguita dal soggetto collettivo, eccezione fatta

per le perdite conseguite dalle società in accomandita semplice eccedenti il capitale sociale, viene imputato per trasparenza nello stesso periodo d'imposta in cui è stato conseguito il reddito, prescindendo dall'effettiva percezione del reddito124 e in

proporzione alla quota di partecipazione agli utili detenuta dal socio all'inizio dell'esercizio che, salvo diversa disposizione contenuta nell'atto pubblico o nella scrittura privata autenticata di costituzione della società o in altro atto pubblico o scrittura privata autenticata di data anteriore all'inizio del periodo d'imposta, si presume

122 PACE A., Ancora sulla trasparenza fiscale nell'Ires: quale continuità con l'istituto disciplinato nell'articolo

5 del Testo Unico., in Bollettino tributario, n.7/2004, p.485 e ss. Il meccanismo della trasparenza fiscale

è stato adottato dal legislatore allo scopo di evitare una doppia imposizione economica sui redditi societari delle società di persone.

123 Nel corso del periodo d'imposta potrebbe cambiare la compagine societaria, in virtù della cessione di

quote dei soci o per effetto di recessi o esclusioni degli stessi. In tal caso v'è l'attribuzione dell'intero reddito dell'anno ai soci risultanti al momento della chiusura dell'esercizio sulla base della loro quota di partecipazione con l'effetto che ai vecchi soci non sarà attribuito alcun reddito e neppure avanzata alcuna pretesa tributaria da parte dell'amministrazione finanziaria. Quando ad essere modificata non è la compagine societaria, ma la quota delle partecipazioni dei soci l'effetto impositivo sorge a partire dal periodo d'imposta successivo.

essere proporzionale al valore del conferimento apportato dal socio. Qualora il valore del conferimento non risultasse determinato, le quote di partecipazione agli utili si presumeranno uguali.125 Nel caso in cui ad essere soci sono persone fisiche, enti non

commerciali residenti o società od enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello stato e privi di stabile organizzazione, il reddito conseguito dalla società viene determinato in base alle regole del reddito d'impresa, indicato come reddito da partecipazione nella dichiarazione dei redditi del socio e assoggettato all'aliquota progressiva Irpef. Se fosse invece una società di capitali o un ente commerciale residente a partecipare nella società di persone il reddito a questa imputato verrà anch'esso determinato con riferimento alle regole del reddito d'impresa, ma assoggettato all'imposta Ires.

Il regime della trasparenza fiscale rappresenta un regime di tassazione obbligatorio per le società di persone, ma facoltativo e alternativo al regime ordinario per le società di capitali nell'ambito delle imposte sul reddito delle società. I requisiti per l'opzione della trasparenza fiscale vengono individuate all'art. 115 comma 1126, che disciplina la cd

grande trasparenza, verificata quando le società di capitali sono partecipate esclusivamente da altre società di capitali, e all'art.116 comma 1127, che invece tratta la

cd piccola trasparenza, riguardante le società a responsabilità limitata a ristretta base

125 AA.VV., Memento pratico-fiscale 2015, cit., p.371 e ss.

126 LOVECCHIO L., Le novità del correttivo IRES sulla trasparenza delle società di capitali, in Bollettino

tributario, n.23/2005, p.1778 e ss. L'art.115 comma 1 definisce i requisiti soggettivi e oggettivi per l'opzione del regime di trasparenza fiscale enunciando: “1. Esercitando l'opzione di cui al comma 4, il

reddito imponibile dei soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a), al cui capitale sociale partecipano esclusivamente soggetti di cui allo stesso articolo 73, comma 1, lettera a), ciascuno con una percentuale del diritto di voto esercitabile nell'assemblea generale, richiamata dall'articolo 2346 del codice civile, e di partecipazione agli utili non inferiore al 10 per cento e non superiore al 50 per cento, e' imputato a ciascun socio, indipendentemente dall'effettiva percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Ai soli fini dell'ammissione al regime di cui al presente articolo, nella percentuale di partecipazione agli utili di cui al periodo precedente non si considerano le azioni prive del predetto diritto di voto e la quota di utili delle azioni di cui all'articolo 2350, secondo comma, primo periodo, del codice civile, si assume pari alla quota di partecipazione al capitale delle azioni medesime. I requisiti di cui al primo periodo devono sussistere a partire dal primo giorno del periodo d'imposta della partecipata in cui si esercita l'opzione e permanere ininterrottamente sino al termine del periodo di opzione. L'esercizio dell'opzione non e' consentito nel caso in cui: i soci partecipanti fruiscano della riduzione dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle società, la società partecipata eserciti l'opzione di cui agli articoli 117 e 130”.

127 L'articolo in esame al comma 1 stabilisce: ”L'opzione di cui all'articolo 115 puo' essere esercitata con le

stesse modalità ed alle stesse condizioni, ad esclusione di quelle indicate nel comma 1 del medesimo articolo 115, dalle società a responsabilità limitata il cui volume di ricavi non supera le soglie previste per l'applicazione degli studi di settore e con una compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche in numero non superiore a 10 o a 20 nel caso di società cooperativa”.

proprietaria, partecipata dalle sole persone fisiche e con un volume d'affari non superiore alle soglie previste per l'applicazione degli studi di settore. La presenza di tali regimi impositivi consente, esattamente come accade per le società di persone, la tassazione del reddito conseguito dalla società di capitali nel periodo d'imposta non in capo ad essa, ma per trasparenza fiscale ai soci della stessa con riferimento alle relative quote di partecipazione prescindendo, anche in tal caso, dall'effettiva percezione del reddito maturato. È opportuno ricordare che l'opzione per trasparenza, incompatibile con il consolidato fiscale, deve essere esercitata dalla società trasparente e dalle società partecipanti, è rinnovabile e irrevocabile per tre esercizi sociali della partecipata, e può essere interrotta prima della sua naturale scadenza.

Ai fini della trattazione delle perdite fiscali se la trasparenza costituisce un sistema naturale per le società di persone, continua a non esserlo per le società di capitali. Sebbene sia stato introdotto questo particolare regime impositivi da parte del legislatore tributario, anche se sono state operate determinati requisiti d'accesso e casi di esclusione, lo stesso legislatore tradisce una sorta di diffidenza nei confronti dell'uso delle perdite fiscali dalle società di capitali cd trasparenti e in ciò si deve trovare la giustificazione delle disposizioni normative introdotte volte a limitare l'utilizzo delle perdite. Le restrizioni istituite, che operano tanto per le perdite conseguite nel regime di trasparenza quanto per quelle maturate dai soci anteriormente all'esercizio dell'opzione, rispondono alla necessità, secondo il legislatore tributario, di impedire eventuali usi elusivi del riporto delle perdite fiscali.128

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