• Non ci sono risultati.

Sociologie della città

Appendice 2 – Ogni giorno in Europa

2. La nuova questione sociale come problema territoriale

Dalla fine degli anni ’70 in Europa, e ancora prima negli Stati Uniti7, emerge una rinnovata attenzione al territorio urbano quale spazio fisico e sociale nel quale le disuguaglianze tendono a cristallizzarsi, formando aree in cui si concentrano gruppi, individui e famiglie, in larga parte deprivati socialmente e in condizioni di marginalità economica.

La speranza del periodo post-bellico, di un progressivo venire meno del- le disuguaglianze sociali creata dalla crescita economica, dall’affermarsi del Welfare State e dalla vitalità dei movimenti sociali, si rivelava vana nel momento in cui la struttura urbana mostrava la persistenza dei processi di polarizzazione spaziale e sociale. Le analisi indicavano le ragioni di tale fe- nomeno nei profondi mutamenti socio-economici che segnano di fatto il passaggio dall’era fordista della produzione industriale di massa alla società post-fordista, quali l’avvento della globalizzazione economica, la conse- guente ristrutturazione del sistema industriale, il configurarsi di una nuova divisione internazionale del lavoro8. In questa transizione si assiste, inoltre, alla crescente insostenibilità economica del sistema di welfare, conseguen- za della crisi fiscale dello Stato9, che mette in discussione quel modello di solidarietà e coesione sociale costruito su principi universalistici di prote- zione collettiva, a fronte di possibili rischi che un individuo o un gruppo poteva incontrare nel corso della sua vita (disoccupazione, malattia), al fine di garantire gli standard minimi di cittadinanza.

Gli effetti congiunti di queste logiche contribuiscono a riprodurre condi- zioni sociali ed economiche che s’inscrivono in modo più profondo nel ter- ritorio, modellandone la morfologia e la distribuzione spaziale dei differenti gruppi sociali. Si affacciano, nel dibattito europeo e nordamericano, termini

7. Per l’Europa vedi Jacquier, Viaggio in dieci quartieri in crisi, L’Harmattan Italia, To- rino, 1990. Per quanto riguarda Il dibattito nel contesto statunitense sulla concentrazione urbana di soggetti deprivati, soprattutto le minoranze afro-americane, vi è stata una certa continuità; per un’introduzione alla discussione vedi Massey D.S. e N.A. Denton, American

Apartheid, Harvard University Press, 1993.

8. Fainstein S., I. Gordon and M. Harloe, Divided Cities, Balckwell, Oxford, 1996; Sas- sen S., La città globale, 1990, ed. cit. Il Mulino, Bologna, 1997; Vam Kempen R. and S. Ozuekren, Ethnic Segregation in Cities: New Form and Explanations in a Dynamic World, in Urban Studies, 35, 1998; Wacquant L., Logics of Urban Polarization: the View from Be-

low, in Renewing Class Analysis, a cura di R. Crompton, F. Devine, M. Savane and J. Scott,

Blackwell, The Sociological Review, 2000.

9. J. O’Connor, trad. it., La crisi fiscale dello Stato, Einaudi, Torino. Questa definizione fa riferimento all’impossibilità dello Stato a metà degli anni ’70 di sostenere la spesa per l’assistenza sociale senza creare un disavanzo insostenibile nel bilancio.

quali esclusione, nuove povertà, underclass, che sottolineano con forza l’emergere di una mutata divisione della società, riflesso del cambiamento nelle politiche economiche e della sempre più debole capacità d’intervento pubblico a ridurne le distorsioni10. Queste categorie sociologiche, fondate sull’idea dell’affermarsi di un nuovo regime di disuguaglianza urbana, o- rientano la riflessione critica sulla corrispondenza tra marginalità residen- ziale e marginalità sociale. Infatti, se nel periodo precedente la povertà ur- bana si connotava per il suo essere in gran parte residuale e legata al ciclo economico, diffusa spazialmente e in ogni modo considerata transitoria grazie alla crescita produttiva e all’intervento statale, oggi questa assume sempre più i tratti di uno status permanente, non più collegato alle dinami- che economiche e relegato in specifici quartieri isolati dal resto della città11. La società fordista non era esente dal connotare territorialmente le differen- ze tra le classi. Tuttavia, il modello d’integrazione socio-economico, politi- co e culturale che essa esprimeva, anche attraverso il conflitto, consentiva ai membri delle classi subalterne di sentirsi parte attiva di un progetto di società12. L’erodersi di questo modello accresce la vulnerabilità dei soggetti più esposti al mutamento economico, configurando un orizzonte societario in cui le distanze aumentano e le divisioni spaziali diventano sempre più marcate. La metafora del “dentro” o “fuori”, utilizzata da Alain Touraine per caratterizzare la società attuale, in cui prevale l’importanza di sapere se si è al centro o alla periferia dei nuovi processi di modernizzazione, risulta assai efficace nell’evidenziare la visibilità spaziale dei processi di esclusio- ne13.

L’aspettativa dei ceti operai di un miglioramento salariale e delle gene- rali condizioni di vita, collegata al ruolo determinante nei rapporti di pro-

10. Il dibattito sul concetto di underclass e sulle nuove povertà urbane è tale che merite- rebbe uno spazio e un approfondimento molto più ampio rispetto a quello che sarà discusso in questa sede; per una presentazione critica vedi Procacci G., Exclus ou citoyens? Le pau-

vres devant les sciences sociales, in Archives Euorpéennes de Sociologie, 37, 1996; Min-

gione E., a cura di, Urban Poverty and the Underclass, Basil Blackwell, Oxford, 1996. 11. Sulla crescita di un nuovo regime delle disuguaglianze e della marginalità urbana vedi il saggio già citato di Loic Wacquant.

12. Su questo punto vedi Lapeyronnie D., De l’intégration à la ségrégation”, in J. Ro- man, a cura di, Ville, exclusion et citoyenneté, Esprit, Paris, 1993.

13. Touraine A., Face à l’exclusion, in Esprit, 169, 1991. L’essere dentro e fuori per il sociologo francese rispecchia il passaggio dal verticale all’orizzontale che porta a parlare di periferie e di città, ovvero noi consideriamo le società nella loro dimensione orizzontale e non più nella dimensione verticale che era quelle dell’organizzazione professionale, Tourai- ne A., Inegalités de la société industrielle, exclusion du marché, in Justice sociale et inégali-

duzione, prefigurava una possibile mobilità dai quartieri maggiormente de- gradati, la quale diviene sempre meno realizzabile di fronte alla crescente precarietà lavorativa. I quartieri periferici, meno dotati di servizi e infra- strutture, non rappresentano più una zona di transito come potevano essere in passato, ma appaiono spazi di stagnazione delle traiettorie di vita, e non si spiegano per un deficit d’incorporazione urbana rispetto all’integrazione socio-economica ma l’incontrario: una situazione d'incorporazione urbana senza integrazione14.

La questione urbana si trasforma: non è più raffigurabile dal conflitto sociale promosso da movimenti che estendono sul territorio una domanda di progresso della società nel suo complesso attraverso il potenziamento dei servizi collettivi, l’ampliamento degli spazi verdi, la rimessa in discussione delle scelte urbanistiche. Piuttosto, appare configurarsi come una questione sociale localizzata, che tocca quasi esclusivamente determinati quartieri e i loro residenti, distaccata da un orizzonte di rivendicazione collettiva che investa le decisioni politico-amministrative.

Il progressivo affermarsi della rappresentazione localista delle proble- matiche di marginalità urbana tende, implicitamente, a sminuire l’effetto combinato dei processi che producono e riproducono le disuguaglianze so- ciali ed economiche e a rafforzare l’idea che le nuove povertà siano conse- guenza di un “effetto territorio”15.

Nella varietà delle definizioni usate in letteratura, “quartieri a rischio”, “in crisi”, “degradati”, “ghetti urbani”, si rispecchia metaforicamente tale connotazione urbana dei problemi sociali e la validità di un discorso che prevede interventi ad hoc su luoghi e soggetti specifici, deresponsabiliz- zando l’intera collettività. Per alcuni, l’esito della relazione tra la separa- zione spaziale della società e il deficit di responsabilità collettiva comporta

14. Donzelot J. e M.C. Jaillet, Séminaire sur les zone urbaine défavorisées en Europe et

en Amérique du Nord, Plan Urbain, CEDOV, Paris, 1997

15. Una parte significativa delle ricerche urbane sono orientate a valutare l’influenza dell’habitat deprivato sui comportamenti individuali, tema indubbiamente importante, ma in qualche occasione arriva implicitamente alla conclusione che il permanere in uno stato di povertà sia correlato al quartiere e alla cultura che esso esprime. In tal modo di fatto si neu- tralizzano gli effetti dei processi di precarizzazione lavorativa ed economica e quindi dell’impossibilità di avere alternative o chances di cambiamento. Per una discussione vedi: Marpsat M., La modélisation des “effets de quartier” aux états-Unis, in Popolation, , 2, 1999; Bidou-Zachariasen C., La prise en compte de l’”effet de territoire” dans l’analyse ds

una vera e propria secessione urbana16. In questi quartieri le diverse feno- menologie del disagio, connotabili innanzi tutto dalla povertà materiale a cui si legano i processi di marginalità sociale, colpiscono differenti gruppi o soggetti collegabili al diverso ambiente sociale, economico e politico a cui si fa riferimento.

In molte città europee, sembra riguardare principalmente popolazioni immigrate e/o minoranze svantaggiate e discriminate, in altre vi è una parte di popolazione autoctona spinta ai margini del mercato del lavoro o fami- glie deprivate; in altre ancora prevale una situazione di mix sociale tra que- sti due gruppi, che condividono lo stesso status di precarietà. Così com’è differente il luogo nel quale tendono a concentrarsi tali dinamiche: si parla di inner cities nel caso anglosassone, intendendo con tale termine aree cen- trali degradate e/o in stato di abbandono; nel caso francese parla di periferie (banlieue), dove si concentrano la maggior parte degli alloggi pubblici. Va segnalata la presenza di entrambe le situazioni in altri contesti, quali il caso italiano, dove la differenza tra Nord e Sud si esprime anche nella diversa segmentazione del territorio urbano. Ad esempio, nelle città settentrionali, dove l’impatto della riorganizzazione industriale è stato più evidente, le problematiche di esclusione sono in prevalenza situate nelle periferie di edilizia residenziale pubblica una volta abitate da famiglie operaie, mentre nelle città meridionali le situazioni di degrado sono rappresentate dalle nuove periferie, costruite all’inizio degli anni ’60 e ’70 dalle amministra- zioni locali, e in alcune zone situate all’interno dei centri storici17.

L’esito comune che emerge da questo insieme eterogeneo di soggetti e di spazi urbani separati, è la progressiva concentrazione delle problemati- che sociali, le quali tendono ad ampliarsi proprio in ragione della loro “di- stanza”.

Documenti correlati