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La dimensione spaziale della vita sociale

4. La territorializzazione del potere: modelli e trasformazion

Proprio per evitare il rischio di cadere nella “trappola territoriale”, ogni ragionamento sul rapporto fra politica e territorio non può dimenticare di considerare il “confine” – tra dentro e fuori, tra amico e nemico, tra cittadi- no e straniero – come l’esito di un processo storico complesso, che, rispetto alla vicenda della modernità europea, deve portare alla luce le diverse ten- denze che hanno condotto alla costruzione di quella specifica forma di spa- zialità politica connessa con lo Stato. A caratterizzare in modo specifico lo Stato moderno è infatti proprio il fatto di avere raggiunto l’obiettivo di una stabile territorializzazione del dominio politico53. Lo Stato moderno euro- peo – da intendere non come concetto universale, ma come forma di orga- nizzazione del potere storicamente determinata – si differenzia dalle altre forme storiche, ad esso precedenti e contemporanee, principalmente per il progressivo accentramento del potere, secondo un’istanza sempre più am- pia, che giunge a comprendere tendenzialmente l’intero ambito dei rapporti politici, cui si accompagnano l’affermazione del principio della territorialità dell’obbligazione politica e la progressiva acquisizione della impersonalità del comando54. Il processo storico dell’accentramento del potere - la gra- duale conquista del «monopolio della forza legittima» - consente, da un la- to, il superamento del policentrismo politico medievale e, dall’altro, la con- centrazione del potere in un’istanza unitaria ed esclusiva. In questa dinami- ca possono essere individuati due passaggi cruciali, chiaramente fissati dal- lo storico Thedor Mayer: il primo consiste nella transizione dal Personen- verbandstaat (“Stato per associazioni personali”) all’Institutioneller Flä-

gionali e due livelli locali. Sulla nomenclatura Nuts, cfr. Casellas e C.C. Galley, Regional

Definition in the European Union: A Question of Disparities, in Regional Studies, 1999: pp.

551-558.

52. Violini L., Dalla Landesblindheit alla cittadinanza delle Regioni: modificazioni

dell’identità e dei ruoli degli enti infrastatali in Europa, in Id., a cura di, Il futuro dell’autonomia regionale. Modello italiano e modelli europei in prospettiva, Guerini e As-

sociati, Milano 2001, pp. 321-341.

53. Cfr. Mann M., The Autonomous Powerof the State: Its Origins, Mechanism and Re-

sults, in Archives européennes de sociologie, XXV, 1984: pp. 185-213.

54. Cfr. Schiera P., Lo Stato moderno, in Id., Lo Stato moderno. Origini e degenerazio-

chenstaat (“Stato territoriale istituzionale”), una transizione implicante l’estensione di relazioni e interessi fra gruppi vicini su un territorio suffi- cientemente ampio da consentire un riconoscimento e una disciplina istitu- zionale. Il Personenverbandstaat costituisce il paradigma cui si può ricon- durre la stessa esperienza dello Stato feudale, uno Stato che risultava «fon- dato primariamente non sul dominio sopra un territorio, ma su un’unione di persone che, dotate di propri originari diritti, erano incorporate nello Sta- to»55. Al contrario, l’Institutioneller Flächenstaat - nel quale il carattere i- stituzionale si sviluppa tanto da renderlo anche uno “Stato di dominio terri- toriale monastico” – «non riconosce all’interno del territorio da lui domina- to nessun diritto e nessuna funzione statale che non siano stati da esso stes- so conferiti o derivati»56. All’interno di questa graduale trasformazione, si situa anche un secondo passaggio – dalla Grundherrschaft (“signoria terrie- ra”) alla Landeshoheit (“sovranità territoriale”), attraverso la Landesher- rschaft (“signoria territoriale”): tale secondo movimento attiene alla speci- fica formazione dello spazio istituzionale, in connessione con «l’emergere, sulle diverse antiche ‘signorie’ di cui in origine constava il nuovo ‘territo- rio’, di un momento sintetico di decisione e di governo, rappresentato dal signore territoriale, cioè dal principe, in capo al quale l’antica, generica si- gnoria a contenuto prevalentemente personale si trasforma in sovranità a contenuto sempre più marcatamente politico»57. È a partire da questa dupli- ce modificazione che prende a delinearsi compiutamente quel processo di concentrazione del potere di cui sono aspetti fondamentali la conquista del monopolio della forza militare da parte dei sovrani, la costituzione dei pri- mi embrioni di apparato burocratico attorno alla figura del principe, oltre che, soprattutto, quel processo di territorializzazione del rapporto di obbli- gazione politica, sostanzialmente sconosciuto all’universo politico medioe- vale.

Indagando le dinamiche del processo di territorializzazione del potere, il politologo norvegese Stein Rokkan ha costruito un modello geo-politico sulla nascita dello Stato moderno nell’Europa occidentale, all’interno del quale la dimensione territoriale costituisce una variabile fondamentale. Per molti versi, Rokkan riprende molte intuizioni di Weber, sviluppandole e ar- ricchendole grazie alla raccolta di una mole sterminata di dati storici. An- che secondo Rokkan, infatti, lo Stato, nella sua conformazione più elemen-

55. Mayer T., I fondamenti dello Stato moderno tedesco nell’alto Medioevo, in E. Rotel- li e P. Schiera, a cura di, Lo Stato moderno. I: Dal Medioevo all’età moderna, 1939, Il Mu- lino, Bologna, 1971: pp. 21-49, specie p. 27.

56. Ibid: p. 29.

tare, può essere compreso come il prodotto della costituzione di un centro militare-amministrativo, che, penetrando e sottomettendo i territori e le po- polazioni collocati alle periferie, è in grado di fissare e presidiare dei confi- ni, differenziandosi così dalle altre formazioni politiche prevalentemente fondate su legami di fedeltà personale. A differenza di Weber, però, Rok- kan problematizza la dimensione territoriale, nel senso che, grazie alla di- cotomia “centro-periferia”, tenta di cogliere la dinamica processuale con cui la conquista fisica e politica di un determinato territorio è associata alla costruzione dei confini e, dunque, alla stessa definizione delle identità.

Per precisare le proprie categorie analitiche, Rokkan riprende la nozione di Verband proprio da Weber. In Economia e società, lo studioso tedesco definisce il Verband come “una relazione sociale limitata e chiusa”, nell’ambito della quale l’“ordinamento” viene garantito da un leader ben preciso e, in alcuni casi, da un apparato amministrativo58. In modo più spe- cifico, osserva Weber, «un Verband di potere deve essere chiamato Ver- band politico nella misura in cui la sussistenza e la validità dei suoi ordi- namenti entro un dato territorio con determinati limiti geografici vengono garantite continuamente mediante l’impiego e la minaccia di una coercizio- ne fisica da parte dell’apparato amministrativo»59. Se, in questo quadro, la forza costituisce l’elemento caratterizzante, un’ulteriore precisazione di Weber avverte come il Verband politico debba essere inteso anche come Verband territoriale. Il Verband politico, infatti, «è caratterizzato dal fatto che la forza viene impiegata a garanzia di ‘ordinamenti’, e, inoltre, dal fatto che esso pretende il potere per il proprio apparato amministrativo e per i suoi ordinamenti entro un certo territorio, e lo garantisce con l’uso della forza»60. Prendendo le mosse da questa formulazione weberiana – che as- socia l’appropriazione dei territori alla creazione di organizzazioni gerar- chiche capaci di difenderli – Rokkan tenta di comprendere come la configu- razione dello spazio politico europeo costituisca il risultato storico della concreta costruzione dei confini, ossia dei successi degli insuccessi incon-

58. Weber M., Economia e società, 1922, ed. cit. Comunità, Milano, 1980, I: p. 46. La traduzione italiana rende in realtà l’espressione Verband con il termine «gruppo», ma molti interpreti ritengono sia più adeguata la formula «formazione»: cfr. per esempio P. Flora, Il

macro-modello dello sviluppo politico europeo di Stein Rokkan, in Rivista Italiana di Scien- za Politica, 1980, n. 3: pp. 369-435, specie p. 379.

59. Weber M., Economia e società, cit., I: p. 53. Più specificamente, Weber definisce invece lo Stato come «un’impresa istituzionale di carattere politico nella quale – e nella mi- sura in cui – l’apparato amministrativo avanza con successo una pretesa di monopolio della coercizione fisica legittima, in vista dell’attuazione degli ordinamenti» (ibidem).

trati dai diversi centri politici nel loro tentativo di assoggettamento del terri- torio.

Al fine di ricostruire le dinamiche di affermazione dei Verbände politici, Rokkan distingue innanzitutto fra “centro” e “periferia”. A livello idealtipi- co, «un centro controlla la maggior parte delle transazioni tra i titolari delle risorse in un territorio e domina il flusso delle comunicazioni tramite una lingua standard ed istituzioni di rappresentanza e di consultazioni periodi- che e regolari»61. In altre parole, il centro coincide con il luogo della con- sultazione, del negoziato e della decisione, nel quale viene esercitato inoltre il controllo su tutte le risorse di un determinato territorio e in cui le identità vengono definite e confermate a livello simbolico. La periferia si presenta invece come dipendente, collocata ai margini (non solo, e non necessaria- mente geografici) sotto il profilo economico, poco sviluppata e con una cul- tura politica frammentata e non integrata nel sistema generale di comunica- zione dominante nel territorio. La relazione fra il centro e la periferia non deve essere naturalmente intesa in senso geografico, ma esclusivamente in termini politici, nel senso che un centro si definisce come tale solo in virtù della sua effettiva capacità di sottomettere un territorio che assume, perciò, una connotazione periferica. Lo studio di questo rapporto comporta perciò la ricostruzione delle dinamiche con cui vengono a intrecciarsi i processi di conquista e incorporazione territoriale e la definizione delle rappresenta- zioni spaziali.

Il rapporto fra centro e periferia viene così assunto da Rokkan come re- lazione cruciale alla quale ricondurre l’intera vicenda storica della sintesi statale moderna e le sue specifiche geometrie istituzionali. L’elemento principale con cui misurare il grado di controllo del centro nei confronti delle periferie consiste nella differenza fra il raggio d’azione potenziale del controllo (definito dalla tecnologia dei trasporti e dall’assetto geografico vero e proprio) e il raggio d’azione effettivo (definito invece dalla distribu- zione delle risorse militari, dalle vie commerciali, dai codici di comunica- zione). Pertanto, le principali variabili che differenziano tra loro i centri so- no: a) la dotazione di risorse, b) le distanze geografiche, c) i canali di co- municazione. Proprio nell’equilibrio (geograficamente e politicamente mu- tevole) che viene a determinarsi tra i due poli del rapporto centro-periferia, si possono infatti trovare le radici della concreta configurazione che assume il modello dello Stato unitario nei differenti assetti territoriali. Sotto questo profilo, l’idea di fondo del politologo norvegese è che «non si possono

61. Flora P., Il macro-modello dello sviluppo politico europeo di Stein Rokkan, cit.: p. 381.

spiegare le pronunciate differenze nelle strutture della politica di massa in Europa Occidentale senza prendere le mosse da lontano e senza analizzare le differenze nelle condizioni iniziali e nei processi primitivi di organizza- zione territoriale, di formazione dello stato e di combinazione delle risor- se»62. Ciò comporta, secondo Rokkan, ricostruire le diverse tappe con cui, dopo la disgregazione dell’Impero romano, una serie di nuovi potenziali centri politici – collocati alla periferia rispetto al vecchio centro imperiale – tentano di allargare la sfera territoriale del proprio dominio, ottenendo tal- volta dei successi e scontrandosi, altrettanto spesso, con degli insuccessi.

Nel quadro di questo processo di lunga durata, l’analisi di Rokkan indi- vidua un complesso insieme di variabili, di tipo economico (la struttura a- graria fondamentale, il grado e la struttura dello sviluppo urbano, il muta- mento nella posizione geoeconomica del paese in seguito alla nascita del capitalismo “atlantico”), di tipo territoriale (il grado di incorporazione nell’impero romano-germanico, la posizione geopolitica, la misura del con- trollo sulla periferia, il mantenimento delle istituzioni rappresentative o l’avvento di un regime assolutistico), e di tipo culturale (ceppo etnico delle popolazioni, la forza della letteratura dialettale, il grado di “nazionalizza- zione” della cultura). Quattro sono inoltre, secondo Rokkan, i fondamentali processi di sviluppo che hanno storicamente scandito il consolidamento del moderno “sistema Stato” (e, insieme ad esso, del sistema interstatale): i) la formazione dello Stato in senso stretto (comprendente la costruzione di un apparato militare e burocratico, in grado di estrarre risorse economiche me- diante la leva fiscale, oltre che l’integrazione politica, economica e cultura- le a livello di élite); ii) la formazione della nazione (da intendersi come omogeneizzazione culturale e linguistica e costruzione di un’identità nazio- nale all’interno del territorio dello Stato, ottenuta soprattutto mediante l’introduzione del servizio militare, lo sviluppo della scuola pubblica, l’estensione dei mezzi di comunicazione); iii) la partecipazione (implicante l’allagamento dei canali della rappresentanza politica, nella direzione dell’istituzionalizzazione e dell’adeguamento dei diritti civili di libertà e dei diritti di partecipazione); iv) la redistribuzione (consistente nell’estensione dell’intervento statale in ampi settori della vita economico-sociale, tramite servizi sociali e politiche di redistribuzione del reddito). La sequenza con cui tali sfide vengono affrontate (oltre che le specifiche modalità con cui vengono risolte) fornisce una spiegazione storica non solo della configura- zione dello spazio politico nelle differenti realtà europee, ma anche delle

62. Rokkan S., Territori, nazioni, partiti: verso un modello geopolitico dello sviluppo

concrete modalità con cui l’istanza di concentrazione del potere si è mate- rialmente realizzata63.

Nella mappa geopolitica ricostruita da Rokkan l’Europa appare così ca- ratterizzata da una fascia urbana che si estende dall’Italia del Nord alla Germania, tagliando in due il continente. A Est e a Ovest di questo corri- doio urbano si trovano territori contrassegnato dall’esistenza di strutture ur- bane monocefale, ossia con un centro urbano capace destinato a costituire un polo di attrazione rispetto all’ampia area circostante e il nucleo dei futuri Stati nazionali (a Est: Mosca, Vienna, Berlino; a Ovest: Londra, Parigi, Madrid, Lisbona). Nella fascia centrale, invece, la presenza di una struttura policefala il processo di costruzione dello Stato ha incontrato ostacoli che, sul lungo periodo, hanno originato comunità linguistiche politicamente for- temente frammentate come quella tedesca e quella italiana.

Anche per effetto di questa complessa eredità storica, nei sistemi politici contemporanei le differenze principali nella distribuzione territoriale del potere rimandano alla distinzione fra il modello dello Stato unitario e il modello dello Stato federale. Lo Stato unitario, esito del lungo processo di costruzione dello Stato, presenta quattro caratteristiche principali: i) centra- lismo, ii) gerarchia, iii) centralizzazione e iv) uniformità64. Esito del lungo processo di rafforzamento del centro di dominio politico sulla periferia, il centralismo esprime così l’istanza monocentrica del modello unitario di Stato. Il centro politico, all’interno di questo modello, è investito del potere sovrano, che esercita grazie ad articolazioni istituzionali, di cui però, nei diversi ambiti (legislativo, esecutivo, giudiziario), conserva il controllo di- retto. In tali settori, le implicazioni che derivano dal principio del centrali- smo. sono principalmente tre: a) deputato alla produzione giuridica e nor- mativo è esclusivamente il centro sovrano, il cui unico vincolo è rappresen- tato dal rispetto dei principi costituzionali; b) è solo il centro a decidere in merito all’organizzazione territoriale dello Stato e alle modalità di esercizio del potere esecutivo; c) soltanto al centro pertengono, infine, l’amministrazione della giustizia, l’imposizione fiscale, il mantenimento dell’ordine interno e la difesa dei confini nazionali.

Al principio generale del centralismo si accompagnano anche gli altri aspetti che caratterizzano il modello dello Stato unitario. Innanzitutto, la

63. Cfr. Rokkan S., Cittadini, elezioni, partiti, 1970, ed. cit. Il Mulino, Bologna, 1982 ; Rokkan S. e D.W. Urwin, a cura di, The politics of territorial identity: studies in European

peripheries, Sage, Beverly Hills, 1982; Rokkan S. e D.W. Urwin, Economy, territory, iden- tity: studies in European regionalism, Sage, Beverly Hills, 1983.

64. Baldi B., Stato e territorio. Federalismo e decentramento nelle democrazie contem-

gerarchia, in virtù della quale il centro (in quanto vertice e motore del si- stema istituzionale) è gerarchicamente sovraordinato alla periferia (sempli- ce articolazione territoriale). In secondo luogo, la centralizzazione, che in- dica l’assetto specifico della distribuzione del potere in un determinato ter- ritorio e, dunque, il grado effettivo con cui le risorse di governo risultano “concentrate” sotto il controllo diretto del centro politico nazionale: se, per- ciò, il centralismo esprime l’istanza all’unicità di un centro politico sovra- no, la centralizzazione dà conto della variabile intensità con cui tale istanza si configura storicamente nei singoli contesti istituzionali. Infine, l’uniformità esprime l’aspirazione ad assicurare su tutto il territorio dello Stato una sostanziale omogeneità giuridica, amministrativa e culturale, in modo tale da escludere trattamenti differenziati (in termini di diritti o rico- noscimenti) a particolari aree del paese.

Se è importante distinguere il centralismo (in quanto tendenza all’unicità del centro politico sovrano) dalla centralizzazione, ancor più ri- levante diventa oggi evitare di considerare il decentramento come una ten- denza contraddittoria rispetto al centralismo e al modello dello Stato unita- rio. Le dinamiche di decentramento (amministrativo e politico) nascono in- fatti sempre come articolazione del modello unitario e configurano un tra- sferimento di poteri e responsabilità dal centro verso strutture o enti di go- verno collocati alla periferia, cui consegue una redistribuzione territoriale delle funzioni di governo. Tali misure di decentramento sono perciò sempre deliberate dal centro (top-down) e possono da quest’ultimo essere revocate, senza particolari limitazioni. In questo senso, dunque, se il decentramento viene a indebolire i due caratteri della centralizzazione e dell’uniformità, esso non inficia né il principio cardine del centralismo, l’unicità del centro sovrano (perché quest’ultimo conserva la competenza sull’organizzazione territoriale del potere), né il principio di assoggettamento gerarchico della periferia al centro (perché la condizione di dipendenza della periferia non muta quanto a disponibilità di risorse e controllo sul loro utilizzo)65.

Rispetto al grado di effettiva centralizzazione del potere, si possono di- stinguere schematicamente due tipi di decentramento: i) il decentramento amministrativo e ii) il decentramento politico. La prima forma può essere fatta risalire allo Stato giacobino francese e alle successive riforme napole- oniche, con cui furono istituiti nuovi distretti degli apparati amministrativi centrali (Dipartimenti). In questo caso, il decentramento assumeva i contor-

65. Cfr. Schiera P., Op. cit., ma anche Palano D., Centralismo, in A. Gamba, a cura di,

Dizionario di argomenti politici, economici e sociali, Portalupi, Casale Monferrato, 2005:

ni di un processo di “deconcentrazione”, perché i nuovi Dipartimenti, al cui vertice erano collocati prefetti di nomina governativa, si configuravano come strumenti finalizzati a rafforzare il controllo gerarchico del centro. Nel corso dell’età liberale, in seguito all’incremento quantitativo e qualita- tivo delle funzioni statali anche nei settori del sostegno all’economia e della gestione dei servizi sociali, il decentramento amministrativo risulta ulte- riormente rafforzato e muta almeno parzialmente la sua logica di fondo. Ol- tre a proseguire sulla strada della “deconcentrazione”, al fine di sgravare il centro di parte dell’attività amministrativa, vengono istituiti enti locali con personalità giuridica propria, cui vengono delegate e trasferite nuove fun- zioni e cui viene concessa una maggiore autonomia operativa dagli apparati centrali.

Sulla effettiva concentrazione territoriale del potere, effetti più rilevanti ha la seconda forma di decentramento, quella politica, che si afferma a par- tire dalla fase post-liberale, coinvolgendo molti dei sistemi politici occiden- tali. Il decentramento politico rappresenta una risposta alla crescente richie- sta di democratizzazione e partecipazione, ma anche uno strumento con cui far fronte alla crescente complessità della politica e all’esigenza di utilizza- re la capacità di governo delle periferie al fine di garantire maggiore rapidi- tà nell’assunzione delle decisioni e una gestione amministrativa più efficace ed efficiente. Tale processo implica, schematicamente, che agli enti locali vengano riconosciute forme di autonomia politico-gestionale che si concre- tano nella possibilità di dotarsi di istituzioni politiche elettive, oltre che in gradi differenti di autonomia statutaria, organizzativa e fiscale. Sebbene il decentramento politico riduca alcuni degli elementi caratterizzanti l’originario modello dello Stato unitario (la centralizzazione, la subordina- zione gerarchica della periferia, l’uniformità), esso non incide sostanzial- mente sul principio di centralismo dell’organizzazione unitaria. I governi periferici continuano infatti a operare all’interno di un quadro definito dalle leggi stabilite dal centro, senza essere investiti del potere legislativo, e ri- sultano dotati di competenze e risorse determinate dalla legislazione nazio- nale. A intaccare i principi dello Stato unitario sono invece quelle forme di spiccato decentramento politico rappresentate dalla devoluzione e consi- stenti in una cessione del potere di regolare e legiferare costituzionalmente riconosciuta (e dunque non facilmente reversibile). Forme simili di devolu- zione, indeboliscono infatti il centralismo dello Stato unitario - giungendo addirittura a profilarne il superamento - perché sottraggono quote di potere

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