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La Relatedness fra ambiti tecnologic

Donato Iacobucci

4. La Relatedness fra ambiti tecnologic

Uno degli aspetti chiave sottolineati nella guida alla S3 (Foray et al., 2012) è costituito dall’analisi delle relazioni fra domini di specializzazione all’interno della stessa regione e fra regioni diverse. Tali relazioni sono genericamente identificate nella guida con il termine ‘connectivity’.4

L’importanza attribuita alla relatedness scaturisce dalla recente riflessione sui sistemi regionali dell’innovazione la quale ha posto l’accento sugli scambi di conoscenza fra diversi settori (fertilizzazione incrociata) come fattore chia- ve per promuovere l’innovazione e la diversificazione (Asheim et al., 2011; Frenken et al., 2007).

Poiché gran parte degli scambi di conoscenza tra persone e istituzioni avviene all’interno di aree geografiche limitate, è essenziale la presenza di domini tecnologici correlati (related variety) nella stessa regione.

Nel caso dei collegamenti fra regioni (connectivity), l’idea originale è riferita principalmente ai legami tra le regioni centrali, che sono alla frontiera di alcune tecnologie, e le regioni periferiche, che potrebbero specializzarsi nell’applica- zione delle tecnologie a specifici ambiti di produzione. Questi collegamenti prevedono la creazione di relazioni verticali tra produttori e utilizzatori di nuova conoscenza, piuttosto che le relazioni orizzontali fra ambiti correlati.

Fra le ragioni alla base dell’individuazione di domini tecnologici piuttosto che settori produttivi vi è proprio la rilevanza attribuita nell’ambito della S3 agli scambi di conoscenza fra settori diversi (relatedness). Tali scambi pos- sono essere più facilmente identificati considerando i domini di conoscenza tecnologica piuttosto che i settori produttivi.

La presenza di collegamenti fra i domini di specializzazione dovrebbe generare due ordini di benefici: promuovere l’innovazione attraverso la fertiliz- zazione incrociata fra differenti domini; favorire i processi di diversificazione verso nuovi settori.

In generale è possibile utilizzare tre approcci metodologici per rilevare la presenza e l’intensità delle relazioni fra settori o ambiti tecnologici: il primo sfrutta la struttura ad albero dei sistemi di classificazione delle attività econo- miche (per la relatedness fra settori) o dei codici brevettuali (per la relatedness fra ambiti tecnologici); il secondo approccio rileva la presenza di relatedness sulla base delle associazioni fra prodotti o settori osservati in una data area (revealed relatedness); il terzo definisce a priori dei criteri di relatedness fra settori, come nel caso dei coefficienti di input-output per le relazioni verticali fra settori.

4 Uno dei principi della S3 (identificati come le 4 C) è “Connectivity and Clusters”: “develop world

class clusters and provide arenas for related variety/cross-sector links internally in the region and externally, which drive specialised technological diversification – match what you have with what the rest of the world has” (Foray et al., 2012, p. 17).

Sino ad ora i lavori teorici ed empirici sulla relatedness hanno considerato come unità di analisi i settori industriali o i prodotti, utilizzando i sistemi di classificazione corrispondenti. Nell’ambito della S3, invece, l’unità di analisi dovrebbe essere riferita agli ambiti tecnologici al fine di individuare imprese che, pur appartenendo a settori industriali diversi, presentano opportunità di relazione nell’attività di ricerca e innovazione.

L’identificazione delle potenziali relazioni fra i domini di specializzazione individuati dalle regioni è essenziale anche al fine di individuare approcci comuni nelle politiche per la ricerca e l’innovazione, prevenire allocazioni inefficienti di risorse pubbliche e massimizzarne l’efficacia (Camagni et al., 2014).

Dall’analisi dei documenti approvati dalle regioni italiane risulta che in generale le regioni hanno trascurato sia l’analisi dei legami tra domini tecno- logici all’interno della regione sia l’analisi delle potenziali connessioni con i domini di altre regioni. Relativamente alla relatedness solo due regioni hanno trattato questo aspetto: la Provincia Autonoma di Trento e il Piemonte. Altre regioni, come Liguria, Toscana, Veneto e Lazio hanno identificato gli impatti di ogni dominio di specializzazione sugli altri settori economici regionali, anche se non esplicitamente inclusi come domini di specializzazione (Iaco- bucci, Guzzini, 2016).

La caratteristica che accumuna le regioni che hanno indicato le relazioni tra domini di specializzazione è l’assenza di una metodologia dichiarata per l’identificazione di tali relazioni.

Nel caso delle relazioni con domini di specializzazione di altre regioni (connectivity) solo l’Emilia-Romagna e la Lombardia hanno trattato esplici- tamente questo aspetto, individuando le regioni europee specializzate negli stessi domini tecnologici. Tuttavia, anche in questo caso il documento della S3 non fornisce indicazioni riguardo alla metodologia utilizzata per individuare le relazioni con altre regioni.

Anche nel caso della connectivity, si può quindi affermare che gran parte delle regioni esaminate non ha fornito un quadro delle potenziali relazioni con altre regioni e, per quelle poche che l’hanno fatto, non vi è evidenza della metodologia seguita ed una chiara esplicitazione degli obiettivi dell’analisi.

5. Conclusioni

L’obiettivo di questo lavoro è di fornire una prima analisi dei domini di specializzazione scelti dalle regioni italiane nell’ambito della strategia S3 e esaminare alcune questioni che e potrebbero ridurre l’efficacia in fase di attua- zione. L’attenzione è stata posta in particolare su due questioni: la relazione fra ricerca e innovazione e l’identificazione delle relazioni tra domini tecnologici all’interno della stessa regione (relatedness) e tra regioni differenti (connectivity).

In generale, le regioni italiane hanno seguito gli orientamenti proposti dalla UE per la progettazione della S3, individuando domini tecnologici piuttosto che settori industriali. L’identificazione di domini tecnologici dovrebbe aiutare a collegare la ricerca e l’innovazione e facilitare l’applicazione dei risultati della ricerca in settori collegati. Tuttavia, ci sono anche casi in cui le regioni non hanno rinunciato a individuare specifici settori industriali o filiere produttive.

L’individuazione di domini tecnologici piuttosto che di settori produttivi è funzionale ad uno dei cardini della S3, e cioè quello di favorire i collegamenti fra ricerca e innovazione. Tali collegamenti sono più evidenti se riferiti ad ambiti tecnologici piuttosto che a settori produttivi. In fase di implementazione le regioni italiane sembrano maggiormente orientate a più generiche politiche di sostegno all’innovazione piuttosto che al rafforzamento dei legami fra ricerca e sistema produttivo. Quest’ultimo obiettivo comporterebbe una maggiore selettività degli interventi, in linea con l’ispirazione generale della S3. Questo obiettivo è tanto più rilevante nel caso italiano, caratterizzato dalla debolezza dei legami fra ricerca e sistema produttivo anche a causa dello scarso impegno privato nell’attività di R&S. L’implementazione della S3 costituisce un’occa- sione di grande rilevanza per incidere in modo significativo sul modello di “innovazione senza ricerca” prevalente nelle imprese italiane.

L’analisi dei domini di specializzazione selezionati dalle regioni evidenzia alcune debolezze che dipendono dalla novità del processo e dalla mancanza di metodologie consolidate per la mappatura delle relazioni tra ambiti di sviluppo tecnologico e ambiti di applicazione, nonché le relazioni fra le basi di cono- scenza tecnologica e i diversi settori industriali. Una delle principali debolezze è costituito dall’individuazione di ambiti tecnologici estremamente vasti (come health o biotech), per i quali non vi è sempre una precisa identificazione dei campi di applicazione. Questo è anche il risultato della mancata adozione di una metodologia comune per la classificazione dei domini tecnologici e per l’individuare le relazioni tra questi domini e i potenziali settori di applicazione.

In assenza di un comune sistema di classificazione l’identificazione dei domini di specializzazione è basata sul linguaggio naturale, il quale può lasciare notevoli livelli di ambiguità. Per esempio, è facile identificare domini comuni a livello molto generale (ad esempio aerospace, health, advanced manufactu- ring, ecc.), ma non è semplice stabilire se all’interno di tali domini gli ambiti di specializzazione siano gli stessi, parzialmente sovrapposti o complementari. L’ambiguità nell’identificazione degli ambiti di specializzazione regionale e dei relativi domini di applicazione rende anche problematica l’individuazione delle possibili relazioni fra ambiti di specializzazione all’interno della stessa regione (relatedness) o tra regioni diverse (connectivity).

La mancata considerazione di tali relazioni può risultare in una debolezza nell’implementazione delle politiche di sostegno alla ricerca e all’innovazione considerata la rilevanza attribuita dalla letteratura all’instaurazione di legami

di conoscenza fra settori collegati in uno stesso ambito territoriale (related variety) ai fini dalla capacità innovativa delle imprese. Una più accurata iden- tificazione degli ambiti di specializzazione consentirebbe di identificare le regioni europee fra le quali possono svilupparti relazioni ‘verticali’, in quanto produttori e utilizzatori di conoscenza in specifici ambiti tecnologici, o relazioni di complementarietà nello sviluppo delle conoscenze. L’identificazione di tali relazioni è rilevante anche ai fini della costruzione di partnership finalizzate all’utilizzo dei fondi direttamente allocati dalla UE nell’ambito della nuova programmazione.

Negli attuali documenti elaborati dalle regioni italiane vi è scarsa atten- zione all’esame dei collegamenti fra domini tecnologici all’interno della stessa regione (relatedness) ed è assente (salso in pochi casi) il tentativo di individuare potenziali legami con altre regioni (connectivity). Tali carenze possono essere attribuite alla mancanza di una metodologia consolidata, idonea ad identificare questi collegamenti. È anche ragionevole supporre che in questa prima fase le regioni abbiano concentrato l’attenzione sulla ‘selezione’ delle aree, peraltro avvenuta con un processo di ‘raccolta’ dal basso, trascurando l’analisi siste- matica dei collegamenti fra gli ambiti selezionati.

In moti casi si evidenzia un ‘catalogo’ anche molto dettagliato di sub-domi- ni, risultato delle indicazioni fornite da imprese e centri di ricerca. Tuttavia, a questo primo processo di raccolta sembra essere mancata una successiva fase destinata ad identificare le relazioni fra i diversi sub-domini e fra questi e le potenziali applicazioni.

Uno degli strumenti per la creazione di potenziali collegamenti tra le diverse regioni è rappresentato dai cluster tecnologici nazionali promossi dal MIUR nel 2012. I cluster sono definiti in ambito nazionale e associano imprese e enti di ricerca localizzati in diverse regioni.

Un possibile sviluppo di questa analisi può essere rivolto a superare le difficoltà nella classificazione dei domini tecnologici (e relativi sub-domini) attraverso l’utilizzo di un sistema di classificazione delle tecnologie (utiliz- zando ad esempio i codici di classificazione dei brevetti). L’utilizzo di questo sistema di classificazione potrebbe avere due vantaggi: da un lato consenti- rebbe una più efficace mappatura dei domini tecnologici scelti dalle regioni; dall’altro potrebbe favorire l’analisi dei potenziali legami fra ambiti tecnologici sia all’interno della stessa regione sia fra diverse regioni.5 In prospettiva, la

sovrapposizione dei codici di classificazione brevettuale ai domini tecnologici potrebbe consentire una misura dell’output derivante dall’implementazione della S3 in termini di nuovi brevetti.

5 Un tentativo in tal senso è oggetto di un progetto di ricerca in corso presso il Centro per l’Innova-

Bibliografia

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