Alfredo Del Monte
3. La politica per la collaborazione nella R&D in due regioni dell’Italia Centrale
Prima di analizzare il caso del Mezzogiorno consideriamo la letteratura relativa a due regioni Marche e Toscana, caratterizzate da un tessuto industriale di piccole e medie imprese. In tali regioni è stato riconosciuto un solo distretto MIUR. Secondo Monitor dei Distretti-Intesa S. Paolo (2015) non vi sono nelle due regioni Poli tecnologici se non il Polo farmaceutico della Toscana. In queste due regioni però le regioni hanno sviluppato programmi per la R&S ed alcune misure sono state rivolte a favorire la collaborazione.
In Toscana si sono formati, come effetto di un processo di bottom-up, con- sorzi di SME che hanno utilizzato le politiche regionali a favore della coopera- zione. I risultati di lavori econometrici (Caloffi et al., 2013) evidenziano come tali consorzi hanno contribuito ad aumentare la produttività delle SME ad essi partecipanti. Tutti questi consorzi vedono un ruolo attivo di un intermediario non necessariamente pubblico. La presenza delle università nel consorzio non determina un contributo positivo alla produttività delle imprese. Risulta però dallo stesso lavoro (Mariani, Mealli, 2012)7 che gli incentivi hanno stimolato
le imprese che in passato non avevano effettuato spese di R&D ad impegnarsi finanziariamente nella R&D. Mentre per quanto riguarda quelle che avevano già svolto spese in R&D l’unico effetto è stato quello di aumentare il numero di laureati e quindi a migliorare la capacità assorbente dell’impresa. Gli effetti addizionali sull’ammontare di R&D o di altre variabili appare, in quest’ultimo caso, limitato.
Il caso Marche è simile a quello Toscano sia per essere caratterizzata dal modello organizzativo del distretto industriale che per l’assenza di uno specifico organismo che abbia come compito di organizzare e coordinare la collaborazione fra i vari attori. In entrambi i casi la presenza di intermediari non necessariamente pubblici ha agevolato la collaborazione fra vari attori.
L’agglomerazione territoriale delle imprese nei distretti industriali ha avuto diversi vantaggi tra cui i più importanti riguardano i risparmi di costo, la capacità di adattamento al mercato, l’assorbimento degli shock esterni, il progressivo emergere della media impresa e la forte propensione verso l’inter- nazionalizzazione. Oltre a tutto questo, probabilmente, l’organizzazione di tipo distrettuale ha favorito la nascita ed il consolidamento di una cultura orientata ai rapporti con il mondo esterno che ha fatto sorgere una buona propensione alla cooperazione tra imprese e tra queste ultime e mondo accademico ed isti- tuzionale. La regione Marche presenta valori migliori per quanto riguarda gli indicatori sociali (partecipazione civica alla politica, fiducia nelle istituzioni
7 Nella ricerca è stato analizzato il programma “Aiuto allo sviluppo competitivo 2000-2006”. Il pro-
gramma era diretto essenzialmente alle piccole imprese e prevedeva progetti di valore non superiore ai 750.000 euro di cui il sussidio poteva coprire il 35-40% del progetto.
locali) rispetto al dato nazionale. Le imprese marchigiane mostrano quindi una buona propensione alla collaborazione. Il modello di innovazione prevalente nelle Marche però si caratterizza per la preferenza verso innovazioni di tipo incrementale. Per quanto riguarda i soggetti attivi nel sistema regionale della ricerca e dell’innovazione, va rilevato il peso preponderante delle università pubbliche rispetto a strutture pubbliche di ricerca (CNR, ENEA, INFN e CRA). La regione Marche per favorire l’attività innovativa delle imprese locali, non ha puntato su settori specifici ma ha preferito puntare su ambiti tematici trasversali ai vari settori ritenuti prioritari e strategici per lo sviluppo del terri- torio. Tra questi ambiti vi sono la meccanica avanzata, la domotica, lo sviluppo di nuovi materiali, la salute e benessere e l’efficienza energetica. Molti progetti di ricerca sono stati sviluppati nell’ambito tecnologico della domotica, dove la regione vanta alcune eccellenza tecnico-scientifiche; la domotica inoltre è un ambito di assoluta rilevanza anche al di fuori della regione, come testimoniano i numerosi progetti di ricerca finanziati con risorse nazionali e comunitarie, in grado di dar vita ad importanti partenariati tra imprese, università, centri di ricerca e di trasferimento tecnologico.
Particolare attenzione è stata data negli ultimi anni agli incentivi per la ricerca collaborativa, con l’obiettivo di mettere in rete i protagonisti del sistema regionale dell’innovazione e di promuovere l’aggregazione tra le imprese e le relazioni di queste ultime con gli altri soggetti pubblici e privati regionali attivi nel campo della ricerca. In particolare la regione ha puntato sullo strumento del bando pubblico per aiutare la ricerca collaborativa. L’intervento prevedeva il finanziamento di progetti collaborativi presentati dalle imprese per lo sviluppo di nuovi prodotti e di nuovi processi in determinati ambiti tecnologici ritenuti strategici per l’economia regionale e in linea con le vocazioni produttive e le eccellenze tecnologiche locali. L’intervento intendeva favorire uno stretto raccordo tra domanda e offerta di innovazione coerentemente con il concetto di smart specialization, sostenendo lo sviluppo di tecnologie innovative ad alto contenuto di conoscenza e agevolando un orientamento al mercato dei risultati della ricerca.
A tal fine era richiesto che i progetti di ricerca dovessero essere necessa- riamente presentati da clusters di soggetti comprendenti almeno tre imprese indipendenti tra loro, tra cui non più di una grande impresa e almeno una piccola o una micro impresa8, nonché almeno un soggetto a scelta tra enti
di ricerca (università o altri istituti di ricerca di diritto pubblico o privato), centri per l’innovazione e il trasferimento tecnologico e parchi scientifici e tecnologici del territorio. La collaborazione doveva essere formalizzata attra- verso un accordo di partenariato nella forma di un contratto di rete o di un
8 Il requisito dimensionale si riferisce all’art. 3 della Raccomandazione della Commissione Europea
raggruppamento temporaneo di imprese. La partecipazione degli enti di ricerca era formalizzata attraverso un contratto di consulenza in ricerca e sviluppo. I programmi di investimento dovevano avere un costo complessivo compreso tra 500.000 e 2.000.000 di euro.
Una serie di lavori (Rapporto di Valutazione degli interventi attuati a favore della ricerca e dell’innovazione 2011, Bellucci et al., 2015) evidenzia nel caso delle Marche effetti positivi degli incentivi all’attività di R&D alle imprese. Per quanto riguarda specificatamente gli incentivi alla collaborazione non vi sono specifici lavori. Vi è solo una recente ricerca svolta per conto del Ministero per lo sviluppo economico9, basata su interviste, che evidenzia che nelle Marche
i contributi per la collaborazione alla ricerca hanno determinato addizionalità dal punto di vista degli input, degli output, ed anche del comportamento delle imprese (propensione a collaborare). Nelle Marche ove non vi è uno specifico organo di governance per le collaborazioni nella R&D queste sono senza dubbio il risultato delle caratteristiche dei bandi. D’altro canto la struttura industriale formata da imprese non particolarmente innovative e di media piccola dimen- sione ha influito sulle caratteristiche delle relazioni fra imprese e fra imprese e centri di ricerca. Un lavoro svolto da Cucco (2015) ha messo in evidenza che solo il 15% (28 su 187 attori) degli attori partecipanti al bando del 2008 per progetti di ricerca cooperativa aveva richiesto all’EPO (European Patent Office) fra il 2000 ed il 2007 la registrazione di un brevetto. Nel complesso sono stati concessi nel periodo a tali attori 213 brevetti. Utilizzando una serie di indicatori della Social Network Analysis ed un modello (Exponential Random Graph Model) che lega le caratteristiche dell’ambiente esterno alle proprietà della rete il lavoro di Cucco evidenzia un basso indice di densità della rete ed una bassa propensione a formare legami. Un’altra caratteristica della rete è che vi è una maggiore propensione a collaborare con le università e centri di ricerca che fra le imprese, con una università in particolare (Università Politecnica delle Marche) che svolge il ruolo di tenere la rete insieme. Quest’ultimo risultato sembrerebbe in contrasto con quanto dichiarato nelle interviste della ricerca del Ministero sulla non particolare utilità dei centri di ricerca nello svolgimento del progetto. Ma ciò è spiegabile con l’obbligo nel bando della presenza di una università o centro di ricerca in un progetto di ricerca.
I risultati relativi alla regione Marche indicano che nonostante le caratte- ristiche dei bandi a favore della ricerca collaborativa, la presenza di un buon capitale sociale, la presenza di intermediari, come società di consulenza, che possono svolgere un ruolo positivo nella facilitare i legami fra i vari attori, le caratteristiche dell’ambiente formato da piccole e medie imprese non particolar- mente innovative impedisce la formazione reti particolarmente coese. Questo
9 Del Monte A., Di Paola N., Pennacchio L., Sirtori E., Valentini M. (2016), http://www. studiaresviluppo.
non significa che i bandi per la ricerca cooperativa non abbiano dato risultati positivi in termini di addizionalità (di rete, di input e di output) ma solo che occorrono ulteriori sforzi per produrre reti sempre più dense.