Marco Bellandi
2. Traiettorie università-industrie-territori per la rinascita industriale in Italia
Nell’Introduzione ho richiamato l’esistenza di barriere che ostacolano in vario modo la diffusione e il successo di quattro traiettorie di relazioni fra università, industrie e territorio. Consideriamo la presenza di forze contro-bi- lancianti.
2.1. Input di carattere scientifico-tecnologico-organizzativo per le PMI italiane
Malgrado la rappresentazione generale delle difficoltà delle PMI italiane sul fronte dei rapporti con la ricerca experiment-based e con la formazione uni- versitaria, rilevazioni recenti indicano che una parte ampia di imprese di media dimensione e una parte crescente di dimensione piccola ma non piccolissima (manifatturiere ma non solo) si sta muovendo o sta cercando di muoversi lungo la strada di un impegno maggiore su nuovi mercati e su innovazione sostenuta da ricerca esterna. Spingono in questa direzione la concorrenza internaziona- le nei mercati del made in Italy tipico, ma anche opportunità di mercato che richiedono un adattamento organizzativo non banale.
Pensiamo alla sfida emergente delle nuove tecnologie manifatturiere (mani- fattura/industria 4.0) basate su combinazione di intelligenza artificiale, stampa 3D, internet of things, big data, open innovation; all’impossibilità di vincere questa sfida sul puro terreno degli investimenti in tecnologie di processo, dove in altri contesti nazionali sono molto più avanti (es. Germania, U.S.A.); e invece alla grande opportunità di trovare combinazioni peculiari, di nicchia, delle nuove tecnologie con la grande tradizione artigiana; alla domanda potenziale alimentata dalle carenze evidenti e dai bisogni crescenti dei cittadini nel terri- torio (bisogni di abitazione, mobilità, salute, tempo libero e cultura, economia verde/circolare); alla possibilità di sviluppare nuove filiere tecnologicamente avanzate trainate dalla domanda in questi settori, con la combinazione di nuclei del made in Italy tipico anche per aggredire i mercati globali.
Le relazioni delle PMI con l’università da una parte presuppongono e dall’altra aiutano la spinta verso modelli di business ad alta intensità di: a) valorizzazione di risorse umane qualificate, giovani in particolare; b) integra- zione della digitalizzazione; c) rafforzamento di relazionalità, varietà connet- tività entro reti aperte di innovazione e conoscenza; d) inserimento attivo e di qualità in catene internazionali del valore. La coltivazione di queste relazioni
richiede il rafforzamento della “terza missione” dell’università (Anvur, 2014), che comprende strategie per indirizzare capacità di formazione, ricerca e ser- vizi socio-culturali dell’università verso ricadute su innovazione e sviluppo di imprese e soggetti sociali e pubblici. La terza missione è peraltro in crescita in Italia (Fondazione CRUI, Report Osservatorio Università-Imprese, 2015).
2.2. Progetti delle università con sistemi di produzione specializzati di PMI Anche in Italia è in aumento il numero di distretti industriali e cluster urbani con specializzazioni nelle industrie meccaniche, elettroniche, biomedicali e nelle industrie creative. Sono sistemi in cui vi è una forte presenza di medie imprese radicate e in cui i rapporti fra università e imprese più dinamiche non sono inconsueti. Nella lunga fase della Grande Crisi hanno mostrato capacità di risposta (“resilienza”) notevoli (Coltorti, Venanzi, 2014). Meno consueti e più difficili sono tradizionalmente i rapporti con le università entro i distretti del made in Italy di prodotti per la persona e la casa e l’alimentare, oltre che nei sistemi rurali e turistici ad alta densità di patrimonio naturale e paesaggistico, e nei cluster urbani artigiani, turistici e di servizi sociali. Per le prospettive di questi secondi, ma anche nei primi naturalmente, le università possono però incidere indirettamente sulla produttività e l’innovazione delle imprese attraverso progetti di adattamento e/o rinnovo di beni pubblici specifici con le istituzioni del territorio.
Le esperienze dei distretti industriali raccontano che la base di resilienza di un sistema di produzione di PMI specializzate è uno sforzo collettivo basato su attitudini sociali e culturali condivise nel luogo di vita e lavoro in cui è radi- cato il sistema (Becattini, 2015). Già in precedenti contributi per il Gruppo di discussione su “Crescita, Investimenti e Territorio” ho richiamato che l’impegno dell’università per lo sviluppo industriale a base territoriale riguarda in primo luogo il contributo a progetti che abbiano per oggetto il rinnovo di attitudini socio-culturali condivise e coerenti, e in secondo luogo, ma non separatamen- te, l’upgrading delle architetture di beni pubblici specifici che sono alla base dell’efficienza organizzativa e imprenditoriale dei sistemi di PMI specializzate. In particolare per le sfide e le frontiere attuali: a) riproduzione e aggiornamento di approcci culturali favorevoli all’imprenditorialità innovativa e a relazioni fiduciarie; b) progetti formativi di capitale personale orientato alle specializza- zioni locali, in cui in varie forme si combinino industria e artigianato, servizi della conoscenza e creatività, radicamento locale e reti trans-locali globali; c) infrastrutture territoriali con combinazione di approcci smart city/smart land che aumentino la sostenibilità ambientale e sociale e le ricadute in termini di domanda locale tecnologicamente avanzata.
Per incrementare la probabilità di risultati di sistema non basta l’applica- zione di singoli strumenti di terza missione, ma occorre il loro inserimento
in logiche di “ecosistema” territoriale dell’innovazione e della cultura. Ciò richiede un allineamento di specializzazioni e di visioni di leadership fra università e territorio. Questo è più difficile ma esistono modelli che possono guidare allineamenti sostenibili3, e che possono essere facilitati da politiche
di carattere nazionale.
2.3. Grandi imprese e università
Anche le grandi imprese stanno cambiando con l’adozione diffusa di approc- ci di open innovation e lean start-up. Questo significa che gli investimenti in R&S cambiano composizione e, rispetto a quelli volti al puro rafforzamento di capacità interne, acquistano maggiore peso lo scouting di fonti esterne di invenzioni, il trade di licenze e business ad alta tecnologia, la gestione stra- tegica di grandi archivi di brevetti, il co-sviluppo e il design dell’innovazione insieme a università e PMI innovative, joint-ventures fra grandi imprese su piattaforme tecniche, ecc.
Questo succede probabilmente pure fra le poche grandi imprese presenti in Italia malgrado la lunga onda della riduzione degli investimenti non finan- ziari. Ciò rappresenta opportunità di terza missione di sistema per le università italiane. Infatti le tendenze ora richiamate possono arricchire le tradizionali relazioni fra ricerca universitaria e grandi imprese (laureati da specializzare entro l’impresa, grandi commesse di ricerca per prove, verifiche, e variazioni di know-how proprietario delle imprese). Ma, insieme alla open innovation, le imprese grandi e medio grandi, con gli attori sociali, le Università e le istitu- zioni, dovrebbero mirare, con le loro strategie di diversificazione o riconver- sione, verso nuove produzioni innovative, a valorizzare sia la domanda interna nazionale sia le competenze produttive esistenti nel territorio. Questo richiede anche politiche nazionali selettive contro strategie predatorie.
2.4. Piattaforme di innovazione metropolitane, regionali, nazionali Infine va ricordato il ruolo dei sistemi urbani maggiori, grazie alla loro composizione sociale e alla concentrazione di infrastrutture di rete e della conoscenza fra cui le università appunto, ma anche la loro relazione con la ricca e varia intelaiatura di città medie e piccole, fra cui gran parte dei distretti industriali, e di territori rurali storicizzati che caratterizza l’Italia. La peculiare natura dell’intelaiatura territoriale italiana richiede di valorizzare strategica- mente gli effetti di sistema, mettendo in rete metropoli maggiori (in particolare Milano, Roma, Napoli), città e territori, per potenziare processi innovativi e
3 Si vedano Civic University (Goddard, Vallance, 2013) e University Research Centric District
varietà di patrimoni e creatività, fare scala su idee motrici/mercati guida che intersecano filiere di nuove specializzazioni intelligenti, fare emergere piatta- forme di innovazione nazionali.
Le piattaforme sono nodi di una pluralità di filiere produttive e culturali ove il paese ha complessivamente una specializzazione internazionale relativa, ove sono attivi processi di integrazione/coordinamento e potenziamento/ fertiliz- zazione di risorse locali, e che sono disperse in una varietà di luoghi e regioni. Le piattaforme sono identificate anche da “idee guida”, simboli del paese nelle arene internazionali. Processi evolutivi senza strategie mirate hanno ospitato nel passato l’emergere di logiche di piattaforma nell’industria italiana (es. il caso dei circoli magici del made in Italy nella seconda metà del novecento); oggi nuove o rinnovate piattaforme richiedono anche strategie apposite.
Nell’Italia contemporanea non mancano le componenti di base e le idee guida per nuove piattaforme che, basate su modi peculiari di intendere la vita e il lavoro, magari si integrino con quelle del made in Italy. Come possibili esempi ricordiamo le filiere di prodotti e servizi di alta qualità caratterizzate dai confronti fra artigianato e cibo, arte e cultura, scienza e alta tecnologia; oppure dal confronto fra ambienti di vita sostenibile, turismo e densità di patrimonio culturale e paesaggistico (con le tante varianti possibili permesse dalla grande bio-diversità storica italiana); oppure dalla necessità di rinnovare tradizioni e valori del welfare locale italiano, a fronte di fattori di esplosione dei costi, ma anche del potenziale innovativo nelle industrie dei beni strumentali e negli ospedali universitari; oppure dagli investimenti in economia circolare, in città verdi, nel trattamento di aree di grande crisi o rischio ambientale.
Expo 2015 è stato, in un certo senso, un’esemplificazione delle ricchezza di risorse esistenti su una parte della prima linea. Poteva essere una leva per strutturare relazioni permanenti di piattaforma. Non sembra che si vada in questa direzione al momento. Altri strumenti di livello nazionale, che potreb- bero essere giocati come leve per l’emersione di piattaforme su linee come quelle sopra richiamate o simili, sono i cluster tecnologici nazionali (CTN), recentemente inseriti, dopo una fase di avvio lunga e travagliata, entro il nuovo Programma Nazionale della Ricerca a cura del MIUR (2016). I CTN “debbono intendersi come aggregazioni organizzate di imprese, università, altre istituzioni pubbliche o private di ricerca, altri soggetti anche finanziari attivi nel campo dell’innovazione, articolate in più aggregazioni pubblico private, ivi compresi i Distretti Tecnologici già esistenti, presenti su diversi ambiti territoriali, …, idonee a contribuire alla competitività internazionale sia dei territori di rife- rimento sia del sistema economico nazionale …, corrispondenti alle 12 aree di specializzazione su cui il presente PNR si concentra” (p. 80).
I primi 8 CTN hanno per temi e aree di specializzazione: Aerospazio, Agri- food, Chimica Verde, Fabbrica Intelligente, Mobilità e Trasporti, Salute, Smart Communities, Tecnologie per gli Ambienti di Vita. Gli ultimi 4 CTN dovranno
coprire Blue Growth (si intendono gli ambienti marini), Design Creatività Made in Italy, Energia, Cultural Heritage. È da sottolineare che i progetti e le partnership ammesse dal MIUR nascono da forti relazioni fra gruppi di ricerca delle università e grandi e medie imprese, anche sulla base di reti di relazioni nazionali (e in prospettiva europee e internazionali) di ambedue i tipi di attori nei propri ambiti, e coinvolgono diversi insiemi di attori di varie regioni.
3. Esemplificazioni su leve e normative di supporto a relazioni