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Riccardo Cappellin

1. Lo sviluppo di nuove produzion

Dal punto di vista industriale e territoriale, appare indispensabile indivi- duare gli ambiti di nuove “specializzazioni intelligenti”, che tengano conto non solo della domanda internazionale ma anche delle specializzazioni produttive nazionali e regionali esistenti e soprattutto della domanda potenziale indicata dalle carenze evidenti e dai bisogni emergenti di nuovi beni e servizi dei cit- tadini nel territorio.

In particolare, le produzioni italiane si trovano quasi tutte in una fase di maturità o di declino del ciclo di vita del prodotto, nella quale non sono più necessari grandi investimenti per l’espansione delle capacità produttive, ma solo investimenti di tipo labour-saving mentre si rendono inevitabili disinve- stimenti e quindi riduzioni delle capacità produttive, dismissioni di impianti produttivi e persino chiusure di imprese in crisi. È quindi necessario avviare nuove produzioni che sostituiscano le produzioni in declino e che siano in grado di trainare rilevanti investimenti. Le imprese italiane specializzate nelle produzioni tradizionali (Cerved, 2016; Confindustria, Cerved, 2016; Masoe- ro, 2016) devono scegliere se continuare a svolgere tali produzioni ed essere costrette a delocalizzarsi all’estero in paesi a basso costo, oppure investire in Italia, ma questo rende necessaria una diversificazione delle loro produzioni verso nuove “specializzazioni intelligenti” (Foray, 2012).

È opportuno sottolineare che il fattore determinante nella crescita del PIL procapite è la crescita della produttività e quest’ultima è determinata dall’evoluzione della struttura settoriale dell’economia e quindi dalla graduale sostituzione di produzioni nuove e a maggiore valore aggiunto per addetto a produzioni più tradizionali.

Cruciale è che al declino di determinate produzioni si accompagni lo svi- luppo di nuove produzioni. Infatti, la crescita non è data tanto dall’espansione delle singole produzioni o dalla crescita della produttività delle risorse utilizzate all’interno dei singoli settori, quanto dalla rapidità del processo di sostituzione delle produzioni a minore produttività con produzioni a maggiore produttività e dal trasferimento delle risorse dalle prime alle seconde. Le nuove produzioni devono sostituire le produzioni tradizionali secondo il modello Schumpeteriano della “distruzione creatrice”.

La successione di diverse onde di innovazione (come indicato dalla teoria del “ciclo di vita del prodotto”) promuove l’evoluzione della struttura produt- tiva del Paese da produzioni più tradizionali, come ad esempio quelle legate alla tecnologia meccanica o dell’abbigliamento, verso produzioni legate alle tecnologie dell’informazione o alle tecnologie ambientali. In questo modello di crescita le città e il territorio sono l’ambito all’interno del quale le diverse conoscenze, le persone, le imprese e le istituzioni interagiscono tra loro (come potrebbe essere indicato dalla metafora di una “nuvola”), dando origine a nuovi progetti di investimento e a nuove produzioni.

Figura 1 – Il ciclo di vita delle produzioni, il livello della produttività e gli investimenti

Fase del declino e riconversione

Investimento in spin-off di produzioni nuove Private equity e M&A

Grandi imprese Fase dello sviluppo

Investimento in nuova capacità produttiva Credito bancario Medie imprese Fase iniziale Investimenti in R&S e in progettazione Fondi pubblici Private equity e M&A

Piccole imprese

Tempo

Produttività e Investimenti

La produttività aggregata non aumenta quindi solo con le innovazioni di processo una maggiore efficienza delle imprese, ma soprattutto con le innova- zioni di prodotto o lo sviluppo di nuove produzioni e di nuove imprese con una produttività più elevata della media (smart specialization). Tuttavia, anche per sviluppare questi nuovi settori, dove la produttività del lavoro è più elevata, è necessario creare la capacità produttiva collegata e che le imprese pianifichino ex ante gli investimenti necessari.

Pertanto, in ogni periodo è prioritario facilitare innanzitutto le imprese più capaci e che possono compiere per prime il salto da una vecchia ad una nuova tecnologia nell’ambito delle diverse filiere produttive e dei diversi cluster territoriali. Questa evoluzione del sistema industriale richiede un coordina- mento in corsa o una governance flessibile e tempestiva del cambiamento. In particolare da un lato si devono investire fondi pubblici e privati nella ricerca e nella progettazione iniziale delle nuove produzioni e dall’altro è necessario individuare le imprese o le organizzazioni di diverso tipo, che potranno in seguito realizzare o avviare operativamente queste nuove produzioni.

Nelle diverse fasi del ciclo del prodotto, la politica industriale e regionale deve sostenere le imprese più piccole e innovative (start-up), cruciali nelle fasi iniziali, e anche consolidare le imprese medie, che sono invece cruciali nella fase della rapida crescita e che sono quelle che possono svolgere il ruolo di leader nei rispettivi cluster territoriali e filiere produttive, che ora sono troppo frammentate e richiedono una riorganizzazione e un consolidamento tramite fusioni e acquisizioni. Infine, le grandi imprese specializzate in produzioni mature se non in declino dovrebbero essere capaci di diversificare le loro pro- duzioni e promuovere spin-off innovativi in nuove specializzazioni intelligenti. Tra le grandi imprese un’importanza particolare possono averla le multi-utility specializzate nella gestione di servizi a rete nel territorio, che hanno un migliore accesso al mercato dei capitali e competenze tecniche consolidate e quindi possono svolgere il ruolo di leader nell’organizzazione di progetti complessi e nella governance delle relazioni intersettoriali tra molti produttori di minori dimensioni fortemente specializzati, come è necessario nei progetti di riquali- ficazione di ampi settori delle aree urbane e nell’introduzione di nuovi servizi che migliorino la qualità della vita nelle città.

Inoltre, sempre secondo il modello del ciclo di vita del prodotto, lo sviluppo delle nuove produzioni implica un ruolo diverso dei diversi tipi di investimen- to e di finanziamento dello stesso. Nella fase iniziale sono fondamentali gli investimenti iniziali nella ricerca e nella progettazione, che spesso richiedono un sostegno pubblico, data l’insufficienza delle risorse disponibili soprattutto nelle imprese minori e data l’impossibilità del credito bancario di finanziare attività cosi rischiose. Nella fase dello sviluppo sono cruciali sia il credito che l’investimento nell’espansione della capacità produttiva nella produzione considerata.

Infine, nella fase di maturità è importante il ruolo dei mercati finanziari e del private equity che consentono un accorpamento delle diverse imprese e l’acquisizioni di altre imprese ed anche gli spin-off di nuove produzioni inno- vative, che consentano una riconversione verso produzioni nuove diverse da quelle tradizionali dell’impresa considerata.

Il confronto internazionale con altri grandi paesi europei dimostra il minore sviluppo e quindi la probabile sottodotazione in Italia di diversi consumi di carattere moderno, come quelli collegati ai bisogni crescenti di abitazione, mobilità e comunicazione, salute, tempo libero, turismo e cultura, risparmio energetico e qualità ambientale, nonché alla possibilità di sviluppare nuove filiere produttive tecnologicamente avanzate trainate dalla domanda in questi nuovi settori, come sottolineato nella proposta di politica industriale e regionale del Gruppo di Discussione “Crescita, Investimenti e Territorio” (cfr. Cappellin et al., 2015; http://economia.uniroma2.it).

Le nuove produzioni si sviluppano soprattutto nelle città ove la domanda è maggiore, per la concentrazione della popolazione e ove maggiori sono i lavoratori più qualificati ed i centri di ricerca. Questi mercati-guida sono dati dall’intersezione di nuovi bisogni dei cittadini e di nuove opportunità e competenze tecnologiche nelle imprese. Inoltre, essi sono tra loro collegati in quanto sono complementari nell’uso da parte degli utilizzatori e anche nei processi di produzione da parte delle imprese. Pertanto, è importante lo svi- luppo di processi di integrazione orizzontale e verticale tra le diverse imprese soprattutto a scala locale. Le nuove produzioni non consistono nella nascita di nuovi settori verticali tra loro distinti ma di sistemi produttivi complessi e localizzati, caratterizzati dall’integrazione orizzontale di tecnologie produttive e di capacità di rispondere a bisogni diversi e complementari.

Fondamentale nelle produzioni di beni e servizi innovativi è la stretta relazio- ne tra il produttore e l’utilizzatore, dato che l’evoluzione delle conoscenze nella produzione di tali beni e servizi da parte delle imprese innovative è condizionata dall’evoluzione continua delle conoscenze e delle esigenze da parte degli utiliz- zatori, come sono le imprese a valle, o i consumatori finali. Lo sviluppo delle produzioni nelle nuove tecnologie richiede una connessione molto stretta con i consumatori e un processo intenso di interazione consente di mettere a punto nuove produzioni, valorizzando stimoli e idee che vengono dagli utilizzatori. In questo senso i nuovi mercati-guida tirano lo sviluppo di nuove filiere produttive.

Di fatto la combinazione complessa e originale dei nuovi bisogni degli uti- lizzatori con le migliori competenze di molte imprese tra loro complementari e la governance intelligente di questo processo di innovazione da parte delle istituzioni pubbliche sembrano essere le caratteristiche più importanti della cosiddetta strategia di “smart specialization”.

La politica industriale non deve solo aumentare il potenziale di innova- zione delle imprese ma anche rispoindere ai bisogni emergenti dei cittadini.

Deve stimolare e aggregare con un’opportuna regolazione e incentivi fiscali le domande individuali e frammentate dei cittadini, creando in tal modo nuovi “mercati guida” (lead markets) di produzioni innovative, che (come i club goods) sono concentrate nelle aree urbane vicino agli utilizzatori potenziali.

Pertanto, il compito della politica industriale è quindi quello di promuovare un aggiustamento dinamico della nuova domanda degli utilizzatori innova- tivi (lead users) e della nuova offerta delle imprese innovative nelle diverse produzioni o mercati guida. Questo porta alla creazione di nuove produzioni, un cambiamento della struttura settoriale dell’economia e ad un aumento sia dell’occupazione che della produttività aggregata dell’economia, più di quanto possano fare le politiche di bilancio o le politiche monetarie o delle riforme strutturali.

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