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3. Piano della tesi

1.3. L’intelletto legislatore

1.3.4. La sintesi trascendentale dell’immaginazione

Dunque le strutture necessarie dell’esperienza non sorgono “empiricamente” dalle intuizioni, ma sono determinate a priori dalla collaborazione delle facoltà attive, le quali assiomatizzano e anticipano il dato rendendone possibile la rappresentazione; per potersi formare, la rappresentazione richiede in altri termini una congiunzione [Verbindung] del molteplice, che non può risiedere nella stessa recettività dei sensi, e che deve essere realizzata a priori, prima e indipendentemente del presentarsi del dato. È in questo senso che la seconda parte della Deduzione del 1781 mette in luce come non ci si possa limitare ad assegnare all’immaginazione una sinteticità soltanto empirica, com’è ancora quella riproduttiva: le percezioni poste in relazione reciproca dall’immaginazione riproduttiva sono infatti viste ora come il prodotto della sintesi che è la stessa immaginazione a realizzare a priori a livello dell’apprensione nell’intuizione. In quanto responsabile dell’apprensione, l’immaginazione può essere espressamente tematizzata da Kant nella sua sinteticità pura come effettiva produzione di immagini, ossia di forme determinate in cui il molteplice sensibile è appreso4. Proprio per questo Deleuze nota che mediante la sintesi pura dell’apprensione non solo il molteplice

1 Log., p. 140.

2 In altre parole: senza l’anteriorità logica dell’oggetto in generale, non solo il molteplice non potrebbe

mai essere attribuito all’oggetto, ma nessun molteplice sarebbe in primo luogo concepibile. Su questo, cfr. M. Adinolfi, La deduzione trascendentale e il problema della finitezza in Kant, Napoli 1994, p. 75, il quale sottolinea come sia proprio nell’unità della rappresentazione che il molteplice sensibile può essere rappresentato in quanto tale (ossia in quanto molteplice); e conclude: «se […] l’apporto della sensibilità consiste nella mera ricezione del molteplice, l’intera sensibilità può costituire un modo della rappresentazione solo attraverso una sintesi, die vorkommende Synthesis, la sintesi che, alla lettera, viene prima e avanti ogni altra rappresentazione».

3 K, p. 33. 4 CRP, p. 538.

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empirico viene determinato nello spazio e nel tempo, ma lo stesso spazio e lo stesso tempo vengono determinati come forme pure a priori: «noi poniamo il molteplice come ciò che occupa un certo spazio e un certo tempo e “produciamo” delle parti nello spazio e nel tempo. La sintesi così definita non riguarda solo la molteplicità così come appariva nello spazio e nel tempo, ma anche la molteplicità dello spazio e del tempo. Senza di essa, infatti, lo spazio e il tempo non sarebbero “rappresentati”»1

.

Tale carattere produttivo della sintesi immaginativa risulta ulteriormente accentuato nella Deduzione del 1787, dove sin da subito l’immaginazione è presentata come «la facoltà di rappresentare un oggetto, anche senza la sua presenza, nell’intuizione»2. Com’è risaputo, l’immaginazione appare qui compresa all’interno

della sfera della spontaneità dell’intelletto, dalla quale è determinata a realizzare una sintesi che Kant chiama sintesi figurata e definisce fondativa a priori della possibilità di ogni conoscenza3. È infatti, aggiunge in una nota Kant, «una stessa ed unica spontaneità, che là sotto il nome di immaginazione e qui sotto quello di intelletto, introduce la congiunzione nel molteplice dell’intuizione»4. Immaginazione e intelletto

certo non svolgono la medesima funzione, tuttavia se la sintesi dell’immaginazione può essere sollevata a un piano trascendentale, se cioè essa può essere produttiva a priori e non solo riproduttiva, ciò dipende unicamente dal fatto che la si intende come «un effetto dell’intelletto sulla sensibilità, e la prima applicazione (base, insieme, di tutte le altre) di esso ad oggetti dell’intuizione»5.

La sintesi dell’intelletto viene portata attraverso la sintesi figurata sino al cuore stesso della sensibilità: quando Kant definisce l’immaginazione come schematizzante è esattamente perché, producendo rappresentazioni che sono omogenee tanto alla spontaneità dell’intelletto quanto alla recettività intuitiva, essa produce le determinazioni trascendentali del tempo [transzendentale Zeitbestimmungen]. In questo modo, lo schema consente l’applicazione dei concetti ai fenomeni nello stesso momento

1 K, p. 32.

2 CRP, cit., p. 121.

3 Cfr. ivi, pp. 119-121: «Questa sintesi del molteplice dell’intuizione sensibile, che è possibile a priori e

necessaria, può esser chiamata figurata (synthesis speciosa), per distinguerla da quella che sarebbe pensata rispetto al molteplice di un’intuizione in generale nella semplice categoria e che si chiama unificazione intellettuale (synthesis intellectualis), non solo perché esse stesse procedono a priori, ma altresì perché fondano a priori la possibilità di altra conoscenza».

4 Ivi, p. 126, nota. 5 Ivi, p. 121.

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in cui anche rende possibile la forma del presentarsi di questi ultimi come forma determinata1. Se è vero che la produzione di schemi nella sintesi immaginativa consiste nel realizzare «relazioni spazio-temporali che incarnano o realizzano delle relazioni propriamente concettuali»2, è d’altra parte soltanto in tale realizzazione che il tempo, e dunque lo spazio e l’intera sensibilità, possono manifestarsi come tali in forme intelligibili. Così che, può scrivere Kant, nell’apprensione dell’intuizione, «io produco il tempo stesso»3, vale a dire, congiungo a priori il molteplice sensibile in determinazioni trascendentali che costituiscono il codice del suo manifestarsi in quanto tale.

Nello schema si compie quindi la funzione mediatrice dell’immaginazione, per mezzo della quale, come già prospettava la Deduzione del 1781, vengono posti in rapporto «il molteplice dell’intuizione da una parte con la condizione dell’unità necessaria dell’appercezione pura dall’altra», in modo tale che i due termini estremi, senso e intelletto, siano portati, necessariamente, a saldarsi: «ché altrimenti essi darebbero sì fenomeni, ma non oggetti di una conoscenza empirica, né quindi un’esperienza»4. Lo schema fornisce appunto la regola a priori di tale saldatura, cioè la

rappresentazione del metodo per mezzo del quale applichiamo «l’unità sintetica pura del molteplice in generale», contenuta nei concetti, al tempo, contenente a sua volta, come condizione formale, «il molteplice a priori del senso interno»5. Tempo che, abbiamo visto, è prodotto in questa stessa applicazione, come risultato dell’influsso che i concetti esercitano sui sensi attraverso l’immaginazione. Nella costruzione della conoscenza oggettuale l’attività affidata all’immaginazione schematizzante si risolve quindi nel mediare quell’operazione essenzialmente concettuale che è la sussunzione dei fenomeni. La sussunzione avviene nell’immaginazione, non a opera sua.

Sotto questo profilo per Deleuze si tratta dunque di porre in evidenza come non sia in alcun modo possibile vedere, all’interno dell’interesse speculativo, una predominanza della produzione immaginativa sull’attività determinante dei concetti: «i fenomeni non sottostanno alla sintesi dell’immaginazione, ma sottostanno, mediante

1 Cfr. M.Adinolfi, La deduzione trascendentale e il problema della finitezza in Kant, cit., p. 76: «lo

schema non realizza soltanto il concetto, ma manifesta anche il tempo, l’orizzonte universale dell’apparenza, così come esso ultimamente appare: come de-terminato trascendentalmente, ri-stretto e de-finito in conformità all’unità dell’appercezione».

2 K, p. 37. 3 CRP, p. 139. 4 Ivi, p. 540 5 Ivi, p. 137.

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questa sintesi, all’intelletto legislatore»1. Proprio perché la facoltà dominante è quella

dell’intelletto, l’attività intermedia dell’immaginazione non può affatto essere concepita come ciò che è primo e originario. L’immaginazione infatti produce gli schemi, in modo tale da fornire un collegamento concreto tra sensi e intelletto, se non nella misura in cui tale compito viene affidato ad essa dall’intelletto, il quale, legiferando, dispone tutte le altre facoltà a operare in vista della determinazione oggettiva del conoscere. È l’intelletto stesso che «sotto il nome di sintesi trascendentale dell’immaginazione, esercita sul soggetto passivo quell’azione da cui a buon diritto diciamo che il senso interno è determinato»2. Nel momento in cui determina a priori il senso interno, ciò che fa l’intelletto è restringere il suo uso alla sola sensibilità, stabilendo la condizione sensibile della sussunzione delle intuizioni sotto le categorie: in uno schema troviamo anzitutto una regola per pensare3 la costruzione di un molteplice dato in una figura determinata empiricamente, cioè in una immagine. Non si dovranno perciò confondere, nell’immaginazione, lo schema e l’immagine, giacché lo schema è «la rappresentazione di un procedimento generale onde l’immaginazione porge a questo concetto la sua immagine»4, mentre l’immagine è ciò che da questo stesso procedimento risulta. Per

potersi oggettivare, il concetto deve sempre figurarsi, concretizzarsi in immagine: l’immagine però non è dall’intelletto trovata, bensì costruita mediante l’immaginazione nel procedimento regolato a priori che prende appunto il nome di schematismo dell’intelletto puro. In questo modo lo schema è sì, in se stesso, sempre un prodotto dell’immaginazione, presente nella sensibilità come determinazione trascendentale che raccoglie i fenomeni in rapporti validi universalmente, ma solo in quanto tale produzione viene per intero determinata dall’intelletto (lo schema è valido «in ogni tempo e in ogni luogo» perché «corrisponde alla categoria»5 ).

1 K, p. 36.

2CRP, cit., p. 122. Poiché l’intelletto non trova già data nel senso interno una unificazione, è esso stesso a

dovere produrla. Ragione per cui l’intelletto deve contenere in sé a priori quelle «condizioni formali della sensibilità che costituiscono la condizione generale secondo la quale soltanto la categoria può essere applicata a un oggetto qualunque» (ivi, p. 137). Queste condizioni sono appunto gli schemi delle categorie.

3 Cfr. ivi, p. 138: «Lo schema del triangolo non può esistere mai altrove che nel pensiero e significa una

regola della sintesi dell’immaginazione rispetto a figure pure nello spazio».

4 Ivi, p. 122. 5 K, p. 37.

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Se è dunque pur vero che lo schematismo è un atto originale dell’immaginazione, poiché essa soltanto schematizza, nulla ci deve indurre a pensare che lo schematismo sia anche «l’atto più profondo dell’immaginazione o la sua arte più spontanea»1.

L’immaginazione infatti, osserva Deleuze, «non schematizza che quando l’intelletto presiede, ovvero ha il potere legislatore. Essa non schematizza che nell’interesse speculativo. Quando l’intelletto si fa carico dell’interesse speculativo, cioè quando diventa determinante, allora e soltanto allora, l’immaginazione è determinata a schematizzare»2. Si fraintenderebbe quindi il senso dell’interesse speculativo qualora si riponesse nella sintesi dell’immaginazione il fulcro della sussunzione dei fenomeni sotto i concetti: proprio in quanto la consideriamo all’interno dell’interesse speculativo, cioè di quello specifico rapporto tra le facoltà avente come fine la costruzione della conoscenza oggettiva, la stessa immaginazione deve risultare subordinata alla legislazione dell’intelletto. Come tale, essa schematizza. Tuttavia, considerata al di fuori dell’interesse speculativo, e dunque a prescindere dalla subordinazione ai concetti dell’intelletto, «l’immaginazione fa tutt’altro che schematizzare»3. Come vedremo più

avanti, è nella riflessione del giudizio estetico che l’immaginazione, abbandonata ogni funzione determinante, scopre la sua autentica spontaneità e il suo esercizio più profondo.