Che abbiano visitato effettivamente l’America, o che ne discutano dai salotti italiani, il basso continuo dei nostri intellettuali è sempre lo stesso: la donna americana, una protestante che ha vissuto sulla frontiera, dove c’era bisogno della forza lavoro di tutti, è troppo indipendente. Grosso
30 SALVEMINI, Gaetano, Incontro della Mazzini Society a Boston, bollettino n. 8, 9 aprile 1941. Contenuto in Mazzini
News. L’organo della Mazzini Society (1941-42), a cura di MERCURI cit.
31 Riguarda il signor Pope, bollettino n. 15, 15 maggio 1941. Contenuto in Mazzini News. L’organo della Mazzini Society (1941-
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modo, tutti i ragionamenti possono essere ricondotti a questo leitmotiv, poi declinato in varie sfumature: uno dei più critici è sicuramente Emilio Cecchi, che condanna in toto lo spirito della donna americana con delle pagine diventate molto famose:
Un’intera mitologia s’è ispirata, ed in parte continua ad ispirarsi, alla prepotenza, all’intrepidezza e alla volontà di dominio della donna americana. È una mitologia anche più forestiera che nativa. […] Molto del suo prestigio, alla donna americana, scese in eredità dai tempi pionieri: quando ella si guadagnò i suoi titoli nelle lunghe cavalcate accanto allo sposo, a ricaricargli lo schioppo nelle scaramucce con gli Indiani, e profittando d’ogni momento libero per mettere al mondo nidiate di ragazzi.32
Ma l’autore, che pure sembra affascinato dai risvolti di questo mito culturale e letterario, mette subito in guardia sulle conseguenze dell’emancipazione femminile. Non avere più vincoli familiari e matrimoniali fa sì che molte donne scelgano volontariamente di non sposarsi, generando un «ideale di vita assurdo e irresponsabile»:
è la monaca, senza clausura e senza voti, sacrificata a un ridicolo maggiorasco sociale. Meglio forse essere sfruttata e battuta dal più immondo degli amanti: ma con l’orgoglio di aver tentato di credere in qualcosa e qualcuno all’infuori di sé. Dinanzi a queste imbandigioni larvali, dinanzi a queste bocche increspate, a questi sguardi velati di solitudine, non ci si meraviglia che l’America sia il paese che, proporzionalmente, dà il maggior numero di pazzi.33
Soldati, invece, sembra attratto sessualmente dall’indipendenza delle donne americane e si sofferma con voluttuosa precisione sulle giovani di colore, a cui dedica descrizioni straordinarie; non è difficile trovare, in questa curiosità di Soldati, un filone artistico che risale all’imperialismo in Africa, alla Venere nera di Gauguin e alle concubine dei soldati coloniali:
Mi accostai. Era sola. Muta e diritta davanti a un pilastro: nigra sum sed formosa. […] Sentivo con la mano destra, attraverso la seta, l’ampio dorso, il molle fianco della regina; palpavo tutta una diversa consistenza della carne, quasi una nerezza tattile. La sensualità è fantastica e idolatra. Immaginando di avere tra le braccia una statua divina, mi strinsi di più al suo seno; molto meno tuttavia di quanto s’usi tra i bianchi e nelle migliori famiglie delle nostre città.34
32 CECCHI Emilio, America amara, in Saggi e viaggi, cit., p. 1248. 33 Ivi, p. 1254.
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Da un punto di vista più filosofico, invece, Julius Evola critica ferocemente l’individualismo americano e la rottura del contratto matrimoniale. Ponendo sempre in relazione gli Usa e l’Urss («due facce della stessa medaglia», come abbiamo ricordato), Evola spende parole a dir poco severe contro l’emancipazione femminile:
l’emancipazione sovietica della donna concorda con quella che in America la scemenza feministica, traendo dalla democrazia tutte le logiche conseguenze, aveva già da tempo realizzato in correlazione con la degradazione materialistica e praticistica dell’uomo. Coi divorzi a catena e a ripetizione la disgregazione della famiglia in America ha un ritmo analogo a quello da attendersi in una società che conosca soltanto «compagni» e «compagne».35
Insomma, i «divorzi a catena» non sono che l’emblema di un decadimento morale e materiale che sarà preludio alla scomparsa, secondo Evola, della civiltà europea. Tra gli altri che si accodano a questa linea di pensiero troviamo Papini, che riduce i rapporti amorosi del suo protagonista, Gog, alla pura forza bruta, e addirittura John Fante, che nella sua opera d’esordio (Wait until spring, Bandini) mette in bocca al suo protagonista delle idee piuttosto chiare (eufemisticamente, potremmo definirle pragmatiche) sulle donne americane.
L’atteggiamento tenuto dalla stragrande maggioranza dei nostri intellettuali si riconferma anche nel più «europeo» di tutti, Leo Ferrero, che dice:
Les femmes, ici, ne veulent pas se laisser absorber « par le monde intérieur du mari » ; elles s’obstinent à affirmer une personnalité propre, souvent illusoire. La femme mariée ne se fait aucun scrupule de trahir son mari. La pudeur parait inconnue. On parle couramment des mères qui reçoivent leurs enfants dans le bain. Le mariage est devenu une professione. Les femmes se marient « pour avoir de l’argent », « pour satisfaire un caprice », décidées à ne rien donner en échange.36
L’indipendenza femminile è dunque da ricondurre alla febbre dell’oro, e all’ossessiva ricerca della ricchezza.
Altra menzione particolare la merita Pavese, o meglio l’interpretazione psicologica che Fernandez dedicò all’autore dopo la sua scomparsa. Nel saggio del 1953 leggiamo che Pavese amerebbe la mentalità americana proprio perché la donna statunitense è pura, indipendente e
35 EVOLA Julius, Rivolta contro il mondo moderno, cit., p. 430.
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intoccabile; Fernandez parte dai pettegolezzi sull’impotenza di Pavese per spiegare la sua attrazione verso la donna della letteratura americana, intangibile e proprio per questo perfetta. Questa idealizzazione della donna porta all’evoluzione, all’interno della letteratura americana, del «bisogno di fuggire lontano dalle donne, di cercare la felicità in una comunanza di uomini» o al massimo nella solitudine privata.