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L'origine storico-filosofica della misurazione della performance e la sua influenza nella legislazione italiana

NEL SISTEMA DI MISURAZIONE DELLA PERFORMANCE

2. L'origine storico-filosofica della misurazione della performance e la sua influenza nella legislazione italiana

S econdo alcuni studiosi, gli attuali modelli di misurazione della performance individuale e organizzativa hanno origine nello sviluppo applicativo delle teorie economiche elaborate nella prima metà del Novecento dallo statista americano W.E. Deming, il quale venne “arruolato” dal Governo americano alla fine della II Guerra Mondiale per contribuire alla riconversione dell'industria bellica giapponese verso la produzione di beni diversi dagli armamenti63.

Secondo la teoria di W.E. Deming qualsiasi processo produttivo si può suddividere in una sequenza di quattro fasi (Plan, Do, Control, Act, altrimenti nota con la sigla PDCA)64 che potremmo descrivere

62Così, F. BUTERA, rinvio nota n. 2.

63W.E. DEMING, Trasformation of western style of management, in Interfaces, 1985.

64W.E. DEMING, The essential Deming: Leadership Principles from the father of quality, New York, McGraw-Hill

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come segue: nella prima fase si pianificano gli obiettivi e si programmano le azioni; nella seconda avviene la produzione; nella terza fase si effettuano i controlli dei risultati e degli scostamenti; nella quarta si adottano le azioni per stabilizzare i risultati raggiunti, se coincidono con quelli attesi, o quelle per correggere eventuali disallineamenti. Compiuta anche quest'ultima fase, il processo può essere riavviato.

I migliori risultati in questo campo furono raggiunti dalla società automobilistica Toyota 65, che si dimostrò capace di far incontrare il pensiero di due culture profondamente diverse, quella americana (dominata dall'egualitarismo e dal libero mercato, dai principi di democrazia e di libertà), e quella nipponica (organizzata in classi sociali e basata sul collettivismo, influenzata nella vita sociale e istituzionale dai princìpi del confucianesimo) in una nuova filosofia industriale, denominata KaiZen66,

dalla fusione dei termini KAI (cambiamento) e ZEN (migliore), che significa “tendere sempre al miglioramento”. Secondo questa teoria, basata su uno studio analitico scientifico-statistico dei dati e delle risorse, un ciclo di produzione è sempre perfettibile se viene correttamente applicato un sistema ciclico di valutazione che favorisce il rinnovamento dei processi in modo incessante e graduale, così da ottenere «innovazione senza rivoluzione», evitando squilibri e conflitti che sono invece determinati da cambiamenti repentini che risultano, il più delle volte, inefficaci e dannosi67.

Questa filosofia incoraggia ogni individuo ad apportare ogni giorno piccoli cambiamenti a situazioni o condizioni di parziale inefficienza, con l'effetto di sentirsi parte responsabile di un processo di selezione e miglioramento dell'organizzazione stessa.

Un altro importante teorico che sviluppò ulteriormente le conclusioni di W.E. Deming fu il giapponese Ishikawa68: egli sosteneva che, per adottare una programmazione che possa poi rivelarsi

adeguata, efficace ed efficiente, è necessario che gli obiettivi siano descritti in modo completo, chiaro, non interpretabile, indicando come scelte da adottare solo quelle più razionali e adeguate al contesto al quale sono indirizzate, tenendo conto sia delle competenze e delle qualità dei lavoratori, specialmente il loro grado di formazione, la loro propensione o meno ad assumere responsabilità, il loro grado di interesse al lavoro, e sia della tipologia di soggetti ai quali si rivolge il servizio. Gli obiettivi programmatici, infatti, devono essere raggiungibili dal personale a disposizione, altrimenti è certo che non daranno mai i risultati attesi. Per questo è bene che le azioni siano tradotte in operazioni ripetibili nel tempo e definite in una procedura standard.

Con riferimento alla seconda fase, quella della produzione, egli si sofferma soprattutto sull'importanza della formazione professionale. Anche quando si crede di aver adottato e di seguire una procedura perfetta, standardizzata, non ci si può esimere da assumere un atteggiamento critico-

65T. OHNO, Lo spirito Toyota. Il modello giapponese della qualità totale. E il suo prezzo, Torino, Piccola Biblioteca

Einaudi, 2004.

66I. MASAAKI, Kaizen: lo spirito giapponese del miglioramento, Milano, Edizioni del Sole 24 Ore, 1986 67I. MASAAKI, Kaizen: The Key to Japan's Competitive Success, New York, Random House, 1986. 68K. ISHIKAWA, Guida al controllo della qualità, Milano, Franco Angeli editore, 1988.

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costruttivo, poiché circostanze eccezionali possono sempre insorgere dimostrando che le regole adottate non sono più adeguate. Per questo motivo la formazione professionale specialistica continua deve essere un obiettivo costante per ogni organizzazione, stimolando in tutti i lavoratori il desiderio di assumere, o almeno mantenere, idonee competenze per gestire situazioni non prevedibili o comunque non previste.

La terza fase è dedicata al controllo ed è quella in cui si misura lo scostamento tra i risultati raggiunti rispetto a quelli attesi e se analizzano le ragioni. L'immagine scelta da Ishikawa per illustrare questa fase è quella della lisca di pesce: egli associa l'attività del controllo industriale a quella del pescatore quando, una volta raccolto il pesce, ne apre il corpo per conoscere il suo stato di salute. La struttura della lisca è la metafora dei rapporti causa-effetto che si presentano all'interno di una organizzazione complessa (da qui deriva infatti la forma del grafico, comunemente chiamato, a "spina di pesce"), poiché ad ogni evento-causa possono corrispondere molti effetti diversi69.

Nell'analisi degli effetti, o ancor meglio nella valutazione dei risultati, a nostro parere, c'è altresì il rischio che possano emergere considerazioni soggettive e discutibili: per questo è bene (lo vedremo proprio nei prossimi paragrafi) individuare criteri, strumenti e azioni idonei a limitare al massimo ciò che può condizionare una valutazione, investendo altresì nelle tecniche di autovalutazione.

Nella quarta e ultima fase, prima di riavviare il processo, è indispensabile che si assumano le iniziative più adeguate, anche quando il margine di miglioramento fosse minimo. Interessante è rilevare che come dal termine giapponese Kuhn (innovazione) 70 , Ishikawa sviluppò l'dea che le innovazioni

devono sempre permettere il raggiungimento del massimo grado possibile di cambiamento in quel dato momento con le risorse a disposizione, dimostrando una visione applicativa concreta e per niente astratta della sua teoria.

Infine, sono due i propositi che secondo lo studioso giapponese si devono collocare in quella zona grigia che fa da cerniera tra l'ultima e la prima fase di un PDCA: il primo è la ricerca di standardizzare l'innovazione, che può avvenire attraverso l'inserimento di una nuova tecnica o di una nuova regola nel procedimento di produzione e il monitoraggio continuo della sua applicazione; il secondo è la "pulizia" del processo da quei fattori, umani o artificiali, che siano stati individuati come la causa della inefficienza del processo produttivo71.

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