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Il percorso formativo svolto all’interno del corso di Pedagogia Sanitaria si è incentrato sull’approfondimento del concetto di “cura” attraverso quat- tro incontri di cinque ore ciascuno, in cui si sono alternati momenti di le-

zione frontale e attività pratico-riflessive sui temi trattati. Inoltre nella set- timana fra un incontro e l’altro gli studenti hanno rielaborato attraverso la scrittura narrativa quanto appreso in aula, mettendolo in relazione con la propria esperienza pratica di professionisti della cura dentro ai propri ambi- ti e contesti lavorativi. Si è cercato quindi di porre in connessione il sapere elaborato nel contesto formativo del corso con la pratica agita dentro l’esperienza e il sapere che si genera attraverso essa lavorando su due fron- ti, uno quello della riflessione individuale attraverso la scrittura e l’altro quello della discussione che nasce dalla condivisione con gli altri delle pro- prie esperienze.

Tab. 1 – Riassunto del percorso formativo

Percorso formativo

Incontri Didattica Frontale Proposta riflessiva e di scrittura I Incontro Le ragioni ontologiche della cura Mi racconto…

II Incontro L’essenza della buona cura Cura e professione III Incontro L’etica della cura Etica e professione IV Incontro Il farsi concreto della buona cura Gesti di cura

Il tema principale del percorso formativo si è sviluppato attraverso lo studio del testo “Filosofia della cura” di Luigina Mortari (2015), che ha aiu- tato gli studenti a comprendere meglio che cos’è la cura e ad approfondirne le sue peculiarità, le sue caratteristiche e la sua relazione intrinseca con l’esistenza e con l’agire pratico.

Un’attenzione particolare è stata rivolta alla cura di sé, che si è tradotta nel compito di riflettere e mettere in scrittura il proprio modo di vivere, agi- re, sentire la cura e l’essere professionisti della cura. A conclusione del per- corso si è chiesto agli studenti di esprimere se e come la riflessione attra- verso la scrittura narrativa li avesse aiutati e formati nel prendersi cura di sé e nel proprio sviluppo professionale.

In particolare, durante il primo incontro si è dato spazio al racconto di sé e della propria vita professionale, attraverso la narrazione scritta delle tappe significative del proprio percorso formativo e professionale e della propria motivazione nell’intraprendere un nuovo corso di studi. Inoltre sono state trattate le ragioni ontologiche della cura e si è discusso della relazione stret- ta fra cura ed esistenza attraverso anche la rielaborazione dell’esperienza

professionale con questa chiave di lettura. Si è parlato nello specifico della cura come bisogno proprio dell’essere umano e dell’importanza della cura di sé, partendo da quanto indicato da Mortari (2015):

La cura è necessaria all’esistere per dare corpo alla tensione, alla trascendenza e nutrire l’essere di senso (ivi, p. 35).

Attraverso la scrittura della propria storia gli studenti hanno compiuto e sperimentato un gesto di cura verso se stessi e hanno iniziato a imparare a riflettere attorno alla propria esperienza e pratica (Dewey, 1938). Dopo al- cune perplessità iniziali, dovute al fatto di non essere abituati a percorsi di questo genere, gli studenti si sono aperti a questa nuova esperienza, parte- cipando in modo attivo e costruendo un apprendimento proiettato verso la continuità.

Se penso a quanto è passato dall’ultima volta che ho scritto un tema, una lettera… beh erano modi che ci permettevano di raccontare noi stessi, le nostre emozioni, il nostro “dentro”, ora le cose che mi trovo a scrivere quotidianamente sono solo cose tecniche (cartelle, valutazioni funzionali, lettere di dimissioni logopediche) e niente più… Credo in effetti che la scrittura sia un’ottima alleata della riflessio- ne… ti impone di fermarti, ad avere tempi più lunghi… mi piacerebbe riprenderla, magari iniziando con poco… con poche righe… e poi chissà… (uno studente).

Il secondo incontro si è concentrato sul tema dell’“Essenza della buona cura”, partendo dal testo scritto da Mortari (2015) in cui si dice che «l’essenza della cura consiste nell’essere una pratica che accade in una re- lazione, è mossa dall’interessamento per l’altro, è orientata a promuovere il suo ben-esserci» (p. 80), si è discusso insieme riguardo le pratiche di cura e il loro significato.

Se prima il gesto era meramente l’applicazione di una tecnica, ho capito che ci so- no anche tra i gesti di cura rientrano anche quei gesti che comunicano premura e rispetto verso il paziente, ugualmente importanti (uno studente).

Mi rendo conto infatti come sia fondamentale, nonostante la frenesia che vi possa essere durante la giornata lavorativa, cercare di prestare costante attenzione al paziente, alla relazione con il paziente, in quanto sono aspetti fondamentali che influiscono sull’efficacia del trattamento erogato (uno studente).

Nel terzo incontro il tema trattato è stato quello dell’“Etica della cura” e si è riflettuto, scritto, narrato e discusso attorno al rapporto fra etica della cura e professione. Secondo Mortari (2015):

L’eticità richiede quell’azione recettiva e passiva del vedere e dell’accogliere quel- lo che la realtà mi dice di sé, ma poi si attualizza nel rispondere attivamente alla realtà con gesti concreti. Non c’è solo la verità della scienza, ma anche la verità dell’esistenza (ivi, p. 140).

Gli studenti, attraverso la trattazione teorica e alcune domande su cui in- terrogarsi: «perché si decide di lavorare con la fragilità e con la malattia? Perché si decide di occuparsi della sofferenza e del dolore? Cosa spinge verso questa strada?», hanno fatto emergere i loro pensieri e le loro espe- rienze.

L’idea di cura che ho sempre avuto, si avvicina alle tre macro aree individuate nel libro di Mortari: cura per l’altro (attenzione, rispetto, senso di responsabilità, em- patia, delicatezza, fermezza…); cura del contesto (preparare un ambiente acco- gliente, avere attenzione per i familiari); cura per il proprio sentire (tenere un dia- rio, confrontarsi con i colleghi e andare in supervisione se non si riesce ad ottene- re risultati). Frequentando il corso e leggendo i libri, ho riletto in un’ottica “eti- ca” quello che faccio. Il fine è il ben-essere, per gli altri e per se stessi (una stu-

dentessa).

Nel quarto incontro si è ragionato sul tema “Il farsi concreto della buona cura”, attraverso una riflessione sui gesti di cura. Dopo una breve trattazio- ne sono state proposte delle immagini e su queste si è iniziato a discutere e a prendere consapevolezza della concretezza della cura. Attraverso una de- costruzione gli studenti hanno ragionato sul significato dei gesti e delle azioni che quotidianamente compiono.

Sono diventata maggiormente consapevole che chi sceglie questo tipo di professio- ne lo faccia perché dentro di essa ci sia quel cosa di profondo, di vero, che porti a dare all’ altro. L’idea di cura che ho sempre avuto e sempre portato avanti è tutto ciò che ho ripercorso con questo corso, anche se mai ero riuscita ad approfondire queste tematiche. La cura è esserci, esserci sempre, fisicamente e psicologicamen- te con gli altri e con noi stessi, mettendoci in relazione (una studentessa).

Infine gli studenti hanno riflettuto su quanto appreso durante il corso in merito alla cura e se c’è stato un cambiamento nel loro renderla concreta quotidianamente nel loro lavoro.

Rispetto all’idea di cura, ho capito che non è solamente riferita alla cura terapeu- tica, alla cura del corpo, ma c’è anche la cura ontologica, quella dello spirito, dell’Essere che è fondamentale e che la cura avviene sia verso gli altri che verso se stessi. Se prima il gesto era meramente l’applicazione di una tecnica, ho capito che ci sono anche altri gesti di cura ugualmente importanti, che comunicano pre- mura e rispetto verso il paziente (uno studente).

La parola “cura” trattiene in sé una immensità di concetti e aver riflettuto attorno a questo argomento è servito a dare i giusti nomi a pensieri, gesti, comportamenti che attuo senza averne una piena consapevolezza (una studentessa).

In merito al cambiamento in me, forse ritengo che sto prestando molto più ascolto alle parole e ai gesti che i pazienti, e non solo, mi trasmettono (una studentessa).

Che cosa possiamo trarre da questa esperienza

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