• Non ci sono risultati.

La valutazione dell’attività didattica, soprattutto se relativa ad abilità af- fettivo-relazionali, risulta essere difficile laddove i contesti clinici non ri- chiedono, apparentemente, competenze di questo tipo e dove le priorità as- sistenziali sono più orientate al tecnicismo. Spesso gli studenti infermieri riportano difficoltà, non tanto nel gestire abilità psicomotorie, quanto nel comprendere e capire se, in un setting relazionale complesso, essi siano sta- ti efficaci, se gli studenti abbiano realmente compreso empaticamente il vissuto dell’assistito e/o se si siano fatti “travolgere” dalle proprie emozio- ni. Più elevato è il livello di tecnicismo del contesto, più alto risulta essere questo disagio. Tale elemento si riscontra con meno frequenza nei contesti in cui lo studente vive situazioni affettivo-relazionali complesse, dove è presente e tangibile una spiccata sensibilità degli operatori verso una presa in carico centrata sulla persona e non sulla malattia. In questo contesto, lo studente spesso riporta un adeguato livello di performance e vede agire modelli di comportamento che sono congruenti con quanto proposto dalla formazione universitaria.

Alla luce della complessità descritta, sono stati previsti diversi momenti e modalità di valutazione dell’attività di laboratorio. Una prima valutazione viene effettuata al termine del laboratorio con la compilazione di post-it, da parte dei partecipanti, presentati con semplici domande stimolo: cosa ti è

piaciuto; cosa non ti è piaciuto; cosa cambieresti di questo laboratorio. L’analisi dei commenti porta ad affermare che i laboratori hanno sempre avuto un alto livello di gradimento da parte degli studenti.

Un secondo strumento di valutazione è un questionario anonimo che viene somministrato, per tutte le attività didattiche svolte, a fine semestre. Il questionario è formato da sette domande chiuse, una domanda aperta e in- daga: correlazione con la teoria, raggiungimento degli obiettivi, tempo de- dicato, trasferibilità delle competenze, eventuali suggerimenti.

Dai questionari raccolti, somministrati a 70 studenti, emerge che il 97% riferisce di aver raggiunto gli obiettivi di apprendimento e che il 96% considera che il laboratorio potrà essere utile nel suo futuro professionale.

La parte di valutazione più ardua, relativa agli aspetti affettivo- relazionali, richiede una costante valutazione, in termini di ricaduta forma- tiva, durante il percorso di tirocinio. Si specifica che la scheda di valutazio- ne delle attività di tirocinio (SVAT) propone una sezione che analizza la di-

mensione affettivo-relazionale, con relativo grading (Finotto et al., 2017), che viene anche utilizzata come indicatore della ricaduta del laboratorio.

Nell’anno accademico 2016-2017, sono state effettuate complessiva- mente 570 valutazioni di tirocinio. Considerando esclusivamente le 45 va- lutazioni insufficienti, 28 (62.2%) evidenziano una valutazione media di 24/30, nell’area affettivo-relazionale.

Nonostante gli studenti affermino che il piano di studi dovrebbe dedica- re più tempo agli aspetti relazionali nelle attività di laboratorio, i dati relati- vi alle valutazioni di tirocinio ci portano a considerare tale area come la meno problematica. Un’ulteriore conferma dell’efficacia dell’attività didat- tica, sono i dati emersi da uno studio descrittivo sulle competenze infermie- ristiche del neo-laureato (Mecugni et al., 2013). Tale studio analizza la per- cezione dei coordinatori relativamente alle competenze nelle aree della pre- sa in carico: comunicazione-relazione, e deontologia professionale sono le competenze che hanno ottenuto i valori medi più alti.

Nonostante le competenze menzionate siano molto legate alle esperien- ze precedenti, si può supporre che il percorso formativo abbia fornito una base per sviluppare attenzione e competenza nella relazione con utenti e colleghi.

Conclusioni

Da quanto riportato dagli studenti nella loro valutazione, le attività sulle tematiche affettivo-relazionali risultano gradite ma, soprattutto, efficaci nel raggiungimento degli obiettivi didattici. Inoltre, gli studenti ritengono che quanto appreso risulta sicuramente spendibile nel futuro professionale.

Negli anni, le valutazioni e i suggerimenti sono sempre stati considerati. Questo ha portato a un incremento dei tempi dedicati alla riflessione e alla programmazione di ulteriori laboratori/rientri nei tre anni di corso. Alla lu- ce di tali risultati, per portare avanti un discorso omogeneo sulla difficile relazione d’aiuto, si è iniziato a proporre anche agli infermieri guida di tiro- cinio un percorso specifico, gestito dagli stessi formatori e riconosciuto con crediti ECM, per aiutarli ad accompagnare gli studenti nella crescita delle

competenze relazionali.

Considerando l’indiscutibile difficoltà legata agli argomenti in oggetto e nonostante l’incentivazione, negli anni, delle attività dedicate, la formazio- ne, per gli studenti, rimane ancora non esaustiva. Tale richiesta nasconde la ricerca di ricette che la competenza relazionale non ha, ma allo stesso modo evidenzia l’acquisizione di un importante livello di consapevolezza.

Bibliografia

Alonzi C. e Dell’Olio R. (2003), Prender corpo nel corpo, in Giorgino E. e Tousijn W (a cura di), Attraversando terre incognite: una sfida per la professione infer- mieristica, Salute e Società, II, 1, FrancoAngeli, Milano.

Amaducci G. e Franceschini L. (2007), Formazione e professionalità infermieristi-

ca: i sentimenti come risorsa, in Bruzzone D. e Musi E. (a cura di), Vissuti di cura. Competenze emotive e formazione nelle professioni sanitarie, Guerini

Scientifica, Milano.

Bellia V. (2007), “Se la cura è una danza”: la metodologia espressivo-relazionale

nella danzaterapia, FrancoAngeli, Milano.

Bruzzone D. (2014), “Il fattore umano e l’approccio fenomenologico nella forma- zione al lavoro di cura”, Encyclopaideia, XVIII, 39: 9-20.

Casadio I. (2007), Il coraggio di partire da sé per tornare a sé, in Bruzzone D. e Musi E. (a cura di), Vissuti di cura. Competenze emotive e formazione nelle

professioni sanitarie, Guerini Scientifica, Milano.

Castagna M. (2002), Roleplaying, autocasi ed esercitazioni psicosociali. Come in-

segnare comportamenti interpersonali, FrancoAngeli, Milano.

Finotto S., Gradellini C., Bandini S., Burrai F., Lucchi Casadei S., Villani C., Vin- cenzi S. e Mecugni D. (2017), “Validazione multicentrica di uno strumento di valutazione delle attività di tirocinio (SVAT) degli studenti infermieri”; Profes-

Iori V. (2006), Quando i sentimenti interrogano l’esistenza. Orientamenti fenome-

nologici nel lavoro educativo e di cura, Guerini Scientifica, Milano.

Mecugni D., Sforacchi F., Amaducci G., Iemmi M. e Finotto S. (2013), “Compe- tenze infermieristiche e formazione di base: studio descrittivo”, Assistenza In-

fermieristica e Ricerca, 32: 139-146.

Morin E. (2000), La testa ben fatta, Raffaello Cortina, Milano.

Zannini L. (2015), Fare formazione nei contesti di prevenzione e cura. Modelli,

strumenti e narrazioni, Pensa MultiMedia, Lecce.

In sintesi

Le competenze relazionali sono trasversali a ogni attività assistenziale: la formazione ha, dunque, il dovere di accompagnare lo studente ad acquisire consapevolezza e abilità. La complessità di tale modello formativo richiede una declinazione delle attività didattiche sui tre anni di corso che tenga in considerazione un aumento di complessità sulla base delle competenze ac- quisite. Per valutare il progetto didattico triennale sono stati previsti diversi momenti e modalità di valutazione. Dalla valutazione del progetto didattico emerge che le attività svolte risultano gradite, efficaci e spendibili nel futuro professionale.

Documenti correlati