• Non ci sono risultati.

che quegli è de lo pregio disioso, che ʼl si fa sposo non dice: «io doloro».

1 L tenva 3. L li apianto 4. L omette in 5. d‟intender] V entender 6. dice] L il dice L parogone 7. in sua passione] L op(er)assione 8. L campo 9. V alega L allega 10. foco e] L foche V ed ardore 12. senno e] L senne 13. natura] L statura 14. audo] L aldo 15. L ricorre 17. intendo] L intende compiuto] ç conpiute 21. Giovantute, santà] L gioventa sanitate 24. potesse comprar] L conprar potesse V comperare potesse 28. che ciò] L caccio 29. validore] L lialidore vale se] L valesse 31. aver speranza] L ave isperansa 35. spanni] V ispan(n)i L spalmi 38. solo] L son 40. lui] L costui 45. ca] L che nulla] V nullo 46. a esto] V ad esto L a sto 48. gli] L li che] omesso in L no] L non 51. s‟à avvicinata] L sa vicinata 54. L ebenena(n)sa metta i(n) sua intensa 56. gli fia come la doglia appresentata] L lifie come dogla p(re)zentata 59. d‟Adamo ed Eva ʼsempro] L dadamo exenpro ed eva 60. in gioia fuor trambondui] L ingioi fun tra(n/m)indui 63. onnie 65. mentre ommo è vivo] L Mentrome vivo 66. mai] mali 68. tolle lontana gioia] L luntana tolle gioia 69. L chelocredo e visto lo pruzora 70. ravvivare] L rivivare 73. ad una rota à simiglianza] L duna rota simiglansa 74. volge] V volghe L

110

vogle 77. sfata] L fata 78. gioia] L gioi 79. jn 80. schuso 81. paia] L peni 82. L nighettoso 84. valoroso] L vigoroso 85. non de‟ l‟om far] L nonde far l‟omo 86. V ostale 87. quegli] L quelli disioso] L dizioso

Mia canzone, muoviti verso San Giovanni, presso di Monte, e non fermarti, digli che voglio fornigli con le mie parole conforto per il suo sta, se è ancora capace di intendere. Il saggio parla, e l‟esempio mi pare calzante, di come l‟uomo sia abile, nei momenti di avversità, nell‟elaborare un diversivo [pensando alla propria salvezza]: il dolore non si lenisce non il dolore, perché ciò aumenterebbe il fuoco e il bruciomre, e per eccesso minerebbe il tranquillo operare del senno e della misura, addirittura riuscirebbe a trasformare ciò che è malvagio in qualcosa si peggiore. Eppure, ho sentito che, per chi si studia di trovare un conforto nel male, quanto ho detto sopra ha breve durata, visto che il soffrire, nel mondo, è comunque fonte di ricchezza: nemmeno la sapienza esisterebbe senza dolore.

1. A San Giovanni: è toponimo troppo diffuso per poterlo interpretare in maniera univoca nell‟ottica della scarnissima biografia montiana; il primo pensiero può andare ovviamente al San Giovanni fiorentino (pure di memoria dantesca), ad indicare dunque la zona intorno al battistero e il relativo quartiere (il Sesto di Porta del Duomo). Tuttavia il gioco funzionerebbe pure se applicato al quel sancto Iohannem in Monte che a Bologna è tuttora collocato quasi al confine tra i quartieri di Porta Ravegnana e di Porta San Procolo, ove Monte è attestato come residente nel 1274: in questo caso il gioco polisemico tra i significati si estenderebbe anche alla stringa successivo a Monte. ■ mia canzone: con rovesciamente della consueta struttura della canzone, qui le istruzioni per il proprio componimento sono messe in apertura, quasi a sottolineare la fruibilità del testo a uso esclusivamente montiano.

2. t‟invia: Minetti preferisce la lezione di L ugualmente ammissibile «te ·n va», ma non ci sono ragioni sufficienti per non preferire la lezione di V, posto lo stesso Chiaro, Di lunga parte aducemi l‟amore, v. 55 «Però, mia canzonetta, a llei t‟invia», e lo stesso Monte, Ancor di dire (→ canz. IX), v. 206 «te, mia canzone, invio [...]».

4. in mio sermone: genericamente „con le mie parole‟.

5. Menichetti congettura «se ʼn udienza e d‟intendere è d‟esto», separando la capacità di ascolto e quella di riflettere sulle cose ascoltate. Preferisco rimanere fedele alla versione di L da intendere „capacità di discernimento‟; quanto a V, come si vede in apparato, ha perso un elemento.

6-8. si costruisca „lo savio dice come omo in sua passione sia presto membrar lo scampo‟. Impossibile dedurre chi sia il saggio a cui si attribuisce il pensiero (sempre se non si tratti di una trovata retorica), anche perché esso è frequente nel pensiero cristiano. La tematica per cui il male è sopportabile pensando alla salvezza futura è d‟altronde squisitamente Davanzatiana.

6. paragone: varrà qui, come già puntualizzato da Menichetti, come „esempio‟.

9. che mal per mal no aleg[gi]a: sembra una variante dell‟adagio paolino nella lettera ai romani, 12, 21 «noli vinci a malo sed vince in bono malum». La congettura aleg[gi]a („alleggerire‟) è già in Menichetti.

11. sovrabondanza: termine non molto diffuso nella lirica (assente, per esempio, nel corpus montiano), cfr. l‟attacco della canzonetta anonima «La gran sovrabondanza, / che di gravose Amor m‟à dato bene», e Dante da Maiano, Per Deo, dolze meo sir, non dimostrate, vv. 6-7 «Come porria celare / la gran sovrabbondanza [...] (attestato anche nella versione aggettivale in Guittone e ancora in Dante da Maiano). ■ trasnatura: „compromette l‟integrità naturale‟,cfr. più avanti Donna di voi si rancura (→ canz. XI), v. 38: l‟uso del composto verbale fa sistema con sovrabondanza, amplificando l‟idea di eccesso.

12. senno e misura: coppia, i cui elementi sono di ascendenza cortese (sen e mezura), presente in Chiaro in maniera abbastanza ossessiva cfr. Talento ag[g]io di dire, vv. 41-42 «E ʼn voi è gentilezza, / credo, senno e misura», Molti omini vanno ragionando, vv. 9-10 «[...] amore è cosa tutta contrariosa, / e nonn ha in sé senno né misura», Da che savete, amico, indivinare, v. 7 «misura e senno è cosa da pregiare», nonché l‟attacco «In ogni cosa vuol senno e misura». Senno e misura saranno qualità imprescindibili per chi voglia fa fruttare degnamente il proprio denaro più avanti in Tanto m‟abbonda (→

111

canz. VIII), v. 31. ■ reo face peggiore: quasi identico a un proverbio di Garzo, v. 387-388 «Reo fa peggiore / e buono fa migliore».

13. il verso ricorre quasi identico in un‟altra consolatoria di Chiaro Davanzati (di cui non si conosce però l‟identità del destinatario), cfr. Quant‟è contrado il tempo e la stagione, vv, 25-26 «E ben sor[t]isce / chi nel male conforta la sua vita».

14. audo: per Menichetti si tratterebbe di un meridionalismo.

15. sofferir...riccore: Chiaro trasforma dunque la richezza materiale di Monte in risorsa spirituale: la sofferenza permette di temprarsi per le avversità future e, allo stesso tempo, godere pienamente della gioia che verrà.

Sono convinto che tre siano le ricchezze che rendono l‟uomo compiuto; chi le possiede nella loro totalità non deve subire negativamente la perdita dei propri avere, perché almeno due di queste sono la sua salvezza: la giovinezza e la salute sono il mezzo e il fine, la libertà è la ricompensa che viene dalle due; non è si è mai visto un uomo che abbia potuto comprarne una con i suoi avere: è dunque importante possedere almeno la giovinezza e la salute. Perché, poi, si stigmatizza la povertà, se viene a mancare la libertà per propri demeriti? Basterebbe infatti, come conforto, immaginare che si può avere valore se non ci si stanca di una situazione di disagio e nell‟avere fede e speranza nel bene: il saggio, infatti, riesce a volgere una situazione oscura in una chiara.

17. intendo l‟om compiuto: Minetti preferisce seguire qui L «intend‟, e‟, l‟om, compiut‟è», sempre con undici sillabe nonostante l‟uscita tronca.

18. possiede...àve: in dittologia sinonimica.

20. le due son saluto: bastano solo queste due ricchezze, rese esplicite nel prossimo verso, ad annullare nell‟uomo la preoccupazione per la povertà. La forma saluto di V compare per esigenza di rima (in Minetti «salute», in rima con il precedente «compiut‟è).

21. Menichetti stampa «giovantute, santà è porto e nave», legando dunque la metafora nautica esclusivamente a santà, mentre Minetti, da parte sua, complica la lezione «giovantute (santà è porto) è nave». Propongo qui di integrare la una nasale al verbo per ristabilire il plurale della variante del verbo essere ènno (simile congettura è operata del resto dallo stesso Menichetti per Novella gioia che porta?, vv. 13-15 «ma chi ben si compare / quegli è[n], che de l‟afanno / alegra cera fanno»). La posizione degli elementi nel caso qui proposto è speculare (santà/porto, giovantut‟/nave).

22. valuto: più che come „prezzo‟, con Menichetti, lo interpreterei come fa Minetti come „ricompensa, valore che si raggiunge (così la chiosa dell‟editore «La libertà, non ho dubbi, è, appunto, quanto ognuna di esse ci procura»; la proposta editoriale di Minetti va invece semplificata «libertà, di ciascun‟, ò, è ʼl valuto»). 23. la formula, accoppiata al verbo comprare, ricorrerà più avanti nelle tenzoni politiche, cfr. I baron‟ de

la Magna àn fatto impero (→ Tp 4.2), v. 15 «I ò veduto om comperare ostero»; si tratta comunque di

un‟espressione utilizzata, cfr. Rinaldo d‟Aquino, Per fin‟ amore vao sì allegramente, vv. 3-4 «io non aggio veduto / omo che ʼn gio‟ mi poss‟apareare» oppure Brunetto, Tesoretto, vv. 2118-2119 «E i‟ ò già veduto / omo ch‟è pur seduto [...]».

24. il verso completa quanto detto nella chiusa della strofa precedente: nessun bene materiale può comprare le ricchezze spirituali di Chiaro.

25. egli conta: Menichetti «gli conta»; il verbo sta qui per „confida sul fatto che‟ (cfr. TLIO, s.v. contare 1, § 4), dato che sono qualità che non si possono comprare, se le si possiede si può essere in qualche modo tranquilli.

26-27: sembra fare il verso, come si vede bene dall‟utilizzo di simile complemento di causa, a Più sofferir

non posso, v. 86 «Chi ʼl suo, per sua sciagura, ismanovisce», quasi a correggerne la portata: il dramma non

112 28. se davanti vede: cioè „se riesce a immaginare, se pensa‟.

29. validore vale: chi ha valore morale («il gagliardo», secondo la chiosa di Minetti), in gioco etimologico con il verbo con il quale si accompagna, pure presente nell‟attacco di un‟altra canzone di Chiaro «Valer voria s‟io mai fui validore».

30. nel mal poggiar la branca: alla lettera „poggiare male la mano‟, ma metaforicamente si potrebbe sciogliere con „essere in una condizione di disagio‟ (per Minetti genericamente «vivere nel male»). Il

TLIO, s.v. branca, sulla scorta di Menichetti chiosa la locuzione poggiare la branca come „essere cauto‟.

31. speranza e fede: con forte connotazione cristiana, cfr. Epistula beati Petri I, 1, 21 «dedit ei gloriam ut fides vestra et spes esset in Deo».

32. chi ben provvede: anche più avanti in Donna di voi si rancura (→ canz. XI), v. 86 «Chi ben provvede e pensa». ■ di bruna fa bianca: fuor di metafora „riesce a volgere positivamente una situazione negativa».

Chi è gentile, risvegli la buona consuetudine; non voglia definirsi perduto prima del tempo; dispieghi le vele della propria esistenza e sia pronto per partire; pensi che il bene che ha ricevuto sia soltanto un sogno; creda che più in basso di così non si può scendere, dal momento che comunque siamo nati nudi. Chi ci ha allevati unicamente, del resto? È stato Dio potente, cui non devi stancarti mai di chiedere la grazia e di avere solida speranza che dopo il male arrivi in bene; si sforzi inoltre con gioia di valere, giacché nulla è scontato mentre siamo al mondo: ciò che è in una posizione di altezza può abbassarsi e cadere, il ciò che è qualitativamente infimo può valere e diventare cosa potente.

33. buon costumato: cfr. di Chiaro, In ogni cosa vuol senno e misura, vv. 13-14 «Però n‟ag[g]iate cura, voi valente, / ch‟onor richiere lo bon costumato». Per il significato vedi TLIO, s.v. costumato, § 2.1.

34. simile immagine ricorrerà più avanti in Ahimé lasso, perché (→ canz. X), vv. 137-138 «[...] a la tomba / ti gitti, intra li morti, ˇanzi tempo».

35. spanni: in questa accezione nautica già in Pier della Vigna, Amore, in cui disio ed ò speranza, vv. 5-6 «Com‟om ch‟è i· mare ed à spene di gire, / e quando vede il tempo, ed ello spanna», poi in Brunetto,

S‟eo sono distretto, vv. 44-45 «e di‟ che ʼn mare frango malamente, / ma contro a tempo spanno».

36. ch‟[à] avuto: la congettura è di Minetti; Menichetti stampa, invece, «ch‟âvuto», ma avvisando in nota che la forma «è da interpretare „c‟ha avuto‟.

37-38. si intenda: dato che la condizione dell‟uomo alla nascita è già precaria (e questo lo si deve serenamente accettare), è impossibile che la condizione dell‟uomo peggiori ulteriormente. Il motivo della nudità alla nascità è già biblico, cfr. Iob, 1, 21 «et dixit: nudus eggressus sum de utero matris meae, e nudus revertar illuc», con ampia fortuna successiva, per cui basti almeno Lotario da Segni, De contemptu

mundi, I, VII «Nudus egreditur, et nudus regreditur, pauper accedit et pauper recedit. “Nudus, inquit,

eggressus sum de utero matris meae, e nudus revertar illuc”. “Nichil intulimus in hunc mundum, haud dubium, quia nec auferre quid possumus».

43. simile espressione gnomica in Ruggerone da Palermo, Ben mi deggio alegrare, v. 45 «Dolc‟è lo male ond‟omo aspetta bene», ma la tematica ben si addatta alla filosofia ottimistica di stampo cristiano davanziatana, si veda del resto Quand‟è contrado il tempo e la stagione, vv. 7-8 (9-10 - 11-12, secondo la numerazione di Menichetti) «e bon talento aver, ché tempo vene / che torna in bene lo gravoso affanno» e

Li contrariosi tempi di fortuna, vv. 13-14 (16-17 per la num. di Menichetti) «Chi non dole non sa che sia

allegrare, / ché ʼl male è de lo ben meglioramente».

44. isforzi di valere: cfr. Guittone, Ora che la freddore, vv. 14-18 «Quand‟omo ha ʼn suo piacere / tempo, stagione e loco, / mester faceli poco / isforza» e, di Chiaro, Lo ʼnamorato core, vv. 9-10 «e sforza di valere / che piacc[i]a a se medesimo ed altrui».

113

45-46. nulla possiede l‟uomo in questo mondo (e, come precisato più avanti da Chiaro, sempre in tenzone con Monte, tutto ciò che l‟uomo possiede lo riceve in prestito da Dio, cfr. Come ʼl fantin ca ne lo speglio

mira, → T 3.2, vv. 9-11 E ciò divien che ʼl concedette Dio: / e diènne tutte cose in temporale, / e noi da lui le

prossediamo in fio», con le note relative); si veda comunque il passo tratto dalla prima lettere a Timoteo, citato da Lotario da Segni, qui sopra nella nota ai vv. 37-38, in ad Timotheum, I, 6, 7 «nihil enim intulimus in mundum haut dubium quia nec auferre quid possumus». Diversa intepretazione è offerta da Menichetti «nulla è vivente in modo perfetto in questo mondo» e Minetti «Nessun essere che vive in questo mondo è stabile».

47-48. opposizione spaziale topica; Monte, lo si era visto, aveva escluso nella prima strofa di Più sofferir, una possibilità di risalita, essendo confitto ne le rote (la stessa cosa verrà ribadita all‟inizio di Ancor di dire

non fino, → canz. IX). Il concetto è ribadito anche nell‟ultima stanza, al v. 75, ma a parti invertite.

Digli che stia attento a non farsi lusingare dal dolore; del resto, l‟ha invocata tanto a lungo che quasi è riuscito ad avvicinarla a sé: è proprio vero, allora, che Dio è benevolo nei suoi confronti. Reputi piuttosto di aver fatto progressi per quanto riguarda la propria esistenza e la gioia personale, e inserisca ciò che gli accade nel novero delle cose buone: probabilmente ciò servirà ad attirargli la benevolenza, come è accaduto per il dolore. Il cuore di Dio più duro di lui di quanto lo è stato con altri; prenda esempio da Adamo ed Eva: entrambi riuscirano ad avere gioia da grandi martiri, concentrando i propri desideri solo nel cancellare il peccato, dimenticando i lamente, perché Dio ha promesso [salvezza] a chiunque. Quanto a me, devo dirti che io stesso non sono del tutto esente da affanni.

49. esaurita la sequenza di congiuntivi esortativi riservati al gentile del v. 33, si torna alla struttura retorica che aveva aperto la canzone: è proprio a quest‟ultima che è rivolto l‟imperativo di‟. ■ alletti: dal latino allectare.

51. la s‟à avvicinata: in luogo di „se l‟è avvicinata‟; per la sequenza la si in luogo del contrario cfr. Renzi- Salvi 2010, p. 153.

52. dal momento che il dolore tanto invocato non si avvicina a Monte. Stessi elementi in Guittone (si tratta di ugualmente di una rimenata contro la dimensione temporale), Chi pote dipartire, vv. 50-52 «che non serebbe avere / quantunque ha d‟esto secol di piagenza / for la Dio benvoglienza».

53. figura pure bonagiuntiana, ma inserita in quel caso in contesto amoroso, cfr. Novellamente amore, vv. 22-24 «[...] sente / di sì dolse ferita / che ʼnde cresce gioia e vita».

54. non c‟è ragione, posta l‟accettabilità (cfr. la chiosa fornita da Menichetti «tenga in conto di felicità tutto ciò che gli càpita») per rifiutare qui la lezione di V a vantaggio di quella, davvero molto distante di L «e benenansa metta in sua intenza», come fanno Menichetti e Minetti (cfr. la parafrasi fornita dal primo «Metta pace nella sua volontà». Forse, dato quello che stato detto all‟apertura della stanza, come pure quello che verrà detto nei versi successivi, circa il fatto che spesso è Monte che attira a sé la disperazione, è migliore la lezione di V.

56. appresentata: il verbo appresentare sta qui per „desiderare una cosa così ardentemente da figurarsela agli occhi‟.

57-58. da costruire „lo cor di Dio sia lui non più villano a sé, ch‟è suto a altrui‟, ovvero „il cuore di Dio non sia duro con lui più di quanto lo è stato con gli altri‟. Menichetti produce analoga tessera guittoniana nel sonetto [O] messer Berto Frescubaldi, Iddio, vv. 13-14 «[...] Non piò villan ch‟altrui / lo cor vostro sia lui».

59-60. l‟exemplum adamitico si riferisce al momento successivo alla cacciata dal paradiso terrestre, dopo la quale le gioie e i piaceri non furono per loro cosa scontata (del resto, la salvezza non fu comunque esclusa, cfr. ad Timotheum, 1, 14-15 «et Adam non est seductus mulier autem seducta in praevaricatione fuit; salvabitur autem per filiorum generationem si permanserint in fide et dilectione et sanctificatione cum sobrietate»).

114

60. di gran martiri in gioia: si ricicla una formula impiegata nella poesia d‟amore, cfr. l‟attacco di Chiaro «Di cantare ho talento, / membrando ciò ch‟amore / m‟ha ffatto di martìri in gioia tornare», Guglielmo Beroardi, Gravosa dimoranza, 24-28 «ch‟entr‟a lo cor mi pinge / la gioi che del martire, / al meo reddire, la gioiosa cera / mi darà diportando», nonché lo stesso Monte, Gentil mia donna, com‟ più

guardo (→ son. 30), vv. 7-8 Se per voi ò sofferto alcun martiro, / in gioia ˆ il mi conto tant‟è mo ʼl

diletto».

61. da costruire con „mettendo disiri solo ʼn ammendar». La gioia di Adamo ed Eva consisteva insomma nel ripagare il peccato compiuto.

63. ciascuno, insomma, può salvarsi se lo desidera, grazie al libero arbitrio.

64. consiri: calco galloromanzo (< pr. consir); è hapax presente unicamente in questa canzone.

Mentre l‟uomo è vivo non deve mai disperare che un giorno positivo non possa mai ripagarne mille negativi; si è piuttosto tentati di credere che un istante negativo tenga lontana la gioia e l‟allegria: d‟altra parte, io ho sperimentato personalmente che una candela quasi spenta può ravvivarsi con un leggero movimento, e un malato può guarire in maniera tale da non affliggersi più. Il mondo è simile a una ruota che d‟abitudine gira in modo tale che la parte che sta in basso sale e quella alta scende, e questo avviene sempre: e c‟è pure chi crede di essere dispensato dalle manovre del destino solo perché è salito in altezza in fatto di gioia. Nessuno si getti nella disperazione, giacché chi la rifiuta ha comunque possibilità di innalzarsi.

65. ʼsperare: per il significato di „disperare‟ cfr. la nota al v. 93 di Ohi dolze amore (→ canz. II). 66. mai: contro mali di V che, in fondo, potrebbe essere salvata (cfr. per es. Saladino, Messer, lo

nostro amore, v. 44 «per una gioia dà mille tristança»), se non fosse per la maggiore influenza del

modello guittoniano, ove ricorre, ma rovesciata, simile proporzione tra un giorno lieto e mille di dolore, cfr. Omo fallito, plen de van pensieri, vv. 10-12 «Or donqua che no pensi en te istessi / che badi aver un giorno benenanza / per esser mille triste e tormentoso?»; a rafforzare la lezione di V concorre, peraltro, uno dei tanti antecedenti producibili, vd. Agostino, Enarrationes in psalmos, 82, 14 «quoniam melior est dies una in atriis tuis super milia. Atria illa sunt in quae suspirabat, in quae deficiebat. Desiderat et deficit anima mea in atria Domini: melior est ibi unus dies super milia dierum».

67. punto ed ora: benche punto possa avere anche significato spaziale, qui, con ora, dovrà essere considerato come elemento di una dittologia sinonimica.

68. tolle lontana: „tiene lontana‟, benché Menichetti proponga anche, senza metterla a testo, la lezione alternativa «toll‟e lontana», sempre in dittologia sinonimica.

69. plusora: gallicismo (< pr. plusor), qui con funzione di avverbio di tempo „più volte‟.

70. candela...ravvivare: pure altrove in Chiaro, ma con il fuoco, cfr. Nessuna gioia creo, v. 31. Monte utilizzerà tra poco un‟immagine opposta, parlando del fuoco che si spegne se non è alimentanto (cfr.

Ancor di dire, → canz. IX, vv. 50-52).

72. plora: calco verbale dal pr. plorar.

73-75. il passaggio volge in positivo quello che è stato detto sopra ail vv. 48-49: i momenti di avversità, grazie alla caratteristica della ruota, possono volgersi in positivo. La posizione di Chiaro è la stessa di Bonagiunta, cfr. l‟attacco «Movo di basso e vogl[i]‟alto montare / [...] / [...] sì vogl[i]o alto

Outline

Documenti correlati