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non fïa tosto, moio a ragione

28. ·m] mi 31. tan‟] tanto 38. la] le 77. da mia] da la mia 89. se mia tornata] selamia t.

Nel cuore mi arde un fuoco che mi consuma, mi tiene in una situazione di turbolenza, mi esclude da ogni gioia; dal momento che sto in un tale fiume [di dolore], al punto che Amore mi fa vivere nella disperazione, tanto e sempre mi sovrasta ciò che mi spiace: per questo motivo il mio cuore sospira e piange e si spacca, se l‟alto Dio non rende valore al mio cuore.

1. Per l‟attacco con l‟immagine del fuoco nel cuore, si citerà, data la ricorrenza del verbo consumare, qui nel prossimo verso, Giacomo da Lentini, Madonna dir vo voglio, vv. 25 e 27 «foc‟aio al cor non credo mai si stingua / [...]. / Perché non mi consuma?», nonché, per la consequenzialità delle due immagini, l‟anonima D‟uno amoroso foco, 11-12 «ch‟ardo in foco amoroso / e vasi consumando la mia vita»

3. in tempestanza: con verbo semanticamente affine in Guido delle Colonne, Ancor che ll‟aigua per lo

foco lasse, v. 45 «mettemi ʼn tempestate».

4. fuor d‟ogni gioco: in contrapposizione con il precedente complemento di luogo. Gioco è gallicismo anche semantico (< joc) e sta ad indicare la gioia d‟amore, cfr. Cropp 1975, pp. 334 e segg.

5. fiuma: per fiume con metaplasmo imposto dalla rima. Si tratta comunque di un hapax nel cospus Ovi (diffusa è la variante fiumana).

6. faccio dimoranza: cfr. gli attacchi, peraltro connessi, di Gueglielmo Beroardi «Gravosa dimoranza / ch‟eo faccio lungiamente» e di Chiaro Davanzati «Gravosa dimoranza / faccio [...]».

7. [d]isperanza: l‟integrazione è di Minetti, cfr. del resto, anche per la presenza del verbo vivere, qui nel verso successivo, Giacomo da Lentini, Guiderdone aspetto avere, v. 7, da Monte rovesciato, vv. 7-7 «sempre spero avere intera / d‟amor gioia. / Non vivo in disperanza», cfr. pure Chiaro Davanzati, Oi

lasso, lo mio pa[r]tire, v. 13 «Or vivo in più disperanza».

9. fino amore: la fin amor della lirica provenzale, sintagma poi di ampia fortuna (specialmente nei siciliani e nei toscani di prima generazione), a cominciare da Giacomo da Lentini, Dal core mi vene, v. 97.

10-12. quasi formula da enueg, cfr. per esempio il contrario Guittone, Voglia de dir giunsta ragion

m‟ha porta, v. 3, ove si dice della propria donna «a tutte ciò che mi piace m‟apporta».

14. sospira e piange: coppia verbale topica (ma molto diffuso è anche il dittico di sostantivi sospiri e

pianti), cfr., a titolo esemplificativo, Giacomo da Lentini, Madonna, dir vo voglio, v. 64 «quando sospiro

e piango posar crio», Guglielmo Beroardi, Membrando ciò ch‟Amore, vv. 7-8 «[...] ardo e ʼncendo / sospirando e piangendo», ma soprattutto Dozzo Nori, [N]o vi dispiacia, donna mia, d‟aldire, che condivide con Monte lo stesso soggetto, vv. 3-4 «lo cor non à sogiorno di languire, / piang‟e sospira nelo su‟ lamento».

15. diffrango: dal latino diffringere, „rompere‟; il verbo è presente nel TLIO ma come attestazione unica di Finfo in Vostro amoroso dire, v. 47-48 «[...] difranger basta / non vuol punto [...]».

17-18. per analogie lessicali cfr. Lasso, ch‟assai potrei chieder merzede, vv. 57-58 «gioioso l‟affannato cor mi renda / vostro gentil valore!».

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Muoio in qualsiasi ora, dal momento che, più che il pesce preso all‟amo, Amore mi tiene sotto la sua dominazione; in quella situazione io mi dispero, perché comunque non desidero altro , nonostante mi tenga continuamente in una condizione di disperazione e di oblio. Per questo motivo, vorrei che mi facesse morire immediatamente: se tanto mi amasse [da concedermi questo favore], sarei fuori dal fuoco ardente. Il destino doloroso di morire all‟istante comunque è mio desiderio a causa delle grandi pene che il mio cuore possiede.

19-20. il parallelo con il pesce all‟amo (l‟immagine è biblica, cfr. Ecclesiastes, 9, 12 «sicut pisces capiuntur hamo» è giustificato da una pseudo-etimologia che fa unisce la parola amore appunto al verbo

amo, „prendere con l‟amo, come già nel Cappellano, De amore, I, 3 «Dicitur autem amor ab „amo‟ verbo,

quod significat capere vel capi. Nam qui amat captus est cupidinis vinculis aliumque desiderat suo capere hamo. Sicut enim piscator astutus suis conatur cibiculis attrahere pisces et ipsos sui hami capere unco, ita vero captus amore suis nititur alium attrahere blandimentis, totisque nisibus instat duo diversa quodam incorporali vinculo corda unire, vel unita semper coniuncta servare». Cfr. poi Cielo d‟Alcamo, Rosa fresca

aulentissima, v. 135 «sì m‟ài preso como lo pesce a l‟amo», Percivalle Doria, Amor m‟ave priso, v. 24

«Amor m‟à preso come il pesce a l‟amo», il sonetto anonimo Lo parpaglion, guardando a la lumera, v. 7-8 «e ʼl pesce piglia l‟amo a grande spera / [...] non si può partire», Chiaro Davanzati, Imparo m‟è pervenire a

l‟amore, vv. 12-11 «com‟ pesce ad amo od omo rotto a mare [da cfr. pure con i vv. 64-65 di questa canzone]

/ d‟amar è la fortuna», Inghilfredi, Greve puot‟on piacere a tutta gente, v. 40 «lo pesce à esc‟a l‟amo und‟è a perire», arrivando fino a Petrarca, Rvf, CCLVII, v. 5. Il cor, preso ivi come pesce a l‟amo». L‟immagine è pure utilizzata in contesto meta-discorsivo da Schiatta di messer Albizzo Pallavillani in Poi che vi piace

ch‟io deggia treguare (→ T 5.10), v. 6 «ch‟io m‟appresi col dir com‟ [a] amo il pesce».

21. Amore m‟à in balia: la formula ha origine provenzale, vd., per esempio, Raimbauto d‟Aurenga, Si de

trobar agues meglhor razo, v. 12 «qu'Amors o vol qui m‟a en sa bailia», poi, per l‟area italiana, Ruggeri

d‟Amici, Sovente Amore n‟à ricuto manti, v. 30 «ciò è l‟Amor, che ʼn sua ballia mi tene», l‟attacco di Percivalle Doria nel già citato «Amore m‟àve priso / e misso m‟à ʼn balia», poi quello della canzone anonima «Sì m‟à conquiso Amore, / che m‟àve in sua balia»

22. ch‟altro non bramo: si veda Chiaro Davanzati, Gentil mia donna, sag[g]ia ed avanante, v. 13 «[...] ch‟io altro non bramo» e Neri de‟ Visdomini, Lo mio gioioso core, v. 28 «né altro già non bramo» e, del medesimo, Crudele affanno e perta, v. 80 «che giamai altro non disio, né bramo». Si tratta comunque di un paradosso: benché l‟Amore sia dominatore crudele non si riesce comunque a rinunciare ad esso.

24. ʼn dispero: come sostantivo anche in Ser Pace, La gioia e l‟alegreça inver‟ me, lasso!, v. 14 «così per crudeltà sono in dispero» e l‟anonima Madonna, dimostrare, v. 13 «[...] mettròmi in dispero».

25. in obria: con lo stesso verbo in Chiaro, Quando mi membra, lassa, v. 39 «Da poi che m‟ha ʼn obria». La forma è con rotacismo.

26. zò: con sonorizzazione dell‟affricata postalveolare (come dolze nell‟attacco della prossima canzone) di norma in area settentrionale (per il fiorentino, cfr. Larson 2002, nota 150, p. 83), in area toscana pure nella dubbia attribuita a Bonagiunta Conosco il frutto e ʼl fiore de l‟amore, v. 4.

28. morte: con rappresentazione caratteristica della morte come cessazione delle sofferenze .

30. foco arzente: sintagma lentiniano, A l‟aire claro ò vista ploggia dare, v. 3 «e foco arzente ghiaccia diventare»: rafforza la vicinanza la condivisione della forma, arzente per ardente, per cui si veda Rohlfs § 276 (foco arzente si trova anche in Mazzeo di Ricco, Lo gran valore e lo pregio amoroso, v. 16 e Compagnetto da Prato, Per lo marito ch‟ò rio, v. 45).

31. tan‟: il manoscritto a tanto che renderebbe il verso ipermetro. L‟intervento già in Minetti; per simile azione cfr. S‟eo dormo o veglio (→ Tf. 3.3) al v. 7 e al v. 14.

32-25. i versi sviluppano quanto detto in precedenza: meglio la mortr che questo dolore

36. il verso va legato al v. 32 nei confronti del quale ha funzione epesegetica. In alternativa, con Minetti, lo si intenda come congiuntivo esortativo.

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A causa delle tante pene che possiedo, la morte mi è gradita, al punto che la considererei per me vita, dal momento che il mio volere non conta nulla; e nel cuore mi ha prodotto una ferita tale che vorrei finirla al più presto, visto che sono preso in un così forte e doloroso laccio. Eppure, non muoio affatto, per cui mi consumo, perché il cuore mi pesa: e io che pensavo di poter godere pienamente della gioia, e invece sono disperato ed escluso dal piacere.

37. cfr. il sonetto anonimo Posso ben dir ch‟Amor veracemente, v. 9 «Certo la morte mi saria a piacere» e, più avanti, Poi ch‟io son sotto vostro segnoria (→ son. 21), v. 9 «ma cotal morte assai mi piaceria».

38. la: il manoscritto a le, già corretto da Minetti che non segnala l‟intervento. L‟intervento è necessario per far rientrare la formula nel tema qui sviluppato: la morte, con queste sofferenze, potrebbe quasi essere considerata vita, cfr. più avanti Amor, che fia di me, poi argomento (→ son. 13), v. 8 «ca, per me, vita la morte saria».

41-42. coraggio / m‟a data ferita: per il tema si veda almeno Guittone, Non mi credea tanto aver

fallato, v. 8 «nova ferita avi‟ data al meo core», il discordo anonimo Rosa aulente, vv. 9-11 «non si cura /

giaunque la ferita / ch‟ag[g]io / al core», infine Cavalcanti Tu m‟hai sì piena di dolor la mente, v. 13 «e porti ne lo core una ferita». Coraggio è gallicismo (< pr. coratge).

44. avaccio: avverbio, cfr. TLIO, s.v „avaccio‟ (2).

46. l‟immagine del laccio che tiene bloccato l‟uomo fa sistema con quella dell‟amo sopra nella nota ai vv. 19-20, in quanto nel passo biblico di riferimento le due immagini compaiono insieme, cfr.

Ecclesiastes 9, 12 «sicut aves conprehenduntur laqueo» (ma si veda pure l‟attacco del versetto e lo si

confronti con i vv. 43-44 «nescit homo finem suum». Cfr. pure Jacopo Mostacci, Amor, ben veio che mi

fa tenere, vv. 38-39 «Donna e Amore ànno fatto compagnia / e teso un dolce laccio», poi Bonagiunta, Tal è la fiamma e ʼl foco, v. 8 «così son pres‟ al laccio» (ugualmente in rima disfaccio). Vedi più avanti Ancora di mia scusa, Amor, non taccio (→ Tf 4.7), v. 9 «E tu, Amor, che messo m‟ài in tal laccio». ■ [così]: lo integro per evitare il novenario (in alternativa tanto, ma cfr. Ohi dolze amore (→ canz. III) v. 57

«con sì forte catena»).

47. auciso: calco dal provenzale aucis (< aucire).

48. in sinalefe regressiva con il verso precedente (o in alternativa, come Minetti, «ond‟io ·m disfaccio»). Per il verbo cfr. Bonagiunta, Tal è la fiamma e ʼl foco, 5 «[...] per voi mi distruggo e disfaccio», poi più avanti Petrarca, Rvf, CCII, v. 4 «[...] ʼmvisibilemente i‟ mi disfaccio».

51. gioia intera: sintagma arcaico (non si va oltre i toscani di prima generazione) cfr. Rinaldo d‟Aquino, Ormäi quando flore, v. 9 «ciascuno invita d‟aver gioia intera» (ma pure il v. 44), Federico II,

Poi ch‟a voi piace, Amore, v. 25 «ca spero gioia intera», Bonagiunta, Fina consideransa, v. 12

«canterag[g]io de la mia gioia intera» e Fermamente intensa, v. 13 «ben fôra gioia intera», Jacopo, Così

afino ad amarvi, v. 41 «Per aver gioia intera», Bondie Dietaiuti, Greve cosa m‟avene oltre misura, v. 8 «e

fui amato ed ebi gioia intera».

52. in dispera: cfr. sopra i vv. 7-8 « che ʼn [d]isperanza / viver mi face»

53. in sollaccio: cfr. il già citato Jacopo Mostacci, Amor, ben veio che mi fa tenere, vv. 38-40 «Donna e Amore ànno fatto compagnia / e teso un dolce laccio / per mettere in sollaccio lo mio stato». Sollaccio è più vicino del normale esito toscano alla forma di partenza latina solacium.

Così sono spesso bruciato da Amore che mi fa tormentare. Visto che sono lontanto e non posso guardarvi, mia donna valorosa, non posso rallegrarmi. Benché sia stato buon amante, Amore mi è avverso. Sono destinato a morire, come un‟uomo che, sicuro di sé, si mette in mare e rischia di morire; e tuttavia non mi

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importa di morire, tanto Amore ha già stabilita senza mie colpe ch‟io debba morire: non mi dà nessuna sicurezza, e io covo rancore in me, dal momento che mi allontanai [dalla mia donna]?.

54-55. per simile abbinamento, cfr. Pier della Vigna, Uno piagente sguardo, v. 3 «Ond‟eo d‟Amore sentomi infiamato», nonché, per condivisione di tutti gli elementi, con variazione semantica però nell‟avverbio, l‟anonima Vedut‟aggio la stella mattutina, v. 8 «e ʼnfiammasi d‟amore immantenente».

57. allungiato: gallicismo (< pr. aloinnat), di primo utilizzo da parte di Giacomo da Lentini, S‟io doglio

no è meraviglia, vv. 16-17 «dogliomi ch‟eo so‟ allungiato / da sì dolze compagnia», poi anche in Rinaldo

d‟Aquino, Amor, che m‟à ʼn comando, v. 25 «de la gioia so‟ alungiato» (tra i toscani in Boangiunta, Ben mi

credea in tutto esser d‟Amore, v. 2, in Chiaro, Troppo ag[g]io fatto lungia dimoranza, v. 7, La mia fedel voglienza, v. 35, Amoroso meo core, v. 51).

59. donna mia valente: sintagma di grande fortuna (tra si siciliani e poi tra i toscani, fino a Lapo Gianni e Cino da Pistoia), si cita per priorità cronologica e per la disposizione degli elementi Jacopo Mostacci, A pena

pare ch‟io saccia cantare, v. 9 «E però canto, donna mia valente».

60. cfr. l‟anomina S‟eo per cantar potesse convertire, v. 6 «da poi che no mi posso ralegrare», ma qui va apocopato il verbo posso, come compare sul manoscritto, che renderebbe il verso ipermetro; per simile intervento cfr. più avanti S‟eo dormo o veglio (→ Tf 3.3), v. 11. Per la forma con apocope davanti a consonante, cfr. Ruggieri Apugliese, Umile sono ed orgoglioso, v. 46 «quando la veo non pos‟ parlare» (e vedi anche i vv. 46, 54, 61), Brunetto, Tesoretto, v. 302 «ma io non pos‟ neente» e infine Chiaro Davanzati,

Donna, ciascun fa canto, v. 36 «partir non pos‟ la mia openïone». Il alternativa si può intervenire stampando

«non mi posso allegrare».

61-62. gia detto in precedenza in Ahi Deo merzè (canz. I), 3 «e tornami ‟n affanno il ben servire», ma la fonte dovrebbe essere Giacomo da Lentini, Madonna, dir vo voglio, vv. 5-8 «[...] lo meo core, / che ʼn tante pene è miso / che vive quando more / per bene amare [...]».

63. Sono al perire: per la costruzione cfr. Guglielmo Beroardi, Membrando ciò ch‟Amore, v. 3 «[...] ond‟io sono al morire», connesso a Compagnetto da Prato, L‟amor fa una donna amare, v. 6 «ch‟io per lui sono al morire», infine, con medesimo verbo, Dante da Maiano, Ver‟ te mi doglio, perch‟ài lo savere, v. 5 «Dond‟eo tormento e son quasi al perire».

64-65. la metafora nautica associata alla situazione dell‟innamorato era già in Ahi Deo merze (→ canz. I), v. 41 di cui si veda la nota relativa. Si veda, per la presenza del medesimo verbo, Stefano Protonotaro, Assai

mi placeria, v. 51 «com‟om che ʼn mare vedesi perire».

65. ·ʼ mare: con assimilazione; Minetti preferisce «va [a] mare».

66. non curo: per il motivo già elencato sopra che la morte rappresenta la fine delle sofferenze.

68-69. come in precedenza Ahi Deo merzé (→ canz. I), vv. 18-19 «co non facendo offesa, / di tutte pene messo m‟à radice». Irride questo tipo di formule Cecco nell‟incipit «Io combattei con Amor ed hol morto».

70. rovescia, per esempio, Stefano Protonotaro, Assai cretti celare, v. 25 «Così Amor m‟asicura», nonché l‟anonima Per gioiosa baldanza, v. 33 «Se non fosse che l‟Amore che m‟asicura».

71. Minetti «sto [ʼn gran] rancura». Rancura è calco dal provenzale.

Ho perduto il piacere, la gioia e l‟allegria, come un uomo che sta affondando nel mare, se presto non avrò conforto dal dolce mio oggetto del desiderio, amore personificato e viso giocondo. Per il troppo peso che mi proviene dal dolore, posso dire senza sbagliarmi di essere perduto. Dal momento che mi separai da chi tiene in prigione il mio cuore, che è la più bella gioia che sia mai nata, se il mio ritorno non avverrà subito, morirò senza dubbio.

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73. diporto: gallicismo (< pr. deport), con lo stesso verbo in Cielo d‟Alcamo, Rosa fresca

aulentissima, v. 12 «[...] ch‟aisì mi pèrdera lo solaccio e ʼl diporto». Si veda più avanti Meo sir, troppo vincevi volontate (→ Tf 2), v. 19 «ch‟al di poi ne perdiam nostro diporto».

74. gioia ed allegranza: dittico frequentissimo, si veda, tra i primi, Tommaso di Sasso, L‟amoroso

vedere, v. 6, Jacopo Mostacci, A pena pare ch‟io saccia cantare, v. 39, Giacomino Pugliese, Morte, perché m‟ài fatta sì gran guerra, v. 9. poi successivamente in Guittone, Chiaro Davanzati, Rustico

Filippi, Neri de‟ Visdomini, mentre in epoca successiva il dittico è sostituito da gioia e allegrezza.

75. ʼn mare a fondo: cfr. più avanti Tanto m‟abbonda (→ canz. IV), v 79-80 «di‟ che nave talo, poi giunta a porto, / di gran tempesta père e va a fondo».

77. da mia: il manoscritto ha la mia, è necessario sopprimere l‟articolo per ottenere il settenario; simile intervento è necessario sotto, al v. 89. ■ dolce intendanza: gallicismo (< fr. entendance, cfr. Cella 2003, pp. 287-290), solitamente indica „il desiderio amoroso‟ (così appunto il TLIO), ma qui indicherà piuttosto la donna, l‟oggetto del desiderio.

78. viso giucondo: qui senhal (Minetti «Viso-giucondo»); il sintagma ricorre pure in Chiaro, Non già

per gioia ch‟i‟ ag[g]ia, v. 79-80 «pensando ch‟io fosse ʼn obria / da lo suo viso giucondo».

79. pondo: latinismo (< pondus).

82. san‟: il manoscritto ha sanza, che qui si decide di apocopare per ottenere almento un settenario. 83. Minetti pubblica «ò perdizione» senza avvisare che la frase nel manoscritto è preceduta dal che, probabilmente per ottenere, con il verso precedente, un endecasillabo.

84. ripete il v. 72 «poi feci lo partire».

85. simile perifrasi precedentemente in Ruggerone da Palermo, Oi lasso! non pensai, v. 33 «a quella ch‟à in pregione lo mio core» (notevole che il verso successivo di Ruggerone «dì a la più amorosa» possa fare il paio con il prossimo verso «ch‟è la più bella»).

87. gioia novella: sintagma di più recente introduzione ritrovandosi solo negli attacchi di Chiaro «Novella gioia che porta?» e Ser Pace «Novella gioia e nova innamorança», poi più avanti in Lapo Gianni, Cino da Pistoia e Matteo Frescobaldi.

88. che sïa nata: modulazione del topos del sopravanzamento, cfr. Giacomino Pugliese, Donna per

vostro amore, vv. 45-46 «vostra para non ò trovata / donna nata».

89-90. interessante notare come la formula di chiusura rinnovi l‟immagine che solitamente prevede un allontanamento della donna, e dunque il suo ritorno, azione che invece è qui attribuita all‟innamorato.

Varianti formali: 1. agio 2 comsuma 3. jm 4. fuori ongni 6. jo 8. vivere facie 11. spiacie 12. tute 14. piangie 15.

diff(r)angie 17. core 19. tute 20. pescie 21. jm 23. nom 24. tutora 26. voria 28. mortte 29. fuori 32. cotale dolglia 33. jn volglia 34. gram 35. core 37. mortte piaciere 38. agio 39. teria jn 41. coragio 42 tale 43. congnora 44. voria 45. sono 46. jm fortte 47. nom 49. core 50. pemsava 51. avere 53. jn 54. jmfiamato 55. spesamente 57. alungiato 58. nom 60. posso ralegrare 62. schuro 64. sichuro 66. churo 67. mortte 68. tortto 69. mortto 70. asichura 73. agio diportto 74. alegranza 75. omo 76. non(n) comfortto 77. dolcie jntendanza 78. amore giuconddo 79. ponddo 80. co doglglienza 81. ongni stasgione 82. sanza 83. co 84. jm presgione 89. nom rasgione.

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