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Per reazione della fase acuta si intende il complesso di eventi fisiopatologici che si verificano all’interno di un organismo animale nel momento in cui questo è esposto a uno o più stimoli potenzialmente patogeni. [126, 85, 119, 25, 28, 88]

Tutto ha inizio direttamente a livello del sito infiammatorio, dove le cellule coinvolte nella risposta immunitaria innata, quali macrofagi e in misura minore neutrofili, sintetizzano e rilasciano citochine pro-infiammatorie come l’ IL-1, IL-6 e TNF-α. [126, 25, 119]

Addirittura la reazione della fase acuta stessa può essere considerata come una parte integrante della risposta immunitaria innata, assolutamente non specifica e coinvolta nel ripristino

dell’omeostasi nonché nel contenimento degli agenti invasori, prima che l’organismo animale possa sviluppare una risposta immunitaria acquisita e perciò specifica. [119, 126, 25]

Quindi questa reazione si innesca rapidamente subito dopo un danno tessutale, in attesa che intervenga la risposta immunitaria acquisita. [25, 119]

Il punto centrale di questa reazione è proprio il rilascio delle suddette citochine. Però attenzione perché esse possono essere sintetizzate e rilasciate anche in altre circostanze da altri tipi cellulari, come ad esempio tumori, che coinvolgono cheratinociti, cellule endoteliali e fibroblasti. [126, 25, 119] Ecco che in assenza di uno stimolo infiammatorio o un danno tessutale in questi casi si può avere la sintesi di alcune citochine che poi evocano la produzione di IL-1, IL-6 e TNF-α, ottenendo tutti gli effetti a livello locale e sistemico, come se si trattasse di una vera reazione della fase acuta. [126, 25, 119]

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Perciò la reazione della fase acuta è un complesso di eventi assolutamente non specifico, che si ottiene nel momento in cui a livello ematico si innalzano i livelli delle suddette citochine, indipendentemente dalla loro origine. [126, 85, 92, 119]

Sono queste citochine che poi agendo a livello locale e sistemico innescano gli eventi fisiopatologici che caratterizzano la risposta della fase acuta. [126, 119, 25]

In realtà questo meccanismo di base ad oggi è stato dimostrato sono nell’uomo e negli animali da laboratorio, però vista la sua correttezza intellettuale diversi Autori suppongono che sia

assolutamente valido per tutti gli animali, anche quelli domestici. [126, 25, 119]

In particolare cosa accade: IL-1, IL-6 e TNF-α vanno ad agire innanzitutto a livello del Sistema Nervoso, sia centrale che autonomo. [126]

A livello del SN centrale evocano una serie di risposte, molte mediate dagli assi endocrini, quali ipotalamo-ipofisi-surrene o ipotalamo-ipofisi-gonadi, che comportano importanti modificazioni del comportamento, quali letargia, disoressia, adipsia, apatia e disinteresse sessuale, nonché la comparsa di febbre per azione sul centro termoregolatore. [126, 119]

A livello del SN autonomo invece si ha l’attivazione della componente sia ortosimpatica che

parasimpatica con liberazione di catecolamine e acetilcolina. [126, 119] Queste sostanze agiscono a livello locale, modulando le modificazioni del comportamento, e a livello sistemico, riducendo il rilascio di citochine pro-infiammatorie. [126, 119] Il SN autonomo può essere attivato direttamente anche dai lipopolisaccaridi. [126]

Ma anche altre strutture vengono influenzate sempre dalle suddette citochine. Sicuramente è da ricordare il surrene, che è stimolato sia in maniera indiretta, come è stato appena descritto per gli effetti sul SN centrale, sia in maniera diretta. [126, 119] Ciò comporta liberazione di catecolamine e glicocorticoidi. Le catecolamine di nuovo hanno effetto inibente sul processo, i glicocorticoidi per certi aspetti inibiscono per altri stimolano. [126, 119]

Altra struttura interessata è il tessuto adiposo che libera leptine, componenti della fase acuta capace di agire a livello centrale, influenzando il comportamento e lo sviluppo della febbre. [126, 119, 103] Poi sicuramente c’è azione a livello del midollo osseo dove, tramite l’incremento del GM-CSF, viene stimolata la proliferazione di monociti e granulociti, nonché la loro liberazione a livello ematico, anche attraverso l’azione del cortisolo che riduce il famoso pool di riserva. [126, 119]

Il cortisolo condiziona anche il pool marginato, attraverso la riduzione della permeabilità delle pareti vasali e dell’espressione di recettori specifici che consentono ai leucociti di attraversare la parete vasale o di restare adesi a questa. [105]

Come conseguenza di tutto ciò si verifica una riduzione del pool marginato e un incremento del pool circolante. Quindi si instaura una leucocitosi. [105, 126, 119]

Infine c’è una azione sul fegato operata direttamente dalle citochine ma anche dal cortisolo con conseguente condizionamento della sintesi proteica. [126, 119, 25] Si ha a questo proposito la

modificazione dei livelli ematici delle così dette proteine della fase acuta. [126,119, 25, 85, 50, 88, 28, 51]

In realtà un po’ tutte le strutture dell’organismo animale sono interessate da questa risposta. Anzi più passa il tempo più vengono fatte nuove scoperte dove si dimostra che queste citochine sono in grado di condizionare una moltitudine di tipi cellulari diversi, tra cui anche le cellule mammarie o gli enterociti. [119] Tutti questi elementi poi rispondono determinando effetti più o meno manifesti a livello locale e/o sistemico. [25, 119]

Quindi la risposta della fase acuta in realtà è un processo molto sofisticato e integrato, dove un po’ tutte le strutture dell’organismo animale sono coinvolte, e che si attiva già prima che compaiano i primi segni clinici derivanti dall’insulto. [25]

Ogni elemento si è visto avere molteplici effetti, alcuni non del tutto chiari, sia stimolanti che

inibenti. Si pensi al cortisolo che se può stimolare su più livelli, dall’altra parte inibisce la sintesi e la secrezione delle citochine infiammatorie. [126, 119] Oppure si pensi al SN, dove la componente centrale propaga la reazione della fase acuta, mentre la componente autonoma la contiene. [126, 119]

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Si comprende perciò quanto sia sofisticato questo sistema e, di conseguenza, quanto sia delicato. Inoltre è evidente dopo questa breve descrizione che la reazione della fase acuta poggia su tre punti cardini: febbre, leucocitosi e modificazione dei livelli ematici delle proteine dette della fase acuta. [126, 119, 25, 85, 88, 50, 28]

La febbre rappresenta uno dei tre punti cardini della risposta della fase acuta che si sviluppa per azione delle citochine pro-infiammatorie a livello centrale, insieme alle suddette modificazioni del comportamento. [126, 119]

L’azione di queste citochine è però di tipo indiretto, infatti, fatta eccezione per IL-6 che nel gatto sembrerebbe attraversare la barriera emato-encefalica, le altre citochine sembra che non riescano a portarsi a livello centrale. [126] Però riescono lo stesso a indurre in questo sito la produzione di molecole intermedie come le prostaglandine, capaci di agire sul centro termoregolatore ipotalamico. [126] Una azione diretta su questo centro sembra essere esercitata dalle suddette leptine. [126, 103] La febbre però risulta un indicatore di insulto assolutamente aspecifico. [126, 119]

La leucocitosi rappresenta uno dei tre punti cardini della risposta della fase acuta e consiste nell’incremento a livello ematico degli elementi figurati della linea bianca. [107]

Esistono diverse tipologie di leucocitosi, in maniera dipendente dalle condizioni in cui si sviluppano e quindi dalle molecole che entrano in gioco. [107] Ecco che in queste diverse circostanze alcuni

elementi figurati della linea bianca aumentano, altri invece si riducono: dipende tutto da queste molecole. [107]

Durante la risposta della fase acuta grazie alle sostanze prodotte si ha una leucocitosi definita bifasica. [126] In particolare si verifica una neutrofilia bifasica, accompagnata da eosinofilopenia e linfocitopenia. [126, 107]

La neutrofilia bifasica consiste in una doppia ondata di neutrofili a livello ematico. [126]

La prima ondata è dovuta alla azione diretta del cortisolo sui pool definiti marginale e di riserva, con conseguenti effetti sul pool circolante. [126, 107] In particolare, come già accennato, il cortisolo è in grado di ridurre l’adesività e la permeabilità dell’endotelio: i neutrofili che formano il pool marginato non possono più uscire dai vasi e contemporaneamente non possono più restare adesi alle pareti. [126, 107] Ecco che si liberano nel sangue e prendono parte al così detto pool circolante. [126, 107] Questo meccanismo è particolarmente evidente nel gatto dove il pool marginato è molto corposo [126] Ne consegue una forte neutrofilia. Questi neutrofili è da puntualizzare che sono maturi, cioè

perfettamente segmentati. [107]

Ai neutrofili provenienti dal pool marginato subito si aggiungono i neutrofili provenienti dal pool di riserva, mobilitati anche questi sempre dal cortisolo e altri mediatori dell’infiammazione acuta. [126, 107]

La seconda ondata invece è determinata dai neutrofili che sono stati neo-sintetizzati a livello midollare, grazie all’azione indiretta delle citochine pro-infiammatorie. [126, 107] Tramite la produzione a livello locale di GM-CSF si ha la proliferazione di granulociti e monociti. [126] Ovviamente quest’ultimo processo richiede più tempo, da ore a giorni, ed è quello che garantisce il ripristino del pool di riserva, nonché l’arrivo di nuovi neutrofili in circolo, per compensare le perdite subite. [126, 107]

Il pool di riserva ha una consistenza diversa nelle varie specie. [107] Nei grandi animali, in

particolare nel bovino, è molto ridotto perciò nella prima ondata i neutrofili provengono più che altro dal pool marginato. [107] Se la richiesta tessutale è molto elevata è possibile che nel frangente di tempo che corre tra la prima e la seconda ondata si vada incontro a leucopenia. [107] Nel cane e nel gatto il pool di riserva è molto corposo, perciò anche di fronte a forte richieste tessutali di regola non si verifica leucopenia tra le due ondate di neutrofili. [107] Anzi se questo accade si è di fronte a un reperto allarmante, in quanto significa che le richieste tessutali sono così massicce da esaurire tutti i neutrofili disponibili prima che il midollo si sia attivato oppure che le riserve disponibili sono ridotte a causa di uno scarso funzionamento del midollo. [136]

Specie quando la richiesta di neutrofili è elevata, la seconda ondata può essere caratterizzata dal così detto “left shift”, cioè dalla comparsa in circolo di neutrofili iposegmentati o addirittura

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metamielociti, indicando l’immissione a livello del pool circolante di elementi non ancora del tutti maturi. [126, 107, 119]

La maturazione i questi elementi di regola necessita di sei giorni, ma grazie all’azione di mediatori chimici con proprietà anabolizzanti in queste circostanze si impiega anche solo 12-24 ore. [126, 107] Inoltre compaiono neutrofili tossici, cioè neutrofili con citoplasma basofilo, vacuolizzazioni e granuli contenenti mediatori chimici dell’infiammazione e sostanze tossiche e/o ossidanti. [126, 25, 119, 107] Grazie poi alla azione di citochine specifiche come TNF-α e INF-γ la vita dei polimorfonucleati, migrati nei tessuti, è prolungata. [126, 119, 107]

La leucocitosi però è un indicatore di insulto assolutamente aspecifico e, anzi, addirittura non è necessariamente indicatore della presenza di insulto, infatti specie nel gatto si può verificare anche per semplice stress. [126, 107]

Così pure per l’assenza di leucocitosi non esclude la presenza di un insulto, dipende tutto dalle citochine prodotte, anche a seconda dell’entità del danno, e come l’organismo risponde a questa condizione. [126]

Sicuramente la presenza di neutrofili tossici, associata ad altri elementi che indicano la presenza di una flogosi, può suggerire che nell’organismo animale sia in corso la risposta della fase acuta. [126, 119]

È da ricordare poi che via via che il processo infiammatorio diventa cronico la leucocitosi si modifica: i neutrofili risultano tutti maturi, in quanto il midollo compensa le richieste, si verifica la monocitosi (specie nel cane e bovino, occasionalmente anche nel gatto), ma persiste la eosinofilopenia e la linfopenia. [107] Livelli elevati di cortisolo non solo possono portare a marginazione dei linfociti, ma addirittura possono distruggerli. [107]

La modificazione dei livelli ematici delle così dette proteine della fase acuta rappresenta uno dei tre punti cardini della risposta della fase acuta. [126, 25, 85, 119, 50, 28, 88]

Durante la risposta della fase acuta le citochine pro-infiammatorie, ma anche altri mediatori dell’infiammazione e il cortisolo, possono influenzare la sintesi proteica a livello epatico e non solo. [126, 119] Ecco che a livello plasmatico la concentrazione delle proteine normalmente presenti può subire profonde modificazioni, così pure si può avere la comparsa di proteine che di regola non sono rilevabili. [126, 119, 25, 50, 88, 51] In particolare, per definizione, le proteine della fase acuta, indicate con la sigla APP, sono quelle proteine plasmatiche la cui concentrazione a livello ematico può variare oltre il 25% a seguito di un certo insulto, grazie all’azione di queste citochine pro- infiammatorie. [51, 126]

Queste sostanze agirebbero in sinergia. Il TNF-α prima di tutto determina proteolisi a livello muscolare con conseguente mobilitazione di aminoacidi che divengono disponibili per una sintesi proteica. [126, 25] L’IL-1 agisce a livello epatico condizionando la produzione di certe proteine. [126, 25] I glucocorticoidi hanno azione catabolizzante ma stimolano il metabolismo epatico, infatti specie nel cane sono induttori enzimatici. [126, 25] L’IL-6 stimola la sintesi di alcune proteine e ne consente il passaggio nel sangue. [126, 50]

Ma è da ricordare che queste citochine non solo agiscono a livello epatico: la produzione di APP avviene anche in sedi extra-epatiche, così come in sedi diverse dal sito infiammatorio si ha la sintesi di citochine. [119]

Alcune proteine della fase acuta durante tale reazione aumentano in quantità, altre si riducono. [126, 51, 28, 88, 25, 119] Le prime sono dette proteine della fase acuta positive, le seconde proteine della fase acuta negative. [126, 25, 119, 28, 51, 88]

Chiaro che per quanto riguarda le proteine della fase acuta positive semplicemente queste citochine ne stimolano la sintesi.

Per quanto riguarda le proteine della fase acuta negative il discorso è molto più complesso. Ci sono ancora oggi ipotesi contrastanti e non tutti gli Autori sono completamente d’accordo. Infatti per alcune proteine è sicuramente valida l’ipotesi di una riduzione della loro sintesi, per effetto di queste citochine pro-infiammatorie. Gruys et al. 1994. [119] Per altri invece sicuramente la riduzione è dovuta ad un consumo o perdita al di fuori del letto vascolare, in maniera dipendente dalle

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circostanze. [126] Un’altra ipotesi prevede proprio la distruzione di questi elementi, in modo da ottenere aminoacidi per la sintesi delle APP positive. [126, 119]

È anche vero che la riduzione della sintesi di queste molecole fa si che il fegato possa concentrarsi completamente sulla sintesi delle APP positive, risparmiando aminoacidi. [126] Inoltre è

interessante notare che molte delle APP negative sono molecole deputate al trasporto o comunque collegate ad elementi biologicamente attivi. [126] Perciò la loro riduzione comporta senz’altro una maggiore concentrazione a livello ematico di questi elementi e quindi ciò determina una loro maggiore azione biologica in un momento così delicato com’è quello della fase acuta. [126]

Tra le proteine della fase acuta negative si ricordano: prealbumina, albumina, transferrina, proteina di trasporto della tiroxina, proteina di trasporto del retinolo (α2-microglobulina), apo A-I, proteina di trasporto del cortisolo, α2-HS glicoproteina, α1-fetoproteina, somatomedine… [126, 92, 85, 25]

Per la loro descrizione si rimanda al paragrafo 4 di questo capitolo.

Invece per quanto riguarda le proteine della fase acuta positive, queste sono moltissime. [126, 92] Vengono considerate come importanti componenti della risposta immunitaria innata e quindi non specifica, che incrementa già prima dello sviluppo della risposta immunitaria acquisita, a seguito di un certo insulto. [119]

Il loro incremento è dovuto all’aumento della loro sintesi epatica o extra-epatica, dipende tutto dalla singola sostanza e dalle circostanze che caratterizzano una certa reazione della fase acuta. [119, 25] Le più importanti proteine della fase acuta positive sono: la proteina C reattiva, i componenti C3 e C4 del complemento, l’ α1-glicoproteina acida, le α-globuline con attività antiproteasica, l’α2-

macroglobulina, l’aptoglobina, la ceruloplasmina, la siero amiloide A, l’emopessina, la ferritina, la proteina di trasporto degli LPS, la siero amiloide P, il fibrinogeno, il plasminogeno, la famiglia delle collectine, i peptidi antimicrobici, le annessine, la Pig MAP, la proteina C1-inibitrice e le proteine leganti il C4, l’urochinasi, gli attivatori tessutali del plasminogeno, i componenti del sistema delle chinine, i componenti del sistema proteina C-proteina S-trombomodulina… [126, 92, 85, 25, 119, 50, 28, 51, 88, 150]

La funzione di ogni singola proteina o componente è stata descritta nel paragrafo 4 di questo

capitolo, quello che però emerge a prima vista è che si tratta di elementi che possono contribuire alla difesa dell’organismo, attraverso la modulazione della risposta infiammatoria o attraverso la lotta nei confronti di certi agenti patogeni. [126, 119, 85, 150] Sono proteine capaci di migliorare l’efficienza del sistema immunitario oppure trasportano molecole biologicamente attive molto importante, che, se liberate nel sangue, potrebbero essere danneggiate o perdute, specie in un contesto così delicato com’è la reazione della fase acuta. [126, 119, 25, 92] Oppure proteggono i tessuti da un eccessivo danno da parte di alcuni mediatori dell’infiammazione. [126, 92]

Spesso queste molecole hanno più funzioni, anche contrapposte, ed agiscono a molteplici livelli. [92] Ciò dimostra quanto sia complessa la risposta della fase acuta.

Lo scopo è preservare l’integrità dell’organismo animale, riparando subito il danno eventualmente avvenuto e allontanando l’agente che ha creato o sta creano il problema. [50]

Dopo lo stimolo infiammatorio la concentrazione delle proteine della fase acuta si innalza rapidamente, raggiungendo il picco già a 24-48 ore. [126, 119, 25, 51, 28]

Tali proteine rimangono elevate per tutto il tempo in cui lo stimolo infiammatorio persiste, o meglio per tutto il tempo in cui si ha l’azione delle suddette citochine pro-infiammatorie, qualunque sia l’origine e le circostanze in cui sono rilasciate. [126, 25, 119]

Perciò questi incrementi risultano molto sensibili ma poco specifici. [126]

In linea generale le APP positive possono essere classificate anche in base al grado di incremento a cui sono soggette. [119, 25, 126]

Si definiscono APP positive maggiori quelle la cui concentrazione plasmatica, in corso di risposta della fase acuta, incrementa rispetto al valore basale da 10 a 100 volte negli animali domestici e fino a 1000 volte nell’uomo e altri primati. [119, 25, 126]

Si definiscono APP positive moderate quelle la cui concentrazione plasmatica, in corso di risposta della fase acuta, incrementa rispetto al valore basale da 1 a 10 volte. [119, 25, 126]

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Si definiscono APP positive minori quelle la cui concentrazione plasmatica, in corso di risposta della fase acuta, incrementa rispetto al valore basale della metà. [119, 25, 126]

Il grado di questo incremento varia per la stessa proteina da una specie all’altra e quindi ogni specie ha le sue APP positive maggiori, moderate e minori. [25, 126]

Ecco che alcuni Autori utilizzano il termine di maggiori o minori circa le APP positive in base semplicemente alla frequenza con cui incrementano in una data specie, senza tener conto dell’effettivo grado di incremento. [126]

Le proteine della fase acuta positive che in una certa specie sono le maggiori sicuramente risultano ottimi elementi per l’orientamento diagnostico circa l’eventuale risposta infiammatoria a cui un determinato animale è soggetto. [126] Infatti le APP non sono specifiche, però insieme ad altri elementi possono divenire ottimi indicatori di infiammazione. [126, 25, 119, 50, 28, 51, 88, 85, 150] Qualsiasi processo che porta alla liberazione delle suddette citochine pro-infiammatorie evoca tutto questo sofisticato meccanismo. O meglio, si evoca un complesso di risposte che vede lo sviluppo di febbre, leucocitosi e variazione della concentrazione plasmatica delle proteine della fase acuta. Alcuni Autori tendono ad utilizzare il termine di reagenti della fase acuta come sinonimo delle proteine della fase acuta. [126] Tuttavia, in realtà, reagente della fase acuta è un termine più generico che indica un insieme di elementi, capaci di intervenire durante la fase acuta e di cui varia la concentrazione plasmatica, che presentano una natura non solo proteica. [126, 92] Così tra i reagenti della fase acuta oltre alle APP positive e negative vi rientrano anche l’acido sialico sierico totale, le leptine, le gonadotropine, le greline, nonché le citochine pro-infiammatorie. [126, 92, 103] Inoltre è da ricordare che alcune proteine plasmatiche, come l’AT, sono considerate APP perché semplicemente presentano nel corso della reazione della fase acuta le fluttuazioni tipiche delle proteine coinvolte effettivamente nel processo infiammatorio. [126] Cioè le sue concentrazioni plasmatiche variano, in questo contesto, del 25%. [126, 119]

Non è da dimenticare che comunque spesso, come nel caso dell’AT, si tratta di proteine che intervengono in sistemi dove numerosi componenti sono anche importanti mediatori del processo infiammatorio e quindi ciò potrebbe spiegare questo comportamento nel corso della risposta della fase acuta. [126, 119, 92, 105, 106]

Molti Autori hanno cercato di stabilire per ogni specie quali sono le proteine della fase acuta maggiori, moderate e minori, fornendo anche le concentrazioni sierica. [126, 28, 25, 119]

Ovviamente spesso esistono differenze anche significative tra i risultati di questi studi, tuttavia in generale è possibile affermare che:

Per il cavallo la SAA è la APP positiva maggiore, mentre fibrinogeno, aptoglobina e proteina C reattiva costituiscono APP positive moderate. [28, 126, 51, 119] Le minori invece sono l’α1- glicoproteina acida, la ceruloplasmina, gli α proteasi inibitori e i componenti C3 e C4 del complemento. [119, 126]

Per il bovino le APP positive maggiori sono la SAA e l’Hp. [28, 51, 119, 126] Le APP positive

moderate sono l’α1-glicoproteina acida, la proteina C reattiva, il fibrinogeno, l’α2-macroglobulina e gli α proteasi inibitori. [28, 126, 119, 51] Le APP positive minori sono la ceruloplasmina e i componenti C3 e C4 del complemento. [119, 126]

Per la pecora le APP positive maggiori sono l’aptoglobina e la SAA. [28, 119] Le APP positive

moderate sono l’α1-glicoproteina acida, la proteina C reattiva, il fibrinogeno e gli α-proteasi inibitori. [28, 119] Le APP positive minori sono la ceruloplasmina e i componenti C3 e C4 del complemento. [119, 126]

Per la capra le APP positive maggiori sono l’aptoglobina e la SAA. [28, 119] Le APP positive moderate sono il fibrinogeno e l’α1-glicoproteina acida. [28, 119] Le APP positive minori sono la