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Sessismo linguistico nella didattica della lingua inglese

Ilaria Cellanett

3. Sessismo linguistico nella didattica della lingua inglese

L’androcentrismo che ha dominato per secoli la storia, la cultura e la società occidentale e, come abbiamo appena visto, trova piena rea- lizzazione e perpetuazione nel sistema linguistico italiano sia a livello lessicale che morfosintattico, vedremo in questo paragrafo, diventa paradigma anche per la lingua inglese.

Negli anni Novanta del secolo scorso il linguista Robert Phillipson affermava che l’apprendimento dell’inglese come seconda lingua ri- sulta strettamente connesso a valori come il nazionalismo, il progres- so, la modernità, lo sviluppo e la cultura occidentale; aspetti questi che hanno una forte connotazione culturale e che sono diventati ico- ne del moderno capitalismo. Con questo assunto, sembra inevitabile per coloro che studiano l’inglese come seconda lingua l’assimilazione delle ideologie sociali e culturali veicolate dal sistema linguistico17.

Così come abbiamo visto accadere per l’italiano, anche l’inglese può essere definita una lingua man-made, specchio e veicolo di antichi pre- giudizi nei confronti del genere femminile. Il maschile si rivela come forza esclusiva che plasma il mondo in quanto unica detentrice del potere di creare i simboli che rappresentano e significano la realtà18. 16 Anna Cardinaletti-Giuliana Giusti, Il sessismo nella lingua italiana.

Riflessioni sui lavori di Alma Sabatini, in “Rassegna Italiana di Linguistica

Applicata”, n. 2, 1991, p. 184.

17 Robert Phillipson, Linguistic imperialism, Oxford University Press, Oxford 1992, p. 85.

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Le studiose americane Cheris Kramarae e Paula Treichler nel loro libro A feminist dictionary, affermano che la lingua inglese in quanto sistema simbolico rappresenta l’immagine che l’uomo ha di se stes- so, quella che l’uomo ha delle donne e del mondo come esclusiva creazione maschile. La lingua è stata forgiata dall’uomo e alle donne è concesso solamente di prenderla in prestito per poter comunicare con gli uomini, che risultano a tutti gli effetti coloro che esercitano il potere19.

Che l’inglese nel corso della storia si sia evoluto come lingua a marca androcentrica è esemplificato dall’aneddoto largamente citato dagli studi in materia di sessismo linguistico e che riporto qui di se- guito. «A young man and his father are in an auto accident; the father is killed and the young man is rushed to the hospital. The surgeon, upon entering the room and seeing the patient, exclaims, ‘Oh my God, I can’t operate; it’s my son!’ How is this to be explained?»20.

La risposta, ovviamente, è che il chirurgo è la madre del ragazzo. Questa sorta di indovinello si basa sull’assunto che gli ascoltatori danno per scontato che le donne non possano fare il chirurgo.

Il sessismo, per definizione, prevede un tipo di relazione sociale in cui il sesso maschile ha autorità e potere sul sesso femminile. Questa subordinazione del femminile la riconosciamo «nel comportamen- to, nella lingua e in ogni altra azione degli uomini e delle donne ed esprime l’idea istituzionalizzata, sistemica, esaustiva e coerente che le donne sono inferiori agli uomini»21.

Deborah Cameron afferma che la lingua può essere considerata come il riflesso di una cultura sessista, come veicolo di idee e assunti

XVII, n. 2, 2000, p. 112.

19 Cheris Kramarae-Paula Treichler, A feminist dictionary, Pandora Press, Londra e New York 1985, p. 205.

20 Un ragazzo e suo padre sono coinvolti in un incidente d’auto; il padre rimane ucciso mentre il ragazzo viene trasportato d’urgenza in ospedale. Il chirurgo, dopo essere entrato in sala operatoria esclama, ‘Oh mio Dio, non posso ope- rarlo, è mio figlio!’ Come si spiega? (La traduzione in italiano dall’inglese è mia). Ivi, p. 436.

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che diventano, attraverso la loro continua riproduzione negli atti comunicativi, così familiari, naturali e convenzionali che attraverso l’uso se ne smarrisce il significato originario22.

L’inglese sembra rispondere perfettamente a questa descrizione. Anche questa lingua tende a favorire il sesso maschile. Nella seman- tica inglese, o comunque relativamente alle entrate lessicali disponi- bili in inglese, gli uomini non solo hanno a disposizione un maggio-non solo hanno a disposizione un maggio- solo hanno a disposizione un maggio- re numero di parole ma anche un numero più cospicuo di termini con accezione positiva. Dale Spender afferma che in inglese esiste «a semantic rule which determines that any symbol which is associ- ated with the female must assume negative (and frequently sexual – which is also significant) connotations.»23 Ed infatti Simone de Beauvoir nel suo Il secondo sesso aveva scritto che le caratteristiche negative dell’umanità che gli uomini percepiscono come proprie le proiettano sulle donne24.

Nello studio della manifestazione del genere nella lingua inglese occorre avanti tutto prendere in considerazione la dicotomia ma- schile/femminile in ambito lessicale. L’inglese allo stato attuale si presenta come una lingua tendenzialmente isolante, scarsamente flessiva a causa di una progressiva e inarrestabile perdita della varietà morfologica avvenuta nel corso dei secoli. In questo tipo di sistema linguistico il genere viene determinato a livello semantico e non dal- la morfologia. Ne consegue che a termini apparentemente neutrali è stato comunque assegnato un sesso. In una lingua non flessiva l’at- tribuzione del genere è relazionale più che mai e dipende fondamen- talmente dal contrasto tra un termine e il suo opposto25.

In un contesto didattico sarebbe interessante osservare quale ge-didattico sarebbe interessante osservare quale ge- sarebbe interessante osservare quale ge- nere viene attribuito dagli studenti e dalle studentesse ad aggettivi 22 Deborah Cameron, The feminist critique of language, Routledge, Chapman,

and Hall, New York 1990, p. 14.

23 Dale Spender, Man made language, Routledge and Kegan Paul, Londra 1980, p. 19.

24 Simone De Beauvoir (1949), Il secondo sesso, Il Saggiatore, Milano 1961, p. 13.

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come aggressive, arrogant, charming, confident, dependant, emotional,

flirtatious, gentle, logical, nagging, rational, stable, submissive, talkati- ve e tough.

Il genere rappresenta una componente concettuale per molti ele- menti linguistici e anche le opposizioni tra un genere e un altro agi- scono nell’attribuzione semantica, anche se lavorano in maniera car- sica, come le gerarchie. In inglese risultano profondamente radicati elementi con connotazioni sessiste che inducono coloro che le usano a categorizzare in maniera subconscia le persone sulla base del loro genere.

L’analisi di una lingua sessista tuttavia non può arrestarsi alla de- nuncia della prospettiva maschilista dalla quale scaturisce la denomi- nazione della realtà; ma dovrà prendere in considerazione la lingua stessa come fenomeno variegato e composito presente in ulteriori sistemi di rappresentazione anch’essi inseriti all’interno di una tra- dizione storica. Attraverso l’uso di una lingua sessista le donne sono effettivamente escluse dalla realtà in cui vivono. Termini come he o

man, apparentemente, sono usati per includere anche le donne. In

realtà sono chiari esempi di una struttura linguistica sessista e quel che effettivamente fanno è escludere il sesso femminile, in quanto una donna non potrà mai riconoscersi in un he.

Albert Joseph, nel suo Put it in writing, una guida con degli spunti molto interessanti per un uso non sessista della lingua inglese, ci for- nisce dei suggerimenti pratici per evitare l’uso dell’infamous generic

he.26 L’autore propone di usare i pronomi you o they. «Non sexism is easy and need not call attention to itself by awkward and silly us- age of terms like he/she or s/he and even arbitrarily substituting she where we formally used he»27.

La frase: The customer may not be aware that he has this choice ha un’evidente connotazione sessista a causa dell’uso generico e fal- samente neutro del pronome di terza persona singolare maschile. Mentre nella frase: Customers may not be aware that they have this

choice grazie all’uso del pronome personale di terza persona plurale si

26 Albert Joseph, Put it in writing, McGraw Hill, New York 1998. 27 Ivi, p. 85.

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è evitata ogni forma di discriminazione linguistica. Analogamente, la parola e il suffisso man vengono usati per riferirsi alla specie umana in generale. In realtà, ancora una volta, siamo di fronte ad un uso del linguaggio che «perpetra l’invisibilità, la trivializzazione e la stereoti- pizzazione delle donne»28. Parole contenenti suffissi o prefissi in man rivelano un chiaro pregiudizio sessista insito nel sistema linguistico. Titoli come policeman, fireman e mankind classificano un gruppo di persone come esclusivamente maschile, mentre, nella realtà ne fanno parte sia uomini che donne. Propongo di seguito una lista che riporta soprattutto nomi di professioni contenenti man nella prima colonna e un’alternativa linguistica maggiormente rispettosa di en- trambi i sessi nella seconda colonna.

TERMINI CON

PREGIUDIZIO SESSUALE TERMINI NEUTRI

Mankind Humankind

Policeman Police Officer

Fireman Firefighter

Chairman Chairperson

Freshman First Year

Waiter/Waitress Server

Mailman Mail Carrier

“You Guys” “Ya’ll”

Businessman Business Executive

Steward/Stewardess Flight Attendant

Congressman Congressional Representative

Salesman Salesperson/Sales Clerk

Caveman Prehistoric People

Forman Boss/Leader Brotherhood Kinship Manning Staffing Manpower Workforce Cowboy Rancher Weatherman Metereologist

Milkman Milk Vender/Carrier

Fisherman Fisher

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Lingua e genere

Ricordando che la lingua è un sistema vivo ed aperto che può dar luogo ad infinite combinazioni, specchio e riflesso della società che esprime, deve essere considerata come strumento per la realizzazione della piena dignità, parità e importanza del genere femminile e di quello maschile.

La necessità di prendere in considerazione e anche di formulare, se necessario, proposte di affinamento dell’uso linguistico laddove questo risulti irrispettoso dell’identità di genere appare oggi come irrinunciabile. Se nei sistemi linguistici presi in esame i cambiamen- ti che interessano il piano morfosintattico sono più lenti e faticosi, quelli che interessano il piano lessicale risultano più facilmente ac- cettabili. Le oscillazioni alle quali oggi si assiste nell’uso quotidiano e in situazioni di comunicazione comune sono testimonianza della fatica con la quale la lingua si modifica “a comando”: occorrono decenni perché nuove forme si radichino nella lingua e secoli perché modificazioni più profonde prendano piede. Il vero obiettivo è far prendere coscienza agli alunni dei fatti e dei problemi linguistici e, con questo proposito, è importante che riflettano sul rapporto lin- gua-sesso/genere e su quello lingua-pensiero/realtà. Vedremo nell’u- tima parte di questo articolo come i libri di testo siano spesso pervasi da chiari atteggiamenti sessisti. I libri diventano vettori di una lingua non sempre rispettosa dell’identità di genere e di stereotipi che di- scriminano le donne fino a escluderle completamente dalla realtà.