ISTITUZIONI ARTISTICHE COLONIALI IN LIBIA
L E ULTIME STAGIONI LIRICHE
5.4 Gli spettacoli oriental
Coerentemente con una politica del turismo volta a valorizzare l’identità specifica del territorio coloniale e con le direttive di politica indigena promosse da Balbo, manifestazioni di cultura locale trovano spazio nella programmazione artistica, con una particolare enfasi nell’ultima fase del dominio italiano. Come testimoniato dalla cronaca, nei primi mesi del 1930, l’Ente Turistico della Tripolitania (ETT) promuove spettacoli di danze e musica araba aperti al pubblico locale e ai turisti; agli indigeni vengono riservati biglietti speciali sulla balconata. Le esibizioni hanno luogo nel locale del Caffè Arabo in Zenghet Bey Bengasi, una via caratteristica della città vecchia di Tripoli, un luogo suggestivo di forte colore locale, con la partecipazione di artisti nordafricani.124 Si tratta evidentemente dell’appropiazione da parte dei dominatori di un costume locale diffuso, a fini turistici: l’area storica della città,
123 Tra queste citiamo il ciclo di quattro concerti lirici promossi dall’associazione Artisti Lirici
Associati (A. L. A.) fondata da Walter Mocchi, impresario teatrale e consorte della soprano brasiliana Bidu Sayão (1902-1999) [Miceli Farrugia 1997, p. 85], al Teatro Estivo Miramare nel settembre 1934. Il programma prevede arie d’opera, romanze e canzoni napoletane. Si esibiscono Ela Bucca, Maria Veretti (soprano), Francesco Novelli (baritono) e Pietro Mariotti (tenore), accompagnati dalla pianista Maria Berardinelli [AT 8-18/9/1934]. Nel maggio 1940, l’Orchestra da camera del Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli, effettua una tournée a Tripoli, con tappa anche al Miramare, per un concerto «popolare» [S. A. 1940]. Cfr. nota 137.
124 «La bellezza ambientale dello Zenghet, che offre già un quadro bellissimo poiché sorge proprio sul
punto più caratteristico della città araba, con quei suoi archi, con quella sua medesima strettezza, che ne fa un angolo quanto mai pittoresco. L’ambiente interno è poi perfettamente intonato a quello esterno, essendo quella una tipica casa araba, col suo patio, coi suoi salotti laterali e le sue camere di puro stile locale, cui sono stati ottimamente adattati lo arredamento, gli addobbi ed ogni particolare. Cosicchè alla sera, fra la grande varietà dei colori, si assiste ad uno spettacolo che è la migliore espressione dell’ambiente arabo» [AT 16/3/1930].
infatti, pullula di caffè arabi, frequentati soprattutto dagli indigeni, dove è possibile assistere quotidianamente a spettacoli di tal sorta. Le musiche eseguite sono musiche d’arte tradizionali,125 prevalentemente tunisine ed algerine, con la presenza a volte di «cori egiziani», accompagnate dalla caratteristica danza del ventre [AT 16/3/1930]: un efficace surrogato del binomio esotismo-erotismo ben radicato nell’immaginario europeo, caro alla “lettura” orientalista da parte dell’Occidente. Il successo dell’iniziativa, molto apprezzata dai residenti e dai visitatori della colonia, porta a successive evoluzioni negli anni a seguire. In particolare, le manifestazioni di musica araba vengono accolte all’interno delle istituzioni principalmente destinate alla musica occidentale. A partire dal 1932, infatti, Tripoli ospita compagnie ben più prestigiose, provenienti anche dall’Egitto, dove la musica d’arte tradizionale conosce notevoli sviluppi, soprattutto nella direzione dell’incontro con l’Occidente, in particolare con la Francia.
Palcoscenico d’elezione per gli spettacoli arabi, completi dell’elemento coreutico, è quello del Teatro Miramare, in cui una sala accessoria, rinominata «Salone moresco», è dedicata alle manifestazioni di arte orientale, solo in rare occasioni ospitate nella sala principale. Protagonisti delle rappresentazioni, alcuni degli artisti più noti, conosciuti in tutto il Nordafrica: la cantante tunisina Louisa Tunsia,126 Mounira El-Mahdia del Teatro Reale del Cairo127 e la cantante e attrice
125 Nella tradizione musicale araba, la distinzione tra musica d’arte e folkloristica (o popolare) è assai
labile ed è inoltre d’importazione moderna. Se precedentemente tale bipartizione veniva ricondotta a differenze regionali, attualmente è attribuita ad una «valutazione etica» delle finalità per le quali la musica può essere utilizzata, ovvero riguarda più precipuamente la funzione o il contesto sociale al quale è destinata. Con l’accezione di musica d’arte ci si riferisce ad una forma di intrattenimento coltivata nelle corti, di cui si appropriano le élite urbane, praticata da professionisti (e appassionati aristocratici) e descritta in termini teorici. L’evoluzione del genere nel corso dei secoli ha portato all’affermazione di peculiarità regionali, particolarmente evidenti soprattutto tra il mondo arabo orientale (Egitto, Libano, Siria, Iraq) e quello occidente (Marocco, Algeria e Tunisia) [Wright et alii 2009]. Tripoli non conosce esecutori di musica d’arte particolarmente rinomati e le compagnie delle principali città nordafricane raramente fanno tappa nella capitale tripolitana. Gli spettacoli orientali al Teatro Miramare, quindi, vengono accolti con particolare favore [AT 30/3/1932]. Per la musica araba folkloristica cfr. nota 146.
126 Louisa Tunsia «ha riportato calorosi successi in tutta l’Africa del Nord ove le sue eccellenti doti di
voce e di interpretazione sono state apprezzatissime tanto è vero che le più grandi Case d’incisione di dischi fonografici hanno fatto a gara per accaparrarsi la grande divetta che ha cantato per la «Pathè», la «Columbia», la «Polyphon» interpretando le più belle ed ammirate canzoni del suo repertorio [...]». L’artista si esibisce al Miramare dal 29 marzo al 7 aprile 1932 e dal 26 aprile al 24 maggio 1933, con un’orchestra guidata dal direttore e pianista arabo, rinomato in Nord Africa, Messaoud Habib [AT 30 /3/1932 e 17/5/1933].
egiziana Nadra,128 la cui fama è soprattutto legata al film Ounchoudat al foued (La canzone del cuore), primo lungometraggio sonoro di produzione egiziana (con sottotitoli in francese), diretto dal regista italiano Mario Volpi;129 nel film la vedette recita la parte principale.130 Al Miramare, come nei Caffè arabi, gli spettacoli orientali sono aperti anche al pubblico indigeno [AT 9/7/1932], dunque momenti di incontro tra italiani e nativi - particolarmente apprezzati da questi ultimi. Il successo di tali inziative, che permettono ai turisti di vivere un’esperienza esotica originale in colonia, porta, due anni più tardi, all’istituzione di un intero teatro votato al colore locale, attraverso la riconversione del vecchio Politeama di Suk el Turk in Teatro Orientale. Il progetto, però, ha una durata limitata. Il vecchio teatro torna presto alla funzione tradizionale, ospitando, negli ultimi anni prima della guerra, soprattutto operette e spettacoli di cinema.
La vita artistico-musicale tripolina testimonia dunque la presenza di vivaci scambi interetnici sociali e culturali e confuta la tesi, in linea con le affermazioni di Mia Fuller, della segregazione razziale a Tripoli.131 Il dinamismo delle relazioni tra italiani e nativi di cui la studiosa americana ha dato ampia testimonianza nel suo contributo al Convegno La Libia tra Mediterraneo e mondo islamico [Fuller 2006], è testimoniato anche dall’attività delle principali istituzioni artistico-culturali a Tripoli. Fortemente stimolato dalla politica indigena di Balbo, dalla metà degli anni Trenta 127 Mounira El-Mahdia (Alessandria D’Egitto 1885 - 1965), chanteuse egiziana, è considerata la più
grande interprete del genere della canzone egiziana leggera. Prima attrice musulmana ad apparire sulle pellicole cinematografiche, incarna l’ideale della donna artista e diva del paese dei faraoni. El-Mahdia è anche apprezzata cantante d’operetta e di Opera italiana in Egitto. La cantante si esibisce al Miramare nel luglio 1932 con una «primaria compagni egiziana» costituita da noti musicisti arabi: Ferid Gosn (ud - liuto arabo), Mohamed Attia (quanun - arpa orientale), Sami Naasan (pianoforte e violino), Taufiq Baium (tamburista) e Aly Efondi Hasen (voce) [AT 5/7/1932].
128 Nadra è definita dai connazionali la «principessa della canzone orientale». Giunge al Miramare nel
febbraio 1935 in tournée con una compagnia formata dalla danzatrice e cantante Badia Massabni - nota al Cairo dove «possiede e dirige il pià grande e conosciuto teatro di danze orientali» e considerata «la vera innovatrice della tecnica e dei motivi delle canzoni arabe» - e da un’orchestra egiziana di musicisti «scelti tra i migliori del Cairo», tra cui: Ahmed Scerif, Farid Gosn, Ahmed Mohamed el Hafuani, Mohamed Fehmi, Mohamed Hussen Scerif e Mohamed Kanim [AT 28/2 e 1/3/1935].
129 Il film, proiettato per la prima volta al cinema Diana del Cairo il 14 aprile 1932, è passato anche
nelle sale del Miramare nel febbraio 1933. Scomparso per lungo tempo dalla circolazione, dopo una tiepida ricezione da parte del pubblico, è stato recentemente ritrovato presso la Cinémathèque française, restaurato e proiettato nel 2002 in occasione della sesta Biennale des Cinéma Arabes à Paris . Pur non trattandosi di un capolavoro dal punto di vista cinematografico, risentendo fortemente della marcata componente teatrale, la pellicola resta una delle rarissime testimonianze, oltre che dei primi tentativi cinematografici orientali, della canzone araba degli anni Trenta [Kelifa 2002].
130 Nel film, realizzato nello stile del film-canzone in voga al tempo, la colonna sonora è firmata dal
compositore-cantante Zakaria Ahmed, che appare nel film in qualità di esecutore strumentale, mentre le parole della canzone sono composte da due rinomati letterati egiziani contemporanei, Kalil Moutrane e Abbas Mahmoud Al Akkad [Kelifa 2002].
131 Purtroppo non vi sono, ad oggi, testimoninze dirette delle interrelazioni sociali tra italiani e libici
l’incontro culturale tra italiani e nativi vede moltiplicate le occasioni ufficiali. La ricezione degli spettacoli di musica d’arte araba, riscontrata attraverso i quotidiani locali, registra inoltre un alto gradimento da parte del pubblico europeo.
Le performance dal vivo nei caffè arabi, al Miramare e al Politeama, in realtà, non sono le uniche occasioni “ufficiali” di ascolto della musica araba. Come vedremo, attraverso l’intermediazione italiana anche la musica indigena tradizionale conosce tentativi di diffusione e preservazione: dal dicembre 1938, infatti, gli altoparlanti di Radio Tripoli diffondono dal vivo le musiche della tradizione nordafricana.