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Status socio-economico dell’occupazione (ISEI) prima e dopo la migrazione in Italia

2.4 L’Italia prima di partire

Grafico 7.1 Status socio-economico dell’occupazione (ISEI) prima e dopo la migrazione in Italia

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Vita e percorsi di integrazione degli immigrati in Italia cato in edilizia, in agricoltura o presso le famiglie e il lavoro operaio specializzato in edilizia e nell’industria – tutti gli immigrati, a prescindere dal loro status in origine, fanno una prima esperienza di lavoro in un’occupazione di scarso o scarsissimo profilo. Visto che la “prima destinazione” è molto simile per tutti gli immigrati, la perdita di status socio-economico è mediamente più elevata per quei gruppi con uno status in origine più elevato.

Nel passaggio dal primo all’attuale lavoro non emerge il meccanismo speculare che ci si potrebbe attendere: non c’è evidenza, cioè, che i gruppi che hanno mediamente perso di più successivamente recuperino di più. Gli immigrati provenienti dal sud America non andi- no sono infatti quelli che recuperano di meno pur avendo perso di più, quelli provenienti dai paesi africani sono al contrario quelli che recuperano mediamente di più pur essendo tra i gruppi che hanno perso relativamente di meno. Per gli altri gruppi il range di recupero si assesta su valori molto simili (circa 2,0 – 2,5 punti ISEI). Come messo in luce dalle matrici di transizione, è molto difficile per gli immigrati accedere a un’occupazione in un gruppo professionale superiore a quello del primo lavoro e la scarsa mobilità riscontrata è tutta interna al lavoro manuale: l’intrappolamento concede allora qualche chance di crescita solo a chi è “caduto” molto in basso.

L’unica eccezione a questo pattern di declassamento-intrappolamento sono gli stranieri provenienti dai paesi economicamente più avanzati per i quali l’arrivo in Italia si accompa- gna a una crescita immediata dello status socio-economico medio, a indicare che la scelta di mobilità si inserisce, presumibilmente, in un progetto di carriera professionale di cui il trasferimento in Italia fa parte. Tuttavia, almeno per gli uomini, la crescita sperimentata al primo lavoro non sembra essere un trampolino di lancio per ulteriori avanzamenti di status che sembrano esaurirsi con l’arrivo in Italia.

Il declassamento occupazionale è molto più intenso per le immigrate rispetto agli immi- grati provenienti dalla stessa aerea. La perdita di status socio-economico nel primo lavoro in Italia è infatti sempre superiore per le donne straniere rispetto agli uomini, con l’unica ec- cezione dei paesi latino-americani, sia quando l’indice medio dello status socio-economico del lavoro svolto nelle aree di origine è superiore a quello degli uomini, come nel caso delle immigrate provenienti dai paesi dell’Est europeo, dai paesi asiatici, dal Medio Oriente e Nord Africa e dai paesi andini, sia quando è inferiore, come nel caso degli altri paesi africani. In termini di punteggio ISEI le immigrate dai paesi andini perdono in media quasi 15 punti nella prima transizione, quelle provenienti dalle altre aree da 10,5 a 12,5 punti, valori sempre doppi o tripli rispetto a quelli degli immigrati dalla stessa area. Solo le immigrate provenienti dall’America Latina non andina riescono a limitare la perdita a 7,5 punti ISEI. Il pattern non è diverso da quello degli uomini però: l’inserimento pressoché esclusivo in pochissime occu- pazioni – il lavoro domestico e di cura presso le famiglie, le pulizie nelle organizzazioni – fa sì che quasi tutte le immigrate, indipendentemente dal lavoro che svolgevano nel paese di origine, siano accomunate da un’ISEI molto simile alla prima esperienza di lavoro in Italia. Poiché il lavoro non qualificato nei servizi, ad esempio nelle pulizie, ha un punteggio ISEI più basso del lavoro non qualificato nelle costruzioni o in agricoltura, più tipico per gli uomini, il declassamento occupazionale per le donne risulta mediamente più importante.

Lo svantaggio delle immigrate nella prima transazione si cumula con il più debole recu- pero che caratterizza la seconda, rispetto agli uomini. Anche in questo caso, se il pattern è simile a quello degli uomini, l’intensità del recupero è più limitata di quella degli immigrati provenienti dalla stessa area. Per le donne provenienti dai paesi Est europei e dal Nord Africa non c’è alcun recupero, essendo l’ISEI medio del lavoro attuale praticamente iden- tico a quello del primo lavoro, per le altre immigrate il recupero è risibile, con una crescita

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7. I percorsi lavorativi degli immigrati: declassamento occupazionale, intrappolamento e reti etniche

dell’ISEI in un range cha va da 1,3 a 1,8 punti.

Alcune differenze significative emergono anche dal confronto territoriale. Gli immigrati che risiedono nelle regioni meridionali all’intervista trovano in media occupazioni di status inferiore all’ingresso in Italia8. Questo non sorprende, soprattutto alla luce delle ridotte opportunità di lavoro qualificato nel settore manifatturiero e della maggiore diffusione dei lavori agricoli. Tuttavia, ciò non si traduce in un downgrade occupazionale marcatamente superiore, dato che gli immigrati con migliori prospettive occupazionali si auto-seleziona- no nelle regioni settentrionali (Accetturo e Infante 2008). L’ISEI in origine degli immigrati residenti nel Centro-Nord è infatti di circa 5 punti superiori rispetto alle loro controparti residenti al Sud e nelle Isole, fatta eccezione per gli immigrati provenienti dall’America La- tina (paesi andini esclusi). Gli immigrati residenti nelle regioni settentrionali sperimentano inoltre una crescita occupazionale di poco superiore, anche se differente per area di origine.

Le evidenze discusse indicano dunque un generalizzato declassamento occupazionale degli immigrati all’arrivo, sostenuto dall’ingresso in poche e specifiche occupazioni, diver- se per uomini e donne, e un tendenziale intrappolamento negli impieghi poco qualificati, soprattutto per le immigrate. Nel prossimo paragrafo la stima di alcuni modelli multivariati consentirà di approfondire quali caratteristiche individuali e familiari e quali aspetti salienti dell’esperienza migratoria sono in grado di moderare il downgrade nella prima transizione e favorire il recupero nella seconda.

7.4 Quali fattori influiscono sul rischio di declassamento e sulle opportunità di carriera

in Italia? Un’analisi multivariata

La tavola 7.4 presenta i coefficienti di un modello di regressione lineare che analizza la prima transizione occupazionale e in cui la variabile dipendente è rappresentata dal pun- teggio ISEI del primo lavoro in Italia, mentre le variabili indipendenti sono l’ISEI dell’ultima occupazione nel paese di origine e un insieme di variabili relative al capitale umano (livello di istruzione e conoscenza della lingua all’arrivo), al tipo di inserimento nel mercato del lavoro italiano (se si aveva un contratto prima di arrivare, se il primo lavoro è stato trovato tramiti contatti personali) e alle altre caratteristiche degli immigrati come l’area di origine, l’età all’arrivo in Italia, il motivo della migrazione, la situazione familiare all’arrivo, l’origine sociale (misurata con il titolo di studio del padre) e l’area di residenza in Italia. Dato che il modello controlla per l’ISEI dell’ultima occupazione nel paese di origine, i coefficienti as- sociati alle altre variabili esprimono l’effetto di quest’ultime sullo scostamento dell’ISEI del primo lavoro in Italia da quello dell’ultimo lavoro nel paese di origine. Con questo modello possiamo cioè valutare quali caratteristiche degli immigrati sono associate ad un maggiore o minore rischio di declassamento occupazionale all’arrivo in Italia.

I risultati delle stime presentate in tavola 7.4 mostrano innanzitutto una scarsissima relazione tra ISEI del primo lavoro in Italia e quello del paese di origine, ad indicare che il lavoro svolto prima della migrazione ha scarso potere predittivo del primo lavoro trovato in Italia. Per gli uomini, ad un incremento di 1 punto ISEI del lavoro svolto nel paese di origine corrisponde un incremento di solo 0,19 punti ISEI nel primo lavoro in Italia. Le stime con- 8 In tutto il capitolo l’area di residenza è misurata all’intervista. Questo implica un certo margine di errore, data l’elevata

mobilità degli immigrati che tendono a muoversi verso le regioni con maggiori opportunità lavorative. Ciò vale soprattutto nell’analisi dell’ISEI del primo lavoro in Italia. Tuttavia, l’informazione sul comune del primo lavoro presenta troppi valori mancanti, mentre quella relativa al primo comune di residenza presenta i medesimi limiti della residenza all’intervista.

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Vita e percorsi di integrazione degli immigrati in Italia fermano i maggiori rischi di declassamento occupazionale per le donne immigrate, rispetto agli uomini, messi in luce dall’analisi descrittiva. L’intensità della correlazione tra i punteggi ISEI dell’ultimo lavoro nel paese di origine e il primo lavoro in Italia corrisponde infatti, tra le donne, a circa la metà di quella osservata tra gli uomini. Differenza che è statisticamente significativa come segnalato dal test di Chow9.

Il possesso di un più elevato titolo di studio e l’ingresso “dalla porta principale” nel mercato del lavoro italiano rappresentano importanti fattori di protezione dal rischio di declassamento. Infatti, il possesso di una laurea, la conoscenza della lingua al momento dell’arrivo, l’aver trovato un lavoro prima della migrazione e non attraverso contatti per- sonali, sono tutte caratteristiche associate ad un più elevato ISEI al primo lavoro. Questo vale soprattutto tra le donne, dato che tra quest’ultime i coefficienti associati alle variabili in questione hanno tutti maggiore intensità, per quanto le differenze tra i singoli coefficienti, nei due campioni maschile e femminile, non siano sempre statisticamente significative. Gli effetti non sono trascurabili: una donna che avesse simultaneamente tutte queste caratteri- stiche avrebbe poco meno di 19 punti in più sulla scala ISEI, rispetto ad una donna con al massimo la licenza elementare, che non conosceva l’italiano al momento del suo arrivo e che ha trovato il primo lavoro in Italia tramite contatti personali. Purtroppo però il numero di immigrate simultaneamente in possesso di tutte le suddette caratteristiche associate ad un miglior ISEI al primo lavoro sono pochissime (solo 7 nel campione di analisi), il che spiega il marcato declassamento osservato nel grafico 7.1.

Tra le caratteristiche relative al background migratorio e le altre variabili socio-de- mografiche incluse nel modello come variabili di controllo, sono molte ad avere effetti statisticamente significativi, ma solo poche hanno effettiva rilevanza. Tra queste c’è l’area di origine, i cui coefficienti confermano quanto già osservato nel grafico 7.1: il declassa- mento occupazionale degli immigrati provenienti da aree a elevata pressione migratoria avviene quasi senza distinzioni tra gruppi etnici, mentre tutti si discostano fortemente dagli immigrati provenienti dai paesi dell’Europa a 15 e dagli altri paesi a maggiore svi- luppo economico.

L’età all’arrivo è negativamente associata all’ISEI del primo lavoro in Italia, segnalando probabilmente una maggiore adattabilità al nuovo contesto degli immigrati più giovani. Non è facile spiegare gli effetti dei diversi motivi della migrazione e del tipo di traiettoria. Tutta- via, è possibile supporre che rifugiati e migranti economici siano maggiormente inclini a sopportare un declassamento occupazionale, essendo più pressati dalla necessità di trova- re un lavoro rispetto a migranti con motivazioni di tipo familiare o di altro tipo, ad esempio studenti o persone alla ricerca di una migliore qualità della vita. In effetti, i coefficienti che esprimono l’effetto di essere migranti economici o spinti da motivazioni politico/religiose sono negativi e significativi10. Essere arrivati in Italia con l’intenzione di rimanere in maniera permanente è associato invece ad un migliore ISEI all’arrivo in Italia, così come avere un padre diplomato o laureato, proxy di un’elevata origine sociale: il fatto che quest’ultime due variabili facciano registrare effetti significativamente più forti tra le donne conferma nuovamente come le immigrate capaci di evitare la trappola del lavoro domestico e di cura siano fortemente selezionate. L’avere figli al momento dell’ingresso in Italia è un ulteriore fattore associato ad un più basso ISEI per le donne immigrate, segnalando una maggiore 9 Il test di Chow è un test di significatività statistica della differenza tra due coefficienti.

10 A differenza di molti paesi dell’Europa Centro-Settentrionale, in Italia i rifugiati costituiscono una piccola minoranza: solo il 4 per cento del campione di analisi ha indicato di aver lasciato il paese di nascita (anche) per motivazioni di tipo politico/religioso. Al contrario, il 70 per cento dei rispondenti selezionati era partito per motivi di natura economica.

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7. I percorsi lavorativi degli immigrati: declassamento occupazionale, intrappolamento e reti etniche

propensione ad accettare qualunque lavoro pur di sostenere la propria famiglia. Infine, la residenza nelle regioni meridionali è associata ad un maggior declino dell’ISEI del primo lavoro rispetto al lavoro nel paese di origine, coerentemente con l’analisi descrittiva del grafico 7.1.

La tavola 7.5 mostra, invece, i risultati di un modello del tutto simile al precedente ma che si concentra sulla transizione dal primo all’attuale lavoro degli immigrati in Italia. Anche

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