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T RAVESTIMENTI ATTIVI E PASSIVI DELLE FANCIULLE

IV. I MOTIVI COMICI CHE RIMODELLANO LA FIGURA MULIEBRE

IV. 1.1 T RAVESTIMENTI ATTIVI E PASSIVI DELLE FANCIULLE

Nel terzo capitolo di questo studio di tesi ho già ampliamente delineato le principali commedie in cui gli autori mettono in scena il travestimento volontario di giovani fanciulle che, per conquistare il proprio amato, si celano sotto spoglie maschili.

Nella Lelia dell’anonima commedia degli “Ingannati” ho riscontrato il modello assoluto della fanciulla attiva e ribelle poiché, dopo essersi ribellata all’autorità paterna, non solo fugge dal monastero ma indossa abiti maschili pur di servire l’amato Flaminio; sua erede diretta è la Cornelia del “Viluppo” di Girolamo Parabosco dal momento che anch’essa per sua spontanea volontà si traveste da servo ed è addirittura disposta a svolgere il ruolo di messaggera d’amore fra il suo innamorato Valerio e la giovane Sofonisba pur di conquistarlo. Dimostra una grande intraprendenza anche la giovane Laura ne “I Rivali” di Giovanni Maria Cecchi perché si reca a Pisa in abiti maschili per ritrovare il suo innamorato Emilio. Infine, originale è il personaggio di Cintia nell’omonima commedia di Giovambattista della Porta in quanto travestita da uomo fin dall’infanzia, essendosi innamorata di Erasto, individua sempre nel travestimento uno stratagemma per conquistarlo: indossa i panni di Amasia di cui il giovane Erasto era invaghito.

L’esempio di Cintia permette l’introduzione di due commedie, “L’Ortensio” e “L’Interesse” che rappresentano una sorta di commistione fra i travestimenti attivi e passivi in quanto le loro protagoniste, rispettivamente Virginia e Lelio, sono celate fin dall’infanzia sotto una falsa identità maschile con il nome di Ortensio e Lelio; tuttavia nel corso della commedia prendono autonomamente l’iniziativa di travestirsi nuovamente, Virginia da Celia, sua parente immaginaria e Lelio da Virginia, sua sorella.

Infatti, nella commedia di Piccolomini, Ortensio è in realtà Virginia che da piccola, rapita dai corsari viene riscattata da M. Caterina che l’ha allevata come un maschio al posto della sua figlia morta; credutasi maschio da tutti e innamoratasi perdutamente del giovane Leandro, Virginia immagina un’astuzia per giacere con lui ossia gli fa credere che, nella sua stessa casa, vive una giovane parente di nome Celia:

«Ortensio: […] e sapete pure che modo stravagante mi faceste tenere per indurlo a sposarmi, giacersi con me senza conoscermi; con dargli noi ad intendere ch’egli sposasse e si giacesse con una parente che mia madre teneva in casa. In che pericolo mi ponevo io ch’egli non si accorgesse dell’inganno, quando ero costretta menarlo fino a casa, farlo aspettare alla porta, vestirmi in un subbito da donna, e affacciarmi alla

158 gelosia, acciocchè con la grata accoglienza, che io gli facevo,

l’inducessi ad accendersi di me? Quando ci inducemmo a quella notte, nella quale segretamente mi sposò, non sapete quante avvertenze ci bisognò avere, per condurre lo inganno?».

(Ortensio, Atto Primo, scena I)

Ortensio/Virginia racconta alla balia i travagli del suo inganno in quanto travestita da donna sotto la falsa identità di Cintia, si è mostrata alla finestra e alla porta di casa fino a quella famosa notte che ha accolto in casa l’amato Leandro, in una camera oscura per evitare di essere riconosciuta; sempre in questa notte Leandro la sopra segretamente. Alla morte di M. Caterina però Virginia è costretta a cambiare i suoi piani e con la collaborazione della balia, in un primo momento, pensa di fingersi figlia di M. Caterina. Tuttavia la vicenda si complica quando si viene a sapere che Leandro è nipote di M. Caterina: in tal caso Virginia sarebbe cugina di Leandro e quindi non potrebbero sposarsi.

Dopo una serie di equivoci, Leandro pensa che l’amico Ortensio lo stia ingannando perciò gli chiede spiegazioni e così Ortensio/Virginia svela tutta la sua storia: grazie al racconto della fanciulla, Cintio e Nastagio ritrovano in Virginia la sorella e la figlia perduta. A questo punto Leandro non può che essere contento di sostituire all’immaginaria Celia la presente e viva Virginia e di trasformare l’amicizia del supposto Ortensio in un amore coniugale per la bella e accorta figlia di Nastagio:

«Leandro: Come s’io me ne contento? Che cosa posso io desiderare maggiormente di questa? Havendo io per moglie una delle rare parti della quale io sono appieno informato? Oh non più Celia ma Virginia mia, or conosco questi occhi che si seriamente m’accesero. Oh quanto mi terrò felice ora che vi potrò goder sicuramente!».

(Ortensio, Atto Quinto, scena VII)

Allo stesso modo nella commedia di Secchi, Lelio è una fanciulla travestita in abiti maschili già dall’infanzia per il volere di suo padre Pandolfo che prima della sua nascita aveva fatto una scommessa con l’amico Ricciardo: se gli fosse nata una femmina egli avrebbe pagato a Ricciardo duemila scudi; se gli fosse nato un maschio Ricciardo li avrebbe pagati a lui. Così per avidità di denaro fa credere a tutti di essere diventato padre di un maschietto battezzandolo con il nome di Lelio. Quest’ultima, divenuta una bella e maliziosa giovinetta

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s’innamora perdutamente del giovane Fabio che però a sua volta s’innamora della sorella di Lelio, Virginia. Dunque Lelia pensa di fingersi sua sorella per conquistare Fabio:

«Questo giovane ama oltremodo mia sorella, il che sapendo io, tenni via di fargli dire per una nostra vicina, di chi mi potevo fidare; Virginia ti si raccomanda, a quel saluto egli scrisse una lettera nella quale pregava mia sorella, che una sera lo volesse udire: io che altra cosa non desiderava, che essere con esso lui, gli riscrissi, che venisse, ch’io l’attenderei all’uscio di dietro, e rubbatami dal maestro, presi le vesti di Virginia e in quell’abito l’aspettai fin ch’ei vi venne. Egli ingannato dall’abito e dall’amor grande, che porta a mia sorella, né potendomi riconoscere al buio, pigliommi per lei e così mi sposò».

(L’Interesse, Atto Primo, scena VII)

Perciò, Lelio, spinta dal desiderio e soccorsa dal suo ingegno, trova nel travestimento il modo di ricevere più volte Fabio nella propria casa di notte. Da ciò si creano ulteriori intrecci perché di Virginia è anche innamorato il giovane Flaminio che però gli concede solo piccoli dialoghi dalla finestra; pertanto non si spiega come mai, invece, Fabio affermi di averla sposata segretamente e i servi Testa e Zucca gli abbiano confessato di aver visto Fabio entrare in casa della sua amata, accolto sulla porta da lei medesima. Nascono quindi minacce, liti e duelli finché Tebaldo, uomo d’affari di Pandolfo che conosce la reale identità di Lelio, mette in chiaro il tutto. La commedia si conclude con i duplici matrimoni fra Flaminio e Virginia e Fabio con Lelio.

Un’altra commedia di Niccolò Secchi, “Gli Inganni”, presenta la storia di Ginevra e Fortunato, due fratelli che, rubati dai corsari e separati dal padre, si ritrovano a Napoli: la prima sotto spoglie maschili e con il falso nome di Ruberto entra come servo nella casa di Massimo Caraccioli; mentre il secondo si pone al servizio di Dorotea. Il travestimento di Ginevra fa sì che di lei s’innamori la padroncina Porzia che a sua volta è corteggiata da Fortunio mentre Ginevra è innamorata di Gostanzo. Con l’aiuto di Ginevra, Fortunato si reca a casa dei Caraccioli e, facendo credere a Porzia di essere Ruberto, la mette incinta:

«In ogni modo dovremmo fuggire questa mia sorella e io piu tosto che ara gran rifugio, doppo gran ruina è questa che ci viene addosso, nel partorir di questa figliuola se alcun se n’avede. Ma infin

160 quest’amor traditore s’è insignorito di me, ch’io non posso pur

pensar d’abandonarla, ed io, ch’io lasci il ben mio, ch’io viva senza di te Portia mia?».

(Gli Inganni, Atto Primo, scena VI)

Alla fine il parto imminente di Porzia e l’arrivo del mercante genovese a Napoli rendono possibile lo scioglimento degli intrecci ovvero Fortunato può sposare Porzia e Gostanzo sposa Ginevra.

Secondo quanto afferma Iraneo Sanesi, la “Cesarea Gonzaga” di Luca Contile ricorda l’”Interesse” di Secchi per il tema del travestimento che qui però si raddoppia in quanto assistiamo ad un duplice scambio di sesso: la fanciulla Cornelia che fin da piccola è vestita da uomo e porta il nome di Ottavio e del fratello Cesare che invece è travestito da donna e si chiama Giulia. Lucanio, fratello del falso Ottavio è innamorato di Giulia/Cesare mentre di Lucanio è realmente innamorata la giovane Camilla, sorella della falsa Giulia. Dal momento che Ottavio/Cornelia è consapevole che Giulia/Cesare è innamorata di lei, si preoccupa perché in tal modo rischia di essere odiata da tutti:

«Ottavio: […] Ah Giulia mia, quanto t’inganna questo habito, e gran disgrazia questa, prima sono Donna; che così mi fe la natura, e conviemmi quel che naturalmente sono, celarmi poi per questo non so ciò che di me habbia a succedere. Basta che così sono odiata dal fratello, inimica a Camilla, ed ultimo più che tutti Giulia mi maledirammi […]».

(Cesarea Gonzaga, Atto Terzo, scena IV)

In questa battuta è evidente che inizialmente i due fratelli sono ignari del travestimento del rispettivo fratello perciò solo dopo che si riscoprono, riescono a sciogliere l’intreccio della favola che si conclude con il matrimonio fra Lucanio e Camilla.

A questo punto vorrei esaminare i casi di travestimento passivo ovvero, non un travestimento momentaneo ed occasionale ma permanente, non voluto dalla fanciulla stessa per raggiungere qualche obiettivo, ma impostole dal padre fin dalla nascita.

Appartengono a questa tipologia la Santilla della “Calandria” di Bernardo Dovizi Bibbiena e la Buona della “Fantesca” di Girolamo Parabosco. La prima, viene travestita durante l’invasione dei turchi dalla nutrice e dal servo Fannio che la chiamano Lidio pensando che il gemello maschio Lidio fosse morto. In realtà i due gemelli a loro insaputa si ricongiungeranno a Roma.

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Santilla, in abiti maschili, viene acquistata insieme ai due servi dal commerciante fiorentino Perillo che intende fargli sposare la figlia Virginia perciò la povera fanciulla inizia a preoccuparsi:

«Lidio Femina: Assai è manifesto quanto sia miglior la fortuna degli uomini che quella delle donne. Ed io più che l’altre l’ho per prova cognosciuto […] avendo sempre io vestito da maschio e Lidio chiamatomi, credendosi sempre ognun che io maschio sia, ho trovato venture tali che ben li son stati li fatti nostri […] Ed io or vi dico che, quando fussi maschio come son femina, sempre in tranquillo stato ci viveremo: per ciò che, credendosi Perillo, come voi sapete, che io maschio sia […] me ama tanto che vuol darmi per moglie Virginia unica figliuola sua e di tutti gli beni suoi farla erede».

(Calandria, Atto Secondo, scena I)

Qui Santilla denuncia i vantaggi di celarsi sotto un’identità maschile dal momento che se avesse mantenuto la propria identità non sarebbe stata di certo acquistata dal mercante Perillo e perciò non si sarebbe salvata; dall’altra parte però essendo considerata un maschio viene coinvolta in un matrimonio combinato. Il fratello Lidio invece s’innamora di Fulvia, moglie del vecchio Calandro e si traveste spesso da donna per sollazzarsi con lei. Dopo una serie di complicazioni i due gemelli si ritrovano e Santilla, grazie alla sua reale identità, si sostituisce al fratello salvandolo dalle accuse di Calandro che ha scoperto il tradimento della moglie con Lidio.

Girolamo Parabosco nella Fantesca propone il ritratto di Buona, una fanciulla che obbedisce in maniera del tutto passiva alla volontà del padre:

«Io non mancarò mai in cosa niuna, perché mio padre goda il frutto di quella speranza, che egli mostra haver si grande che io mi faccia dottissima e valorosissima in lettere. Ma certamente il portare questi panni non essendo io maschio, mi pare sopra modo strano, e noioso, e tanto più che ogn’uno mi chiama messer Paulo, e è il mio nome Buona, che ben spesso è cagione che, non credendo di essere chiamata, mi mostro persona sorda, e mezza balorda. Esso mi ha commesso che per quanto mi è cara la vita io non mi dia a conoscere per femmina a persona

162 vivente; e io l’obbedisco volentieri. Ma Dio sa che con mio grandissimo

dispiacere».

(La Fantesca, Atto Terzo)

Il padre ha deciso di travestire Buona da maschio, celandola sotto il nome di Paolo, perché desidera farla diventare dotta nelle lettere, cosa possibile in questi tempi solo ai giovani maschi; Buona si dispiace per questa sua doppia identità ed è completamente succube del padre Pandolfo che non osa contraddire in alcun modo giungendo perfino a dichiarargli: Sia fatta di me ogni vostra volontà».