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U NA SOLUZIONE CONTRO IL CAOS DELLA DONNA COMMEDIA

II. IL MATRIMONIO CORRETTIVO

II.1 I L LIETO FINE DELLE COMMEDIE E IL RAPPORTO CON IL MODELLO CLASSICO

II.1.1 U NA SOLUZIONE CONTRO IL CAOS DELLA DONNA COMMEDIA

Analizzando dettagliatamente i testi delle commedie ho rilevato una particolare sensibilità al tema del matrimonio perché oltre a rappresentare il tradizionale epilogo ad esso sono dedicate numerose battute attraverso cui i vari personaggi esplicitano le proprie opinioni sul rapporto coniugale.

Se nel modello classico i commediografi attuano un confronto fra relazione cortigiana e relazione coniugale, valutandone i rispettivi vantaggi e svantaggi, nella commedia moderna la questione si basa esclusivamente sulle caratteristiche positive e negative della vita di coppia, focalizzandosi principalmente sui pregi e difetti delle mogli.

Tale difformità rispecchia il contesto socioculturale cinquecentesco in quanto è questo il secolo in cui si sviluppano una serie di trattati etici e civili sul matrimonio, sulla donna e sulla scelta della moglie, raggruppabili in quella che la studiosa Daniela Frigo definisce

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«letteratura del prender moglie» poiché, in queste opere, si ripetono le stesse considerazioni e gli stessi ammonimenti a proposito, appunto, del «prender moglie»81.

Questo tipo di produzione è divisibile in due filoni principali: il primo riguarda la bontà della vita coniugale e la sua comparazione con la vita solitaria, l’altro rivolto alla possibilità di convivenza con una creatura così complessa come la donna. Tant’è vero che, riallacciandoci alla tradizione misogina già delineata nel primo capitolo, in questo genere di opere la figura femminile risulta contraddistinta da una natura instabile e disordinata che soltanto la perfezione dell’uomo può permeare, modificare e istruire in conformità alle regole sociali. I rimedi concreti di cui gli uomini possono avvalersi per combattere la sregolatezza femminile vengono indicati in opere normative e precettistiche dove si consiglia, in prima istanza, una formazione accurata che insegnasse alla donna il dovere morale, una formazione religiosa per trasmetterle i valori della modestia e dell’umiltà e, un lavoro onesto che le occupasse le mani; infine leggi e vincoli per assoggettarla alle leggi del marito.

Tra i trattatisti più celebri ritroviamo gli stessi commediografi, primi fra tutti Lodovico Dolce e Alessandro Piccolomini che rispettivamente nel “Dialogo dell’institution delle donne.

Secondo li tre stati che cadono nella vita humana”82 e “Dell’institution morale”83 forniscono indicazioni sui criteri da seguire per la scelta di una buona moglie, sul comportamento che quest’ultima deve tenere nei confronti del marito e sui compiti che deve svolgere in ambito domestico e nell’educazione dei figli.

Per tanto l’unione coniugale simboleggia l’unica condizione che permette al genere femminile di sottrarsi alla propria condizione d’imperfezione.

Il trattatista Francesco Tommasi nel “Reggimento del padre di famiglia”84 dichiara che, per

la donna e per la sua educazione, l’ordine diventa il matrimonio stesso:

«Nondimeno, sì come un fanciullo si dice esser perfetto infin ch’egli non pervien all’età della perfezione: così in un certo modo si può dir, che la donna non sia perfetta, s’ella non viene all’atto del matrimonio, nel quale naturalmente parlando, ella ritrova la sua perfezione che è l’huomo».

81 D. FRIGO, “Dal caos all’ordine: sulla questione del «prender moglie» nella trattatistica del sedicesimo

secolo”, in “Nel cerchio della luna. Figure di donna in alcuni testi del XVI secolo”, a cura di Marina Zancan,

Venezia, Marsilio, 1983

82 L. DOLCE, Dialogo della institution delle donne secondo li tre stati che cadono nella vita humana, Venezia, Giolito de Ferrari, 1545.

83 A. PICCOLOMINI,Della institution morale di M. Alessandro Piccolomini”, libri XII, Venezia, F. Ziletti, 1583. 84 F. TOMMASI, “Reggimento del padre di famiglia”, in Fiorenza, nella stamperia di Giorgio Marescotti, 1580, p. 47.

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Addirittura nell’Institution della sposa85 Pietro Belmonte per illustrare alla figlia, a cui

l’opera è dedicata, il compito di mantenere nella casa un ordine preciso e un’intelligente disposizione degli oggetti, non esita a porre l’ordine dell’universo come modello dell’ordine domestico:

«Si che prenderai esempio dall’eterno fattore, e vedrai con che divina arte e misura ha creata, ordinata, e situata ogni cosa, e come ciascuna servando il suo particolar ordine, ubidisce al primo suo motore […]».

Inoltre se poniamo lo sguardo sulla contemporanea situazione storico-sociale, ci accorgiamo che in questo periodo si registra la formazione di un’ideologia aristocratica e di una società statica sia nell’economia, in cui si torna alla rendita fondiaria, che nella separazione di classe e nell’accentramento del potere; il matrimonio, quindi, diventa una forma di organizzazione sociale subordinata agli interessi famigliari e patrimoniali. Da questi fattori deriva il duplice ruolo delle nozze, importanti non solo per generare ma soprattutto per mantenere l’ordine sociale e famigliare86.

Da queste premesse emerge un’analogia fondamentale che, ancora una volta, pone in stretto contatto la produzione teatrale con quella trattatistica poiché, così come nelle commedie il matrimonio ristabilisce le relazioni fra i personaggi e ricostituisce l’ordine generale, nella letteratura del prender moglie designa il solo elemento in grado di riordinare quel caos che tanto contraddistingue l’universo femminile.

Quella del matrimonio è quindi una funzione specificatamente correttiva che conferma nuovamente quanto la commedia sia donna perché condivide con essa la medesima soluzione finale.

A questo punto sarà interessante esaminare le battute dei testi comici e individuare i punti di contatto con la produzione teorica cinquecentesca affinché possa affiorare la reale visione della società contemporanea circa l’istituto del matrimonio e della famiglia; infine vorrei porre in evidenza tutte le eccezioni che riguardano l’epilogo delle commedie.

85 P. BELMONTE, “Istitutione della sposa”, Roma, per gl’heredi di Giovanni Osmarino Gigliotto, 1587, p. 38. 86 A. ROMAGNOLI, “La donna del Cortegiano nel Contesto della tradizione (XVI secolo)”, Università di Barcellona, Departament di Filologia Romanica, 2009, parte III, P. 9.

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