Seconda Parte Dentro la ricerca
2. Le fasi della ricerca
2.5. Tempi e luoghi della ricerca
La raccolta dei racconti di vita ha avuto luogo tra giugno 2006 e gennaio 2007, ed ha privilegiato cinque città italiane (Roma, Milano, Torino, Brescia e Verona), contesti territoriali fortemente segnati dal fenomeno migratorio femminile e nei quali si rintraccia una vivace esperienza associativa. In tal senso Roma (anche per il suo ruolo di capitale) svolge una funzione di capofila.
Ho raccolto ventitré racconti di vita così distribuiti: diciassette a Roma, tre a Verona, uno a Milano, uno a Brescia ed uno a Torino. Il corpus raccolto consta di circa 33 ore di registrazione, accompagnato da note e appunti presi via via sul campo e contenuti nel cahier de terrain.
La concentrazione sull’area nord-centrale del Paese è legata a più fattori. In primo luogo, Roma, come già ricordato, svolge un ruolo fondamentale per la posizione che occupa da un punto di vista geografico e simbolico: la presenza delle istituzioni più importanti elegge la città a luogo ideale per le sedi di associazioni che, sebbene operino prevalentemente su base locale, agiscono ed hanno un’influenza su tutto il territorio nazionale.
Manca volutamente la voce del Mezzogiorno: il crescere del fenomeno associativo legato al processo di femminilizzazione dei flussi interessa prevalentemente l’Italia settentrionale e quella centrale, perché coinvolge primariamente i collettivi storici, presenti da più anni in Italia (marocchini, filippini, capoverdiani, ecc…).
La tipicità dei flussi migratori del Mezzogiorno è data dal fatto che essi sono più contenuti rispetto al resto del Paese.56 In tale contesto, la quota di donne migranti
è rappresentata soprattutto da primomigranti provenienti dai Paesi dell’Est, occupate nel mercato del lavoro di cura, con un progetto migratorio contenuto, volto al ritorno nel Paese di origine. È quanto mai ovvio che un profilo del genere si sposa poco con l’intenzione integrativa e con il desiderio di progettare un volto nuovo delle policies locali attraverso la sensibilizzazione delle istituzioni e dell’opinione pubblica.
56 L’andamento dei flussi ripropone quello del mercato del lavoro. Il XII Rapporto sulle
migrazioni curato da ISMU (ISMU 2007) chiarisce quanto segue: “L’occupazione degli stranieri si concentra soprattutto nelle regioni del Nord (65%); un quarto degli immigrati occupati risiede in una regione del Centro, e solo il 10% nel Mezzogiorno” (Zanfrini 2007: 107).
Occorre dire, poi, che i gruppi di nuovi arrivati – in obbedienza ad un principio isomorfico (Meyer, Rowan 1986) – si auto-organizzano simulando o prendendo spunto da quanto già sperimentato sul territorio. Contesti fortemente segnati dall’esperienza associativa attivano lo stesso tipo di risposta anche nei new
comers.57
Per quanto concerne le provenienze geografiche delle donne intervistate si ha quanto segue: otto sono provenienti dai Paesi del Maghreb; cinque da altre zone dell’Africa (Ghana, Senegal, Capo Verde); cinque dai Paesi dell’Est Europa; tre dal Sud America; due delle Filippine.
Quattro sono ragazze di seconda generazione (due vengono da famiglie marocchine; una è figlia di genitori palestinesi; una è di origine capoverdiana). Esse appartengono a coorti d’età molto varie: la più giovane ha 23 anni, la più anziana ha 58 anni.
57 Gli studi sul Mezzogiorno testimoniano come in tale contesto la produzione di capitale
sociale sia garantita da formule diverse rispetto alle esperienze formalizzate legate all’associazionismo: la famiglia, il vicinato, le piccole comunità agiscono ed interagiscono in vista del benessere e del sostegno dei singoli e delle famiglie, palesandosi come attori quasi esclusivi dei percorsi di aiuto. Diversi autori, partendo dalla tesi enunciata da Putnam (1993), sostengono l’esistenza di uno sviluppo dualistico del capitale sociale sul territorio italiano. Tale tematizzazione, articolata in modo forte da Triglia, Pizzorno, Marini (cit. in Liquori 2005), ribadisce come il Mezzogiorno non sia sprovvisto di capitale sociale, ma in tale contesto assuma forme inedite. Essi affermano, infatti, che “il capitale sociale nel Mezzogiorno italiano non manchi affatto, anzi, forse è anche eccessivo, ma è di tipo diverso di quello descritto da Putnam come civicness: le reti relazionali al sud sono forti e fitte, ma di tipo particolaristico, come aveva denunciato Banfield con il suo concetto di familismo amorale” (Liquori 2005: 146)
Cod. Paese di
provenienza Anni Stato civile n° figli Gen.
1 Algeria 34 Nubile 0 1° 2 Marocco 44 Sposata 2 1° 3 Polonia 43 Nubile 0 1° 4 Romania 43 Sposata 2 1° 5 Romania 26 Sposata 0 1° 6 Brasile 58 Divorziata 2 1° 7 Perù 55 Divorziata 1 1° 8 Marocco 24 Nubile 0 2° 9 Palestina 28 Sposata 2 2° 10 Filippine 38 Sposata 2 1° 11 Marocco 32 Sposata 1 1° 12 Polonia 46 Sposata 2 1° 13 Albania 41 Sposata 2 1° 14 Marocco 43 Sposata 2 1° 15 Senegal 40 Sposata 2 1° 16 Marocco 54 Sposata 2 1°
17 Capo Verde 34 Nubile 0 2°
18 Marocco 23 Nubile 0 2°
19 Capo Verde 45 Sposata 0 1°
20 Ghana 56 Sposata 1 1°
21 Filippine 38 Sposata 0 1°
22 Argentina 53 Divorziata 1 1°
23 Ghana 55 Sposata 1 1°
Tabella 3.1 – Sintesi del profilo delle narratrici
La trascrizione delle interviste (che ha accompagnato il lavoro di raccolta dei racconti di vita) mi ha permesso di individuare il punto di “saturazione” (Bertaux 2003). Quest’ultimo è rintracciato a partire da un presupposto:
“La plausibilità delle generalizzazioni a proposito di un mondo sociale riposa interamente sulla scoperta di ‘meccanismi generici’, di configurazioni specifiche di rapporti sociali che definiscono la situazione, di logiche d’azione che si sviluppano – da qui i fenomeni di differenzialità – in risposta a queste situazioni, di processi sociali così ingenerati. È scoprendo il generale nel cuore delle forme particolari che si può avanzare su questo binario, passando attraverso la ricerca delle ricorrenze e attraverso quella che si chiama la saturazione progressiva del modello”. (Bertaux 2003: 49)
Una volta individuati quei ‘meccanismi generici’ che si perpetuano nei singoli vissuti si può considerare chiusa, quindi, la raccolta dei racconti di vita
La fase successiva è stata quella dell’analisi del contenuto dei racconti di vita (Cannavò, Frudà 2007) (riascoltati e trascritti), condotta senza l’uso di
strumenti informatici58; ciò mi ha permesso di avviare, poi, la stesura dei risultati emersi, una volta messe a fuoco le dimensioni salienti del fenomeno preso in esame.
La costruzione delle diverse formule associative, infatti, è strettamente legata a quest’ultimo passaggio: il “processo di individuazione delle dimensioni di una tipologia consente di svelare la struttura concettuale della classificazione e di pervenire a quelle astrazioni teoriche che sono i tipi ideali” (Corbetta 1999: 392). Nello specifico, poi, va tenuto conto che i ‘tipi ideali’ sono delle strutture costruite “in maniera ideale euristica” (Weber cit. in Corbetta 1999: 36); “non hanno un corrispettivo concreto nella realtà” (ivi), ma sono dei “modelli teorici che aiutano il ricercatore a interpretarla” (ivi).