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Teologia atomica: l’ultima epoca della storia

6. Il mondo, senza uomo della bomba

6.3. Teologia atomica: l’ultima epoca della storia

Il riferimento alla teologia, finora praticato solo metodologicamente, sul modello della teologia negativa, come ricerca di “cosa la bomba non è” (AM1, 260) si impone quasi naturalmente per Anders non appena si sposti l’attenzione sul significato e le conseguenze storico-filosofiche e morali dell’esistenza della bomba e del suo potenziale distruttivo per l’autocomprensione dell’uomo.

Attraverso la bomba l’umanità ha compiuto, secondo Anders, un salto, un “salto nell’assoluto” (AD,11), facendosi simile a Dio, cioè onnipotente, seppur in modo

negativo. “Al posto della creatio ex nihilo..la potestas annihilationis, la reductio ad nihil” (AM1, 251 e AM2, 376).

A questa onnipotenza “di tipo assolutamente nuovo” corrisponde però un’impotenza “anch’essa di tipo assolutamente nuovo” (AM2, 377).

E’ infatti per l’umanità impossibile liberarsi delle conoscenze e delle capacità che le hanno permesso di raggiungere questa nuova condizione storica, che rappresenta perciò la definitiva ultima epoca dell’umanità: “L’epoca nella quale viviamo è, anche se essa dovesse durare in eterno, la definitiva ultima epoca dell’umanità. Poichè noi non possiamo disimparare niente di ciò che abbiamo appreso” (AD, 55)197.

Per rappresentare la contraddittorietà di questa nuova epoca storica, rispetto alla quale le precedenti “sembrano ridursi a mera preistoria” (AM1, 251) Anders utilizza la mitica figura del Titano: a questo assomiglia l’uomo dell’era atomica, essere “appartenente ad una nuova specie”, il signore dell’Apocalisse, che desidera però, conscio della pericolosità insita nella sua onnipotenza, “perdutamente di tornare ad essere uomo” (AM1, 253).

Ciò che rende irrealizzabile questo sogno del Titano-uomo è proprio l’irrevocabilità delle nostre conoscenze tecnico-scientifiche, che fa dire ad Anders che “noi non viviamo nell’era del materialismo (…), ma nella seconda era platonica (…) Nel 1945 non siamo entrati nell’era atomica perché avevamo fabbricato tre bombe atomiche, ma perché possedevamo la ricetta non fisica per realizzarne innumerevoli altre” (AM2, 30).

La tecnica industriale invera il platonismo, in quanto al sapere tecnico-scientifico, alle idee degli oggetti, spetta un grado dell’essere maggiore che al singolo oggetto: se quest’ultimo è eliminabile, anzi sulla base delle leggi economiche, è “nato per morire” (AM2, 31), le prime rimangono per sempre: “Per una volta la bomba atomica, bombe atomiche per sempre” (AD, 56).

Nonostante ogni sforzo si possa fare per limitare il riarmo atomico (e molto è stato fatto in questo senso, almeno dalle grandi potenze, dall’epoca in cui Anders svolgeva queste riflessioni) è decisivo il fatto che le conoscenze sufficienti a produrre la bomba rimangono e rimarranno comunque sempre a disposizione dell’umanità.

197 “Indipendentemente dalla sua lunghezza e dalla sua durata, quest’epoca è l’ultima: poiché la sua

differenza specifica, la possibilità dell’autodistruzione del genere umano, non può aver fine – che con la fine stessa” (Essere, 201).

Sulla base di questa fondamentale constatazione Anders può dunque affermare che “l’epoca del mutamento d’epoca è finita dal 1945. Ormai viviamo in un’era che non è più un’epoca che ne precede altre ma una «scadenza» (Frist), nel corso della quale il nostro essere non è più altro che un «esserci-ancora-appena» (…) la nostra era è e rimane, che finisca o continui, l’ultima, perché il pericolo che abbiamo provocato con il nostro prodotto (…) non potrà più finire, tranne che con la fine stessa” (AM2, 14).

La bomba ha trasformato lo status metafisico dell’umanità e, con esso, della storia.

Al posto della proposizione “Tutti gli uomini sono mortali” è subentrata infatti, dopo l’esperienza dei massacri novecenteschi, la proposizione “Tutti gli uomini sono eliminabili”, che la bomba ha ulteriormente e definitivamente cambiato nella proposizione “l’umanità intera è eliminabile” (vedi AM1, 254-5): “Dallo stato genus mortalium siamo passati allo stato genus mortale” (AD,171).

L’essenza dell’epoca odierna è diventata identica all’ “essenza del tempo: la caducità (Vergänglichkeit)” AD, 60): mentre infatti quelle precedenti scomparivano, per fare posto ad altre epoche (come il medioevo, che è seguito all’evo antico), questa possibilità è preclusa all’epoca odierna, “perché il suo trascorrere in qualcosa d’altro potrebbe avvenire solo nella forma della fine” (ivi).

Se finora dunque la mortalità (Non-essere, Nichtsein) era pur sempre un concetto che riguardava il singolo, uomo o avvenimento, l’esistenza del quale era appunto limitata, compresa all’interno di un’entità più vasta, il mondo umano, il medium della storia ( “Non-essere per noi (…) Non-essere ad usum hominum”), ora invece: “Ciò che ci aspetta è un non-essere per nessuno” (AD, 174).

L’esistenza della bomba distrugge dunque il concetto di storia: “La storia ‘che- non-c’è-più’ sarà in una maniera fondamentalmente diversa qualcosa ‘che-non- c’è-più’ rispetto i singoli eventi storici ‘che-non-ci-sono-più’. Perché essa non sarà più semplicemente ‘il passato’, ma qualcosa che sarà stato così (cioè: così non sarà), come se non fosse mai stato” (AD, 175).

Egli parla a questo proposito di “seconda morte”, quella condizione cioè nella quale: “Al posto del detto salomonico: «Tutto sarà stato» subentrerà il detto «nulla è stato»” (AM1, 255), nella quale non essendoci più “nessuno che si

ricordi di quel che è stato” (AM1, 256), quest’ultimo, il passato, scomparirebbe totalmente198.

Possiamo dire perciò che la bomba muta anche il concetto stesso della storia intesa come posthistorie: il tempo finale (Endzeit) infatti è, come questa, irreversibile, ma, a differenza di questa, non definitivamente sicuro, dal momento che l’Apocalisse è sempre incombente, sempre possibile.

Anche la politica cambia radicalmente: l’esistenza della bomba accentua infatti, radicalizzandola, la tendenza ‘totalitaristica’ della tecnica; il principio ‘oligarchico’ ad essa inerente assume in queste nuove condizioni un minaccioso significato: “Quanto più enorme è l’efficienza dell’apparato tecnico, tanto più enorme è anche quella dei singoli, che adesso – con disposizioni solistiche, chiamate ‘decisioni politiche’ – sono in condizione di mettere in moto enormi apparati, e ciò significa: lasciar naufragare milioni di uomini o l’intera umanità” (Discorso, 101)199.

Perciò Anders può parlare di “totalitarismo atomico” (AD, 17) e di “fine della politica” (ibid, 19). Quest’ultima, intesa come esercizio di sovranità su un determinato territorio per una determinata porzione temporale, è ulteriormente limitata dal fatto “che gli effetti di ciò che l’uomo avrebbe fatto «a casa» avrebbero poi avuto luogo in altri paesi” (AM2, 191), a causa cioè della possibilità, mai scongiurabile, di fughe radioattive: esse “non badano alle pietre miliari, ai confini nazionali o alle «cortine». Così, nell’età finale, non ci sono più distanze. Ognuno può colpire chiunque ed essere colpito da chiunque” (Essere, 202).

La condizione atomica presenta tratti paradossali (Absurdität): la proliferazione atomica ha comportato la pluralizzazione dell’onnipotenza, di conseguenza relativizzando il potere delle grandi potenze e sovvertendo le gerarchie internazionali (AD, 13-16), in definitiva trasformando l’onnipotenza in impotenza: “Poiché ogni possessore dell’onnipotenza non solo può distruggere totalmente l’altro possessore, ma anche da questo essere distrutto, ognuno è non solo totalmente potente, ma anche totalmente impotente” (AD, 17).

198 In questa “constatazione terrificante” di un “negativo futuro II” (non saremo mai stati) Anders

vede un’ immagine dell’inferno (K, 286; vedi AM2, 378).

199 In realtà è possibile notare anche qui la stessa ambiguità già vista a proposito del concetto della

tecnica come soggetto della storia: da un lato la radicalizzazione della divisione dell’umanità in due classi (pochissimi signori, il resto dell’umanità sotto la loro dominazione ed i loro capricci), dall’altro l’ abbandono di ogni ipotesi classista: la bomba minaccia tutti, senza distinzioni e per la prima volta nella storia rende reale il concetto di una unica ‘umanità’.

6.3.1. Excursus: La polemica con Jaspers

A questo proposito aspra è la polemica di Anders nei confronti delle tesi sostenute da Jaspers nel suo scritto del 1958, La bomba atomica ed il futuro dell’uomo, in particolare nei confronti di quello che egli definisce l’ ‘assioma dei due inferni’ (Zweihöllen-Axiom), secondo cui, a detta di Jaspers, due pericoli equivalenti minacciano oggi il mondo: o la distruzione definitiva ed apocalittica dell’umanità a causa della bomba atomica o la distruzione dell’essenza dell’uomo a causa del totalitarismo sovietico, “impiego della bomba atomica o accettazione del totalitarismo” (Jaspers, p. 260).

Egli equipara, secondo Anders, il pericolo della bomba a quello rappresentato da un regime totalitario: “Nelle parole di Jaspers “Là è perduta l’esistenza, qui l’esistenza degna di vivere” (p.22). O, di nuovo con le parole di Jaspers: “Qui è definitivamente distrutta la vita dell’uomo, là la sua essenza” (p.230)” (AD, 41)200.

La scelta del rischio atomico si basa per Jaspers sul presupposto che la vita sotto il totalitarismo non sia più una vita umana, che in essa l’uomo, privato della libertà, sia privo anche della sua essenza, e che quindi la sua esistenza, privata di ogni valore, diventi sacrificabile: “La vita, per salvare la quale l’uomo nato per la libertà fa tutto quello che è possibile, è più che semplice vita. Perciò la vita come esistere, nei singoli aspetti e nell’insieme, può essere esposta e sacrificata, per la vita degna di essere vissuta” (Jaspers, 258).

Secondo Anders “questa alternativa di Jaspers è semplicemente indiscutibile (…) [e] profondamente vergognoso” (AD, 41) che un filosofo paragoni il pericolo dovuto a qualcosa di storicamente contingente e perciò mutevole al pericolo di una completa distruzione dell’umanità, anche perché: “Non soltanto il totalitarismo distrugge l’essenza dell’uomo, anche la situazione atomica lo fa” (AD, 44)201.

In realtà “la minaccia atomica (…) è infatti non l’alternativa al totalitarismo, ma la versione del totalitarismo sul piano delle relazioni internazionali. Oggi l’alternativa definitiva non è «totalitarismo o minaccia atomica», bensì «O una

200 Le pagine citate tra parentesi si riferiscono all’edizione tedesca del testo di Jaspers utilizzato e

citato da Anders in AD.

201 In realtà per Anders la pace si è mantenuta finora non perché ci sono le bombe atomiche (teoria

potenza si serve della minaccia atomica perché è già totalitaria oppure una potenza diventa totalitaria in quanto si serve della minaccia atomica»” (AD, 43). Jaspers rimane perciò per Anders un “apocalittico puramente universitario (reiner Katheder-Apokalyptiker)” (ibidem), perché invece di chiamare all’azione diretta contro il pericolo imminente si limita a consigliare all’uomo un ‘autotrasformazione’ (Selbstveränderung ) e si accontenta di una azione puramente intellettuale202.