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tornato nelle mani di Toscanelli, giunse nella collezione Aynard di Lione; l’ultima collocazione

tornato nelle mani di Toscanelli, giunse nella collezione Aynard di Lione; l’ultima collocazione conosciuta è la collezione Lehman con l’attribuzione al Maestro della Città di Castello.

154 La lettera fu scritta il 13 febbraio 1885 dal Curadolli a Gaetano Milanesi «Ill. Signore ho domandato a Ciampolini chi abbia ora qualche cosa di bello in maioliche di Cafaggiolo. Mi ha confermato quello che le dissi riguardo il Signor Giulio (c redo) Franchetti e di più mi ha detto che ne ha il Sig. Bardini antiquario in piazza dei Mozzi. Nella speranza che possa far pro delle notizie Le scrivo, e se non è cosa tenga conto della buona voglia per avermi qual sono reverent. Obb. Curadolli» (PETRIOLI 2004, lettera 249, p. CLIV).

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II.5 Morini Ferdinando

La figura di Ferdinando Morini, altrimenti ignota, emerge dalla lettura degli avvisi pubblicati su «La Nazione» come assai attiva nel commercio di oggetti d’arte. Pubblica annunci di vendite tra il 1863 e il 1866 da cui si evince che ad eccezione del primo caso relativo alla vendita all’asta del mobiliare appartenente alla contessa De La Tour egli fosse solito acquistare tutto il mobiliare dal venditore in un’unica partita per poi rivenderlo al dettaglio. Nel maggio del 1864 a Palazzo Bandini mette in vendita il mobiliare della principessa Ouvaroff; alla fine di settembre dello stesso anno si occupa della vendita di mobilia, tra cui anche «diversi quadri antichi e moderni», svoltasi nel Palazzo Aldobrandini; nel 1865 pubblica un primo avviso in settembre per annunciare una vendita che avrà luogo nel mese stesso in Borgo degli Albizi, e alla fine di ottobre un secondo avviso annuncia che nello stesso luogo avverrà la vendita del mobiliare acquistato in una villa signorile e lì trasportato «per comodo del pubblico». Un avviso dello stesso tipo viene pubblicato alla fine di agosto del 1866.

Tesi di dottorato di Barbara Bertelli, discussa presso l’Università degli Studi di Udine

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II.6 Tito Gagliardi

Tito Gagliardi risulta uno degli antiquari più attivi e stimati della seconda metà dell’Ottocento, sia dal punto di vista della longevità della sua attività, che copre tutta la seconda metà dal secolo, sia per quanto riguarda il carico e l’ampiezza del suo giro di affari. Il raggio d’azione della sua attività commerciale si estendeva oltre la Toscana, raggiungendo il mercato lombardo, dove Tito cooperava col maggiore antiquario della piazza milanese, Giuseppe Baslini, per il quale esercitava un ruolo di referente nel capoluogo toscano156; ma la sua fama travalicava i confini nazionali grazie ai solidi rapporti stabiliti con collezionisti, mercanti d’arte e funzionari francesi e inglesi157.

Sebbene fosse un personaggio conosciuto, tanto da meritarsi la pubblica stima del Ministro della Pubblica istruzione158, su di lui le informazioni sono sporadiche e assai scarse.

Dal 1860 al 1864 Gagliardi richiede appena 38 permessi, ma il numero esiguo di richieste non rispecchia la rilevante quantità di oggetti esportati, che infatti ammonta ad un totale di ben 540 dipinti159. In contrasto con la limitata presenza del suo nome nell’elenco dei richiedenti per quegli anni160, i documenti dimostrano un suo coinvolgimento in varie compravendite che, in

156 Nel 1867, è Gagliardi a prende accordi con gli amministratori dell’eredità Galli Tassi, per conto dell’amico Baslini, circa le operazioni di ritiro degli oggetti acquistati. La sua abituale frequentazione con Baslini emerge anche dai resoconti di viaggio (1869) effettuati in Italia dal Direttore della National Gallery di Londra, William Boxall, e dal suo segretario Federico Sacchi, la cui trascrizione mi è stata gentilmente sottoposta dal Dott. Giampaolo Pes che ringrazio per la segnalazione. Aggiungi riferimento in Omaggio ai Carrand.

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Alessandro Foresi, nelle Memorie (1886, p. 52), racconta di una colazione nella casa parigina del Barone di Monville, alla quale partecipò anche Gagliardi, i cui buoni rapporti col Barone avevano permesso al Foresi di portare a termine la già citata trattativa relativa ad un piatto della porcellana medicea (l’episodio è raccontato in una lettera pubblicata dallo stesso Foresi sul Piovano Arlotto nel 1859, cfr. DAVILLIER 1882, p. 39). Circa i legami del Gagliardi con il mondo britannico sono noti i suoi rapporti con personaggi come Robinson, Fortnum, Spence (SPENCE nel 1852 cita anche la sua tra le botteghe di quadri degne di nota a Firenze -Spence 1985-; in merito agli acquisti fatti a Firenze per il Kensington Museum vediDAVIES 1999) inoltre il suo nome ricorre più volte nelle già citate carte conservate alla National Gallery di Londra (vedi nota precedente) dalle quali risultano evidenti rapporti oltre che con William Bo xall e Federico Sacchi, anche col ministro britannico James Hudson esperto conoscitore che era solito offrire alla National Gallery suggerimenti in merito agli acquisti di opere italiane, il londinese marchand-amateur Alexander Barker, e Mr. Drake; su Hudson vedi gli Atti del convegno Eloquenza silenziosa 2004. Ancora dalle parole di Alessandro Foresi, si intuisce il rapporto di fiducia tra Tito Gagliardi e il collezionista londinese, Signor Webb che, dopo aver a lungo riflettuto circa l’acquisto di una Venere in bronzo visionata a Firenze, attraverso un telegramma spedito da Pisa incaricò il Gagliardi di acquistarla in sua vece (FORESI 1868, p. 11).

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in merito alla polemica sulla vendita Carrand, il Ministro ritiene impossibile che «un esperto commerciante quale è il Gagliardi, abbia venduto all’altro commerciante Bardini un oggetto di gran valore per 30 lire» (cfr. BAROCCHI,PAOLOZZI STROZZI 1989, p. 9).

159 È opportuno osservare che Frits Lugt nel suo Répertoire (1938) registra il catalogo di una vendita avvenuta a Parigi tra il 17 e il 18 gennaio 1862 a nome Gagliardi (n. 26521) per un totale di 124 lotti; se si trattasse della collezione di Tito Gagliardi, per giungere a Parigi, Tito avrebbe dovuto richiedere una o più licenz3e di esportazione, ma in corrispondenza delle date della vendita non si registrano richieste significative asuo nome.

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Il numero delle richieste nel decennio successivo risulta più che raddoppiato, raggiungendo quota 90 per un totale di 6 casse più 833 oggetti di vario tipo (non solo dipinti, come negli anni Sessanta): mobili,

alcuni casi, svelano interessi stranieri: nel 1861 figura tra gli espositori della mostra organizzata in casa Guastalla come negoziante d’arte ed espone dieci smalti del XV secolo raffiguranti la

Vita di Gesù161.

Pochi anni più tardi, nel 1865 figura in una selezione di mercanti d’arte da convocare in occasione della licitazione privata della collezione Galli Tassi, dove sappiamo con certezza che acquistò un dipinto162. Due anni dopo, nel 1867 vende al conte di Nieuwerkerke il busto in terracottaraffigurante Giovanni de’ Medici e due bassorilievi in bronzo163 e, allo scadere degli anni Sessanta, i resoconti dei viaggi del Direttore della National Gallery di Londra William Boxall164, testimoniano altri casi in cui risulta evidente una sua partecipazione alla compravendita di opere d’arte.

Già considerato conoscitore competente da Foresi che nelle Memorie (1868) gli riconosce la capacità di discernere un falso Raffaello spacciato per originale, negli anni Settanta Gagliardi affina il suo ruolo di esperto, sia nel settore del commercio privato, sia in campo istituzionale. Per il settore privato sappiamo che fornì, su richiesta di Fortnum, il suo giudizio in merito a due busti in terracotta, uno di Lorenzo de’ Medici e l’altro di Cellini165.

Per quanto riguarda gli incarichi svolti per la pubblica amministrazione, i documenti attestano alcuni casi: nel 1871 fece parte di una Commissione che ebbe il compito di valutare alcune

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