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Un modello di costruzione ideografica dell'immagine

A. P ARTE PRIMA : U N PERCORSO MISTICO NELLA POESIA RELIGIOSA DI E RNESTO C ARDENAL

IV. Da Oración al Cántico Cósmico

IV.2. Davanti al mistero

IV.2.2. Un modello di costruzione ideografica dell'immagine

I due versi successivi sono una sorta di auto-citazione in quanto richiamo alla sopra menzionata immagine iniziale, che ricordo riproponendo i primi tre versi del componimento.

Nuestras vidas son los ríos que van a dar a la muerte que es la vida

L'apertura parafrasa le Coplas di Manrique, che recitano:

Nuestra vida son los ríos que van a dar a la mar que es el morir.

La suggestiva metafora diviene come un ritornello, che tramite un meccanismo di citazioni al contempo esterne e interne, ritorna e ogni volta si carica di nuovi significati. E’ il fulcro ideografico di tutto il componimento.

In questa prima fase compositiva non è menzionata quella che già si configura come immagine fondante della poesia, il mare, ma la sua presenza è chiarissima fin da subito, anche se il termine non compare; lo sfociare dei fiumi infatti ne crea inevitabilmente l’immagine mentale. Nel verso, però, non c’è scritto ‘mar’; e al suo posto compare il lessema ‘muerte’ che stride subito nel paradosso ‘que es la vida’, di gusto sanjuanesco. Il concetto di ‘mar’ si materializza, ma il termine ‘muerte’ lo sostituisce nel testo, e vi si sovrappone pienamente. La metafora si spinge, qui, oltre l’accostamento analogico:si estremizza nella sostituzione con un termine che non ne è immagine dell’altro e non veicola un contenuto immediato, bensì vi si giustappone in un quadro in fieri, che si va compiendo

101 lungo lo snodarsi del componimento e non sarà concluso sino al finale. Infatti, il richiamo ‘que van a dar al amor/que es la vida’, pur citazione ellittica, basta per evocare l’eco dell’immagine iniziale, sottolineato dalla posizione dei versi, parallelamente spostati a destra, e dall’anafora. All’immagine mentale del mare, alla quale si era già sovrapposto il termine ‘muerte’, si aggiunge, quindi, (tramite la sostituzione nel verso) ‘amor’, fonologicamente molto simile. E si crea la terza sovrapposizione mar-muerte-amor. Stiamo assistendo alla costruzione di un ideogramma che fa pernio sugli elementi fonetici /m/ e /r/. Di questo si parla quando, a ragione, si indica come determinante nella poetica cardenaliana, il ‘montaggio del testo’. Questa figura ideografica è un sapientissimo gioco di evocazioni e ritagli in cui il verso si monta e smonta in mano al poeta come un gioco di costruzioni. Lasciamo ora l’ideogramma per ritrovarlo alla prossima fase della sua composizione.

Una Noche Nupcial, decía Novalis

No es una película de horror de Boris Karloff 120 Y natural, como la caída de las manzanas

por la ley que atrae a los astros y a los amantes

I versi citati preparano ancora la tematica erotica dell’unione. Tutto tramite citazione, per il momento: una esplicita, Novalis, e una implicita, dantesca. Ci sembra di poter cogliere in quest’ultimo verso un’eco di ‘amor, che muove il cielo e l’altre stelle’, endecasillabo citato spesso da Cardenal. Si evidenzia nel testo un ‘No necesitamos mediums’, fiducia nella possibilità di comunicare direttamente con Dio e diniego di ogni surrogato di relazione mistica. Mentre continua la tematica del viaggio, a volte quasi un’invidia del dinamico (espresso dai mezzi di trasporto) da parte dello statico (il contemplativo). A volte il viaggio diventa assume connotazioni diverse, simboleggiando un percorso esistenziale. Altre volte arriva anche a simboleggiare il percorso del mistico verso Dio, la via unitiva verso l’incontro. In questo caso, essendo l’incontro il momento della morte, avviene anche un cambio di stato.

140 —Hacia donde van todos los buses y los aviones Y no como a un fin

102 sino al Infinito

volamos a la vida con la velocidad de la luz Y como el feto rompe la bolsa amniótica.... 145 O como cosmonautas..

—la salida de la crisálida

Non ci sembra di poter cogliere qui nessuna speciale descrizione dell’unione, ma solo una dichiarazione di fiducia nella vita ultraterrena come stadio naturalmente conseguente a quello terreno.

Y ya nada tenemos sino sólo somos

sino que sólo somos y somos sólo ser

La voz del amado que habla 165 amada mía quítate este bra

I versi in cascata presentano un altro gioco fonetico di /s/ che determina una riflessione ontologica intensa, scandita anche dall’anadiplosi. Ancora si ricrea densità concettuale intorno ad un nucleo tematico di rilievo.

I due versi successivi, isolati dal testo tramite lo spostamento grafico a destra, sono il primo dialogo mistico con scambio di effusioni e uso di linguaggio erotico. Colpisce l’intimità degli amanti e l’arditezza della metafora erotica, che esplicita l’atto dello spogliarsi con menzione della biancheria (con termine inglese). Questo particolare senso dell’erotismo mistico è una delle caratteristiche più tipiche della dialettica unitiva di Cardenal. L’intimità è tale da lasciarsi esplorare in dialoghi da camera da letto, sorta di ‘pillow talks a lo divino’. Questa caratteristica si presenta in rapidi flash in Coplas, ma si svilupperà pienamente in

Telescopio en la noche oscura, assumendo un rilievo notevole nella poetica cardenaliana e

nell’evoluzione del linguaggio mistico contemporaneo.

Veniamo all’estrapolazione di un altro nodo tematico e formale del componimento, nei versi 286-288.

103 nuestras vidas son los ríos

que van a dar a la vida

Tra i riferimenti allo-culturali, frequenti nella parte centrale del componimento (a culture native americane e asiatiche, principalmente), troviamo il terzo richiamo all’ideogramma mare/morte/amore. Questa volta il primo verso è identico all’apertura della poesia, ed il secondo ed il terzo sono compattati con la giustapposizione di ‘vida’, non senza shock semantici. Cardenal si può permettere, a questo livello di scrittura dell’ideogramma, di saltare qualcuno dei passaggi intermedi (il mare è la morte che unisce all’amore supremo e quindi è vita). Menzionando solo il primo e l’ultimo passaggio evoca tutti gli altri che restano presenti nel montaggio concettuale così organizzato. Si tratta della terza pennellata sull’ideogramma dominante del componimento.

ahora sólo vemos como en tv 290 después veremos cara a cara

Toda percepción ensayo de la muerte

amada es el tiempo de la poda Serán dados todos los besos que no pudiste dar

L’elaborazione della citazione paolina riporta subito l’attenzione al tema della definizione del piano sensoriale dell’unione mistica. L’intertesto è chiaramente 1Cor 13,12: “Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto”. E’ un altro riuscito processo di ‘puesta al día’ di una citazione. La fase sensoriale imperfetta, che altrove anche Cardenal aveva reso con immagini di rispecchiamento o vetri che fanno vedere le cose separandoci da esse, ora subisce un’evoluzione tecnologica e diviene un televisore, espresso in sigla secondo l’uso colloquiale.

Di seguito compare un’altra frase dell’Amato all’amata (significativamente minuscola). Si ritiene che il tempo della ‘poda’ sia una immagine duale volutamente anfibologica. In questa fase di descrizione dell’unione mistica è veramente immediato il richiamo alla

104 ‘boda’, parola che ci si aspetta di trovare a questo punto del testo. All’immagine della ‘boda’ che si crea spontaneamente per sostrato culturale nel lettore, si sovrappone quella ‘poda’, la potatura. Altro brillante gioco di ribaltamento concettuale che veicola un significato più profondo: per essere ontologicamente nudi e quindi pronti per l’unione, è necessaria una separazione, un distaccarsi. La spoliazione qui è ancora più forte: non vanno via accessori ma parti vive del corpo. Ma ogni vita nasce da una morte e si ripresenta l’immagine di resurrezione, arricchita dalla citazione da ''Himno a los voluntarios de la República'', apertura di España, aparta de mi este cáliz di César Vallejo.

Pochi versi dopo troviamo un altro interessante rimando, questa volta a San Juan de la Cruz:

Van doblando la punta de San Juan de la + pasan

unos patos

«las ínsulas extrañas» 305 o gana decía San Juan de la Cruz

infinita gana-

rompe la tela de este dulce encuentro y los tracios lloraban sus nacimientos cuenta Herodoto y cantaban sus muertes

All’inizio è il rimando topografico, poi la citazione delle ‘ínsulas extrañas’, poi la menzione esplicita del santo mistico. E’ interessante la manovra di avvicinamento al tema, ma ancora di più i temi richiamati. Le ‘ínsulas extrañas’ sono i misteriosi, esotici luoghi dell’incontro mistico, staccate dalla terra ferma, appartenenti ad un’altra dimensione dell’esistenza.

Pochi versi dopo ricompare l’aggettivo ‘extraño’ riferito alla notte: ‘o cuando un niño llora en la noche extraña/ y la mamá lo calma’. La notte, momento di solitudine, di paura, di tentazione, appare qui segnata anche dallo smarrimento, dall’estraniazione, in cui l’uomo cerca Dio come una madre che lo protegga e rassicuri. Non stupisca la metafora, né l’immagine femminile della divinità, perché è comune nelle scritture e particolarmente suggestiva nel salmo 130.

Ancora pochi versi avanti, dopo aver ricordato, citando la frase in inglese, le parole di Merton sul contatto con Dio: ‘It’s easy for us to approach Him’, troviamo: ‘Estamos

105 extraños en el cosmos como turistas’. Si trova Dio in una condizione di estraniazione, come indica l’attribuzione dell’aggettivo all’uomo in ricerca. Si ribadiscono nelle tre tappe gli elementi dell’incontro mistico, su un terreno di estraniazione assoluta: il luogo, il tempo, l’uomo. Cardenal riprende, quindi, con la stessa valenza simbolica, i termini della mistica di San Juan de la Cruz, ma li elabora aggiungendo spesso contenuti nuovi. Nel caso delle isole, per esempio, queste nel suo immaginario si legano alle isole dell’Arcipelago di Solentiname, dove il poeta ha fondato la sua comunità contemplativa. Lo testimonia il titolo della seconda parte della sua autobiografia, dedicata proprio alla Comunità di Solentiname e intitolata appunto Ínsulas extañas.160 Ancora, molto vicino alla conclusione della composizione, troviamo conferma dell’anfibologia:

Al fin viniste a Solentiname (que no era practical) después del Dalai Lama y el Himalaya con sus buses 505 pintados como dragones

a las «ínsulas extrañas»; estás aquí con tus silenciosos Tzus y Fus

Kung Tzu, Lao Tzu, Meng Tzu, Tu Fu y Nicanor Parra y en todas partes; tan sencillo comunicarse con vos como con Dios (o tan dificil)

510 como todo el cosmos en una gota de rocío

Luoghi fuori dal mondo ma pienamente in esso, in quanto Cardenal vi stimola tanto l’elaborazione di un pensiero sociale e politico, quanto la partecipazione attiva alla guerriglia sandinista. Il misticismo di Cardenal si configura chiaramente come anti-mistico nel senso etimologico del termine (abbiamo detto che ‘µύειν’ significa ‘separare, chiudere’: da questo vocabolo vengono i termini che significano ‘mistero’, ‘iniziazione’ e ‘mistico’ e per definizione la ‘mistica’ è separazione dal mondo). Il suo misticismo è, invece, molto unito al mondo ed attivo in esso. Ma proprio nel suo sporcarsi con la storia e le ingiustizie del suo tempo, vive il suo incontro con la divinità. La ‘gana’ che Cardenal riprende da San Juan è, evidentemente, l’ansia di unione dell’anima con Dio.

106 La densità concettuale di questo punto del componimento impone un’altra sosta. ‘Rompe la tela de este dulce encuentro’ presenta infatti un’altra immagine dell’aspetto di percezione sensoriale imperfetta, che si trasforma nel momento dell’unione mistica. L’immagine è questa volta molto classica, un velo squarciato, che richiama, tra l’altro, anche la narrazione della morte di Cristo nei Sinottici (Mt. 27,51; Mc. 15,38; Lc. 23,45).

Continuano i riferimenti all’unione nei versi:

350 todo gozo es unión dolor estar sin los otros: ....

357 Donde los muertos se unen y son con el cosmos uno ...

362 la muerte es unión y ya se es uno mismo

se une uno con el mundo

Poco dopo, completamente sconnessi dal testo che li precede e li segue sia sul piano logico che su quello sintattico, appaiono (graficamente spostati a destra) i versi 387 e 388:

que van a dar a la mar que es la vida

E’ la quarta tappa della costruzione dell’ideogramma. Solo ora appare, esplicitata, la parola ‘mar’, che era presente in immagine fin dal terzo verso della poesia.

Il testo prosegue tra numerosi riferimenti alle interpretazioni religiose e filosofiche della morte in diverse tradizioni indigene, nelle civiltà primitive, nelle culture orientali, nella mente psichica del poeta Alfonso Cortés. Si ripropone il vagare del pensiero di Cardenal alla ricerca di spiegazioni, o almeno di consolazione, di fronte all’inaccettabile

107 morte del maestro. Più avanti troviamo espressione dell’ansia unitiva in: ‘Y clamamos por la entrega del amado’. I versi che seguono riprendono numerosi temi sin qui sviluppati:

«perece que electrocutado »

me escribe Laughlin 460 «pero al menos fue rápida» rompida la tela

que divide el alma y Dios... Y:

...porque el amor apetece que el acto sea brevísimo.... . van allí a entrar

los ríos del amor del alma en la mar

Dal segmento più assurdo della notizia della morte dell’amico Cardenal muove per formulare un altro dei nodi enfatici del componimento: l’immagine della rottura del velo che separa gli amanti, seguita da un’altra elaborazione dell’ideogramma del mare.

Questa volta, la terza manipolazione, Cardenal sposta alcuni elementi. In un solo verso ci si riferisce a fiumi e mare, ma le attribuzioni non si concentrano più su quest’ultimo, bensì sui ‘ríos’. Su di loro cade il peso delle specificazioni ridondanti ‘del amor del alma’. Con un bel gioco fonetico si inserisce all’immagine il veicolo dell’unione, il motore di tutto, l’amore che guida l’anima. L’immagine dei fiumi è elaborata ulteriormente nella sesta fase del montaggio dell’ideogramma, ai versi 498 e 499:

Nuestras vidas

que van a dar a la vida

I fiumi sono le nostre vite e sfociano in altra vita. Quasi una tautologia che, in quanto l’elaborazione finale, racchiude tutti i passaggi argomentativi precedenti. Attraverso queste sei tappe si giunge alla settima, che è il finale del componimento

Sólo amamos o somos al morir. El gran acto final de dar todo el ser. o. k.

108 La tappa finale, forse non casualmente la settima, è la resa. È il confidente abbandono a Dio che permette di acquietare l’animo del poeta di fronte ad uno dei momenti più sconcertanti della sua vita. L’amore è la discriminante, in grado di trasformare la morte in vita. E Cardenal esprime la sua resa in maniera, finalmente, essenziale ed efficace, con il laconico ‘o.k.’