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Cronache Economiche. N.005-006, Anno 1974

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(1)

CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA

DI TORINO

5/6

SPEDIZIONE IN ABB. POSTALI (IV GRUPPO) / 70 . 2° SEM.

ANNO 1974

(2)

tradizione

ed efficienza

al servizio

della clientela

in Italia e all'estero

nryjmm•

ISTITUTO BANCARIO

SAN RAOLO DI TORINO

(3)

cronache

economiche

sommario

rivista della camera di commercio industria artigianato e

agricol-tura di forino

numero 5 / 6 anno 1 9 7 4

Corrispondenza, manoscritti, pubblicazioni deb-bono essere indirizzaci alla Direzione della Ri-vista. L'accettazione degli articoli dipende dal giudizio insindacabile della Direzione. Gli scritti firmati o siglati rispecchiano soltanto il pen-siero d e l l ' A u t o r e e non impegnano la Direzione della Rivista né l'Amministrazione Camerale. Per le recensioni le pubblicazioni debbono es-sere inviate in duplice copia, È vietata la ri-produzione degli articoli e delle note senza

l'autorizzazione della Direzione. I manoscritti anche se non pubblicati, non si restituiscono

L. Mallè

3 Manufatti e manifestazioni d'arte nel Piemonte preistorico

A. Detragiache

12 La programmazione in Piemonte

G. M a g g i

17 Decentramento industriale: i l caso del settore abbigliamento

S. Samperi

25 La difficile gestione del « contingente » nei plani di urbanistica commerciale

C. M . Turchi

29 Politica dei prezzi e redditività aziendale

A. Pelaggi

32 Un moderno fattore di sviluppo economico: il finanziamento dei crediti alle esportazioni

E. Garibaldi

41 Come in Canada viene aiutata l'agricoltura da parte dello Stato

G. Fodday

46 Tecnicizzazione delle relazioni sociali

A. Trincheri

52 Criteri di ricerca economica con l'impiego di metodi psicologici

A. Vigna

55 Casa e vacanze per l'anno 1974

G. Lega

60 Note di documentazione tecnica 63 Tra i libri

69 Dalle riviste

Figura in copertina :

Lebete bronzeo con animali e mostri da Castelletto Ticino - Torino, Museo di Antichità. Direttore responsabile: Francesco Sarasso Vice direttore: Franco A l u n n o , . . . . . D i r e z i o n e , r e d a z i o n e e a m m i n i s t r a z i o n e

(4)

C A M E R A DI COMMERCIO

I N D U S T R I A A R T I G I A N A T O E A G R I C O L T U R A

E UFFICIO P R O V I N C I A L E I N D U S T R I A COMMERCIO E A R T I G I A N A T O

Sede: Palazzo degli Affari - Via S. Francesco da Paola, 24] Corrispondenza: 10123 Torino - Via S. Francesco da Paola, 24

10100 Torino - Casella Postale 413.

Telegrammi: Camcomm. Telefoni: 5716 (5 linee). Telex: 21247 CCIAA Torino. C/c postale: 2/26170.

Servizio Cassa: Cassa di Risparmio di Torino

- Sede Centrale - C/c 53.

BORSA V A L O R I

10123 Torino - Via San Francesco da Paola, 28.

Telegrammi: Borsa.

Telefoni: Uffici 54.77.04 - Comitato Borsa 54.77.43

- Ispettore Tesoro 54.77.03.

BORSA MERCI

10123 Torino - Via Andrea Doria, 15.

Telegrammi: Borsa Merci - Via Andrea Doria, 15. Telefoni: 55.31.21 (5 linee).

G A B I N E T T O CHIMICO MERCEOLOGICO

(presso la Borsa Merci) - 10123 Torino - Via Andrea Doria, 15.

(5)

Manufatti e manifestazioni d'arte

nel Piemonte preistorico

Luigi Malìe

Nel riandare, risalendo i tem-pi, alle manifestazioni artistiche esplicatesi nella zona del Pie-monte, più s'indietreggia verso le prime segnalazioni e più vaga si fa l'individuazione di caratte-ri qualificativi in stretta aderen-za ad un limitato territorio e ad una condizione spirituale pecu-liare a chi l'abita.

S'intende pure che occorre, al-meno per lungo tratto delle più antiche fasi, distinguere il lavoro artigianale e d'interesse pratico — seppure d'importanza som-ma per comprender gli sviluppi d'una primitiva società — dalla vera e propria espressione arti-stica, non certo allora estrinseca-ta secondo le moderne convin-zioni d'ordine estetico ma sem-pre condizionata ad una poetica situazione d'animo (magari

sot-Urna cineraria p r o t o s t o r i c a decorata a « stralu-cido » - T o r i n o , Museo d i A n t i c h i t à ,

Piroga d i età preistorica - T o r i n o , Museo d i A n t i c h i t à .

to il velo d'una pratica rituale magica) non presumibile sic et

simpliciter nella produzione

ac-cennata.

Le tracce superstiti delle cul-ture preistoriche, sebbene non ricche e discontinue, si diramano geograficamente — e non si al-lude ad alcun ordine eli sviluppi o nessi di trasmissioni — come recingendo il Piemonte lungo le zone periferiche, sedimentando anche nella parte centrale — poi zona torinese — insinuandosi in

località dell'albese, del cuneese (dalle sue regioni tangenti le Langhe alle alpine opposte fino all'alto saluzzese), toccando la vai di Susa, allargandosi nella valle d'Aosta mentre, fra queste ultime, il canavese e le tre valli di Lanzo restano piuttosto isolati salvo casi rarissimi e secondari, pur trovandosi attorniati da cir-coscrizioni che restituirono testi-monianze notevoli. E il percorso s'estende dall'aostano alla Valse-sia al novarese, scende seguendo il biellese ma pare interrompersi, salvo sporadici e già tardi fatti, nel vercellese e nel Monferrato, s'apre infine a includere l'ales-sandrino.

Fino a data recente fu incerto se il Piemonte fosse abitato già nel paleolitico superiore; esplo-razioni varie hanno provato la presenza dell'uomo di ceppo li-gure (razza negroicle?) con ar-mi silicee — raschiatoi, trincetti, coltelli — del periodo « muste-riano », al Monte Fenera sopra Borgosesia, nella Bessa Biellese, a Castelceriolo presso Marengo

(selci rientranti nella cosiddetta « industria dei Grimaldi », varia-zione ligure del « musteriano »), a S. Giustina, a Sassello, nelle zone di Torino e di Lanzo, nella regione del Lys, ecc.

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Nei-ve, Monjorte, Doglienti, Sauze, Usseglio e nelle « pietre a scodel-la » (le « cappelle ») di Vilscodel-lar- Villar-basse, Reano, Susa, Rivalla, Ri-voli, o del Biellese.

Inutile qui sostare sulle origi-ni di quei liguri: echi d'una real-tà lungamente tramandatasi, leg-gende, miti e confusioni sono inestricabili; ebbero nelle tante suddivisioni, forti affinità, conob-bero sovrapposizioni e mescolan-ze estranee che portarono, per lunghi processi, al costituirsi fra l'altro, delle genti Taurische.

Durante il neolitico il

Piemon-te —• di nuovo tramiPiemon-te al diffon-dersi della civiltà ligure, su fino alla valle del Rodano — vide sor-gere capanne, ebbe armi di pie-tra non più scheggiata ma levi-gata: asce, punte di frecce e di lance, lame (ritrovamenti a Sas-si, a Chieri e nel chierese, sulla collina eli Corio, a Piobesi, Ri-voli, Trana, Almese, Sciolze, alla Novalesa, a Salbertrand, a Cesa-no) . Si usò anche una rozza ce-ramica con impressioni a crudo: cordonature, festoni, denti di lu-po, viminature; oppure a bozze. Di questa cultura è altresì

trac-Urna cineraria protostorica decorata a « cordi-cella » con m o t i v i geometrici ed a n i m a l i - To-r i n o , Museo di A n t i c h i t à .

eia nei ritrovati di sepolcreti di Montjovet, con interramento del corpo scarnificato o del solo cra-nio in casse di lastre di lavagna senza fondo; di Villanova Baltea, di Sarre, di Arvier, ancora in vai d'Aosta; del rifugio in roccia di Vayes (vai di Susa); d'un vil-laggio presso Alba e d'uno nei pressi di Alessandria.

Fino al terzo millennio emer-gono influenze d'usi egeo-orien-tali, balcanici, africani occiden-tali. Tempi, per il Piemonte, paralleli a quelli che videro in Liguria popolarsi ì fianchi del Monte Bego di decine di migliaia di figure umane e animali sche-matiche. Quivi (in zona ora fran-cese: Alpes Maritimes) s'incon-trano queste vivacissime figure concentrate ed elementari, neoli-tiche le graffite, eneolineoli-tiche o più tarde le punteggiate; testimo-niatiti quest'ultime una succes-siva cultura ch'ebbe minor eco in Piemonte.

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ri-cercata specie nei pressi di Avi-gliana (ma nel 1885 con scavi pessimi che molto distrussero) e Trana, dove si rinvennero anche « forme » litiche di fusione per il bronzo, col cigno su una croce. Se al monte Bego apparivano simboli mediterranei, il bove al-ludendo al sole, a Trana il sole è alluso dal cigno, secondo una simbologia nordica. Nella « Val-le delVal-le Meraviglie » al Monte Bego, si trovano, graffiti sulle rocce, figure umane statiche o di-namiche, buoi all'aratro in pro-spettiva allusa, pugnali, spine di pesce, scale dal significato inspie-gato. Siamo al primo caso docu-mentato di raffigurazione, nella zona pedemontano-ligure; vi si può aggiungere un bronzetto dalla regione dei Laghi Lunghi

(Nizza, Musée Masseria). Ap-partengono all'eneolitico o alla prima età del bronzo la piroga e i remi, in legno di castagno (Mu-seo Archeologico, Torino) dal laghetto eli Bertigneino (Ivrea); del medesimo tempo quel museo

G r a f f i t o su roccia, Monte Bego ( V a l l e delle M e r a v i g l i e ) - T o r i n o , Museo d i A n t i c h i t à .

conserva una palafitta. Canoe li-gnee si rinvennero anche nella torbiera eli Trana.

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rin-Collana in bronzo ed osso d i età preistorica - T o r i n o , Museo di A n t i c h i t à .

forzandosi di argini («terrama-re»); compare l'uso della ruota con inestimabili conseguenze. Ma non resta traccia di necro-poli né di tombe isolate. Tra il

1000 e il 600 a. C„ in fase pro-tostorica, s'espande nella Pada-nia la civiltà del ferro e fiorisce da noi specie nel Novarese: a Golasecca, Castelletto Ticino, Villa del Foro, Ameno, Varallo Pombia, S. Bernardino di Brio-na: ma anche altrove, ad es., nel cuneese: con le necropoli di Bo-ves e eli Chiusa Pesio. Le tombe

del « I Golasecca » sono pozzetti rivestiti tutt'attorno di ciottoli; nel «li Golasecca » i lati si rive-stono di lastroni. Gli ossuari bi-conici in terracotta, sormontati da ciotola, erano interrati in un giro di suppellettili.

Le urne fittili di uso funerario sono, nell'età del ferro, di un pri-mo tipo più antico, in terra di co-lor naturale; ecl in momento sus-seguente, di tipo a verniciatura nera oppure rossa, lucidato pri-ma della cottura. Tuttavia non v'è netta divisione temporale fra

i due tipi e in varie tombe si ri-trovano riuniti esemplari di en-trambi.

" Le ceramiche della fase eli Go-lasecca presentano evidenti con-tatti con la produzione aquitani-ca ma palesano saquitani-cambi anche con la cultura atestina. In esse si pre-sentano le prime figurazioni di cavalli geometricamente risolte in pochi treitti. Fra gli oggetti di bronzo hanno particolare spicco le sitale laminate, cilindriche, con corpo a strie orizzontali rile-vate e ornate: pezzi da conside-rare produzione eli lusso.

Analogie fra la cultura di Go-lasecca e la civiltà etrusca sono chiare ma se scambi avvennero

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Si fa strada l'ipotesi che non si trattasse di semplici penetrazioni del commercio etrusco, ma di una specifica influenza continua-tiva di cultura, pur restando il pe-netrare etrusco in Padania occi-dentale assai ridotto e trovando-si, il Piemonte, estraneo sia alle infiltrazioni greche in Marsiglia, sia alla cultura introdotta dai commerci sull'Adriatico a Spina.

Ad Ameno (lago d'Orta) la fase è caratterizzata dalla fibula « a sanguisuga » con lunga staffa. A S. Bernardino di Briona ricom-parvero elmi bronzei di foggia etrusca gradualmente elaborata che poi passerà ai Galli; un al-tro a Villa del Foro, più recente; quello di Asti, del tipo di Vejo, fu certo d'importazione. Alle due fasi del ferro risalgono anche molte collane. La civiltà di Go-lasecca è povera di fronte alla coeva « villanoviana d'Arnoal-di » bolognese; modesta la sup-pellettile tombale, ritualmente spezzata per « liberarla dall'ani-ma » al pari del sepolto. Caso singolare: mentre i Liguri inu-mavano e gli Italici creinu-mavano, ad Ameno si brucia e a Briona, antistante, quasi esclusivamente si inuma; quali richiami ad ori-gini ignote sottostavano ai rituali diversi di popolazioni affiancate?

Sopra le tombe in questo pe-riodo si formavano aree lastri-cate; o s'innalzavano cumuli di pietrame, o pietre sottili a guisa di stele, o simbolici recinti di sassi.

Tra il VI e il V secolo (o me-glio tra il V e il IV), agli scambi verso Oriente si aggiungono re-lazioni verso Occidente; si so-vrappone anzi la civiltà gallica: e in ciò fu visto l'annientamento d'un processo di unificazione ita-lico-settentrionale. E questa la seconda fase del ferro, detta di « La Tene », iniziando le prime

testimonianze storiche. Era, fino a poco fa, unico documento da noi, una tomba gallica a Gravel-lona Toce (entro necropoli po-steriore) dove apparvero uno spadone gallico, due fibule ser-pentiformi, un vaso greco. Si so-no poi aggiunte rocce cuppelli-formi — dedicate al culto drui-dico — in Val di Susa, nonché prove di un insediamento gallico sulla Burcina presso Biella, con un altro bellissimo vaso eneo, alari, reggivasi, braccialetti e anelli, il tutto in ferro.

In questo periodo di compene-trazione gallo-ligure s'infiltrano, attraverso Marsiglia, influenze greche, toccando i Liguri Taurini e risalendo per la Svizzera fino alla Renania; la civiltà gallo-gre-ca, intanto, toccava anche i Li-guri Bagienni. Prima ancora, Umbri e Osci avevano trasmesso elementi delle civiltà celtiche austro-danubiane.

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dirama-Collana bronzea e pendenti d i collana d i età preistorica - T o r i n o , Museo d i A n t i c h i t à .

zioni collegate con le genti ger-maniche, penetrarono nel Tran-spado e nel Cispaclo, e nel IV se-colo sloggiarono gli Etruschi. La loro influenza in Piemonte va decrescendo dalle Alpi (essi sce-sero dal corso del Rodano) al Piemonte orientale; tuttavia si attestò saldamente sull'arco che dalla valle d'Aosta e per la Val-sesia e l'Ossola va fino al Ticino. Certi elementi culturali (le elee Matrone; le dee Mairae, cui ve-nivano dedicate rappresentazioni in bassorilievi) non erano però

loro tipici, bensì generalmente comuni alle stirpi germaniche.

Le abitazioni dei Taurini re-starono affini alle liguri: in pia-no, circolari, lignee o viminee, con cupola di paglia, aperta per il focolare; in montagna, quadra-te ed in muratura a secco. Casquadra-tel- Castel-la difensive erano in travatura rivestita di pietre, con torri an-golari, parapetti, merlature: co-me Taurinum, Caburrum (Ca-vour), Segusium, Ocelum (Cel-le, sopra il Novaretto?).

Già dalla fine del secolo

scor-so, scavi al Gran San Bernardo portarono a conoscenza la civil-tà gallica della seconda ecivil-tà del -ferro in Piemonte; recentissimi

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af-fine al « pavese », a Desana Ver-cellese e a Monteu da Po.

I sepolcreti d'Ornavasso ap-partenevano a due centri distinti e vicini (abitati da gente forse in relazione con i Leponzi e so-pravissuta sotto i romani) ; nel-la necropoli di S. Bernardo come in quella di Persona i corpi sono inumati, salvo due casi d'incine-razione nella seconda. Centoses-santacinque tombe in ciascuna, rivestite di lastroni, salvo sul fon-do; la suppellettile non vi stava in vasi ma su assicelle. Comples-sivamente, 1716 oggetti; ne face-vano parte 31 spade per lo più del tipo La Tene, a doppio taglio e fodero metallico (le romane l'avranno ligneo), 25 lance, 18 scuri a fendente piatto o cruci-forme, 53 coltelli, 24 falci e ron-cole, forbici, strigili, graticole; fra gli ornamenti, 252 fibule (di cui 40 in argento, le altre in bronzo o ferro) molte delle quali a guisa di piccole cerbottane, al-tre con staffe traforate, alal-tre a guisa di arpa, o ad arco rigonfio con solco smaltato in bianco, o a cerniera, o a elegantissimo no-do. Molte le armille, a massiccio cerchio semplice, o serpentifor-me (argentee, serpentifor-mentre i modelli greco-orientali erano bronzei), o di tipo rarissimo a filo con vi-ticci o ripiegato ad arabeschi, senza confronto; o ancora « a corda e nodi », oltre a due armil-le eli vetro imitante l'ambra; poi 110 anelli digitali a spire o a si-gillo, con gemme incise di cor-niola, sardonice, calcedonio; set-te coppe d'argento, emisferiche o coniche, eleganti senza ornati; pendagli, vasi ansati, brocche, ciati in bonzo; e 103 vasi fittili a trottola (tutti a S. Bernardo) quasi introvabili in altre regioni dell'Italia Settentrionale, decora-ti a fasce brune o biancastre; or-cetti a bozze, coppette a orlo

rientrante, bicchieri e tazze in terra rossa a vernice nerastra, buccheri a pigne, coppe basse, cinerognole, sottili, eli tipica pro-duzione piemontese (tutte a Per-sona) .

Operazioni recentissime di scavo hanno apportato nuovi so-lidi elementi alla definizione eli questo periodo dell'archeologia preromana in Piemonte: ed è proprio la zona succitata che ha offerto nuova messe di sfrutta-mento critico ampio. Nel novei-rese, a Bannio Anzino, non

lon-tano da Ornavasso, nell'imme-diato einteguerra e poi negli ul-timi anni, vennero in luce tombe che fanno ritenere si stendesse colà una vasta necropoli conte-nente, si, anche oggetti più tar-di romanoimperiali ma, nel suo aspetto originario, appartenente all'età del ferro della seconda « facies » di La Tene, come di-mostrano le fibule a molla a spi-rale. Un'altra necropoli, e que-sta più antica, anteriore forse eilla fase eli Goleisecca, è stata in-dividuata a Glisente presso

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Pendente d i collana d i età preistorica - T o r i n o , Museo di A n t i c h i t à .

Lebete bronzeo da Castelletto T i c i n o - T o r i n o , Museo d i A n t i c h i t à .

stelletto Ticino, dove ulteriori esplorazioni potranno dare pri-mario apporto. Minori ritrova-^jnenti avvennero a Carcena sul

lago d'Orta.

Già s'è accennato al modifi-carsi delle stirpi liguri a contatto di Celto-gallici. Celto-liguri sono i popoli Taurisci (radice ario-indoeuropea:Taur = monte) este-si lungo gran parte dell'arco al-pino e includenti in Piemonte raggruppamenti vari, formatisi tra il IV e il II sec. a. C.: fra cui i « Taurini » richiusi fra i Salas-si (Aostano, Canavese), Lebeci

(Sesia, Basso Orco, Dora Bai-tea), Agoni (Agogna), Libui

(Sesia-Ticino), Leponzi (Alto Novarese), Marici (Marengo) nel Transpadano; e Veneni (Vi-nadio), Salluvii (Saluzzo), Ma-gelli (Macello), Esturi (Cuneo), Vibelli (Bibiana), Bagienni (Po - Alpi Marittime - Stura), Eubu-riati (Alto Tanaro), Casmonati

(Sorgenti Bormida), Statielli (Acqui) nel Cispado. Ma in que-sta cerchia di diramazioni d'un medesimo ceppo, i Taurini ripu-diarono le commistioni galliche: da ciò inimicizie, soprattutto con i Salassi. Della forte infiltrazione gallica fra i Salassi, sono prova una dozzina di armili e bronzee ritrovate in valle d'Aosta (S.Vin-cent, Quart, Blavy, Brusson, Sar-re, ecc.) : massicce, a sbarra ap-piattita con tre ordini di cerchiet-ti concentrici incavacerchiet-ti, pausacerchiet-ti da cordonature; o a sbarra tondeg-giante, in rame quest'ultime; o a nastro a estremità rimpicciolite. Poiché solo il territorio svizzero di dominazione gallica ne ha di affini e il solo Piemonte nordoc-cidentale ne presenta in Italia, si pensa le importasse o desse luo-go a imitazioni in loco.

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della Valtornenza; quivi, otto tombe mostravano la particola-rità d'un piccolo focolare rustico in pietra situato a capo d'ognuna e resti di carbone su di esso in-dicavano la consumazione d'un rito funerario preromano di mol-to antica origine.

Mentre la civiltà del ferro nel-la prima fase toccò nel-largamente territori piemontesi nordorienta-li, in minor risalto nordocciden-tali e si spinse ai sudoccidennordocciden-tali non espandendosi nelle zone in-terne di Torino, del canavese, delle valli di Lanzo, ove manca-no pure tracce di penetrazioni etnische, la seconda fase gallica riusci, in parte di quest'ultime, a entrare sebbene non largamente — per quanto almeno finora

ri-sulta — limitandosi per lo più a territori più prossimi alla valle d'Aosta, fra la Serra d'Ivrea e la Valchiusella, in zone cioè di pe-netrazione dei Salassi — la po-polazione, fra i liguri Taurisci, più legata ai Galli — ma salvi scarsi elementi, come tombe pre-romane in roccia sopra Tavagna-sco presso Settimo Vittone o nei pressi di Villa Castelnuovo, non rimane che il ricordo di nomi dalla desinenza celtica in «asco» e « cicco »; con estreme propag-gini più in basso a Ciriè (Ciria-sco) e S. Maurizio Canavese

(Lifignasco). È però importante il caso delle armille bronzee di tipo salasso ritrovate a Montalto Dora sulla strada alla vai d'Ao-sta. importate dalle Gallie o

d'imitazione salassa da tipi gal-lici.

Con la penetrazione celtica — che si effettuò in più ondate, forse cinque — molti elementi di nuova civiltà si diffusero, acl esempio l'uso dei carri ci quattro ruote.

Con la fine del III secolo a. C., Roma promosse contemporanea-mente una penetrazione padana a est e ovest, usando sottile e di-versa tattica con i differenti po-poli, cosi da riuscire a gradi a staccare il Piemonte, specie l'Oc-cidente, dal gruppo Celtico, per collegarlo all'ambito italico, ciò che fu raggiunto con Augusto, soprattutto con l'istituzione di centri urbani collegati con un'av-veduta rete di strade.

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La programmazione in Piemonte

Con questo articolo del Prof. Angelo Detragiache, direttore dell'IRES, si intende aprire un dibattito sulla programmazione in Piemonte. La programmazione regionale in Italia, com'è noto, ha preso avvio nel 1966 con l'istituzione degli omonimi Comitati regionali e Velaborazione da parte loro di piani di sviluppo regionali quinquennali. Con Ventrata in funzione delle Regioni, furono queste ad assumersi il non facile e delicato compito.

In Piemonte, dopo il piano di sviluppo economico regionale 1966-70, approvato dal CRPE, riRES ha portato a termine da pochi mesi un « Rapporto per il piano regionale 1974- 78 » che è attualmente all'esame degli organi della Regione. Si può sicuramente affermare che l'esperienza piemontese in questo campo, come d'altronde quella italiana, è stata finora poco produttiva, non solo per i ritardi dei documenti e i continui slitta-menti o rinvìi, ma sopratutto perché, i piani redatti, qualunque sia il loro taglio terri-toriale, sono risultati o rischiano di restare pure e semplici esercitazioni di politica eco-nomica e sociale, complessi elenchi di esigenze, di obiettivi e di priorità, senza diventare strumenti realmente operativi per l'attuazione di organici e fattibili interventi atti a conseguire gli scopi di razionalizzazione che si sono definiti.

E questo succede anche quando, come in Piemonte, è stato chiaramente detto e ripe-tuto che non è possibile dare allo sviluppo socio-economico un indirizzo diverso da quello spontaneo, se non si predispongono detti strumenti e realizzano in concreto le linee d'azione suggerite.

Un ulteriore elemento che gioca a sfavore della programmazione regionale è la assoluta necessità di disporre di un preciso quadro di riferimento legislativo: è infatti evidente, per esempio, che diventa estremamente ardua una compiuta definizione del-l'organizzazione sanitaria regionale, senza una chiara ed aggiornata normativa statale in materia.

I principali obiettivi della programmazione, già enunciati dall'IRES nei primi studi per il piano regionale, quale la diversificazione produttiva e la diffusione de! modello di vita metropolitano su tutta l'area regionale, appaiono oggi condivisi da quasi tutte le parti sociali della regione. Resta però da precisare quali dovrebbero essere le misure più appropriate da prendere per conseguire le finalità cosi generalmente condivise. Su questo punto, ci sembra, dovrebbero impegnarsi gli amministratori pubblici e tutte le forze politiche, economiche e sindacali della regione. A queste forze la Camera di

com-mercio di Torino, nell'adempimento della sua istituzionale funzione di luogo dì rappre-sentanza e di sintesi dei compositi interessi delle diverse categorie produttive, offre la possibilità di portare un costruttivo contributo di idee su uno dei temi di più fondamentale

importanza per l'ulteriore sviluppo economico e civile del Piemonte (N.d.D.).

Angelo Detragiache

S o n o circa dieci a n n i c h e si p a r l a di pianifi-c a z i o n e r e g i o n a l e in P i e m o n t e a d o p e r a degli enti locali, a m m i n i s t r a z i o n i p r o v i n c i a l i in p r i m a fila, c h e c o s t i t u i r o n o , p e r le analisi e p e r la f o r m u l a -z i o n e di i n d i c a -z i o n e di p i a n o , l ' I s t i t u t o di Ricer-c h e E Ricer-c o n o m i Ricer-c o - S o Ricer-c i a l i ( I R E S ) .

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-tato ali inizio del 1972. La Regione condusse at-traverso la la commissione consigliare u n a ampia

consultazione con gli enti locali territoriali e con le organizzazioni economiche, sindacali e sociali che si protrasse per oltre u n a n n o .

Intanto, l ' I R E S , utilizzando le osservazioni rac-colte sul p r i m o r a p p o r t o e, in particolare, la ri-chiesta di effettuare previsioni relative alle prin-cipali variabili socio-economiche e agli investi-menti in i n f r a s t r u t t u r e a livello delle quindici aree-programma in cui il Piemonte era stato sud-diviso, redasse, all'inizio del 1974, il « R a p p o r t o per il p i a n o di sviluppo 1974-1978 ».

1. Pianificazione regionale e pianificazione na-zionale.

L'esigenza della pianificazione regionale, in presenza di u n a volontà di controllare e g u i d a r e i meccanismi socio-economici e territoriali, nasce da d u e ordini di considerazioni. Il p r i m o si rife-risce all'esistenza dell'ente regione e quindi al suo m o d o di o p e r a r e nel contesto regionale. A que-sto p r o p o s i t o possono essere i n d i v i d u a t e d u e mo-dalità secondo cui l'ente regione p r o g r a m m a la p r o p r i a azione.

La regione p u ò limitarsi a costruire un pro-g r a m m a operativo s t r e t t a m e n t e lepro-gato ai campi della p r o p r i a attività istituzionale, l'agricoltura, il c o m m e r c i o , l ' u r b a n i s t i c a , ecc. o p p u r e porsi inte-g r a l m e n t e tutti i p r o b l e m i che si riferiscono al m e c c a n i s m o socio-economico e territoriale in atto nella regione stessa, ricavare, da questa analisi e dai piani relativi, il p r o p r i o p r o g r a m m a di azione p e r i c a m p i di c o m p e t e n z a diretta svolgendo nei c o n f r o n t i degli altri o p e r a t o r i p u b b l i c i e privati u n ' a z i o n e politica di indirizzo. La regione Pie-m o n t e h a scelto questa seconda linea di azione.

Per q u a n t o si riferisce a l l ' a c c e n n a t o s e c o n d o o r d i n e di c o n s i d e r a z i o n i che i n d u r r e b b e r o alla f o r m u l a z i o n e di piani regionali, si p u ò osservare che il sistema n a z i o n a l e è di f a t t o costituito da sottosistemi socio-economici e territoriali i cui ca-ratteri s o n o raccoglibili s o l t a n t o con l'analisi dei sottosistemi stessi. È vero che sotto il profilo socio-e c o n o m i c o qusocio-esti sottosistsocio-emi non c o i n c i d o n o con le regioni storiche m a è a l t r e t t a n t o vero che le ana-lisi a livello di q u e s t e sono m e n o esposte, per que-sti aspetti, ad errori che non le analisi c o n d o t t e a livello del sistema globale.

L'analisi per sottosistemi, inoltre, può consen-tire di correggere errori che possono essere

com-messi a livello globale. Ad esempio, dalle analisi condotte d a l l ' I R E S sul sottosistema piemontese negli anni '60 era c h i a r a m e n t e emerso che le im-postazioni di piano nazionale sottostimavano la spinta verso lo sviluppo intensivo del sistema che sarebbe derivata dalla progressiva interpenetra-zione dei mercati. Q u e s t o era risultato chiaro ana-lizzando il sottosistema piemontese per il quale l'esportazione rivestiva un ruolo determinante.

Da queste considerazioni dovrebbe, d u n q u e , emergere che il piano nazionale dovrebbe essere f o r m u l a t o m e d i a n t e u n a interazione con i piani regionali e i piani regionali, p e r t a n t o , non dovreb-bero essere delle mere disarticolazioni a livello regionale di piani redatti a livello nazionale.

2. Gli obiettivi della pianificazione regionale pie-montese.

In questi ultimi v e n t ' a n n i il m e c c a n i s m o socioe c o n o m i c o socioe tsocioerritorialsocioe dsocioel P i socioe m o n t socioe si è p r o f o n -d a m e n t e t r a s f o r m a t o . Sotto la spinta -dello svi-l u p p o industriasvi-le si è d e t e r m i n a t a u n a fortissima riduzione di addetti all'agricoltura, tanto che si p u ò calcolare che gli addetti a questo settore in età valida siano ormai al di sotto di q u a n t o sarebbero necessari per avere u n ' a g r i c o l t u r a p i e n a m e n -te efficien-te, e u n a fortissima i m m i g r a z i o n e soprat-t u soprat-t soprat-t o dalle regioni sosoprat-tsoprat-tosviluppasoprat-te del Paese.

Si è p r o f o n d a m e n t e modificata la struttura pro-duttiva e si è p r o f o n d a m e n t e modificata la strut-tura degli i n s e d i a m e n t i . L ' i n d u s t r i a , infatti, trova nella città i fattori elettivi per la sua localizza-zione, per cui la f o r m a z i o n e di u n a forte base eco-n o m i c a ieco-ndustriale ha c o m p o r t a t o ueco-n elevatissimo g r a d o di u r b a n i z z a z i o n e della p o p o l a z i o n e .

S p e c i a l m e n t e verso T o r i n o e il suo h i n t e r l a n d si sono diretti elevati flussi migratori sia dal resto del P i e m o n t e sia dal M e z z o g i o r n o d ' I t a l i a . Tori-no in v e n t ' a n n i ha a u m e n t a t o dal 5 0 % la sua p o p o l a z i o n e , m e n t r e i v e n t i t r é c o m u n i della p r i m a c i n t u r a l ' h a n n o r a d d o p p i a t a e, al di là della p r i m a c i n t u r a , è in costituzione u n a seconda c i n t u r a in cui si verificano dei forti sviluppi demografici.

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d'olio, solo parzialmente interrotto dal b a l u a r d o collinare.

Nel resto del Piemonte si è determinata, con la riduzione degli addetti all'agricoltura, la contra-zione della popolacontra-zione dei piccoli centri, m e n t r e h a n n o resistito, e q u a l c h e volta h a n n o attratto popolazione, i centri maggiori, per u n a certa vita-lità delle industrie locali. T a l u n i di questi centri h a n n o riprodotto su piccola scala i f e n o m e n i eli T o r i n o (si v e d a n o : Ivrea con l'Olivetti, Alba con la Ferrerò, Biella con la « pianurizzazione » del-l'industria tessile e, in generale, le città più gran-di, quali i capoluoghi di provincia).

Il f e n o m e n o dell'urbanizzazione, sebbene inti-m a inti-m e n t e legato al f e n o inti-m e n o dell'industrializza-zione, è più ampio di questo, in q u a n t o obbedisce a complessi processi culturali secondo cui la città è voluta anche come luogo e simbolo di cambia-m e n t o sociale.

Si è potuto notare, all'interno di questi pro-cessi, che la soglia demografica al di sotto della quale i c o m u n i p e r d e v a n o p o p o l a z i o n e tendeva ad innalzarsi, per cui, al limite, si poteva confi-gurare u n a situazione di assetto del Piemonte for-m a t a da u n a g r a n d e isola, l'area for-m e t r o p o l i t a n a di T o r i n o , e da poche altre isole molto più piccole, diffuse in un territorio t e n d e n z i a l m e n t e svuotato di insediamenti.

Il r a p i d o ed intenso processo di ristrutturazio-ne degli insediamenti, prodottosi c o m e succinta-m e n t e si è descritto, h a generato due g r u p p i di p r o b l e m i : la congestione fisica e sociale delle aree polarizzanti, e l ' a b b a n d o n o di risorse e di strut-ture insediative che in u n contesto, in presenza di politiche idonee, p o t e v a n o ancora essere ricu-perate.

Di qui gli obiettivi territoriali del p i a n o di sviluppo p i e m o n t e s e :

1) r i d u r r e l'intensità dei processi di pola-rizzazione di T o r i n o , d i r o t t a n d o n e le virtualità verso altri centri della regione, f a v o r e n d o cosi l'azione per organizzare l'area m e t r o p o l i t a n a di T o r i n o ;

2) vitalizzare u n a serie di poli secondari del P i e m o n t e , in m o d o da costituirli c o m e centri di irradiazione di sviluppo e di « m o d o di vita u r b a n o » sui territori circostanti.

La città è voluta p e r c h é offre u n a molteplicità di occasioni di lavoro, s o p r a t t u t t o industriale e, più in generale, u n a molteplicità di occasioni di vita. O c c o r r e , d u n q u e , d i f f o n d e r e l'industria

dal-l'area metropolitana di T o r i n o ai centri u r b a n i minori del Piemonte e dotare questi ultimi anche delle i n f r a s t r u t t u r e sociali che concorrono a for-m a r e il q u a d r o di vita u r b a n o .

Per q u a n t o riguarda il meccanismo economico gli obiettivi possono essere così sintetizzati:

1) differenziare la struttura industriale del Piemonte eccessivamente legata all'automobile e quindi troppo esposta agli a n d a m e n t i strutturali e congiunturali della sua dinamica;

2) ristrutturare il settore agricolo in m o d o da a u m e n t a r n e l'efficienza ed evitare che sia iste-rilita u n a fonte di risorse;

3) a u m e n t a r e l'efficienza del settore terzia-rio, c o m m e r c i o soprattutto, ed evitare che intro-duca spinte inflazionistiche nel sistema.

Per q u a n t o r i g u a r d a i settori più direttamente collegati alla « qualità della vita » quali la scuola, la sanità, le istituzioni per il t e m p o libero che, in termini generali, possono essere d e n o m i n a t i servi-zi sociali, il loro sviluppo e il necessario a u m e n t o della loro efficienza, oltreché costituire u n fine p r i m a r i o della p r o g r a m m a z i o n e perché a p p u n t o migliorano la « qualità della vita », costituiscono strumenti, come già si è accennato, che, opportu-n a m e opportu-n t e m a opportu-n o v r a t i , c o opportu-n s e opportu-n t o opportu-n o di orgaopportu-nizzare il territorio e che a u m e n t a n o il g r a d o di efficienza del sistema, in q u a n t o , per usare il linguaggio degli economisti, si a p p a l e s a n o come variabili « e x t r a e c o n o m i c h e » che c o n d i z i o n a n o lo svi-l u p p o economico.

3. Caratteri della dinamica socio-economica nel periodo 1974-1978.

Le previsioni della d i n a m i c a socio-economica per il p e r i o d o 1974-1978 m o s t r a n o delle modifi-cazioni di rilievo rispetto al m e c c a n i s m o di svi-l u p p o che ha agito in P i e m o n t e negsvi-li usvi-ltimi venti anni.

Il f a t t o f o n d a m e n t a l e è d a t o dal previsto venir m e n o della f u n z i o n e t r a i n a n t e del sistema econo-mico regionale che in passato era stata esercitata s o p r a t t u t t o dal settore d e l l ' a u t o m o b i l e . E ciò per d u e ragioni.

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sosti-tuzione. Da ciò deriva che in generale, o se si preferisce in termini strutturali, l ' a u m e n t o della p r o d u z i o n e a n n u a di automobile n o n d o v r e b b e dar luogo ad un a u m e n t o di occupazione perché copribile d a l l ' a u m e n t o della produttività. È proba-. bile che p e r il settore dell'automobile italiano si

p r o d u c a n o condizioni analoghe a quelle del mer-cato americano con forti oscillazioni congiuntu-rali che p o r r a n n o dei grossi p r o b l e m i di elasticità p r o d u t t i v a .

La seconda ragione è data dalla politica di in-dustrializzazione del Mezzogiorno che i n d u r r à , q u a n t o m e n o , a dirottare nel Sud la p r o d u z i o n e di meccanismi produttivi addizionali in questo set-tore, qualora la dinamica della d o m a n d a lo ren-desse possibile.

L'affìevolimento della dinamica dell'industria automobilistica si ripercuote sulle imprese com-p l e m e n t a r i e, attraverso ai redditi com-p r o d o t t i da questo complesso, d e t e r m i n e r à u n a m i n o r e espan-sione delle imprese che p r o d u c o n o beni e servizi a d o m a n d a locale. D u n q u e , è l'intero sistema eco-n o m i c o regioeco-nale che rischia di risultareco-ne ieco-n- in-ceppato.

Q u i , il p r o b l e m a da a n n i posto della diversifi-cazione p r o d u t t i v a del P i e m o n t e assume u n a nuo-va coloritura.

Nel lungo p e r i o d o si p u ò p e n s a r e a settori a tecnologia a v a n z a t a , s e b b e n e decisioni di questo tipo risultino s e m p r e più connesse a decisioni che d e b b o n o essere assunte a livello n a z i o n a l e ; nel breve p e r i o d o è più realistico p u n t a r e sulle pic-cole e m e d i e imprese, a n c h e su quelle parzial-m e n t e c o parzial-m p l e parzial-m e n t a r i con l ' i n d u s t r i a autoparzial-mobili- automobilistica, p e r c h é r a f f o r z i n o le loro s t r u t t u r e p r o d u t -tive, s v i l u p p i n o le loro tecnologie, diversifichino le loro g a m m e p r o d u t t i v e .

Q u e s t o sforzo nella direzione delle piccole e m e d i e i m p r e s e oltreché r i s p o n d e r e ad esigenze, che si r i c a v a n o , a n c h e , c o m e a n c o r a si v e d r à più avanti, dall'analisi del sistema e c o n o m i c o regio-nale, risulta o v v i a m e n t e u n a linea di azione che si inscrive nello s f o r z o di s v i l u p p o del paese, in q u a n t o le possibilità reali di e s p a n s i o n e di q u e s t e i m p r e s e sono legate all'esistenza di « un intreccio industriale », che ne costituisce il s u p p o r t o pro-d u t t i v o e pro-di servizio, e, q u i n pro-d i , a p p a i o n o legate alle regioni di più antica i n d u s t r i a l i z z a z i o n e .

L'ulteriore s v i l u p p o d e l l ' o c c u p a z i o n e industria-le del P i e m o n t e a p p a r e necessario p e r il p r o d u r s i dei seguenti tre f e n o m e n i : si r i d u r r à a n c o r a l'oc-c u p a z i o n e n e l l ' a g r i l'oc-c o l t u r a in t a l u n e aree del

Pie-monte; il ringiovanimento della popolazione della regione, effetto dell'immigrazione di massa pro-dottasi nell'ultimo ventennio, genera u n saldo positivo del m o v i m e n t o naturale e quindi doman-da addizionale di lavoro; l'immigrazione doman-dal Sud, anche se a n d r à attenuandosi per effetto di politi-che di industrializzazione del Mezzogiorno, con-tinuerà, tuttavia, a prodursi, n o n si estinguerà nel periodo, anche perché il Sud è ancora in piena esplosione demografica.

La necessaria creazione di nuovi posti di lavoro dovrebbe, quindi, avvenire al di f u o r i dei tradi-zionali settori motori, p r i n c i p a l m e n t e nelle pic-cole e medie imprese, nel settore delle costruzioni, dove si è a c c u m u l a t a u n a d o m a n d a non soddisfat-ta, la quale, tuttavia, non p u ò t r a s f o r m a r s i senza un intervento p u b b l i c o in « d o m a n d a p a g a n t e », nel settore dei servizi sociali che d o v r e b b e r o espandersi per le ragioni più sopra esposte.

L'espansione demografica risulterebbe notevol-m e n t e più contratta di quella prodottasi in pas-sato per la riduzione consistente dei flussi mi-gratori.

4. Delineazione degli strumenti della pianifica-zione regionale.

La realizzazione del q u a d r o delineato q u a n t o alla d i n a m i c a socio-economica, all'assetto del ter-ritorio e alla creazione e o r g a n i z z a z i o n e dei ser-vizi sociali s u p p o n e u n a serie di interventi ordi-natori che solo in piccola misura sono di compe-tenza diretta dell'ente regione.

C o m e si è detto in p r e m e s s a , la Regione per quei campi in cui n o n ha c o m p e t e n z a diretta do-v r e b b e sdo-volgere u n ' a z i o n e politica di indirizzo e di c o o r d i n a m e n t o , m e n t r e , o v v i a m e n t e , per i cam-pi diretti il suo p r o g r a m m a di attività d o v r e b b e svilupparsi in stretta a d e r e n z a con le indicazioni di p i a n o .

O c c o r r e i n t a n t o dire che il p i a n o regionale f u n g e da p i a n o q u a d r o per i piani delle aree sub-regionali e per i piani settoriali in cui è premi-n e premi-n t e o f o premi-n d a m e premi-n t a l e l ' i premi-n t e r v e premi-n t o p u b b l i c o .

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p u ò essere considerato come piano pilota) in cui si determina la distribuzione delle attività e della popolazione sul territorio e le i n f r a s t r u t t u r e che ne d e t e r m i n a n o l'organizzazione. Questi piani do-v r e b b e r o fungere da piani direttori per i piani re-golatori generali dei singoli comuni.

Inoltre, si deve procedere alla f o r m a z i o n e dei piani per i settori della salute, dell'istruzione, del-le istituzioni per il tempo libero costituiti obbe-d e n obbe-d o sia alle esigenze che obbe-derivano obbe-dall'analisi di questi servizi sia utilizzandoli, come già si è detto, come strumenti di organizzazione del terri-torio.

Alla f o r m a z i o n e e, soprattutto, all'esecuzione di questi piani, per i quali esiste u n a c o m p e t e n z a mista della Regione, dello Stato e di altri enti, d e v o n o essere chiamati questi operatori, t r o v a n d o dei m o m e n t i (ad esempio istituendo delle commis-sioni o delle c o n f e r e n z e p e r m a n e n t i di servizio) in cui sia possibile seguire e correggere l'azione in questi c a m p i .

O v v i a m e n t e più difficile è seguire l'attività del-l ' o p e r a t o r e privato. Q u i occorre procedere, odel-ltre che con piani come quelli urbanistici e

commer-ciali, che sono piani di vincolo, con l'apprestare condizioni di convenienza. O p e r a secondo questo indirizzo, ad esempio, l'indicazione di creare aree industriali attrezzate sia per diffondere l'industria-lizzazione in arep in cui questa attività è insuffi-ciente sia per razionalizzare i tessuti u r b a n i . Ope-rano in questo senso i piani agricoli zonali che, da u n lato, indicano le vie attraverso cui p u ò essere resa efficiente l'attività agricola e, dall'altro, pos-sono condizionare all'assunzione di questi indi-rizzi la concessione di determinate facilitazioni.

L'azione della Regione p u ò farsi più incisiva attraverso la costituzione di altri strumenti quali la finanziaria regionale, l'ente di sviluppo per l'agricoltura, l'ente per l'artigianato, l'ente o gli enti dei trasporti.

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Decentramento industriale:

il caso del settore abbigliamento

Giulio Maggi

Caratteristiche generali del set-tore.

Nel 1951, nel c o m p a r t o ve-s t i a r i o - a b b i g l i a m e n t o italiano, l'occupazione in unità locali (stabilimenti) con n o n più di 5 addetti era pari a 181.397 u n i t à cioè al 7 2 , 2 % dell'occupazione complessiva nel settore. Gli sta-bilimenti di dimensione rilevan-te (con più di 5 0 0 addetti) con-t a v a n o , sempre nel 1951, p o c o in termini di occupazione; la per-centuale era infatti del 2 % .

Nel p e r i o d o 1951-1961 si as-siste ad u n a progressiva p e r d i t a d ' i m p o r t a n z a degli stabilimenti con n o n più di 5 addetti a causa della scomparsa di molte piccole i m p r e s e artigianali. Il n u m e r o di tali u n i t à passa infatti da 1 2 4 . 2 8 7 a 1 1 2 . 1 0 5 . I n tutte le classi o c c u p a z i o n a l i d ' a m p i e z z a s u p e r i o r e sia il n u m e r o delle uni-tà locali che l ' o c c u p a z i o n e sono a u m e n t a t i , nel p e r i o d o conside-rato, in t e r m i n i assoluti e relativi. U n ' i m p o r t a n z a n o t e v o l m e n -te m a g g i o r e a c q u i s t a n o gli stabi-limenti di d i m e n s i o n e m e d i a (da 50 a 5 0 0 a d d e t t i ) ; tali sta-bilimenti c o n t a v a n o nel 1951 l'I 1 , 3 % d e l l ' o c c u p a z i o n e e nel 1961 il 1 9 , 9 % .

Fino al 1971 si n o t a un ulte-riore a u m e n t o p e r quel che ri-g u a r d a le classi o c c u p a z i o n a l i a p a r t i r e da 10 addetti in su sia in termini di n u m e r o d ' i m p r e s e sia in termini di n u m e r o di lavora-tori m e n t r e per le classi

prece-denti si ha u n a d i n a m i c a di se-gno opposto. Gli stabilimenti da 50 a 5 0 0 addetti o c c u p a n o , con u n sensibile a u m e n t o rispetto al decennio precedente, il 3 5 % del-la m a n o d o p e r a dell'intero setto-re (tavola 1).

C o m e risulta dalla tabella, gli stabilimenti di piccola

dimensio-ne r i m a n g o n o ancora molto nu-merosi e la loro quota di occupa-zione elevata. L ' I t a l i a , infatti, è il paese della C E E che ha la più forte p e r c e n t u a l e di aziende ar-tigianali sul totale del settore ( 9 7 , 3 % ) in c o n f r o n t o a G e r m a -nia ( 9 3 , 3 % ) , F r a n c i a ( 9 3 , 5 % ) , Paesi Bassi ( 8 1 , 1 % ) ,

Belgio-TAVOLA 1 — U N I T À L O C A L I D E L S E T T O R E V E S T I A R I O E A B B I G L I A M E N T O S E C O N D O IL N U M E R O D I A D D E T T I Classi di ampiezza 1951 1961 1971 fino a 5 — unità locali 124.287 112.105 89.059 _ addetti 181.397 176.396 125.791 da 6 a 10 — unità locali 1.932 3.513 2.633 _ addetti 13.827 25.835 18.947 da 11 a 50 — u n i t à locali 1.052 2.503 4.442 _ addetti 22.206 53.054 87.685 da 51 a 100 — unità locali 150 338 587 _ addetti 10.272 23.299 40.680 da 101 a 500 — unità locali 95 226 493 _ addetti 18.172 43.965 97.933 da 501 a 1000 — unità locali 5 14 34 — addetti 3.378 9.383 24.424 da 1001 e oltre — unità locali 1 4 — addetti 1.625 7.152 20.742 unità locali senza addetti 35 — ' 5 9 unità locali amministrative

— unità locali 72 —

— addetti 233 — — totali

— unità locali 127.829 118.703 97.396 _ addetti 251.110 339.084 416.202

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Lussemburgo ( 9 1 , 1 % ) . Anche la percentuale totale della Comu-nità è c o m u n q u e alta ( 9 4 , 7 % ) e questo denota che l'artigianato è ancora u n a situazione tipica di questo particolare r a m o d'atti-vità (')•

L'industria italiana della con-fezione richiede ancora molta m a n o d o p e r a soprattutto femmi-nile: si calcola che le spese per il personale incidano sul costo totale per circa il 2 5 - 3 5 % ; le materie prime per circa il 45-5 45-5 % ; gli a m m o r t a m e n t i per cir-ca 1 - 3 % (questa percentuale mi-n i m a è dovuta alla struttura tec-nica di questa industria ed alla sua debole intensità di capitali); le altre spese e le imposte per circa il 2 0 - 3 0 % (2).

Per le caratteristiche produt-tive dell'abbigliamento molte fasi del ciclo di lavorazione n o n sono assolutamente automatizza-bili o per lo m e n o lo sono solo in parte. È ad esempio il caso della fase di taglio: la moltepli-cità dei f o r m a t i , delle taglie e dei modelli, obbliga le imprese a r i n u n c i a r e a l l ' a u t o m a z i o n e o q u a n t o m e n o a r i d u r r e le serie. Queste limitazioni h a n n o come conseguenza l ' a u m e n t o dei costi: le imprese sono costrette ad oc-c u p a r e molta m a n o d o p e r a soste-n e soste-n d o ososte-neri elevati e tutto ciò si t r a d u c e in u n a u m e n t o del co-sto totale. Inoltre occorre c o n s i d e r a r e che l ' i n t r o d u z i o n e d e l l ' a u t o m a -zione si ha q u a n d o si raggiunge u n a d e t e r m i n a t a soglia dimensio-nale ed u n d e t e r m i n a t o livello p r o d u t t i v o .

D a t u t t o ciò consegue che sono p o c h e le i m p r e s e che pos-sono avere u n certo g r a d o di au-t o m a z i o n e p e r cui gli a u m e n au-t i di p r o d u t t i v i t à sono di lieve entità. Q u e s t a è u n a delle ragioni del basso livello salariale del settore

nei confronti degli altri settori m a n i f a t t u r i e r i .

Distribuzione sul territorio na-zionale.

Le p r i m e aziende sorsero in vicinanza dei grandi centri indu-striali come M i l a n o e T o r i n o do-ve le imprese che o c c u p a v a n o m a n o d o p e r a maschile consenti-v a n o alla confezione di utilizzare in c o m p l e m e n t o m a n o d o p e r a f e m m i n i l e .

Oggi è in atto u n f e n o m e n o di d e c e n t r a m e n t o e di trasferimen-to che r i g u a r d a sia le imprese n u o v e , che preferiscono stabilirsi in zone l o n t a n e dai maggiori cen-tri u r b a n i , sia le imprese già in p r o d u z i o n e , sia le g r a n d i impre-se del r a m o , che t e n d o n o a crea-re degli stabilimenti dislocati per la lavorazione, specializzando queste n u o v e u n i t à , ed a mante-n e r e la sede dell'impresa mante-nei g r a n d i centri u r b a n i per godere dei vantaggi dovuti alla facilità delle relazioni e dei collegamenti commerciali.

La d i n a m i c a degli insedia-m e n t i ha subito alcune trasfor-m a z i o n i con il passare degli an-ni: all'inizio del suo sviluppo, l'industria italiana dell'abbiglia-m e n t o v e d e v a i dell'abbiglia-maggiori centri p r o d u t t i v i in P i e m o n t e , L o m b a r -dia, nelle V e n e z i e ed a n c h e in Liguria. La v i c i n a n z a dei g r a n d i cen-tri di c o n s u m o f a v o r i v a le nuo-ve installazioni nelle regioni set-tentrionali che a v e v a n o già u n a tradizione nel c a m p o e tale ten-denza n o n si è a n c o r a esaurita.

Inoltre l ' a b b i g l i a m e n t o pote-va u s u f r u i r e , in queste zone, dei vantaggi dovuti alla v i c i n a n z a alle f o n t i d ' a p p r o v v i g i o n a m e n t o di m a t e r i a p r i m a , vantaggi che si sono affievoliti nel t e m p o , t a n t o che ora l ' i n c i d e n z a del costo di

trasporto di detta industria sul costo totale è molto bassa. Ma sono evidentemente rimaste del-le ragioni di tradizione impren-d i t o r i a l e che t e n impren-d o n o a

mantene-re tale pmantene-refemantene-renza.

La possibilità di reperire, spe-cialmente tra le classi di giovani lavoratrici, elementi da impiega-re nelle industrie del settoimpiega-re è sempre stata la condizione per il sorgere di n u o v e iniziative. Tipi-co è il recentissimo caso delle re-gioni meridionali nelle quali il m e r c a t o del lavoro con la sua offerta di elementi femminili e le provvidenze per l'insediamen-to di n u o v e attività produttive, h a n n o favorito la creazione di u n i t à del settore.

Cosa analoga si osserva per q u a n t o r i g u a r d a l'insediamento nelle zone p r e t t a m e n t e agricole o c o m u n q u e con caratteristiche preindustriali delle regioni set-tentrionali dove c'è la possibi-lità di reperire m a n o d o p e r a fem-minile lasciata libera dal lavoro dei campi ed impiegata a t e m p o pieno o a domicilio. Q u i , inoltre, n o n c'è la difficoltà del trasferi-m e n t o dei q u a d r i che n o n si spo-stano volentieri dal settentrione al m e r i d i o n e , m e n t r e n o n h a n n o eccessive difficoltà a trasferirsi n e l l ' a m b i t o regionale.

L'industria dell'abbigliamento attraverso le tre fasi dell'indu-strializzazione piemontese.

Il settore a b b i g l i a m e n t o h a se-guito come gli altri settori indu-striali le tre fasi dell'induindu-strializ- dell'industrializ-zazione p i e m o n t e s e : d u r a n t e la p r i m a fase, a v e n d o u n a s t r u t t u r a con caratteristiche quasi

total-(1) Fonie: OSCE (Office Statistique des Communautés Européennes), Ginevra 1968.

(2) Fonte: Capelin Associates Limited, Les ìndustries eie la confection dans la CEE.

(21)

mente artigianali, era polverizza-to in quasi tutpolverizza-to il Piemonte, so-prattutto in quelle zone dove esi-steva u n a tradizione storica in q u a n t o sedi della casa regnante; d u r a n t e la seconda fase che ebbe inizio dopo la 2a guerra ed è

ter-minata con gli anni del b o o m eco-n o m i c o (1965), si è avuta ueco-n'ac- un'ac-centuazione delle caratteristiche industriali ed u n a tendenza alla concentrazione nei maggiori cen-tri urbani-induscen-triali, in partico-lare a T o r i n o ; nella terza fase che è iniziata grosso m o d o d o p o il 1965 e p e r d u r a tutt'oggi, si nota un n u o v o spostamento dalle zone industriali verso zone carat-terizzate da u n a m e n o intensa attività industriale o verso zone p r e t t a m e n t e agricole.

I fattori che d e t e r m i n a n o u n a certa localizzazione sono chiara-m e n t e chiara-molteplici e cochiara-mplessi e questo si verifica a n c h e per

l'ab-bigliamento; ma forse in questo settore, p r o p r i o per le sue carat-teristiche strutturali, è possibile mettere in evidenza, per ogni fase industriale, almeno u n fat-tore p a r t i c o l a r m e n t e determi-nante.

La p r i m a fase è l'unica che non è possibile analizzare attra-verso dati statistici, sia per la lo-ro scarsità sia per la lolo-ro scarsa omogeneità e c o n f r o n t a b i l i t à . Per q u a n t o riguarda le altre d u e fasi n o n si p u ò dire che i dati ottenuti siano del tutto attendi-bili e completi, ma q u a n t o m e n o d o v r e b b e r o essere sufficienti per f a r e un'analisi statica e d i n a m i c a della politica localizzativa del settore a b b i g l i a m e n t o ; a n c h e se a livello orientativo.

L'analisi statica si p u ò desu-m e r e dalla situazione localizza-tiva in d u e m o m e n t i , al 1961 e al 1971, che sono a b b a s t a n z a

rappresentativi rispettivamente della fase di accentramento e di decentramento industriale; l'ana-lisi dinamica si baserà sul con-f r o n t o tra le due situazioni per ricavare u n a n d a m e n t o indicati-vo della localizzazione del set-tore (tavola 2) (3).

Si p u ò pensare che, nella pri-m a fase industriale, i fattori che h a n n o d e t e r m i n a t o u n certo inse-d i a m e n t o inse-delle ininse-dustrie inse- dell'ab-bigliamento n o n fossero molto diversi da quelli che h a n n o de-t e r m i n a de-t o lo sde-tesso insediamen-to per le altre industrie; soprat-tutto se si pensa che, in quel periodo, la struttura del settore

(3) Vedere cartografia allegata rela-tiva a:

— situazione localizzativa del set-tore abbigliamento in Piemonte al 1971, nei comuni con oltre 100 addetti occupati nel settore;

— variazioni della suddetta situa-zione localizzativa tra 1961 e 1971.

TAVOLA 2. — D I S T R I B U Z I O N E D E L S E T T O R E A B B I G L I A M E N T O IN P I E M O N T E

Variaz. % 61-71 1961 1971 Variaz. 61-71 Variaz. % 61-71 con base variazione

Località regionale 100

u. 1. addetti u. 1. addetti u.l. addetti u. 1. addetti 11. 1. addetti

Piemonte 10.698 37.061 7.100 41.422 3.598

+

4.361 - 34

+

11 BBS 100

+

100 * Provincia T O 4.408 16.007 2.768 16.834 — 1.640 4- 827 - 38 4- 5 — 46

+

19 T o r i n o e cintura 3.159 13.791 2.028 14.148 — 1.131

+

357 - 36

+

2 — 31

+

8 altri c o m u n i 126 462 75 984 - 51

+

522 - 41

+

112 - 1

+

12 Provincia V C 1.381 2.887 904 2.325 — 477 — 562 - 35 . — 20 — 13 — 13 Biella 189 344 125 210 — 64 — 134 - 34 — 39 — 1 — 3 Vercelli 137 277 76 158 — 61 — 119 - 45 43 — i — 2 altri c o m u n i 125 870 79 895 - 46

+

25 - 37 4 2 - 1

+

0,5 Provincia N O 1.315 6.423 964 8.311 j— 351 + 1.888 - 27

+

29 3 N 10 4- 43 N o v a r a 198 555 170 882 — 28

+

327 - 14

+

58 • — 0,7

+

7 altri c o m u n i 369 4.123 324 5.181 - 45

+

1.058 - 12

+

25 - 1

+

24 Provincia C N 1.311 4.416 950 7.256

_

361 + 2.840 - 27 4- 64 — 10

+

65 C u n e o 155 289 t o t 573 — 54

+

284 - 34

+

98 — 1

+

6 altri c o m u n i 403 2.976 341 5.090 - 62

+

2.114 - 15

+

71 - 1<

+

48 Provincia A T 717 2.529 448 2.529

_

269 — - 37 7 Asti 177 505 142 523 —i 35

+

18 - 19 -f 3 — 0,9

+

0,4 altri comuni 94 1.300 73 1.428 - 21

+

128 - 22

+

9 - 0,5

+

2 Provincia A L 1.566 4.799 1.066 4.167 500

_

632 - 31 13 — 14 — 14 Alessandria 230 1.888 205 1.308 — 25 — 580 - 10 — 30 — 0,5 — 13 altri comuni 370 1.480 277 1.846 — 93

+

366 - 25

+

24 — 2

+

8

* I comuni considerali h a n n o oltre 100 addetti occupati nel settore.

(22)

S I T U A Z I O N E L O C A L I Z Z A T I V A DEL SETTORE A B B I G L I A M E N T O AL 1971 NEI COMUNI CON OLTRE 100 A D D E T T I OCCUPATI NEL RAMO

(23)

V A R I A Z I O N I (1961-1971) D E L L A S I T U A Z I O N E L O C A L I Z Z A T I V A DEL SETTORE A B B I G L I A M E N T O NEI COMUNI CON OLTRE 100 A D D E T T I OCCUPATI NEL RAMO

„ 2 0 0 0 - 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 - 5 0 0 0 0 ,. 5 0 0 0 0 - 1 0 0 0 0 0 „ oltre 1 0 0 0 0 0 Confini di Stato Confini di Regione Confini d i Provincia Scala di 1 : 5 0 0 0 0 0 Domodossola Villadossola O m e g n a AOSTA \ i /fnvoric I Briga NoV> )rgoTicino /ara Ilo P. Serravalle Sesia V Borgomanero

(24)

Lo stabilimento di Racconigi del Gruppo finanziario tessile.

vestiario era in gran p a r t e arti-gianale. È q u i n d i poco p r o b a b i l e che emergessero dei fattori speci-fici di localizzazione, m a è invece più facile che si rinnovassero i fattori tradizionali: vicinanza al-le fonti di energia (acqua) ed alal-le fonti di p r o d u z i o n e delle m a t e r i e prime (industria tessile).

Nella seconda fase industriale il settore a b b i g l i a m e n t o si svi-l u p p a , sia q u a n t i t a t i v a m e n t e (au-menta il n u m e r o e la d i m e n s i o n e delle aziende) sia qualitativa-m e n t e ( a u qualitativa-m e n t a la qualitativa- meccanizza-zione, a n c h e se con tutti i limiti posti al settore); ed essendo, que-sto, un r a m o che o c c u p a soprat-tutto m a n o d o p e r a a basso costo (femminile), sorge incompatibi-lità tra industria tessile e indu-stria d e l l ' a b b i g l i a m e n t o . Ambe-due, infatti, o c c u p a n o lo stesso tipo di m a n o d o p e r a . È l ' i n d u s t r i a del vestiario, p e r ò , che essendo m e n o dotata di capitali fissi, si sposta in zone più d e n s a m e n t e industrializzate c o m e T o r i n o , do-ve sono insediate industrie che non o c c u p a n o a n c o r a m o l t o la-v o r o di questo tipo.

È la sede ideale di molte indu-strie, r i c h i a m a t e dallo sviluppo

economico, ed in particolare del r a m o in oggetto in q u a n t o p u ò utilizzare quella m a n o d o p e r a a basso costo costituita dal lavoro f e m m i n i l e , che n o n viene ancora utilizzata dagli altri r a m i (me-tallurgico-meccanico, elettrico) e dal lavoro degli immigrati appe-na installatisi al n o r d .

Ne deriva u n processo di con-centrazione u r b a n a che è il ri-sultato di due fatti concomitan-ti: l ' u n o di n a t u r a e c o n o m i c a e l'altro di n a t u r a sociologica.

Dal p u n t o di vista e c o n o m i c o la c o n c e n t r a z i o n e u r b a n a è do-v u t a al do-verificarsi di « indido-visibi- indivisibi-lità » nei diversi fattori economi-ci, cioè al verificarsi di e c o n o m i e di agglomerazione. Le e c o n o m i e di a g g l o m e r a z i o n e si presenta-no, a l l ' i m p r e s a , quali e c o n o m i e esterne d e r i v a n t i , sia dal f a t t o di trovarsi in prossimità di altre at-tività p r o d u t t i v e (economie di localizzazione) sia dal f a t t o di trovarsi giustapposte, spazial-m e n t e , ad altre attività (econo-mie di u r b a n i z z a z i o n e ) .

Il processo di c o n c e n t r a z i o n e u r b a n a ha c a r a t t e r e c u m u l a t i v o e, in assenza di p e r f e t t a mobilità dei fattori, le e c o n o m i e esterne di

localizzazione e di urbanizzazio-ne, che si vengono a f o r m a r e nei vari centri, sono tanto maggiori - q u a n t o maggiore è la dimensione

iniziale del centro u r b a n o . In sostanza, attraverso il feno-m e n o della concentrazione spa-ziale, il sistema economico rag-giunge più elevati livelli di effi-cienza complessiva (4).

In realtà, le migrazioni all'in-terno del sistema t e n d o n o a svi-lupparsi oltre il p u n t o di massi-m a efficienza. Nei centri u r b a n i verso cui le migrazioni si diri-gono possono infatti verificarsi f e n o m e n i di congestione, situa-zioni cioè in cui l'aggiunta di u n a unità marginale d'insediamenti o di flussi sia tale da f a r innalzare i costi di p r o d u z i o n e dei b e n i e dei servizi p r o d o t t i ed offerti e ab-bassare i ricavi prodotti nel cen-tro stesso.

U n ulteriore flusso di b e n i ca-pitali verso queste aree u r b a n e f a sorgere, al loro interno, dise-conomie dovute alla congestione, cioè ad un'eccessiva densità di utenti delle i n f r a s t r u t t u r e di tra-sporto, alla crescita dei costi dei servizi p u b b l i c i e dei prezzi dei fattori produttivi.

L'insorgere della congestione è la causa di u n inefficiente uti-lizzo delle risorse locali, di mag-giori costi nella f o r n i t u r a dei ser-vizi pubblici o c o m u n q u e di quei b e n i e servizi p r o d o t t i dall'ope-ratore p u b b l i c o , e cioè della s c o m p a r s a , per alcuni settori, di quelle economie di agglomera-zione che, come si è visto, sono u n a delle p i ù i m p o r t a n t i ragioni dei f e n o m e n i di c o n c e n t r a z i o n e spaziale.

Q u e s t e sono a n c h e , in linea generale, le conseguenze sentite d a l l ' i n d u s t r i a d e l l ' a b b i g l i a m e n t o

(4) F. PERROUX, L'economia del XX

(25)

in Piemonte, la quale in partico-lare è stata colpita dalla modifi-cazione della struttura occupa-zionale nelle industrie motrici. L'emancipazione femminile, i m u t a m e n t i nelle strutture socio-culturali, l ' a u m e n t o dei posti di lavoro e della d o m a n d a di mano-dopera femminile da parte di set-tori nuovi — tutti fatti derivanti dalla concentrazione spaziale — h a n n o causato u n notevole eso-do di detta m a n o d o p e r a dal set-tore verso settori più remunera-tivi.

Per questi motivi la localizza-zione in zone d e n s a m e n t e indu-strializzate n o n è più adatta né conveniente; infatti, d o p o il 1965 incomincia a notarsi u n certo d e c e n t r a m e n t o dell'abbi-gliamento verso zone dalle carat-teristiche diverse (meno svilup-p a t e o rurali) dove è svilup-possibile reperire più f a c i l m e n t e forza-la-voro.

Q u e s t a d i n a m i c a è rilevabile, n o n solo a livello regionale m a a n c h e a livello nazionale ed in-ternazionale; si comincia a no-tare e si auspica, da p a r t e degli o p e r a t o r i economici, u n a modi-ficazione d e l l ' i n s e d i a m e n t o del settore (regioni m e r i d i o n a l i e paesi del terzo m o n d o ) (5).

C o m e premesso, questa dina-m i c a non è generale, vi sono evi-d e n t e m e n t e evi-dei casi a n o m a l i e delle ragioni diverse (p. es. sto-rico-ambientali, i m p r e n d i t o r i a l i ) che c o n t r a s t a n o con q u a n t o detto p r i m a : ad e s e m p i o s a p p i a m o che il settore è p a r t i c o l a r m e n t e pol-verizzato e che esistono u n i t à lo-cali disperse su quasi t u t t o il suo-lo regionale, s a p p i a m o che molte u n i t à p r o d u t t i v e non h a n n o an-cora seguito e magari non segui-r a n n o q u e s t e t e n d e n z e al decen-t r a m e n decen-t o , m e n decen-t r e s a r e b b e auspi-cabile un massiccio e c o o r d i n a t o s p o s t a m e n t o di ogni attività

pro-duttiva verso altri poli di svilup-po della regione.

Pianificazione e industria del-l'abbigliamento in rapporto alla dinamica territoriale.

Nella regione Piemonte, ed in generale in tutte le zone indu-strializzate, si d e t e r m i n a n o d u e tipi di squilibrio. U n o tra con-centrazione m e t r o p o l i t a n a (quin-di demografica, economica, dei servizi etc.) ed il resto del terri-torio che viene a trovarsi in u n a situazione, n o n solo di crescente d i p e n d e n z a ma a n c h e di crescen-te s f r u t t a m e n t o ed impoverimen-to relativo. Q u e s t o r a p p o r t o tra aree m e t r o p o l i t a n e , che normal-m e n t e i n c l u d o n o il capoluogo di provincia, ed il resto del terri-torio presenta molte analogie con il f e n o m e n o del d u a l i s m o N o r d - S u d con il quale, m o l t o spesso, risulta intrecciato o ad-dirittura coincidente sul p i a n o territoriale. Il s e c o n d o tipo di squilibrio è quello c a u s a t o dal declino di attività e c o n o m i c h e tradizionali che a v e v a n o

raggiun-to un cerraggiun-to livello di sviluppo. Questo declino p u ò essere stato determinato da m u t a m e n t i nella struttura della d o m a n d a (cre-scente importanza di nuove ma-terie o prodotti) o p p u r e da cam-b i a m e n t i che sono intervenuti nelle condizioni produttive (ad esempio per impoverimento od esaurimento delle risorse natura-li o per il m a n c a t o a d e g u a m e n t o delle strutture produttive al pro-gresso tecnico).

I suddetti problemi si sono presentati all'opinione p u b b l i c a ed alle imprese in tutta la loro gravità q u a n d o già la situazione era, sotto certi aspetti, insosteni-bile. Q u e s t o stato di cose n o n è altro che il risultato dello svi-l u p p o economico, dasvi-l dopoguer-ra ad oggi, che si è a v u t o in Ita-lia: sviluppo che è stato determi-n a t o u determi-n i c a m e determi-n t e da u determi-n a logica di profitto aziendale di breve p e r i o d o senza tener conto di tutte quelle istanze di ordine sociale, territoriale etc. che ora si

presen-(5) L'industria tessile in Italia a cura de

« Il sole 24 ore », Milano 1971.

(26)

tano p r e p o t e n t e m e n t e all'atten-zione degli operatori economici.

Questa logica è stata la causa della m a n c a t a applicazione di u n a positiva e coordinata piani-ficazione economica che risolves-se gli squilibri regionali e risolves- setto-riali; e come conseguenza ne sono derivati tutti i p r o b l e m i di cui, adesso, le regioni del N o r d e le popolazioni di dette regioni stanno sentendo tutta la gravità. Oltre alle innumerevoli diffi-coltà che sorgono per attuare u n efficace p i a n o di d e c e n t r a m e n t o e di riconversione n e l l ' a m b i t o della p r o g r a m m a z i o n e regionale s ' i n c o n t r a n o problemi nella scel-ta delle n u o v e attività che do-v r e b b e r o essere inserite nelle zone depresse.

La scelta dovrà essere fatta in base a diversi fattori f r a i quali: 1) il p a t r i m o n i o e le tradi-zioni industriali della zona;

2) le condizioni del mer-cato del lavoro nella zona.

Inoltre, u n a volta scelto il settore od i settori economici, occorre i n d u r r e le imprese esi-stenti e quelle che n a s c e r a n n o ad effettuare investimenti nelle aree stabilite.

P u ò essere facile i n d u r r e le imprese esistenti a trasformarsi per modificare o diversificare la loro p r o d u z i o n e (industrie tessi-li) ma è più difficile e più costoso sostituire vecchie attività, entra-te in crisi, con delle n u o v e e svi-l u p p a r e dasvi-l nusvi-lsvi-la nuovi settori attraverso u n a politica d'incen-tivi.

È a questo p u n t o che possono essere utili e ci si p u ò servire, se o p p o r t u n a m e n t e controllate, delle t r a s f o r m a z i o n i in atto nel settore abbigliamento.

Q u e s t ' i n d u s t r i a , a v e n d o u n a s t r u t t u r a p r o d u t t i v a particolare: m e d i a intensità di capitali, me-dia d i m e n s i o n e ed essendo u n a forte utilizzatrice di m a n o d o p e r a (industria leggera) h a come logico indirizzo quello di a b b a n d o -n a r e le zo-ne sviluppate per

loca-lizzarsi in zone in via di svi-luppo.

In questo m o d o essa libera dei fattori di p r o d u z i o n e (mano-dopera) relativamente poco pro-duttivi nelle zone industrializza-te a vantaggio di settori più in-tensivi in capitali e, se opportu-n a m e opportu-n t e coordiopportu-nata, p u ò creare dei redditi complementari nelle zone interessate, p r o d u c e n d o gli stessi beni a prezzi minori.

Inoltre molti segmenti di que-st'industria con le n u o v e cono-scenze tecnologiche, applicate n o n solo alla p r o d u z i o n e m a an-che in altri c a m p i (ad esempio amministrativo) e con u n a n u o v a mentalità imprenditoriale, sono suscettibili d ' i n c o r p o r a r e capita-le e f a t t o r e conoscenza e posso-no diventare molto competitivi a tutti i livelli, a p p o r t a n d o u n no-tevole c o n t r i b u t o ad u n miglio-r a m e n t o socio-economico del temiglio-r- ter-ritorio (6).

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