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L’elemento chiave di gran parte degli spostamenti all’interno della provincia sembra dunque essere lo studio. Un gran numero dei frati presenti nelle liste capitolari sono infatti studenti, che vengono inviati presso altri conventi a compiere una parte del loro iter studiorum.

L’alternanza di periodi di studio con periodi di insegnamento previsto dal curriculum degli studi degli Eremitani, come d’altra parte di tutti gli ordini mendicanti, induceva ad una forte mobilità sia degli studenti che dei professori. Come rileva anche Emanuele Boaga nel suo contributo sullo Studium generale dei Carmelitani a Padova, gli uni e gli altri potevano, per decisione capitolare generale o provinciale, essere trasferiti da uno studio all’altro, anche in paesi diversi. Con questa mobilità «questi stessi studi generali diventavano luoghi di scambio di persone, di idee e contribuivano enormemente all’unità dell’Ordine e all’universalità del pensiero, allargando gli orizzonti delle esperienze nel periodo formativo»173.

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3.4 Organizzazione interna delle comunità conventuali

Le comunità conventuali di Padova e Treviso, per far fronte alle necessità pratiche e nello stesso tempo svolgere la propria attività pastorale e spirituale, si organizzarono secondo l’articolata gerarchia interna prevista dalla propria legislazione. Le costituzioni degli Eremitani1, come d’altra parte la legislazione degli altri ordini mendicanti – le costituzioni dei Predicatori, quelle dei Minori e, anche se in maniera meno particolareggiata, quelle dei Servi di Maria2- hanno infatti degli specifici capitoli dedicati alla gerarchia conventuale e alle competenze legate alle singole cariche.

Purtroppo, però, questa organizzazione interna legata alla vita quotidiana emerge solo in parte dalla documentazione in nostro possesso. La documentazione giunta fino a noi e sopravvissuta agli anni e alle operazioni di sfoltimento e riordino degli archivi conventuali, oltre che alle varie vicende storiche (soppressioni dei conventi e passaggio agli archivi di Stato) è, infatti, per lo più quella attestante diritti di natura giuridico-patrimoniale. In tali atti risultano visibili solo alcune cariche, come quella del priore, del procuratore, dei lettori, e, in alcuni casi, figure di laici che ruotavano attorno al convento, senza tuttavia che vengano indicati i loro ruoli specifici3.

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Le Costituzioni dell’ordine degli Eremitani, conosciute come Costituzioni di Ratisbona, per una presentazione delle quali si rimanda al primo capitolo, sono state edite in: I. ARAMBURU CENDOYA,

Las primitivas constituciones de los Augustinos (Ratisbonenses del año 1290), in «Archivo

Agustiniano», Valladolid 1968. I capitoli dedicati all’organizzazione interna e alle varie figure conventuali vanno dal XXVIII al XXXI (De forma electionis subprioris et officio eius; De modo electionis

procuratoris et sacristae et officio eorum; Quomodo eligantur discretus et vicarius domus quando ad provinciale capitulum itur; De officio et auctoritate prioris conventualis et pro quibus casibus absolvantur),

2 Per i Predicatori: CREYTENS, Le constitutions des frères Prêcheurs, pp. 31-49 e 65-67; per i Minori:

Constitutiones generales Narbonenses, pp. 460-461; per i Servi di Maria: Constitutiones antiquae, pp.

44-46. Commento in DAL PINO, I frati Servi di santa Maria, I/2, pp. 1051-1053.

3 Un interessante spaccato di vita conventuale, anche se relativo ad un altro ordine mendicante, è quello che emerge dai Registri di entrata ed uscita del convento di Santa Maria della Scala dei Servi di Maria nei quali sono indicate le varie figure che contribuivano a portare avanti il lavoro quotidiano, compresi i famigli, cioè i lavoratori stipendiati che spesso risiedevano nel convento stesso, come cuochi, barbieri, ortolani e lavandaie (dei quali è attestato il pagamento dei salari): CITERONI, Il

convento di Santa Maria della Scala, pp. 99-122, in particolare, per la famiglia conventuale e il

concreto quotidiano, pp. 107-115. Sempre limitatamente al Veneto, e stavolta per i Minori, un’interessante prospettiva sulle figure di frati che emergono dai testamenti: ROSSI, I frati Minori di

San Fermo nel Trecento, pp. 123-129. Inoltre DE SANDRE GASPARINI, Il convento di San Fermo, pp.

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Occorre sottolineare, inoltre, che anche nelle liste capitolari contenute in una parte di questi atti solo in pochissimi casi viene indicato il ruolo e la qualifica dei frati elencati4. È comunque probabile che i frati in possesso di incarichi specifici e necessari alla quotidiana conduzione del convento venissero esentati dalle riunioni capitolari per poter espletare il loro lavoro5.

3.4.1 Frati chierici e frati conversi o laici

In merito allo stato giuridico dei frati, veramente pochi sono i casi in cui, nella documentazione notarile del XIV secolo reperita, si specifica se il frate è laico o chierico6. La clericalizzazione dell’ordine7 è ormai dato noto: già alla fine del XIII secolo, secondo il Gutierrez8, la grande maggioranza dei frati– forse non meno del 75% - erano sacerdoti o religiosi che aspiravano ad esserlo (novizi di coro o studenti professi). Ciò per un servizio più diretto nel ministero pastorale9.

Le Costituzioni stesse prevedevano che per ricoprire la carica di priore o vicepriore o per essere scelti come delegati per il capitolo provinciale occorresse essere sacerdoti10. Per Padova non viene mai indicata, negli elenchi capitolari o nelle citazioni occasionali di frati, la qualifica di presbiter o clericus. Compaiono invece un certo Dominicus de Peraga conversus in un documento del 19 agosto 1360 e Pelegrinus paduanus conversus et sacrista il 6 giugno 130611. Questo titolo serve evidentemente a distinguere questi frati da tutti gli altri, che invece sono chierici.

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Dalla documentazione sulla comunità di San Giacomo di Bologna, studiata da Celestino Piana, si ricavano invece i ruoli comunitari, tra cui quelli di sacrista e di cantore, di una cinquantina di persone che vivevano nel convento: RONDINA, Gli agostiniani e lo Studio generale bolognese, p. 189.

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Vedere anche, per i Servi di Maria, CITERONI, L’Ordine dei Servi di santa Maria nel Veneto, p. 203. 6

Negli elenchi capitolari del XIII secolo è invece più frequente trovare indicazioni in merito. Un elenco capitolare del 1283, ad esempio, - riportato in PIERRI, Il convento degli Eremitani a Padova – indica, accanto al nome di molti frati la qualifica di sacerdote, di predicatore, di subdiacono, di maestro, di novizio, di converso o di laico.

7 Sulla rapido processo di clericalizzazione presso gli ordini mendicanti, vedere BOAGA, ROCCA,

Sacerdozio, in DIP, coll. 90-91.

8

GUTIERREZ, Gli Agostininiani nel medioevo, I, p. 118. 9 RANO, Agostiniani, c. 314.

10

ARAMBURU CENDOYA, Las primitivas constituciones, cap. XXX, n. 220; RANO, Agostiniani, c. 320. Già nel 1255 i priori erano tutti sacerdoti, se in quell’anno fu concessa da papa Alessandro IV la

Caelestis amor patriae con la quale concedeva la facoltà, riservata solo ai sacerdoti, di assolvere da

pene ecclesiastiche coloro che avessero voluto entrare nell’ordine: DALPINO, I frati Servi di santa

Maria, p. 646 (anche in IDEM, Rinnovamento monastico-clericale, p. 202).

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Anche per Treviso ci sono solo due casi in cui compaiono i termini presbiter e clericus. Si tratta in primo luogo dell’atto del 17 settembre 1299 in cui, in occasione della presa di possesso di un brolo a Treviso da parte del notaio Almerico de Scribanis, figurano come testimoni dominus frater Beningratus presbiter, dominus frater Anthonius presbiter lector dicti monasterii e frater Bartholameus, frater dicti ordinis. Il fatto che per i primi due si specifichi che sono sacerdoti sembra porre una distinzione tra loro e frate Bartolomeo, forse semplicemente frate. Il secondo caso emerge dalla lista comunale del 1315, dove troviamo frater Bartholomeus clericus de Tarvisio.