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1384 Francesco da Treviso 1385 Bartolomeo da Forlì Silvestro da Treviso 1386 Franceschino da Treviso

1388 Antonio da San Canziano di Padova

1388 dicembre Silvestro da Treviso 1389 Antonio da Padova Silvestro da Treviso 1390 Antonio da Padova Silvestro da Treviso Paolo da Rimini Pietro 1391 Mariano da Siena Silvestro da Treviso 1392 Silvestro da Treviso

Petrus Sanctus de Roma Zambono da Padova

1393 Pietro Santo da Roma

1394 Paolo Francesco da Venezia

Zambono da Padova

1395 Zambono da Padova

Silvestro da Treviso Basilio della Marca Vittore da Venezia 1396 Zambono da Padova Vittore da Venezia Silvestro da Treviso Federico da Trento 1397 Zambono da Padova Silvestro da Treviso Federico da Trento

Paolo di Giacomino da Treviso

1398 Niccolò da Treviso

Paolo di Giacomino da Treviso Zambono da Padova Silvestro da Treviso Niccolò da Teramo 1399 Niccolò da Teramo Paolo da Treviso 1400 Silvestro da Treviso

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4.7 Le biblioteche conventuali

4.7.1 La biblioteca del convento dei Santi Giacomo e Filippo di

Padova

Segno della grande attività che si svolgeva nel convento e nello studio degli Eremitani di Padova nel Trecento229 è lo sviluppo di una biblioteca che verso la metà del Quattrocento viene descritta da Michele Savonarola, nel suo Libellus de magnificis ornamentis regie civitatis Padue, come una delle più belle e fornite della città:

Alterum vero locum gloriosum primo in aspectu iocundissimum nimis nominabo, quem bibliothecam Eremitanorum appellant, cuius ingressus librorum pulcritudine eorumque multitudine homines in admirationem ducit. Locus enim amplissimus est, vitreis fenestris et lucidus et ornatus, cuius superiora scampna, parte ad septentrionem versa, que grammatice, que rethorice, que loyce, que philosophie attinent, libros speciosos cum catenis tenent; hacque in parte in mechanica plurimi et in theologia collocantur. Altera vero ad meridiem versa que decretis, que decretalibus, que novo et veteri Testamento attinent. Eorum omnium summa sunt quadringenta gloriosa volumina230.

Come Frances Andrews ha spiegato in un suo intervento in un recente convegno231, questa descrizione riassume la concezione della biblioteca come collezione di volumi e nel contempo come uno spazio di grande valore, fonte di orgoglio per i frati del convento e di prestigio presso i dotti di una città universitaria che la frequentavano, tra cui Michele Savonarola.

La biblioteca degli Eremitani di Padova viene infatti descritta come un ambiente che suscitava ammirazione in chi vi entrava per la bellezza dei libri e la loro quantità. Un locus

229 Su questa biblioteca GARGAN, Libri di teologi agostiniani, pp. 1-23; GARGAN, “Dum eram studens

Padue”, pp. 29-46. Sull’origine delle biblioteche conventuali presso gli Eremitani e sulle opere

contenute, si veda GUTIERREZ, Gli Agostiniani nel medioevo, I/1, pp. 281-287 e GUTIÉRREZ, De Antiquis

ordinis eremitarum Sancti Augustini bibliothecis, in particolare le pp. 240-251 per le opere conservate

in quella di padovana. 230

SAVONAROLA, Libellus de magnificis ornamentis, p. 56. Su Michele Savonarola, PESENTI MARANGON, Michele Savonarola a Padova.

231

Arte e cultura nei conventi dei frati Agostiniani e Predicatori (Bologna, Padova e Verona), Giornata di studi organizzata dal Dottorato in Storia e critica dei beni artistici, musicali e dello spettacolo e dalla Scuola di specializzazione in Beni storico artistici dell’Università di Padova in collaborazione con il Dottorato di Storia dell’arte e in storia dello spettacolo dell’Università di Firenze e il Dottorato di Beni culturali e territorio dell’Università di Verona, Padova (Dipartimento di storia Università di Padova) 24 maggio 2011.

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amplissimus, dunque, illuminato da finestre con vetri che lasciavano filtrare molta luce, indispensabile per il lavoro dei frati che vi accedevano.

Doveva trattarsi di un’unica sala nelle cui due pareti lunghe erano posti gli scampna, degli scaffali aperti (plutei), dove stavano in esposizione i libri, suddivisi in base alla tipologia: gli scampna rivolti a settentrione contenevano libri di grammatica, retorica, logica, filosofia, meccanica e teologia, quelli rivolti a meridione i libri di diritto canonico e i testi biblici.

Il Savonarola specifica che i libri vi erano incatenati. Una scelta basata sul valore dei libri (definiti speciosos) ma anche alla necessità di lasciarli sempre a disposizione dei frati.

Ma oltre agli scaffali aperti dovevano esserci degli armadi chiusi dove venivano riposti i libri. Nelle Costituzioni del 1290 si parla infatti di armarium, intendendo con questo termine un armadio chiuso, che veniva tenuto in sacrestia o nel dormitorio232.

Come gli altri ordini mendicanti233, gli Eremitani si erano dunque presto dotati di una biblioteca, che raccoglieva opere bibliche, i testi più significativi dei teologi della scolastica e dei maestri e scrittori agostiniani, oltre ad opere di poeti, filosofi, giuristi, matematici e medici. L’analisi degli inventari di queste biblioteche e dei codici superstiti ci offre preziose informazioni per capire quali erano i testi usati per la predicazione e l’insegnamento, oltre a trasmetterci, come vedremo, i nomi dei frati che li usarono.

Non abbiamo attestazioni su quando sorse la biblioteca del convento dei Santi Filippo e Giacomo di Padova, né su quali e quanti volumi vi fossero nel Trecento quando già era sicuramente attiva. Il primo inventario giunto fino a noi relativo ai libri conservati è quello che il Tomasini compilò nel 1639234. Per questo la testimonianza del Savonarola con l’indicazione dell’esistenza, nel Quattrocento, di 400 volumi è molto preziosa.

232 Le Costituzioni stabiliscono infatti che i priori dei conventi siti in magnis et famosis terris debbano avere un bonum et securum armarum in sacristia o in una parte del dormitorio dove riporre i libri che non siano ad uso del coro o dell’ufficio divino: Costituzioni di Ratisbona, cap. 37 (De libris habendis ad

usum chori), par. 374. Vedere anche GUTIERREZ, Gli Agostiniani nel medioevo, I/2, pp. 262-279.

233

Sulle biblioteche e l’uso dei libri nei conventi mendicanti si è svolto recentemente un convegno,

Libri, biblioteche e letture dei frati mendicanti, al quale si rimanda anche per un discorso comparativo

con gli altri ordini. 234

L’inventario non è relativo solo ai libri della biblioteca degli Eremitani ma si riferisce a tutte le biblioteche della città: TOMASINI, Bibliothecae Patavinae manuscriptae (la parte relativa al convento degli Eremitani di Padova si trova alle pp. 70-79). La lista dei libri appartenuti al convento degli Eremitani è trascritta in GUTIERREZ, De Antiquis ordinis eremitarum sancti Augustini bibliothecis, pp. 242-251. Oltre al catalogo del Tomasini, c’è un inventario redatto al momento della soppressione del convento, conservato nella Biblioteca Universitaria di Padova (ms. 2250, 371-388): Catalogo generale,

ossia riunione di tutti gli elenchi di libri scelti dalle Corporazioni Regolari concentrate nel già convento di Sant’Anna in Padova, ms. 2250, Padova, Biblioteca Universitaria, (1806-1812), ff. 171r-190v. Una

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È presumibile che una biblioteca intesa come raccolta di libri, magari non collocati in un locale specifico ma chiusi negli armaria, da cui i religiosi potevano attingere per lo studio e la predicazione, si fosse sviluppata via via con la nascita dello Studium, nel Duecento. Poi, forse già in occasione dell’ampliamento degli edifici conventuali (…) agli inizi del Trecento, fu predisposta una libraria apposita.

Il convento di Padova si sarà sicuramente conformato alle disposizioni delle Costituzioni di Ratisbona che, al capitolo 37, stabilivano che, per far fronte alla povertà di libri nei conventi dell’ordine, i priori procurassero per il proprio convento dei libri per la liturgia e le preghiere, dando delle precise indicazioni235. È presumibile inoltre che nel convento eremitano vi fosse uno scriptorium dove venivano trascritti i libri da frati del convento236. Il fenomeno degli studenti-copisti a Padova, come ha rilevato Gargan, ha interessato anche il convento degli Eremitani dove i frati-studenti copiavano per la biblioteca comune ma anche per uso proprio237. Ma l’attività di scriptor poteva essere assegnata anche a scribae esterni, come traspare dallo stesso capitolo 37 delle Costituzioni di Ratisbona, dove si invitavano i priori a provvedere ad avere uno o più scriptores che trascrivessero libri per il convento ad uso dei lettori, dei predicatori e degli studenti238.