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Geografia eremitana

2. Il periodo delle origini Gli Eremiti di sant’Agostino a Treviso e Padova nel Duecento

2.2 Le origini del convento di Santa Margherita a Treviso

2.2.5 La comunità conventuale

L’unica indicazione che si dispone per il Duecento della consistenza della comunità conventuale trevigiana risale al 24 settembre 1266, quando i frati Eremitani di Treviso, riuniti in capitolo, elessero procuratori del convento frate Gregorio e frate Giovanni da Polverara35.

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ASTv, Santa Margherita di Treviso, b. 1 (5 e 6 maggio 1265; 19 e 20 agosto 1265). Trascrizione in MENEGHETTI, Gli eremiti di sant’Agostino a Treviso, II, pp. 18-27, docc. 7 e 8.

32 ASTv, Santa Margherita di Treviso, b. 1 (9 luglio 1303: l’atto è inserito sotto quello datato 21 luglio 1302). Trascrizione in MENEGHETTI, Gli eremiti di sant’Agostino a Treviso, II, pp. 107-109, doc. 44. 33

Nel 1315 sei frati Eremitani di Santa Margherita, ad esempio, erano stati chiamati dal comune di Treviso, assieme a sei frati Minori di San Francesco e ad altrettanti Predicatori di San Nicolò, a collaudare la terza campana, detta poi “marangona”, fatta fondere dal maestro Luca da Venezia, da porre sulla torre del Comune. La vicenda è ricostruita molto minuziosamente da MARCHESAN, Treviso

medievale, I, pp. 114-117. Sul coinvolgimento degli Eremitani in opere idrauliche: MARCHESAN, Treviso medievale, II, pp. 405-406.

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In casi particolarmente delicati il Comune si servì di religiosi per le ambasciate. Nel 1313 mandò come ambasciatori presso il patriarca di Aquileia e il conte di Gorizia, con lo stipendio di 40 soldi piccoli al giorni, due frati Eremitani: MARCHESAN, Treviso medievale, I, pp. 170-171.

35 ASTv, Corporazioni religiose soppresse, Santa Margherita di Treviso, b. 1 (24 settembre 1266). Trascrizione in MENEGHETTI, Gli eremiti di sant’Agostino a Treviso, II, pp. 42-43, doc. 15.

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Ad una ventina d’anni dal suo arrivo in città la comunità conventuale era composta da una decina di frati e aveva conquistato la fiducia non solo delle istituzioni civili ma anche dei singoli cittadini.

Anche se nel Duecento, stando allo spoglio effettuato nel fondo Santa Margherita, non risulta ancora alcuna richiesta di sepoltura presso la chiesa degli Eremitani, essi cominciano ad essere presenti come legatari, assieme agli altri ordini religiosi mendicanti e non, negli atti testamentari dei cittadini di Treviso. Tre di questi sono rinvenibili nel fondo San Nicolò e uno nel fondo Ospedale.

La prima testimonianza a noi pervenuta è quella del testamento del giudice Oliviero di Cornarotta che, il 18 febbraio 1264, tra gli altri legati, lascia 100 soldi di piccoli pro laborerio ecclesie Sancte Margarite e indica tra gli esecutori testamentari il priore degli Eremitani36. Rimane il dubbio se questo lascito riguardi il vecchio o il nuovo insediamento, dato che a questa data non sono ancora stati acquistati i nuovi terreni. Gli altri atti rinvenuti alludono a lasciti generici di modesta entità contenuti in testamenti, conservati nel fondo San Nicolò37.

Un testamento interessante è invece quello del 9 settembre 1280, di cui rimane copia autentica del 139338. Si tratta del testamento di «Pietro Calza, doctor legum e probabilmente professore negli studi di Padova e Treviso», figlio di Valperto Bellacalza che con la sua donazione aveva permesso l’insediamento eremitano. Pietro, come frate gaudente, aveva stretto relazioni con i Predicatori, presso i quali si riuniva la sua confraternita, e aveva probabilmente favorito il trasferimento oltre il Sile degli Eremitani, dal momento che la vendita del terreno di Guglielmo di Bava (19 agosto 126539) si era effettuata proprio a casa sua. Nel suo testamento Predicatori, Minori ed Eremitani appaiono destinatari di lasciti di

36 ASTv, Ospedale testamenti, perg. 964; MENEGHETTI, Gli eremiti di sant’Agostino a Treviso, I, p. 116 e II, p. 14, doc. 5.

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Gareto de fu Ottone da Riese il 26 agosto 1280 lascia 20 soldi a varie famiglie conventuali, tra cui gli Eremitani (ASTv, S. Nicolò, b. 1; MENEGHETTI, Gli eremiti di sant’Agostino a Treviso, II, p. 67. doc. 26); Margherita, vedova di frate Odorico de Fabris dell’ordine della Milizia della Beata Vergine Maria nel suo testamento del 14 dicembre 1292 lascia 3 lire di piccoli agli Eremitani (ASTv, S. Nicolò, b. 3; MENEGHETTI, Gli eremiti di sant’Agostino a Treviso, II, p. 81. doc. 31); Filippa, moglie di Sinibaldo degli Ainardi, nel testamento del 12 gennaio 1294 lascia agli Eremitani 100 soldi veronesi (ASTv, S. Nicolò, b. 3; MENEGHETTI, Gli eremiti di sant’Agostino a Treviso, II, p. 82. doc. 32).

38 BCTv, Perg. Stefani, alla data 1280 settembre 9. Per la presentazione del documento: RANDO,

Eremitani e città, pp. 495-496.

39 ASTv, Santa Margherita di Treviso, b. 1 (19 e 20 agosto 1265). Trascrizione in MENEGHETTI, Gli

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frumento e vino per farne vino e ostie consacrate, secondo una modalità assai diffusa tesa a promuovere il culto eucaristico40.

Il convento di Santa Margherita diventò inoltre ben presto punto di riferimento per laici devoti, che i frati cominciarono ad accogliere anche come oblati. Adelia del fu Pietro da Cusignana nel 1273 dedicò se stessa e i suoi beni al convento di Santa Margherita, anche se continuò a vivere nella sua casa41. Nel 1300, come vedremo, il priore degli Eremitani ricevette l’oblazione anche di Auremplace detta Flor, vedova del pellicciaio Filippo da Lancenigo.

Anche Giacomo da Rondino, proveniente da una famiglia legata a molte realtà religiose della città, nel luglio 1273 donò agli Eremitani un terreno confinante con il loro convento, riservandosene l’usufrutto. Successivamente, nel 1292, compare come procuratore del convento di Santa Margherita in un atto di vendita, e nel 1303, come vedremo, si farà conversum et oblatum nel monastero degli Eremitani. Giacomo proveniva da una famiglia che aveva legami di amicizia con quella dei Bellacalza, anche loro benefattori degli Eremitani.

Nel 1270 Blancaflor, figlia di Richerio, aveva donato ai frati un manso sito ad Aspà, chiedendone in cambio l’usufrutto e di essere assistita nelle sue necessità durante gli ultimi anni della sua vita42.

Anche attorno al convento di Santa Margherita, come alle altre due realtà mendicanti, si creò così una cerchia di persone, talvolta di famiglie, che in vari modi e gradi si legarono ad esso. Una delle conseguenze di questi legami è l’allargarsi delle proprietà immobiliari dei frati che si troveranno, soprattutto a partire dal Trecento, a gestire direttamente o tramite affittuari sia questi terreni donati sia quelli acquistati o permutati43.

Il convento di Santa Margherita si preparava ad entrare nel secolo del suo pieno sviluppo, il Trecento.

Nella documentazione duecentesca riguardante Treviso non c’è alcun riferimento esplicito ad uno Studium nel convento eremitano né a lettori che vi insegnassero44.

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Si veda quanto osservato nei testamenti padovani da Antonio Rigon: RIGON, Pratica testamentaria

a Padova, p. 55.

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ASTv, Santa Margherita di Treviso, b. 1 (19 giugno 1273). Trascrizione in MENEGHETTI, Gli eremiti di

sant’Agostino a Treviso, I, pp. 85-86 e II, pp. 57-58, doc. 21

42 L’atto, in data, è conservato all’ASTv, Santa Margherita di Treviso, b. 1 (26 aprile 1270). Trascrizione in MENEGHETTI, Gli eremiti di sant’Agostino a Treviso, II, pp. 54-56, n. 20.

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Sui risvolti di questo «scambio tra ‘materiale’ e ‘immateriale’», come è stata definita da Giovanni Grado Merlo l’esperienza di partecipazione dei laici alla vita religiosa dei conventi mendicanti, derivante dal monachesimo e dalla tradizione canonicale, e su cui ci si soffermerà in un prossimo capitolo, si veda, per un primo inquadramento MERLO, Uomini e donne in comunità ‘estese’, pp. 9-31. 44

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Occorrerà aspettare i primi anni del Trecento per trovare dei nomi di lettori45, che testimoniano la presenza in questo convento, come vedremo, di uno studio di teologia che, in occasione del capitolo generale di Firenze del 1326, venne promosso a Studium generale Ytalie46.

2.3 Le origini del convento dei Santi Giacomo e Filippo a