• Non ci sono risultati.

Studia generalia in Italia

4.3 Il corpo docente: lettori, baccellieri e maestr

La preparazione del corpo docente fu una delle prime preoccupazioni dei vertici dell’ordine degli Eremiti di sant’Agostino, che nel promuovere gli studi si adoperarono perché nei vari studia generalia che vennero aperti nelle varie province per preparare i propri frati all’attività apostolica ci fossero insegnanti qualificati109. Le Costituzioni di Ratisbona, e poi le deliberazioni dei vari capitoli generali, dedicarono infatti molto spazio a questo aspetto della vita dell’ordine.

Le Costituzioni prevedevano che in ogni Studio generale dell’ordine e della provincia ci fossero due lettori, uno principale e uno secondario, nominati dal priore generale. Il principale, o lector biblicus, poteva essere un maestro in teologia oppure un baccelliere in teologia, e spesso era lo stesso priore del convento. Questi, oltre a dirigere lo studio, leggeva la Bibbia, teneva le dispute e insegnava filosofia. Il secondo, o lector sententiarum, esponeva i libri delle Sentenze di Pietro Lombardo e impartiva qualche lezione di logica e filosofia a sua discrezione110. I due lettori erano aiutati da un magister studentium, un giovane studente di fiducia che stava compiendo gli studi per diventare lettore oppure era già lettore o anche baccelliere.

Era ritenuto importante che il lettore avesse una certa esperienza nell’insegnamento. Infatti le Costituzioni dicono: «Statuimus quod pro lectore principali in Studio generali nullus ponatur, nisi prius legerit ad minus tribus annis omnes libros Sententiarum in scholis, post reversionem de Parisius»111.

I lettori godevano di una serie di privilegi, concessi per permettere loro di dedicarsi pienamente allo studio e all’insegnamento. Potevano ad esempio essere esentati dalla partecipazione a certi momenti comunitari112, avere una cella privata, usufruire dei servizi di un frate socio, curare il proprio corpo con bagni curativi, andare a cavallo113.

109

YPMA, Lo “studium” di Parigi, p. 47.

110 ARAMBURU CENDOYA, Las primitivas constituciones, cap. XXXVI, n. 340, p. 113: «Et in unoquoque

ex ipsis studiis sint duo lectores, quorum unus de mandato ipsius Generalis legat de textu [sacrae scripturae] et disputet tempore opportuno et aliquam aliam lectionem in philosophia, prout consideravit magis ad utilitatem studentium expedire et Studium ipsum debita solicitudine ordinet et dirigat. Alius vero legat sententias et in logicalibus vel in philosophia, secundum quod magis utilitas et commoditas studentium exigebit». Si veda su questo punto anche HACKETT, La composizione dello Studio generale agostiniano di Bologna nel Trecento, p. 123.

111

ARAMBURU CENDOYA, Las primitivas constituciones, cap. XXXVI, n. 344, p. 113. 112

ARAMBURU CENDOYA, Las primitivas constituciones, cap. XXXVI, n. 354, p. 115: «Tempore autem

173

Un quadro dei privilegi concessi ad un lettore de officio ci viene offerto da una concessione a frate Antonio da Piove di Sacco, biblicus, fatta il 23 luglio 1385 dal priore generale Bartolomeo da Venezia. Il priore generale gli concede dunque «quod a communibus obedienciis exemptus nec ad refectorium cen matutinarum nocturnas vigilias compelli posset, nisi tantum secundum quod lectores actu legentes de iure requiruntur. Item quod valeat tenere virum fratrem nostri ordinis in specialem socium, quem etiam prior non possit nec presumat in aliquo occupare sub pena inobediencie, nisi tuus assensus condescendat. Item quod possit ad nos cum socio ydoneo et peditando et equitando ubicumque fuerimus accedere ac etiam duos fratres mittere, quando et quocienscumque tue discretioni videbitur oportunum. Item quod ad stupas et balnea naturalia pro tui corporis salute accedere valeas. Item quod secularium personarum commissarias acceptare possis et iuxta earum ultimas voluntates eas fideliter executioni mandare valeas nec non et verbum Dei evangeligare ac populo predicare ac secularium personarum confessiones nostra fretus auctoritate audire possit. Item confessori concessimus quod tuis peccatis confessis nostra auctoritate fretus te absolvere possit vel omnibus semel et pluries singulis presentibus valituris»114.

Questi privilegi sono relativi alla seconda metà del Trecento, ma già da una disposizione del Capitolo di Siena del 1338 emerge chiaro che c’erano molti lettori che, pur senza incarichi di insegnamento, approfittavano del loro titolo per godere dei privilegi ad esso connessi: «Quia ex multitudine lectorum conventus aliqui pregravantur, diffinimus et ordinamus quod in nullo conventu, ubi non est studium generale, aut aliud studium sollempne, stare debeant plures lectores actu legentes quam unus»115. «Gli altri lettori vacanti – continua la disposizione - siano considerati come gli altri frati del convento tam in questis bladi et vini quam in aliis omnibus intus et extra. E non si facciano chiamare lettori né a voce né per iscritto, ad eccezione di quelli che hanno esercitato le loro funzioni almeno per due trienni in uno studio generale o un triennio in uno studio provinciale e uno in uno studio generale»116. Nel corso

in quibus se reos cognoverint humiliter accusantes, nisi forte aliquis casus superveniret, propter quem, si vocati fuerint, ire teneantur».

113

ARAMBURU CENDOYA, Las primitivas constituciones, cap. XXXVI, n. 357, p. 115: «Studia vero

lectorum et cellae sint in dormitoriis, sic convenientius fieri possunt ad studendum».

114 BARTHOLOMAEI VENETI O.S.A. Registrum generalatus I, 610, p. 188. 115

Capitolo generale di Siena (1338): Antiquiores quae extant, IV, pp. 177-183 (in particolare p. 180). 116

«Alii vero lectores vacantes habeantur in omnibus, tam in questis bladi et vini quam in aliis omnibus

intus et extra, sicut fratres ceteri de conventu. Ita etiam quod nec voce nec scripto se faciant lectores appellari, illis dumtaxat exceptis qui actus suos scolasticos laudabiliter exercuerunt ad minus per duo triennia in studio generali, vel uno triennio in studio provinciali et aliud in generali»: Capitolo generale

174

dello stesso capitolo venne inoltre ribadita la definizione del capitolo di Firenze del 1326 secondo cui nessun frate poteva essere promosso all’ufficio del lettorato se non fosse stato sufficientemente istruito in logica, filosofia e teologia117.

Nella seconda metà del secolo XIV, a seguito della grande peste e in conseguenza dell’affievolimento della disciplina all’interno degli studi e dei conventi118, le esenzioni e i

privilegi dei laureati si moltiplicarono ed essi vennero a formare sempre più una classe privilegiata all’interno della famiglia conventuale. Dagli atti dei capitoli di quel tempo emerge inoltre che abbondarono i lettori e i baccellieri honoris, così come i magistri bulati o fatti per saltum119, cioè senza seguire il regolare iter studiorum120. Molti di loro erano frati ambiziosi che si procuravano titoli onorifici grazie al potere e alle conoscenze delle loro famiglie, per godere dei privilegi ad essi connessi.

Questa pratica fu contrastata, anche se non definitivamente debellata, nel corso dei vari capitoli di fine secolo. Quello di Rimini del 1394 confermò un decreto approvato «in diversis generalibus capitulis contra magistratos de gratia domini nostri pape»121 ma la situazione si ripresentò nel capitolo dell’Aquila del 1400, dove si decretò: «Confirmamus diffinitionem Ymole et Arimini editam, que dicit quod procurantes magisterium de bulla sint ipso facto excommunicati»122.

117 «Quod nullus frater nostri Ordinis promoveatur ad officium lectorie nisi sit sufficienter instructus in

loyca et philosophia, ac etiam in theologia»: Capitolo generale di Siena (1338)- Antiquiores quae extant, IV, p. 179.

118 Nel capitolo generale di Basilea del 1351 (Antiquiores quae extant, IV, pp. 276-278) si concesse che i novizi venissero accolti nel successivo triennio su disposizione del priore locale e anche senza la licenza del priore provinciale («Diffinimus et ordinamus ut novitii recipi possint ad ordinem pro futuro triennio

per priorem localem cum consensu conventus, etima non habita sui provincialis licentia speciali»). La

preparazione culturale ebbe un notevole scadimento se si permise ai frati di accedere agli ordini sacri anche se non sapevano il latino («Quod fratres qui sunt alias ydonei secundum ordinis instituta, possint

ad sacros ordines promoveri, etima si non noverint loqui latinum»). Nello stesso capitolo si decise

«quod ad studia generalia ubi non possunt haberi studentes, possint pro isto triennio mitti studentes

illius provinciae qui etiam alias non fuerint in studiis aliis».

119

Questa pratica era già in vigore nella prima metà del Trecento. Lo stesso frate Matteo da Padova, attestato, stando alla nostra documentazione, nel convento padovano prima come lettore e, a partire dal 1353 e fino al 1359, come sacre pagine professor, era un magister bullatum: papa Clemente VI aveva infatti incaricato, il 30 giugno 1350, il vescovo di Novara, Guglielmo, di conferirgli il magistero in teologia a Padova (ad magisterium in theologia Paduae promoveat et gaudeat privilegiis fratrum

Parisiis magistratorum), dove non era ancora stata istituita la facoltà di teologia (DENIFLE, CHATELAIN, Chartularium Universitatis Parisiensis, II, n. 1182, p. 659). Sulle lauree concesse pro gratia: EHRLE, I più antichi statuti, p. LXVI, e CREMASCOLI, La facoltà di Teologia, pp. 182-183.

120

GUTIERREZ, Gli studi nell’ordine agostiniano, p. 9.

121 Capitolo generale di Rimini (1394): Antiquiores quae extant, V, p. 127. 122 Capitolo generale dell’Aquila (1400): Antiquiores quae extant, V, p. 220.

175