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Geografia eremitana

2. Il periodo delle origini Gli Eremiti di sant’Agostino a Treviso e Padova nel Duecento

2.3 Le origini del convento dei Santi Giacomo e Filippo a Padova

2.3.2 Le donazioni e le acquisizion

Interessante è la donazione di Maria, vedova di Giovanni dell’Arena, che nel 1257 cede agli Eremitani un terreno con case, culture e clausura, chiedendo in cambio di vitto e sostegno per il resto della sua vita. Si trattava forse di un caso di oblazione72. Il rapporto con la famiglia dell’Arena73 è significativo e continuò anche nel Trecento.

Un’altra donazione è la donatio causa mortis74 di Giovanni da Santa Lucia che, il 14 luglio 1265, con il consenso del padre Guicemano donò agli Eremitani otto campi siti a San

69 Come osserva Rigon, se fossero passati tutti al nuovo ordine, il vecchio locus di San Guglielmo non sarebbe stato abbandonato e sarebbe confluito nelle proprietà degli Eremitani di Santa. Maria della Carità, invece di restare a delle «sorores»: RIGON,Ricerche sull’eremitismo, p. 140.

70 Nel convento eremitano di Verona si verifica un’analoga compresenza di Guglielmiti e Giambonini: DE SANDRE GASPARINI, Il Francescanesimo a Verona nel Duecento, pp. 120-142; ROSSI, Orientamenti

religiosi nei testamenti veronesi, pp. 107-147.

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Per questi atti si veda PIERRI, Il convento degli Eremitani a Padova, pp. 44-48 e doc. VI-XII, ripresi da DAL PINO, Formazione degli eremiti di sant’Agostino, pp. 69-71.

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La donazione risulterà poi nulla a causa della confisca dei beni di Giovanni dell’Arena, ma gli Eremitani ebbero comunque il terreno. Per la ricostruzione dell’intera vicenda, e per i rimandi bibliografici, vedere DAL PINO, Formazione degli eremiti di sant’Agostino, pp. 69-71.

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La famiglia dell’Arena è molto antica: il Gloria ne trova testimonianza fin dal 1133 (GLORIA,

Monumenti, p. 227; GLORIA, Codice diplomatico padovano, II, n. 257).

74 Questo tipo di donazione, che come il legato testamentario ha effetto dalla morte del donatore e può essere revocabile, veniva usata dal filius familias (come Giovanni da Santa Lucia, il cui padre non era ancora morto) che, secondo il diritto romano, non poteva testare (PEROZZI, Istituzioni di diritto

romano, pp. 735-738). Per questo motivo essa finì per assimilarsi al legato, tanto che nelle clausole

finali degli atti di ultima volontà si scriveva che se il testamento non avesse potuto essere valido per qualche motivo iure testamenti o iure codicillorum, lo avrebbe potuto essere iure donationis causa

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Fidenzio di Polverara. Condizione per ottenere il bene era la sua inalienabilità e il pagamento di quaranta lire. Non sappiamo se effettivamente i terreni donati da Giovanni passarono agli Eremitani dal momento che ci fu una lite che si protrasse per più di due anni tra il convento, rappresentato dal notaio Egidio Abatello, e la vedova del donatore, Beatrice, che chiese la restituzione dei terreni75.

Accanto alle donazioni sono da considerare anche le acquisizioni, promosse dagli Eremitani stessi, i cui nomi compaiono nei relativi atti. In particolare, nel 1268 i frati operarono una permuta con Tommaso dell’Arena per poter disporre di un terreno coltivabile vicino al convento, e quindi, probabilmente, condurlo a gestione diretta. Il contratto venne confermato dal capitolo. Oltre al priore Nascimbene da Padova, erano presenti 18 frati, cinque dei quali provenienti da altre città (Ferrara, Brescia, Cremona, Vicenza e Trento), e quindi probabilmente studenti76.

2.3.3 La comunità conventuale

Il documento del 1268 appena presentato è interessante perché ci offre la possibilità di ragionare sulla consistenza della comunità conventuale negli anni settanta del Duecento. Se 19 frati costituiscono almeno i due terzi dell’intero capitolo, è presumibile che nel convento di Padova vivessero dai 20 ai 27 frati circa.

Lo sviluppo del convento non può essere attribuito alle scarse donazioni indirizzate ai frati, tanto più che anche quella di Maria dell’Arena fu annullata dalla confisca dei beni di Giovanni dell’Arena e gli Eremitani avevano dovuto ricomprare dal Comune questo terreno. Semmai si può pensare che il contributo maggiore all’evoluzione del convento sia giunto dal governo centrale dell’ordine, subentrato a quello giambonita a partire dalla magna unio del 1256.

Anche l’aiuto del Comune fu determinante per lo sviluppo della comunità. Negli Statuti del 126577 venne previsto infatti un contributo annuo di 100 lire a ciascuno dei tre ordini

mendicanti della città, Predicatori, Minori ed Eremitani: si trattò di un tentativo di limitare il potere del clero secolare, al quale in quello stesso anno vennero imposti gli stessi tributi previsti per i cittadini laici78, ma anche di un modo per sostenere degli ordini che oltre ad

75 PIERRI, Il convento degli Eremitani a Padova, pp. 62-64. 76

PIERRI, Il convento degli Eremitani a Padova, pp. 64-66. 77

GLORIA, Statuti, n. 1151, p. 351. 78

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aver dato un contributo notevole alla cacciata di Ezzelino e alla riconquista della libertà (Minori e Predicatori), vennero riconosciuti importanti per il ruolo, civile, culturale e religioso, che svolgevano all’interno della città. Gli Eremitani di fatto furono favoriti in questa elargizione perché, essendo numericamente inferiori alle altre due comunità, ricevettero proporzionalmente una somma maggiore. In questa scelta il Comune espresse dunque la volontà di mettere alla pari i tre ordini religiosi mantenendo un equilibrio delle forze.

Quindici anni dopo, nel 1283, un altro atto capitolare ci permette di seguire lo sviluppo numerico della comunità conventuale79. A questa data è presumibile che nel convento vivessero una cinquantina di frati dato che il capitolo è costituito da 40 frati. Un incremento notevole, soprattutto se si considera che sono quelli gli anni in cui l’ordine soffrì per l’incertezza giuridica determinata dal concilio Lionese II del 1274.

Poche sono le notizie circa l’organizzazione interna del convento. Il capitolo si limitò ad approvare gli atti del priore e del procuratore.

La lunga durata del priorato di frate Benvenuto (almeno otto anni, dal 1257 al 1265) dimostra che non c’erano limiti temporali a questa carica, mentre il vicepriore e i procuratori conventuali venivano eletti in caso di necessità.