• Non ci sono risultati.

27. Oddo de Montesilice 28. Bonacordus de Plebe 29. Laurencius de Polveraria 30. Iohannes magister 31. Pelegrinus 32. Bonfilius 33. Grimaldus 34. Iohannes de Polveraria 35. Antonius de Tebaldis 36. Symon de Ancona 37. Dominicus de Hongaria 38. Nicolaus de Roma 39. Çacarinus de Padua 40. Iohannes de Solis 41. Agnellus de Foligno 42. Prosdocimus de Villa Laura 43. Iohannes de Montefortino 44. Albertus de Padua 45. Çanetus de Plebe 46. Iohannes de Torculis 47. Petrus de Castello 48. Minus de Castro Plebis 49. Patavinus de Padua 50. Bonetus

51. Matheus

A due anni di distanza il numero dei frati è rimasto pressocchè invariato, anche se stavolta non si parla di due terzi del capitolo ma di «plus quam sex partes tocius dicti capituli et conventus». Le sei parti, però, ritengo si considerino su dieci, e quindi il rapporto varia di poco. La percentuale dei frati locali (di Padova o del suo contado) rimane stabile – 29 frati – ma al suo interno aumenta il numero dei frati provenienti dal contado: 3 vengono da Piove di Sacco, 2 da Monselice, 2 da Polverara. Dall’estero ci sono 4 frati, 2 dalla Germania e 2 dall’Ungheria.

Due anni dopo, il 13 settembre 1303, viene redatto un altro atto capitolare, che attesta la decisione della comunità conventuale di costruire degli edifici in muratura sul terreno acquistato due anni prima da Portafiore35. Questa volta i frati citati sono 42, una decina in

35

ASPd, Eremitani, tomo 38 f. 18. Il priore, frate Antonio, e la sua comunità di frati, di cui viene fornito l’elenco, con il consenso del priore provinciale, frate Federico, decidono all’unanimità di costruire degli edifici in muratura dove possano abitare i frati («in quibus et intra quas possint per catholicos congrue

habitare») su parte del terreno appena acquistato da Portafiore del fu Tommaso giudice dell’Arena.

L’ampliamento degli edifici conventuali viene giustificato con il decoro («ut ipsum cimiterium et

plathea immundiciis que certa parte iam dicti terreni quandoque iactabantur seu fiebant minime maculentur») oltre che del convento, anche della città e la comodità dei fedeli che vengono alla chiesa

61

meno rispetto ai precedenti elenchi, e non si parla di due terzi dei frati. La decisione viene presa, infatti, «in comuni concordia, nemine discrepante» dal priore frate Antonio «una cum suis fratribus», citati in questo ordine:

1. Anthonius priore 2. Leonardus subprior 3. Iacobus de Padua lector 4. Iohanes de Bononia lector 5. Ugolinus de Padua

6. Iohanes magister de Padua 7. Bonusfilius de Padua 8. Iohanes de Polveraria 9. Bonus de Padua 10. Criximbene de Feraria 11. Franciscus de Montesilice 12. Nicolaus de Sancta Cecilia 13. Iohanes de Terculis 14. Iohanes de Titulo 15. Iohanes de Solis 16. Nicolinus de Padua 17. Anthonius de Colebaldis 18. Çanetus de Plebe 19. Petrus de Rosta 20. Çordanus de Padua 21. Riçardus de Calaone 22. Prosdocimus de Padua 23. Gregorius de Padua 24. Peregrinus de Padua 25. Gerardinus de Montescilice 26. Iacobus de Montescilice 27. Clarelus de Montescilice 28. Iohanes de Tridento 29. Mathias de Padua 30. Bonetus de Parma 31. Anthonius de Plebe 32. Angelus de Fulgineo 33. Petrus de Bononia 34. Dyonixius de Verona 35. Bonominus de Pergamo 36. Conradus de Alemania 37. Ursinus de Regio 38. Martinus de Provincia 39. Gerardinus de Senis 40. Paulus de Ungaria 41. Petrus de Tervixio 42. Leonardus de Padua

62

Non è chiaro se il fatto che non si specifichi la percentuale dei frati presenti sia segno che non era stato raggiunto il numero legale o che invece erano presenti tutti i frati del capitolo. In questo caso avremmo una diminuzione di almeno venti unità nel giro di appena due anni. I frati direttamente riconducibili a Padova sono 16 (12 nomi seguiti dall’indicazione de Padua e 4 con altri titoli: Anthonius prior, Leonardus subpriore, Iohanes de Solis, Nicolaus de Sancta Cecilia). Quelli provenienti dal contado sono 9 (2 da Piove, 4 da Monselice, 1 da Polverara, 1 da Teolo, 1 da Calaone), 5 dalla Marca Trevigiana (Terculis, Verona, Treviso, Trento, Ferrara), una decina da altre città dell’Italia (Colebaldis, Rosta, Trento, Roma, Foligno, Bologna, Bergamo, Reggio, Siena), 3 dall’estero (Provenza, Ungheria, Germania). Anche qui poco più di metà (25 su 42) sono di Padova o del contado, dato interpretabile come un segno dell’affermazione dell’ordine nella realtà locale e di un reclutamento ‘sul posto’, che permetterà lo stabilirsi di efficaci rapporti con il laicato cittadino e le locali realtà politiche.

Nell’elenco del 1301 ci sono tre lettori, Antonius lector de Padua, Artusinus lector e Augustinus lector de Ancona i cui nomi non ricompaiono in quello del 1303 dove troviamo due nuovi lettori, Iacobus de Padua e Iohanes de Bononia.

Il confronto fra i tre elenchi capitolari, che coprono l’arco di tempo di cinque anni, ci permette di fare delle osservazioni sull’andamento e sul ricambio della comunità conventuale. I nomi che ricorrono in almeno due di questi elenchi sono 31, e rappresentano quindi il nucleo stabile della comunità. Molti di loro sono di Padova o del suo contado, ma una parte sono frati provenienti da altre città italiane (Agnellus de Foligno, Iohannes de Pisis, Petrus de Castello, Raynerius de Tortona) o dall’estero (Henricus teotonicus, Dominicus de Hongaria). Si tratta probabilmente di studenti che si fermano a Padova per qualche anno.

Interessante notare anche il caso rappresentato da coloro che compaiono in una sola di queste tre liste. Parte di loro potrebbero essere stati di stanza nel convento in tutto questo periodo ma non fisicamente presenti al momento della convocazione di tutti i capitoli. Altri invece potrebbero essersi fermati a Padova solo per brevi periodi. Il numero di questi frati che compaiono una sola volta è alto: 28 nel 1299, 22 nel 1301 e 23 nel 1303. Ciò significa che in totale abbiamo altri 73 frati che si aggiungono al nucleo sicuramente stabile della comunità conventuale. Ciò porta a pensare ad una notevole mobilità.

Scorrendo questi elenchi troviamo nomi che ricorrono anche in altri documenti di questo periodo, in particolare atti testamentari: tra questi Giovanni magister36, Ugolino da

36

Credo possa essere identificato con Giovanni degli Eremitani o Eremitano, l’ingegnere che costruì la copertura del palazzo della Ragione e fu chiamato per altre opere dal comune di Padova, e che costruì

63

Padova37, Prosdocimo da Padova38, Nicola da Santa Cecilia39, Pellegrino (Peregrinus)40, Francesco da Monselice41, Giovanni da Bologna lettore42, Bono da Padova43, Bonfiglio44, Giovanni dalle Suole45, Antonio di Codalunga (lettore e priore)46. Non c’è invece Nicola

la copertura a carena della chiesa degli Eremitani che venne a sostituire quella preesistente in paglia. Nella nostra documentazione viene sempre citato come Iohannes magister, a volte seguito dal toponimo de Padua. Compare nei documenti del 24 gennaio 1299, 9 aprile 1303, 13 settembre 1303, 9 gennaio 1305, 6 giugno 1306, 4 novembre 1310.

Su Giovanni Eremitano: BETTINI, PUPPI, La chiesa degli Eremitani di Padova, pp. 14-22; PROSDOCIMI,

Note su Fra Giovanni degli Eremitani, pp. 47 e seguenti; PROSDOCIMI, Elementi per i restauri al convento degli Eremitani, pp. 19 e seguenti; FIOCCO, I chiostri degli Eremitani, pp. 7 e seguenti; DI

LENNA, Fra Giovanni degli Eremitani, pp. 5-21. Più recente il contributo di VALENZANO, La cultura

architettonica a Padova, pp. 277-307.

37 Ugolino da Padova viene nominato negli atti del 24 gennaio 1299, dove viene definito prior, del 13 settembre 1303, quando, pur non essendo priore occupa una posizione di rilievo all’interno del convento dato che il suo nome viene scritto subito dopo quello dei lettori, del 4 novembre 1310 e del 12 giugno 1320 dove il suo nome non è accompagnato dal toponimo de Padua.

38

Prosdocimo da Padova è presente nel convento padovano dal 1299 al 1332. Viene citato infatti negli atti del 24 gennaio 1299, del 13 settembre 1303, del 19 agosto 1305 (senza toponimo), del 2 aprile 1312, dove viene indicata la provenienza familiare (fratre Prosdocimo q. Petri de Fraxenedo), del 31 marzo 1321 e del 22 novembre 1332.

39

Nicola da Santa Cecilia è a Padova il 24 gennaio 1299, il 13 settembre 1303, il 2 aprile 1312 (nell’atto viene detto semplicemente Nicholao a Sancta Cecilia de Padua, mentre per gli altri frati viene indicato il nome del padre), il 14 maggio 1314 (quando ricopre la carica di sindico), il 19 marzo 1316, il 4 agosto 1321, 19 agosto 1323, 9 giugno 1325, il 2 novembre 1331 e infine il 9 aprile 1338.

40

Il nome di frate Pellegrino da Padova compare in molti documenti dal 24 gennaio 1299 al 17 dicembre 1324, accompagnato in alcuni casi dall’indicazione del suo ruolo (sacrista il 24 gennaio 1299;

conversus et sacrista il 6 giugno 1306; sacrestanum il 16 agosto 1312; sindicus il 2 e 13 aprile 1306 e il

17 dicembre 1324).

41 Francesco da Monselice si trova nel convento padovano il 30 gennaio 1300, il 13 settembre 1303, il 21 giugno 1320.

42

Giovanni da Bologna è lettore nello Studium di Padova il 13 settembre 1303 e il 6 giugno 1306. 43 Bonus è nominato in due atti del 1303 (21 aprile e 13 settembre 1303) nel primo dei quali il suo nome è accompagnato dalla qualifica di presbiter, caso piuttosto insolito nella documentazione trecentesca analizzata. Evidentemente andava distinto da un altro frate Bono che non era presbitero, che però non compare in alcun documento.

44 Bonfiglio è citato nella documentazione del 24 gennaio 1299, 16 gennaio 1301, 13 settembre 1303 e 19 agosto 1305.

45

Giovanni de Solis o a Soleis è un personaggio di rilievo all’interno del convento padovano, dove ricopre la carica di sindico nel 1305. Figlio del fu dominus Redusio di Padova, come è indicato nell’ultimo documento in cui compare in qualità di testimone, un codicillo al testamento di Giovanni del fu Ugo da San Lazzaro del 2 aprile 1312, frate Giovanni a Solis, viene citato nella documentazione padovana in un elenco capitolare del 24 gennaio 1299 (atto di procura), il 9 gennaio 1305, il 6 febbraio 1305, l’8 aprile 1305, il 17 novembre 1306, il 16 gennaio 1310 e, appunto, il 2 aprile 1312, quando viene specificato il nome del padre, definito dominus. Nella lamentela presentata al vescovo il 9 gennaio 1305 per la vicina cappella di famiglia di Enrico Scrovegni frate Giovanni de Solis, sindico, non va confuso con frate Giovanni magister, conosciuto dagli studiosi come Giovanni eremitano, il cui nome compare nello stesso documento.

46 Antonio da Codalunga è probabilmente ancora studente quando compare come testimone in un atto di vendita del 30 gennaio 1300; il suo nome ricompare nella documentazione padovana, accompagnato dal titolo di lettore, a partire dal 4 luglio 1308 e fino all’11 gennaio 1312. Il 2 maggio 1310 e il 17 ottobre 1310 è anche priore del convento padovano, poco prima che gli subentri frate

64

Mascara, parente di Aicardino Mascara, che troviamo in documenti anteriori e posteriori47 altra figura di rilievo del convento patavino.

Nonostante queste presenze ‘stabili’ del convento, capaci di attirare la fiducia dei fedeli che ruotavano attorno al convento, resta comunque un gran numero di frati che compaiono in un solo documento, segno di un significativo ricambio in seno alla comunità nell’arco di cinque anni, che va interpretato, a nostro avviso, in primo luogo come indice di una consistente mobilità da un convento all’altro.

Tale fenomeno è peraltro già documentato e studiato per tutti gli Ordini mendicanti48. I registri di entrata e uscita del convento di Santa Maria della Scala di Verona attestano, ad esempio, per i Servi di Maria numerosi spostamenti da e per vari conventi dell’ordine, ma soprattutto con il convento veneziano di Santa Maria dei Servi, «motivati con ogni probabilità dalla necessità sia di conferire con il provinciale, spesso ospitato in quel convento, sia di partecipare occasionalmente al alcuni riti a Venezia e di commissionare e seguire l’esecuzione di alcuni libri liturgici»49 e con quello di Bologna dove spesso risiedeva il priore generale frate Pietro da Todi. I registri di entrata e uscita del convento di Santa Maria della Scala sono una fonte ricchissima di informazioni sul fenomeno degli spostamenti, dalle direttrici dei viaggi ai motivi degli spostamenti ai frati coinvolti50. Purtroppo relativamente al Trecento non disponiamo di fonti simili per gli altri ordini religiosi, tra cui gli Eremitani.

Giacomino, che risulta priore in un atto di presa di possesso di terre a Piove di Sacco del 26 novembre 1310. Frate Antonio da Codalunga continua comunque a rimanere nel convento padovano come lettore, come abbiamo visto, almeno fino al gennaio 1312.

47 Frate Nicola Mascara compare negli atti del 10 marzo 1301, del 9 gennaio 1305, del 17 ottobre 1310, del 21 giugno 1320, del 5 ottobre 1320, del 31 marzo 1321, del 16 agosto 1323, del 22 novembre 1332 e del 9 aprile 1338. Nel primo documento, un atto di vendita, egli figura come sindico del convento, mentre nei successivi è testimone, destinatario di un lascito e in due casi anche esecutore testamentario. Ciò conferma che frate Nicola Mascara fu una figura di rilievo nel convento dei Santi Giacomo e Filippo, capace di fare da punto di riferimento con l’ambiente cittadino. D’altra parte egli proveniva da una famiglia i cui membri, rappresentati dal giudice Aycardo Mascara, avevano svolto un ruolo fondamentale, come vedremo, nella fase del consolidamento dell’insediamento eremitano nella zona dell’Arena.

48

L’elevata mobilità dei frati è un fenomeno diffuso e già studiato presso tutti gli Ordini mendicanti. Per i Predicatori: CREYTENS, Les constitutions des frères Prêcheurs, pp. 64-65; per i Minori:

Constitutiones generales Narbonenses, pp. 454-455; per i Servi di santa Maria: Constitutiones antiquae,

pp. 43-44. Per i Servi di Maria nel Veneto vedere anche gli studi di CITERONI, L’Ordine dei Servi di santa

Maria nel Veneto, p. 162, in particolare le osservazioni sul convento di Santa Maria della Scala per il

quale, fortunatamente, sono conservati i Registri conventuali di entrata e uscita che documentano dettagliatamente i viaggi e gli spostamenti dei frati.

49 CITERONI, L’Ordine dei Servi di santa Maria nel Veneto, p. 162. 50

Il primo registro, conservato all’ASVr, Santa Maria della Scala, reg. 1, è stato analizzato e trascritto nella tesi di laurea CAMPARA, Il convento di Santa Maria della Scala di Verona e poi esaminato, assieme ad altre fonti documentarie, da DAL POZZOLO, Santa Maria della Scala, II, pp. 53-103. In una

65

È tuttavia possibile ricostruire in qualche modo le procedure legate alla mobilità dei frati rifacendosi alle Costituzioni dei vari ordini51, che stabilivano delle regole cui i frati dovevano attenersi nel momento in cui si mettevano in viaggio, riguardanti le modalità di spostamento, le lettere testimoniali con le quali dovevano presentarsi al convento nel quale giungevano, le cose che potevano essere portate con sé, il modo di vestire, l’accoglienza da riservare ad un priore di passaggio.

Anche le costituzioni degli Eremitani, che si rifacevano in parte a quelle dei Predicatori, dedicano un capitolo, il ventesimo (Ut fratres sine literis testimonialibus aliquo non mittantur)52 ai frati itineranti. Esse stabiliscono che nessun frate, nemmeno il priore, poteva viaggiare da solo, ma sempre in compagnia di un socio, professo, novizio o converso, del suo ordine53 e che nessuno poteva vagare di convento in convento per la provincia se non per una precisa necessità e dietro esibizione del permesso del suo priore (cum literis testimonialibus) nel quale fosse spiegato il motivo del viaggio. Nessun frate poteva muoversi dentro o al di fuori della sua provincia senza la licenza del priore provinciale o generale nemmeno per compiere un’ambasciata per conto di un ecclesiastico o un secolare54. Era previsto che se qualcuno si fosse presentato ad un convento senza la lettera testimoniale del suo priore provinciale doveva essere accolto ma subito invitato dagli anziani del convento o da tutto il convento a deporre l’abito e le altre cose che avesse avuto con sé55, nel caso avesse voluto tornare al suo convento, egli poteva farlo, ma mentre rimaneva lì non gli doveva essere concesso di entrare nel dormitorio, in chiesa, in sacristia o in qualche cella se non con il permesso del priore. Inoltre doveva mangiare sedendo a terra in mezzo al

prospettiva economica: ALBERTI, LEARDINI, ROSSI, L’azienda convento nei registri contabili di Santa

Maria della Scala.

51 Le Costituzioni dei Predicatori dedicavano il tredicesimo capitolo della «secunda distinctio» agli spostamenti dei frati (De itinerantibus): CREYTENS, Les Constitutions des frères Prêcheurs, pp. 64-65; anche le Costitutiones Antique dei Servi di Maria dedicano un capitolo, il diciassettesimo, con lo stesso titolo, ai frati itineranti: Constitutiones Antiquae, pp. 43-44; DAL PINO, I frati Servi di santa Maria, pp. 1066-1067. Capitoli di analogo tenore sono presenti anche nelle costituzioni dei Minori: Constitutiones

generales Narbonenses, pp. 454-455.

52 ARAMBURU CENDOYA, Las primitivas constitutiones, cap. XX. 53

Statuimus ut nullus frater nostri ordinis extra septam loci vadat solus, id est absque fratre socio, professo vel novitio eiusdem ordinis, vel converso etiam iussus, sive subditus sive prior: ARAMBURU

CENDOYA, Las primitivas constitutiones, cap. XX, n. 132. 54

Ambasciatam alicuius personae ecclesiasticae vel saecularis seu communitatis frater nullus assumat

extra provinciam propriam vel intra sine generalis vel provincialis licentia speciali: ARAMBURU

CENDOYA, Las primitivas constitutiones, cap. XX, n. 134. 55

Blande suadeat eis et imperet ut deponent habitum et alia quaecumque habuerint praeter eas vestes

sine quibus honeste esse non possunt: ARAMBURU CENDOYA, Las primitivas constitutiones, cap. XX, n.

66

refettorio, accontentandosi di ciò che gli veniva offerto56. I frati si spostavano a piedi e, solo per motivi gravi e con il permesso del priore provinciale, a cavallo57. Inoltre essi, recandosi da un convento ad un altro, non potevano mangiare o dormire nelle case dei secolari58. Era tuttavia previsto che se qualcuno aveva un possedimento fuori del convento, ricevuto per testamento o come patrimonio, o anche comprato, vi potesse stare per tre giorni per non più di tre volte in un anno59.

Tali regole, accompagnate ciascuna dalla relativa pena nel caso non venissero rispettate, dal digiuno a pane e acqua fino alla condanna per apostasia, miravano a regolare evidentemente il fenomeno della mobilità dei frati che poteva sfuggire al reale controllo dei superiori. È stato sottolineato dagli studiosi che l’accentuata mobilità dei frati mendicanti è una diretta conseguenza della struttura fortemente centralizzata tipica dei loro ordini che li poneva sotto la diretta dipendenza dal superiore generale, il quale poteva spostarli da un convento all’altro per necessità di natura pastorale. Tale caratteristica distingue questi ordini da quelli monastici che, pur essendo organizzati a partire da Citeaux in confederazioni di monasteri, avevano come base della propria struttura il monastero, comunità locale autonoma alle dipendenze dell’abate, e la stabilitas del monaco che faceva professione per un determinato monastero dove rimaneva per tutta la vita60.

I frati mendicanti, invece, una volta entrati nel loro convento d’origine, erano spesso destinati a cambiare sede, per periodi più o meno lunghi. Un forte impulso alla mobilità veniva dato dai capitoli provinciali o generali in occasione dei quali i frati si spostavano per brevi periodi da un convento all’altro. Anche il ministero della predicazione portava alcuni frati a recarsi in conventi diversi dal proprio in certi periodi dell’anno. Ma questi eventi riguardavano solo alcuni frati, nel primo caso i definitori, nel secondo i predicatori. Un altro

56

Et interim ad manducandum sedeant in terra, in medio refectorii, comesturi ea quae eis prioris

discretio fecerit ministrari: ARAMBURU CENDOYA, Las primitivas constitutiones, cap. XX, n. 137.

57 Nulli, sine licentia sui prioris provincialis, liceat equitare. Provincialis autem licentiam talem concedat

in scriptis, et non nisi pro magna et necessaria causa: ARAMBURU CENDOYA, Las primitivas constitutiones, cap. XX, n. 140.

58 Inhibemus etiam ne quis frater, venendo de extra ad locum nostri ordinis, in domibus saecularium

personarum audeat quoquomodo comedere vel pernoctare, sed recto tramite, frater ad locum veniat:

ARAMBURU CENDOYA, Las primitivas constitutiones, cap. XX, additio.

59 Item nullus frater nostri ordinis habens possessionem aliquam extra locum ordinis, sive ex

testamento seu patrimonio derelictam, vel etiam emptam, in eadem stare possit ultra triduum; nec hoc fieri possit ultra tres vices in anno: ARAMBURU CENDOYA, Las primitivas constitutiones, cap. XX,

additio. 60

Una presentazione sintetica ma complessiva delle caratteristiche degli ordini mendicanti, viste anche in rapporto agli ordini monastici, curata da numerosi studiosi e corredata da rinvii ai numerosi studi su questo tema, è in Mendicanti, Ordini, in DIP, V, coll. 1163-1188 (in particolare 1172-1178).

67

tipo di spostamento che emerge con evidenza dalla documentazione è quello legato allo studio, che come vedremo interessa la maggior parte dei frati destinati al sacerdozio.

Accanto al fenomeno della mobilità da un convento all’altro va considerato quello dell’apostasia e del ‘passaggio’ da un ordine ad un altro61. Interessante al proposito il caso di

frate Gumberto da Padova, presente negli elenchi del 1299 e 1301 riguardanti il convento padovano ma non in quello del 1303. La madre Sentelina del fu Nicola dallo Stallo nel suo testamento del 7 settembre 130162 aveva lasciato un appezzamento di terreno al convento degli Eremitani, a condizione che il figlio ne godesse dei proventi durante la sua vita. Gli atti successivi a tale disposizione portano però a ipotizzare che il figlio sia passato ad altro