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La riforma del linguaggio amministrativo

6. Leggibilità e comprensibilità dei testi amministrat

6.1. Alcuni indicatori cultural

Ad integrazione dei dati Istat riportati, il Rapporto annuale Education at a Glance 2012 dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) sui rendimenti del- l’istruzione e sulle risorse umane e finanziarie impiegate nei Paesi aderenti, attesta come l’Italia si situi al penultimo posto per la spesa pubblica destinata all’istruzione: precisamen- te il 9% contro la spesa media Ocse del 13% (vicina a Grecia, Lussemburgo e Messico). Gli investimenti italiani per la scuola materna ed elementare risultano tra i più elevati mentre quelli per l’università tra i più bassi: 9.561 dollari contro una media di 13.719.

Nonostante l’aumento rispetto agli anni passati, la percentuale dei laureati, stimata attor- no al 15% della popolazione, si situa ancora molto al di sotto della media Ocse pari al 31% (e della media Ue pari al 28%). Sono aumentati i tassi di accesso all’istruzione universitaria, soprattutto per effetto dell’introduzione nei primi anni del 2000 dei diplomi universitari, ma i tassi di completamento degli studi universitari sono ancora inferiori alla media Ocse. Il da- to, com’è ovvio, scende notevolmente, al 9%, se si guarda alla fascia dei giovani tra i 25 e i 34 anni provenienti da contesti familiari deprivati104: confermando il circolo vizioso che viene a determinarsi tra insuccesso scolastico e bassa condizione sociale della famiglia di appartenenza105.

Se, in linea con la rilevanza assunta dall’istruzione e dalla formazione nella Strategia di Lisbona, altri Paesi hanno posto al centro dell’agenda delle loro politiche governative preci-

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Oecd, Education at a Glance 2012, Oecd Publishing, Paris, September 2012. 105

Analogamente anche i dati Eurostat relativi al 2011, ricavabili dall’Indagine sulla forza lavoro pubbli- cata nel 2012, consentono di rilevare come l’Italia si collochi all’ultimo posto tra i 27 Stati membri Ue per la percentuale di laureati nella fascia di età tra i 30 e i 34 anni che hanno conseguito il titolo di studio universi- tario: solo il 23,3% rispetto alla media europea del 34,6% e al 40,6% della Spagna, al 43,4% della Francia e al 45,8% della Gran Bretagna. Rispetto agli obiettivi in tema di istruzione e formazione che l’Europa fissa per il 2020 (Strategia europea 2020), l’Italia rivela di trovarsi in grave ritardo: non soltanto circa il numero di laureati, che dal 34,6% della media Ue dovrebbe essere portato nel 2020 almeno al 40%, ma anche cir- ca la riduzione dell’abbandono scolastico che l’Europa fissa al di sotto del 10% mentre l’Ue attualmente è al 13,5% e l’Italia al 18,2%.

se azioni di contrasto alla sperequazione tra “ricchi e poveri” nell’accesso al “capitale cul-

turale” e nel completamento dei cicli scolastici, ciò non pare essere ancora avvenuto nel

nostro Paese. In Italia – come in Turchia, Portogallo e Usa – i ragazzi provenienti dalle fa- miglie di più modesta condizione rilevano basse percentuali di accesso all’istruzione supe- riore: meno del 20%. E altrettanto allarmanti risultano i dati sulla dispersione scolastica: ri- guardo alla fascia di età dei giovani compresa tra i 15 e i 29 anni, più di un giovane su cin- que non si colloca né nel sistema educativo e né in quello lavorativo106.

I dati Istat che abbiamo riportato nel precedente paragrafo ci offrono soltanto una descri- zione dei diversi livelli di apprendimento formale come indicatori del potenziale in termini di capitale umano; non ci forniscono informazioni invece sulle competenze alfabetiche e comunicative della popolazione realmente acquisite.

Un fenomeno che non emerge dai dati fin qui richiamati107, e invece particolarmente rile- vante ai fini della nostra ricerca, è inoltre quello del cosiddetto analfabetismo funzionale. Accanto all’analfabetismo di ritorno, per cui, in alcuni casi, nonostante una conoscenza ba- se di lettura e scrittura, si manifesta comunque in termini quasi fisiologici una tendenza re- gressiva verso una condizione originaria di analfabetismo108, nella letteratura specializzata si indica con l’espressione “analfabetismo funzionale” l’incapacità di utilizzare, in senso te- cnico-pratico, le abilità di base per poter esprimere il proprio diritto di cittadinanza: indivi- dui, in possesso di competenze minime di scrittura e lettura, non risultano tuttavia in grado di produrre, comprendere e utilizzare efficacemente messaggi scritti109.

La stessa definizione tradizionale di “analfabetismo” come “capacità di leggere, scrivere e far di conto” – considerata dall’Istat fino al censimento del 1951 – è stata nel tempo rivista sulla base di “competenze intermedie” determinate non tanto dall’assenza di istruzione quanto dal mancato esercizio di tali competenze. A questo proposito già negli anni Cin- quanta l’Unesco indicava come “analfabeta” colui che «non sa né leggere né scrivere, ca- pendolo, un brano semplice in rapporto con la vita giornaliera».

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Oecd, Education at a Glance 2012, Oecd Publishing, Paris, September 2012. 107

L’Istat negli ultimi anni non distingue tra senza titolo di studio e coloro che sono in possesso di li- cenza elementare.

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In tal senso dunque coloro che hanno frequentato soltanto la scuola dell’obbligo sarebbero maggior- mente esposti a tali tendenze alfabetiche degenerative. Ma a questa percentuale andrebbe sommata l’altra relativa all’analfabetismo funzionale.

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De Mauro ha proposto una classificazione delle varie forme di analfabetismo: analfabeti primari

strumentali, che non hanno mai imparato a leggere e scrivere; analfabeti di ritorno strumentali, che, sep-

pure scolarizzati, hanno disimparato totalmente a leggere e scrivere; analfabeti funzionali, capaci di leg- gere uno scritto e di apporre la propria firma ma incapaci di utilizzare pienamente la lingua scritta nelle varie situazioni. Cfr. T. De Mauro, Idee per il governo. La Scuola, Laterza, Roma-Bari,1995.

Anche l’indagine “Aspetti della vita quotidiana”, condotta annualmente dall’Istat nel- l’ambito delle “Indagini multiscopo sulle famiglie”, fornisce alcuni dati preoccupanti sulla situazione culturale del nostro Paese. Riguardo alle abitudini di lettura, per esempio, in rife- rimento al 2009110 la media nazionale di coloro che dichiarano di aver letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi è del 45,1% (in Sicilia il 31,5%); la media nazionale di coloro che di- chiarano di leggere quotidiani almeno una volta a settimana negli ultimi 12 mesi è del 56,2% (in Basilicata il 41,2%).

Stante ai dati di una ricerca sul sistema scuola-società condotta nel 2005 dall’Unla (Unio- ne nazionale per la lotta contro l’analfabetismo)111

– sulla base dei dati Istat 2001 ma utiliz- zando una definizione di analfabetismo più ampia di quella dell’Istat –, in Italia gli analfa- beti non corrisponderebbero al 6,8% della popolazione (dunque 782.342 cittadini secondo quanto attestano i dati Istat 2001), bensì al 36,52% (circa 20 milioni). Tra gli analfabeti vengono inclusi infatti, oltre agli “analfabeti totali” e senza titolo di studio (per l’Unla il 12% della popolazione; circa 6 milioni di cittadini), coloro che, pur avendo conseguito la li- cenza elementare, non utilizzano le conoscenze e il repertorio linguistico acquisiti a scuola nella vita quotidiana e che sembrano esposti pertanto inevitabilmente a fenomeni di analfa- betismo di ritorno: che comporterebbe, secondo gli studi dell’Unla, il regresso al titolo di studio inferiore quando il sapere e le competenze apprese a tale livello non siano state eser- citate in modo opportuno per cinque anni (cosiddetto “rischio alfabetico verticale” che ri- guarderebbe coloro che si trovano in condizioni di “semi-analfabetismo”).

L’ex ministro della Pubblica istruzione Tullio De Mauro ha recentemente presentato dati allarmanti sul ritardo del nostro Paese in materia di istruzione e formazione, sull’analfa- betismo e sui livelli di incultura della popolazione adulta112. Se da una parte è vero che la lingua italiana, la quale fino al 1951 era sconosciuta ai due terzi della popolazione, risulta alla fine del secolo parlata dal 95% degli italiani, d’altra parte non si può sottovalutare il da- to preoccupante secondo cui soltanto il 29% della popolazione adulta italiana, secondo

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Istat, Noi Italia. 100 statistiche per capire il paese in cui viviamo, Roma, 2010. Si riprendono i dati re- lativi al 2009, nonostante siano state pubblicate le tavole relative anche al 2011 su “Cultura, socialità e tem- po libero”, in quanto in riferimento al 2009 l’Istat fornisce dati specifici sulla lettura.

111

Avveduto S. (a cura di), La croce del sud. Arretratezza e squilibri educativi nell’Italia di oggi, Uni- versità di Castel Sant’Angelo, Unla, Roma, 2005.

112

I dati sono stati presentati da De Mauro nell’intervista curata dal giornalista Francesco Erbani e pub- blicata in T. De Mauro, La cultura degli italiani, Laterza, Roma-Bari, 2010 (1a ed. 2004).

quanto emerge da un’indagine internazionale113, possiede gli strumenti minimi indispen- sabili per padroneggiare l’uso della lingua nazionale.

L’indagine si concentra sulla valutazione delle capacità di scrittura, lettura e compren-

sione e calcolo esibite dagli interpellati in relazione a questionari graduati. E i risultati con-

fermano la presenza di fenomeni “fisiologici” di regressione alfabetica in età adulta. Stan- te a questa prima indagine internazionale ripresa da De Mauro114, i tre quarti della popo- lazione italiana incontrano difficoltà nella comprensione di un testo scritto che riguardi fatti collettivi e quotidiani: un 5% degli adulti con un’età compresa tra i 14 e i 65 anni non riesce addirittura a distinguere una lettera da un’altra o una cifra da un’altra (analfabetismo totale); un 33% riesce a leggere con difficoltà scritte semplici e si dimostra capace di fare un’addi- zione ma non una moltiplicazione (semi-analfabetismo); un 33% è in una condizione leg- germente migliore ma comunque “a rischio di analfabetismo”: si tratta di coloro che riesco- no a leggere un testo ma, laddove le frasi si complicano, non si rivelano capaci di compren- derne correttamente i contenuti. In sintesi, quasi 2 milioni di italiani adulti sono analfabeti totali, quasi 15 milioni semi-analfabeti, e 15 milioni a rischio di analfabetismo: in totale 32 milioni di italiani dispongono di inadeguate capacità per orientarsi nella società.

Oggetto specifico della seconda indagine internazionale citata da De Mauro115 è invece il

letteratismo, ossia la “competenza alfabetica funzionale” (definita come l’insieme delle co-

noscenze e delle abilità necessarie per comprendere e trattare informazioni ricavate da testi,

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Si tratta della seconda indagine International adult literacy studies (Sials) dell’Ocse condotta in Italia dal Cede (Centro europeo dell’educazione) nel 1996. Cfr. V. Gallina, a cura di, La competenza alfabetica in Italia.

Una ricerca sulla cultura della popolazione, Cede, FrancoAngeli, Milano, 2000.

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La ricerca International adult literacy studies fu promossa dall’Oecd (Organisation for economic co-

operation and development) a partire dal 1992 in relazione alle politiche di sostegno allo sviluppo economi-

co e alla coesione sociale particolarmente a rischio in paesi dove le competenze alfabetiche sono più fra- gili. La ricercasi è svolta in tre edizioni (1994, 1996, 1998). L’Italia, grazie anche ai lavori che parallelamen- te alla prima edizione (Ials) andavano svolgendo studiosi come Tullio De Mauro, Benedetto Vertecchi e Al- berto Zuliani sulle competenze alfabetiche degli adulti italiani e alle riforme del sistema dell’istruzione in cui era impegnato il governo italiano in quegli anni, partecipa alla seconda edizione Sials nel 1996. Obietti- vo della ricerca, affidata dal Ministero della pubblica istruzione al Cede (poi sostituito dall’Invalsi), era quello di misurare, sostanzialmente mediante test e quesiti cognitivi, le competenze presenti nella lettura, nella comprensione e nella scrittura. Cfr. Gallina, op. cit.

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L’indagine All (Adult Literacy and Life Skills – Competenze alfabetiche funzionali e abilità per la vi- ta) è stata realizzata in Italia tra il 2003 e il 2004 su un campione probabilistico rappresentativo della popo- lazione residente (6853 cittadini di età compresa tra i 16 e i 65 anni). Lo studio è stato condotto nell’ambito di una ricerca comparativa internazionale promossa dall’Ocse che ha coinvolto 7 Paesi (Bermuda, Canada, Italia, Norvegia, Svizzera, Stati Uniti e Nuovo Leon Mexico). Il Ministero della pubblica istruzione ha affi- dato all’Invalsi, già responsabile dell’indagine Ials-Sials, il compito di sviluppare la ricerca. L’obiettivo era quello di rilevare, mediante la somministrazione di un questionario, di un fascicolo che discrimina l’analfa- betismo funzionale e un altro contenente ulteriori prove, la distribuzione delle competenze fondamentali che garantiscono l’accesso al mercato del lavoro e l’esercizio dei diritti di cittadinanza: la competenza alfabetica funzionale (literacy), la competenza matematica funzionale (numeracy), la competenza nell’analisi e nella soluzione dei problemi (problem solving), la competenza informatica e la competenza nel lavoro di gruppo. Cfr. V. Gallina, Letteratismo e abilità per la vita. Indagine nazionale sulla popolazione italiana 16-65 an-

articoli di giornali, grafici, schede, tabelle e delle conoscenze e capacità di calcolo). Dall’in- dagine è risultato che il 46,1% della popolazione adulta si colloca al primo livello della sca- la di prose literacy, il 35,1% al secondo e solo il 18,8% a livelli superiori; dimostrandosi ca- paci di comprendere testi scritti e di utilizzarli per accrescere conoscenze, interagire effica- cemente nei vari contesti sociali, raggiungere obiettivi e accrescere le proprie potenzialità. Ancora più critica la situazione relativa al problem solving: quasi il 70% delle persone non supera il primo livello dimostrando dunque scarse capacità di utilizzo delle capacità alfa- numeriche di fronte a problemi inediti.

Il noto linguista riconduce il ritardo italiano in materia di cultura – in base ai dati del- l’ultima indagine citata l’Italia si collocherebbe al penultimo posto, seguita soltanto dal Nuovo Leon Mexico – all’arretratezza strutturale, all’indifferenza politica per l’istruzione e la formazione, all’autoreferenzialità tipica dei letterati del nostro Paese e alla sottovaluta- zione da parte della classe dirigente del potere strategico del sapere e delle istituzioni depu- tate allo sviluppo del sapere nella costruzione di un’effettiva unità nazionale società demo- cratica.