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Già negli anni del “miracolo economico” in cui scrive Calvino, in studi, indagini, pubblica- zioni, conferenze e seminari dedicati al tema dell’arretratezza del sistema amministrativo la trascuratezza nelle pubbliche relazioni emergeva come uno dei principali problemi delle amministrazioni pubbliche. Nel modo in cui la pubblica amministrazione “si rapportava” al- la società civile veniva individuato «il vero collo di bottiglia che congestionava fino a stroz- zarle, spinte e movimenti di rinnovamento»: da qui l’immagine di un’“amministrazione bloccata”67

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Anni dopo, nel noto Rapporto sui principali problemi dell’Amministrazione dello Stato (1979)68, il ministro della Funzione pubblica Massimo Severo Giannini segnalava al Parla- mento come nell’opinione pubblica dilagasse una visione negativa della pubblica ammini- strazione e dei suoi funzionari: considerati «tardigradi e cultori di formalismi» – quando non anche «inetti» e, già all’epoca, «fannulloni».

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Ivi, p. 150. 67

F.P. Cerase, Un’amministrazione bloccata, FrancoAngeli, Milano, 1990, p. 101. 68

M.S. Giannini, Rapporto sui principali problemi dell’amministrazione dello Stato, Tipografia del Se- nato, Roma, 1979; reperibile su: http://rapporto_giannini_1979.pdf

Al fine di recuperare la credibilità – seguendo l’approccio sistemico di Niklas Luhmann, i livelli di «fiducia»69 essenziali alla riduzione dell’incertezza e della complessità sociale, al- l’integrazione e alla solidarietà sociale, alla stabilità del sistema sociale – occorreva prestare opportuna attenzione al problema della modernizzazione dei sistemi informativi, fondamen- tali non più soltanto nella gestione interna delle attività bensì per un’azione amministrativa che andava a proiettarsi sempre di più verso l’esterno: da qui l’esigenza di istituire presso tutte le amministrazioni, sul modello degli uffici di organizzazione e metodo del passato, uffici deputati alla gestione dei reclami di disfunzione, alla consulenza nell’elaborazione dei regolamenti di servizio e al coordinamento dei diversi settori di articolazione dell’ammini- strazione.

Secondo quanto previsto già nel Rapporto, la disponibilità di nuovi strumenti tecnologici non sarebbe bastata da sé a rendere più dinamica e moderna l’amministrazione e a riqualifi- carne l’immagine istituzionale se non si fosse intervenuti contemporaneamente sul fronte della formazione in ingresso e in itinere e dell’aggiornamento tecnico e professionale del personale.

Un contributo decisivo in direzione dello sviluppo della pubblicità istituzionale diedero, sul piano normativo, la legge n. 67 del 25 febbraio 1987, con cui le amministrazioni pubbli- che furono richiamate a «destinare alla pubblicità su quotidiani e periodici una quota non inferiore al 50% delle spese per la pubblicità iscritte nell’apposito capitolo di bilancio» (art. 5, c. 1); e l’istituzione nel 1988 presso la Presidenza del Consiglio del Dipartimento per l’Informazione e l’editoria (art. 26 della legge n. 400 del 23 agosto 1988) che andava a so- stituire la vecchia Direzione generale delle informazioni, dell’editoria e della proprietà let- teraria, artistica e scientifica nella realizzazione e promozione di campagne di informazione per mezzo della televisione, della radio, del cinema e della stampa quotidiana e periodica. Tali interventi legislativi e altri successivi inauguravano il passaggio «dall’informazione “normativa” a quella dell’istituzione. Da quella cioè prevista e dovuta per norma legislati- va (l’informazione sulle leggi, sui provvedimenti di interesse generale, ecc.) a quella inve- ce direttamente dipendente dalla scelta dell’ente pubblico di migliorare il proprio rappor- to con il cittadino»70.

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Il riferimento è all’analisi condotta da Luhmann sulla fiducia sistemica come aspettativa di regolarità e continuità di un dato comportamento istituzionale in aderenza a precise regole d’interazione e dunque come prerequisito essenziale dell’ordine sociale in condizioni di incertezza quali quelle delle società post- moderne. Cfr. N. Luhmann, Vertrauen. Ein Mechanismus der Reduktion sozialer Komplexität, Lucius & Lucius, Stuttgart, 20004. Trad. it. di L. Burgazzoli: La fiducia, il Mulino, Bologna, 2002.

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Con il supporto dei mass-media e il ricorso a forme di comunicazione eteroprodotta, le amministrazioni pubbliche, a livello centrale e a livello periferico, iniziavano a comunicare in modo più ampio e continuativo all’esterno i servizi offerti, gli atti amministrativi, la nor- mativa vigente e insieme la propria identità istituzionale. Tuttavia si trattava ancora di una modalità comunicativa trasmissiva e unidirezionale, di un “modello informativo a senso unico”71, che vedeva le istituzioni nel ruolo attivo di emittenti dei messaggi e i cittadini in quello passivo di meri riceventi.

Il modello di comunicazione vigente era ancora quello matematico, tecnico e “trasmissi- vo” proposto da Shannon e Weaver72

negli anni Quaranta: in base a cui, sull’esempio della trasmissione dei segnali elettrici tra due apparecchi, in assenza di rumore il messaggio pro- dotto da una sorgente viene automaticamente trasferito da un trasmettitore sotto forma di segnale a un ricettore che lo riconverte in messaggio affinché il destinatario possa decodifi- carlo. Naturalmente, gli autori per “rumore” intendevano i disturbi tecnici (interferenze ambientali o elettromagnetiche) che potevano generarsi lungo il canale e ostacolare il pro- cesso comunicativo; non si riferivano certamente ancora a distorsioni imputabili alla man- cata condivisione (intera o parziale) del codice di trasmissione.

Sarà Roman Jakobson negli anni Sessanta73, nell’ambito degli studi sulla comunicazione condotti dal circolo di Praga, a precisare come nella comunicazione linguistica – dunque “non numerica” – sia necessario che emittente e ricevente dispongano di «un insieme strut- turato di segni e di regole» affinché il primo possa codificare e il secondo decodificare il messaggio; dando così vita al primo modello di comunicazione “umana” in grado di spiega- re il funzionamento e nello stesso tempo la problematicità della produzione di un messaggio e della sua comprensione a partire da tutti i fattori implicati nel processo comunicativo: non più soltanto il messaggio scambiato tra mittente e ricevente bensì anche il contesto di rife- rimento extralinguistico che svolge una necessaria funzione referenziale, il canale o mezzo di contatto che rende fisicamente possibile la comunicazione e il codice comune a mittente e destinatario inteso come sistema di segni condiviso.

Le questioni linguistiche non erano ancora state poste esplicitamente al centro dell’at- tenzione istituzionale. Eppure negli anni Settanta e Ottanta l’aumento dei compiti dello Stato di fronte alla crescente dinamicità e complessità prodotta dai processi di “differen-

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Ducci G., Pubblica amministrazione e cittadini: una relazionalità consapevole. Gli sviluppi di una co-

municazione pubblica integrata, FrancoAngeli, Milano, 2006.

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C.E. Shannon, W. Weaver, The Mathematical Theory of Communication, The University of Illinois Press, Illinois, 1949. Trad. it.: La teoria matematica delle comunicazioni, Etas, Milano, 1971.

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R. Jakobson, Essais de linguistique générale, Minuit, Paris, 1963. Trad. it.: Saggi di linguistica gene-

ziazione” sociale e di “specializzazione”, la maggiore consapevolezza dei diritti nella socie- tà civile e la situazione di concorrenza, e non più di monopolio, che viene a delinearsi nel- l’arena pubblica e mediatica avevano incrementato i bisogni comunicativi istituzionali e pubblici74. Aumentando gli ambiti di intervento dell’agire istituzionale, le funzioni e le fina- lità socialmente rilevanti da perseguire, si moltiplicavano anche gli attori coinvolti nell’a- zione pubblica: accanto alle istituzioni pubbliche e semi-pubbliche (partiti, sindacati, ecc.) emergevano anche quelle private, o semi-private, tra cui quelle sorte come manifestazione della libera volontà dei cittadini ad organizzarsi in difesa di interessi pubblici, non collegati alla sfera del profitto, e a “supplenza” dello Stato sociale.

Paolo Mancini ha opportunamente chiarito come l’«emergere dell’area della comunica- zione pubblica può essere interpretato alla luce del processo di differenziazione. Lo svilup- po, infatti, di un sempre maggior numero di organizzazioni sociali di natura pubblica e pri- vata, con compiti progressivamente sempre più specializzati, ha creato il bisogno di struttu- re di comunicazione, sia orizzontali che verticali, e quindi di tecniche, metodologie e pro- fessionalità adatte allo scopo»75. Lo sviluppo della comunicazione pubblica deve pertan- to essere collocato all’interno del processo di mutamento e di differenziazione sociale che ha condotto alla nascita dei moderni e complessi sistemi sociali e, limitatamente all’og- getto specifico del nostro lavoro, allo sviluppo del moderno sistema amministrativo.

Come già anticipato, Émile Durkheim, ereditando a sua volta da Herbert Spencer il con- cetto di differenziazione delle strutture e specializzazione delle funzioni, aveva descritto (La

divisione del lavoro sociale, 1893) il mutamento delle moderne società industriali nei termi-

ni di un costante processo di “variabilità” e di “differenziazione” sociale che conduce alla coesione e all’equilibrio sociale. Nella medesima tradizione struttural-funzionalista, Tal- cott Parsons (Il sistema sociale, 1951) aveva approfondito come ogni parte provvedesse alla riproduzione del sistema sociale svolgendovi determinate funzioni e dando luogo a sottosi- stemi funzionalmente differenziati e specializzati ma profondamente interdipendenti e in- tegrati tra loro in vista di uno stato di equilibrio. Tuttavia, si deve in particolare a Niklas

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Mancini, op. cit., p. 63. Sebbene, a causa della persistente sovrapposizione tra identità amministrativa e identità politica, non si trattasse certamente ancora di «comunicazione di pubblica utilità» ma, in sostanza, di forme più evolute di propaganda e comunicazione persuasoria finalizzata al controllo politico dell’opinione pubblica da parte di politici e giornalisti. Cfr. S. Rolando, La comunicazione di pubblica utilità. Identità, politi-

ca, istituzioni, pubblica amministrazione, FrancoAngeli, Milano, 1992.

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Sulla scia dell’analisi durkheimiana e luhmanniana dei processi di differenziazione, Paolo Mancini sostiene che la comunicazione pubblica sia nata con l’avvento della democrazia parlamentare e la decen- tralizzazione dei compiti e delle funzioni prima riservate al sovrano assoluto. Cfr. Mancini, op. cit., p. XIII. Il punto di vista sistemico-funzionalistico è qui assunto al fine di porre in evidenza le funzioni della pubblica am- ministrazione, e in particolare della comunicazione pubblica, nei processi di trasformazione e riproduzione del- la società.

Luhmann il merito di aver offerto a partire dagli anni Sessanta utili strumenti analitici e in- terpretativi allo studio della differenziazione funzionale nelle moderne società complesse: all’analisi della realtà sociale come caratterizzata dalla crescita di sottosistemi sociali dif- ferenziati e specializzati circa le funzioni, i settori d’intervento e l’utenza di riferimento, e sempre più articolata in azioni interdipendenti e interazioni sistemiche essenzialmente co- municative tra sottosistemi e tra sottosistemi e cittadini. Secondo Luhmann, all’aumento della complessità sociale (vale a dire innanzitutto alla crescita dei bisogni dei cittadini) cor- risponde l’aumento di sottosistemi specializzati; e l’aumento della specializzazione richiede inevitabilmente l’integrazione dei diversi sottosistemi specializzati per mezzo di canali co- municativi orizzontali (tra sottosistemi) e verticali (tra sottosistemi e cittadini). Sono infatti i flussi comunicativi che evitano ai sottosistemi di tradursi in chiusura e nello stesso tempo che consentono ad essi di preservare la loro “autonomia funzionale”, il loro settore di inter- vento e il loro pubblico di utenti.

Riprendiamo brevemente l’approccio sistemico-funzionalista di Luhmann con l’obiet- tivo esclusivo di porre in rilievo il ruolo che in generale la comunicazione esercita nella ri- produzione del sistema sociale. Un sistema sociale nasce da un processo ricorsivo di “dif- ferenziazione funzionale” con l’ambiente esterno (rispetto a Parsons Luhmann, in un’ottica funzionalista-strutturale, considera anche le strutture originate da esigenze funzionali). O- gni sottosistema e sotto-sottosistema all’interno di un sistema sociale è da intendersi come sistema concreto d’azione che istituisce con l’ambiente esterno una trama di relazioni acco- gliendo dall’esterno solo gli input pertinenti alle proprie funzioni e competenze (“istituzio- nalizzazione dell’agire”). Tramite tale processo di differenziazione, gli elementi che fanno parte del sottosistema si distinguono da quelli dell’ambiente esterno e risultano separati da questi da precisi confini organizzativi. Rispetto ai vari sottosistemi, l’ambiente possiede dunque sempre maggiori livelli di complessità e di indeterminatezza.

Per poter fronteggiare la complessità e l’eccedenza delle possibilità e delle informazioni esterne, i sottosistemi devono attuare una riduzione della complessità ambientale aumen- tando la loro complessità interna. Il dominio della complessità ambientale si trasforma così in dominio della complessità sistemica mediante criteri volti a mantenere la connessione strutturale e l’equilibrio interno tra gli elementi che ne fanno parte. L’“autoriferimento” dei sistemi ai loro elementi, alle operazioni interne e alla loro unità è ciò che rende i sistemi chiusi e “autopoietici”: il sistema «costituisce in proprio, quali unità funzionali, gli elementi

di cui è composto» e «attiva in tutte le relazioni fra questi elementi un rinvio a tale autoco- stituzione, che viene in questo modo costantemente riprodotta»76.

Tuttavia, l’autoreferenzialità sistemica è relativamente stabile; essa non deve essere con- fusa con assoluta chiusura e separatezza dei sottosistemi rispetto all’ambiente esterno: per quanto riguarda massimamente il sotto-sistema politico77, ciò sarebbe contrario a ogni prin- cipio democratico insito nella dialettica tra politica e società, tra politica e altri sistemi so- ciali, tra politica e cittadini.

Il sottosistema è aperto rispetto all’ambiente esterno e “comunica” con gli altri sottosiste- mi grazie alla sua stessa autonomia funzionale. Esso si autoproduce per mezzo di uno scam- bio di segni che dà vita a un tessuto comunicativo e a un apprendimento continuo e reci- proco tra diversi sottosistemi. Il sotto-sottosistema amministrativo, chiamato a prendere decisione collettivamente vincolanti, può ottenere fiducia e legittimità soltanto se i contenuti e i valori dell’azione amministrativa coincidono, o almeno sono compatibili, con quelli del sistema sociale più ampio. E perché l’integrazione delle funzioni e dei valori sia possibile sono necessari infatti flussi comunicativi interattivi e circolari tra sotto-sistemi sociali. La comunicazione pubblica svolge dunque una funzione di integrazione sociale sia sul piano orizzontale che verticale, sia sul piano funzionale che simbolico78. La modernizzazione stessa della società è dettata – lo vedremo nei prossimi paragrafi – dall’apertura e dall’e- voluzione dei sistemi comunicativi.