• Non ci sono risultati.

6. Gli anni Novanta del cambiamento

6.1. Tra innovazione e retorica dell’innovazione

All’interno di forme di autogoverno societario (corporate governance), il coinvolgimento del cittadino nelle varie fasi dell’azione amministrativa, dal processo decisionale alla va- lutazione, assegna indubbiamente a questi un maggiore “protagonismo politico-ammini- strativo”. Tuttavia, numerosi sono gli ostacoli interni all’operato della pubblica ammini- strazione che fungono da freno all’esercizio della cittadinanza attiva: in primis, come si vedrà, quelli di natura linguistica e comunicativa su cui si incentra il nostro studio.

Grazie a quella che è stata definita “la rivoluzione copernicana” del processo amministra- tivo, da soggetti passivi degli interventi pubblici, i cittadini, singoli e associati, diventano, almeno teoricamente, “co-amministratori”, soggetti responsabili della soluzione dei proble- mi di interesse generale e portatori di risorse, competenze, idee e proposte che le ammini- strazioni hanno il dovere di sollecitare, accogliere e coordinare in un disegno unitario di progettazione, programmazione e attuazione di politiche pubbliche compartecipate.

Sulla scia degli orientamenti legislativi, la pubblica amministrazione italiana ha potuto intraprendere un percorso inedito – se si guarda ai centocinquanta anni di storia ammini- strativa nazionale – di snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo e di riorga-

96

Lo stesso articolo, sulla base dell’attribuzione di maggiori autonomie, funzioni e responsabilità alle re- gioni e agli enti territoriali, introduce il principio di sussidiarietà verticale in riferimento alla cooperazione inter-istituzionale in ambito comunitario e nazionale. Per sussidiarietà verticale si intende l’allocazione fun- zionale delle competenze dagli organismi sovraordinati agli enti gerarchicamente inferiori che, in quanto radicati nel territorio, possono erogare servizi più adeguati ai bisogni locali. «Le funzioni amministrative so- no attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, città me- tropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza» (c. 1, art. 118 Cost.).

nizzazione delle strutture97. Ciononostante, le grandi riforme del ciclo amministrativo, pur apportando sostanziali miglioramenti, non hanno innescato il cambiamento auspicato all’i- nizio degli anni Novanta: “buone pratiche” e percorsi sperimentali si sono diffusi a “mac- chia di leopardo” sul territorio nazionale e spesso la conclamata innovazione si è risolta in una mera retorica dell’innovazione e in una modernizzazione di sola facciata98.

Dalle indagini condotte sullo stato della comunicazione pubblica, numerosi sono risul- tati gli ostacoli che si frappongono a un reale percorso di innovazione amministrativa99: la lacunosa e frammentaria – quando non del tutto mancata – attuazione delle riforme, l’in- disponibilità di risorse finanziarie in un momento di contenimento della spesa pubblica, la mancanza di leadership politiche e di manager pubblici altamente professionali in grado di proporsi come protagonisti attivi del cambiamento, l’assenza di un approccio top-down che possa sostenere il cambiamento lasciato invece alla libera interpretazione e attuazione

97

Il secondo rapporto Ocse Government at a Glance del 2011 che ha coinvolto 34 Paesi Ocse evidenzia in termini comparativi i risultati positivi ottenuti dalla pubblica amministrazione italiana in particolare in re- lazione alle pratiche di valutazione della performance, all’introduzione di sistemi di pagamento che premia- no la performance (performance related payment), alla trasparenza e all’accountability (pubblicazione on line dei salari, dei curriculum dei dirigenti pubblici, di budget, bilanci, e database) e all’e-government. In ottica multicanale, si apprezzano iniziative quali “Linea Amica” e “Mettiamoci la Faccia” volte ad ampliare le possibilità di accesso ai servizi anche per via telefonica soprattutto in considerazione del problema nazio- nale del digital divide su cui ci soffermeremo più avanti. Cfr. Oecd, Government at a Glance 2011, Secondo Rapporto Ocse, Oecd Publishing.

98

L. Bifulco, O. De Leonardis (a cura di), L’innovazione difficile. Studi sul cambiamento organizzativo nel-

la pubblica amministrazione, FrancoAngeli, Milano, 1997; F. Battistelli, La cultura delle amministrazioni tra retorica ed innovazione, FrancoAngeli, Milano, 2002.

99

Ci riferiamo in particolare alle indagini condotte nel 2002 e nel 2003 dall’Associazione italiana della comunicazione pubblica e istituzionale (costituitasi nel 1990) d’intesa con il Dipartimento della Funzione pubblica e la Scuola superiore della pubblica amministrazione (da ora Sspa) sullo stato di attuazione della legge 150 del 2000. Le ricerche hanno inteso monitorare in particolare l’attivazione di strutture operative e figure professionali, gli investimenti in formazione del personale, l’introduzione di tecnologie informatiche, il monitoraggio del piano annuale di comunicazione e a rilevarne gli eventuali ostacoli. Dai risultati emerge, co- me si può facilmente prevedere, una maggiore e più rapida attuazione delle misure previste dalla legge nel Cen- tro-Nord e nei comuni di maggiori dimensioni. Nel 2003 gli enti pubblici intervistati salgono da 729 a 893 e rispetto all’anno precedente partecipa all’indagine un numero maggiore di piccoli comuni. Di questi solo il 23,2% (nel 2002 il 35,5%) dimostra di aver già recepito la legge; il 13,1% (nel 2002 il 14,1%) ancora non la riconosce, mentre il 62,2% concentrato nel nord Italia, ha recepito la legge solo parzialmente (nel 2002 il 47,7%). Tra le difficoltà segnalate: mancanza di risorse economiche, limiti organizzativi interni, carenza di competenze e formazione, assenza di “cultura e conoscenza della comunicazione”. Riguardo alle strutture, l’ufficio stampa è attivato nel 52,2% degli enti pubblici intervistati, l’ufficio relazioni con il pubblico nell’85% degli enti, mentre l’ufficio del portavoce nel 20,2% dei casi. Analogamente le figure professionali si ritrovano maggiormente negli enti dipiù ampie dimensioni (regioni, province e Asl).

Al 2004 risale invece il Rapporto nazionale sullo stato dell’arte della comunicazione pubblica realizzato dallo Iulm di Milano in collaborazione con il Dipartimento della Funzione pubblica in cui viene confermato lo stato di disarticolazione territoriale e di discontinuità dei processi comunicativi. Dall’analisi di 1.000 que- stionari emerge che in circa il 50% delle amministrazioni pubbliche la legge si è tradotta in un cambiamento organizzativo; l’Ufficio per le relazioni con il pubblico è istituito nel 72,4% dei casi mentre un ufficio stampa strutturato nel 48,1%; il 40% degli enti dispone di strumenti di analisi dei bisogni dell’utenza; il 73,4% della pubblica amministrazione lamenta insufficienze di risorse professionali e finanziarie; il 55,1% non possiede una rete Intranet; e solo il 20% delle amministrazioni svolge una vera e propria pianificazione delle attività.

delle amministrazioni, e, ancora, l’accento posto sull’adempimento alla lettera della legge piuttosto che sull’efficacia dell’azione in termini di risultato.

Gli attuali studi sul cambiamento organizzativo nella pubblica amministrazione concor- dano nell’assegnare massima importanza all’intenzionalità intersoggettiva, ossia al senso che i soggetti coinvolti (soggetti politici, manager, dipendenti pubblici, stakeholders, impre- se, terzo settore e cittadini) assegnano al cambiamento. Come aveva già tentato di dimostra- re Chester Barnard alla fine degli anni Trenta100, per quanto le personalità interiorizzino va- lori, comportamenti e obiettivi organizzativi, esse persistono tuttavia come personalità pri- vate, con propri schemi valoriali e cognitivi, che possono dunque sia entrare in conflitto con l’ideologia organizzativa e sollecitare cambiamenti, sia, ritenendo il cambiamento una mi- naccia anziché un’opportunità di miglioramento di politiche e servizi pubblici, contrastare l’affermazione e lo sviluppo della nuova cultura organizzativa.

Parallelamente alle norme giuridiche avrebbero dovuto mutare pertanto gli schemi co- gnitivi, valoriali e comportamentali alla base del modo di essere e di operare della pubblica amministrazione. È mancata, secondo l’opinione più diffusa tra gli studiosi di cambiamento organizzativo nel settore pubblico, una “gestione strategica del cambiamento” (change ma-

nagement)101 che potesse coinvolgere in un circuito virtuoso di apprendimento, in un pro- cesso di sviluppo olistico e integrato102 norme, strutture, tecnologie, risorse umane, servizi e culture. Le riforme del management pubblico non seguite da un reale ammodernamento della prassi gestionale, l’innovazione delle strutture non accompagnata dall’innovazione dei processi, l’introduzione delle più avanzate tecnologie non supportata da una maturazio- ne professionale e culturale dei dipendenti pubblici non potevano certamente tradursi in un effettivo e solido cambiamento. Il cambiamento delle norme e delle tecnologie è infatti as-

100

C.I. Barnard, The Functions of the Executive, Harvard University Press, Mass. Trad. it.: Le funzioni

del dirigente. Organizzazione e direzione, Utet, Torino, 1970.

101

M. La Rosa, F. Arcuri, C. Ciacia (a cura di), Pubblica amministrazione e cambiamento organizzati-

vo: la danza degli elefanti, FrancoAngeli, Milano, 1994; F. Butera, Il change management strutturale nella pubblica amministrazione, in «Studi organizzativi», 1, 2007, pp. 61-96; Id., G. Rebora, Il change management nelle imprese e nelle pubbliche amministrazioni, in «Studi organizzativi», 2007; Id., B. Dente, Change mana- gement nelle pubbliche amministrazioni, FrancoAngeli, Milano, 2009; S. Capuano, L’astuzia delle istituzioni. Trasformazione delle organizzazioni nell’era globale, Le Lettere, Firenze, 2009.

102

In questa direzione merita di essere ricordato il modello di cambiamento integrato promosso dal pro- gramma Cantieri del Dipartimento della Funzione pubblica. Fra le tante iniziative inserite nel programma, la realizzazione da parte di amministrazioni locali dei cosiddetti “Piani integrati di cambiamento”. Si legge nel- la presentazione: «Nelle amministrazioni pubbliche il cambiamento deve coinvolgere contemporaneamente, e in modo coerente, tutte le funzioni strategiche: il cambiamento deve essere integrato. Per questo il pro- gramma Cantieri ha promosso un approccio di sistema all’innovazione attraverso un’azione congiunta sulle variabili gestionali, organizzative e della comunicazione, al fine di migliorare l’amministrazione nelle sue spe- cifiche componenti ma anche nella sua unità» (http//:www.innovazione.pa.gov.it). Cfr. inoltre Dipartimento della Funzione pubblica – Presidenza del Consiglio dei ministri, Strumenti per la pianificazione integrata del

sai più immediato di quello inerente i processi reali dell’organizzazione; l’“organizzazione formale” si evolve più facilmente rispetto all’“organizzazione di fatto”. Da qui circoli vizio- si e paradossi quali «una semplificazione che complica, tagli di bilancio che aumentano la spesa, controlli e misure di trasparenza che falliscono e incrementano l’opacità»103.

Affinché l’invocato cambiamento possa tradursi in un concreto percorso di moderniz- zazione e di razionalizzazione di strutture, procedure, ruoli e servizi, deve essere necessaria- mente riconosciuto alla comunicazione il ruolo attivo e strategico di orientamento, coordi- namento e gestione del cambiamento; non soltanto quindi quello passivo di rispecchiamen- to delle tendenze innovative in atto. Assunti come “modalità di governo del cambiamento”, i processi comunicativi pubblici sono capaci di rivelarsi potenti fattori di definizione, di co- struzione e di ordine della realtà sociale. E l’accento posto sulla valenza etica della comu- nicazione – l’orientamento all’altro e alla comunità –, contro i frequenti usi e abusi stru- mentali del potere della comunicazione, pone le premesse essenziali per una maggiore democratizzazione dell’agire amministrativo e un’effettiva partecipazione dei cittadini e delle imprese ai network amministrativi inclusivi.