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6. Gli anni Novanta del cambiamento

6.3. La comunicazione integrata ed “integrativa”

Le innovazioni in materia di comunicazione pubblica investono l’intero comportamento delle amministrazioni, dalle logiche operative interne ai contatti con l’ambiente esterno, dalle dinamiche più prettamente comunicative a quelle più tecniche del procedimento am- ministrativo. Secondo quanto recita la legge 150 del 2000, negli anni Novanta «la comu- nicazione cessa di essere un segmento aggiuntivo e residuale dell’azione delle pubbliche amministrazioni, e ne diviene parte integrante così come accade da decenni alle imprese che agiscono nel mercato dei prodotti e dei servizi». Da «fattore incidente sull’organizza-

zione amministrativa» essa diventa fattore «determinante lo svolgimento della funzione

amministrativa»128: contribuendo, in quanto “funzione integrativa”, al funzionamento e al- l’integrazione dell’intero subsistema amministrativo nel più vasto sistema sociale. La fun- zione di comunicazione interseca e sostiene ogni altra funzione pubblica: «è dunque allo stesso tempo una funzione specialistica e una funzione diffusa, che postula la presenza nel- le amministrazioni da un lato di professionalità specializzate in materia, dall’altro di una

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R. Cartocci, partendo dalla classica definizione di Robert Putnam di “capitale sociale” (La tradizione

civica nelle regioni italiane, 1993), intende con tale espressione più estesamente il senso di fiducia, di obbli-

gazione e di responsabilità verso gli altri e verso le istituzioni. Cfr. R. Cartocci, Mappe del tesoro. Atlante del

capitale sociale in Italia, il Mulino, Bologna, 2007. Mentre secondo l’approccio “relazionale” di P.P. Dona-

ti, che si riprenderà più avanti, con esso si deve intendere piuttosto che una risorsa culturale un bene relazio- nale e dinamico insito nelle interazioni sociali. Per una ricostruzione delle diverse “semantiche” di “capitale sociale”, si veda M. Pendenza, Teorie del capitale sociale, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2008.

128

G. Azzariti, La comunicazione come funzione, in G. Arena (a cura di), La funzione di comunicazione

generalità di dipendenti consapevoli della valenza comunicativa di tutta la propria attivi- tà»129.

In relazione all’evoluzione organizzativa, la comunicazione non si configura pertanto come uno dei livelli di innovazione dell’azione amministrativa ma come livello trasversale agli altri e principale fattore di mutamento della totalità dei comportamenti organizzati- vi. E, oltre i confini della singola organizzazione, la governance comunicativa esercita una funzione strategica nei meccanismi di regolazione delle nuove forme organizzative retico- lari, nel coordinamento delle molteplici strutture, funzioni, attività e interessi in campo, nel- la misurazione dei risultati ottenuti, nella valutazione della performance e nel rendere conto ai cittadini dell’operato e dei risultati raggiunti (accountability ). È infatti il governo traspa- rente dei flussi comunicativi attivati tra i nodi della rete e tra questi e l’ambiente esterno a rendere possibile un’azione pubblica allargata e nel contempo integrata e unitaria.

A livello intra ed inter-istituzionale, la comunicazione rende possibile alle ammini- strazioni la trasmissione, l’apprendimento e la condivisione delle conoscenze e delle buone pratiche in funzione di un’azione integrata e coerente; mentre sul fronte del loro rapporto extra-istituzionale essa consente di restituire a imprese, stakeholders e cittadini un inter- vento conforme alle aspettative proprio in quanto discendente da un’“interazione discor- siva”, da meccanismi di retro-azione (feedback) e, più in generale, dal contributo della cit- tadinanza stessa alla definizione, al controllo e alla valutazione dell’intervento.

Le amministrazioni, intese come sistemi aperti, sono costituite da un insieme organiz- zato di elementi che interagiscono al loro interno e instaurano una relazione di scambio, sia in entrata (input) sia in uscita (output), con l’esterno130. Esse sono obbligate ad abbandonare i caratteri di isolamento, autoreferenzialità e staticità del passato per confrontarsi e interagi- re costantemente con i nuovi attori delle arene deliberative locali e globali: solo intessendo una fitta trama di relazioni dialogiche con altre istituzioni, associazioni, terzo settore, im- prese private, gruppi di interesse e cittadinanza intera, queste possono infatti assolvere effi- cacemente al loro ruolo istituzionale e sociale: ovvero adempiere al numero crescente dei compiti e delle funzioni discendente dalle politiche di deregolazione statale e di decentra- mento amministrativo e contemporaneamente soddisfare gli interessi organizzati e le ri- chieste di una cittadinanza sempre più matura e consapevole dei propri diritti – e del di- ritto di partecipazione ai processi di decision making.

129

Arena, La funzione di comunicazione, cit., p. 33. 130

R. D’Amico (a cura di), L’analisi della pubblica amministrazione. Teorie, concetti e metodi. La pub-

Collocate in più ampie e composite reti di multilevel governance131 e di global governan-

ce, le amministrazioni oggi si trovano quindi a non poter più svolgere autonomamente la

specifica funzione di regolazione del soddisfacimento di specifiche esigenze sociali ed e- conomiche. Esse devono necessariamente assumere un’identità relazionale e un approccio comunicativo interattivo e cooperativo che le renda maggiormente idonee – in virtù della condivisione di risorse, conoscenze e competenze interne al sistema pubblico allargato – a fronteggiare l’aumento e la complessità delle richieste sociali. In sintesi, l’autonomia rag- giunta deve tradursi in una “autonomia relazionale e comunicativa” per consentire all’isti- tuzione di esercitare il potere di coordinamento e di controllo dell’intero processo policen- trico di policy making. Come ha efficacemente evidenziato a tal proposito Gregorio Arena:

[…] si tratta di passare da un’autonomia “a raggiera”, tipo ruota di carro (in cui l’unico rapporto possibile è quello rigido e monodirezionale dal centro verso le ri- spettive periferie e viceversa) ad un modello “a rete”, in cui si possono creare mol- teplici relazioni fra diversi centri di riferimento di interessi, qualificantisi per la loro capacità di rappresentanza e di soddisfazione degli interessi che ad essi fanno capo.

I rapporti basati sull’autonomia relazionale si possono descrivere dunque come una rete in cui ogni nodo è un soggetto portatore di interessi che comunica con tutti gli altri, emettendo e ricevendo in continuazione informazioni da altri soggetti au- tonomi; […] È l’autonomia relazionale che consente ai vari centri di riferimento di interessi di costituire una rete di rapporti in cui ogni soggetto può arricchirsi nel contatto con gli altri, pur rimanendo se stesso; ma questo dinamismo del concetto di autonomia si fonda sulla comunicazione, perché solo comunicando questa rete

può vivere132.

Grazie alla costituzione di reti di relazioni intorno alle politiche pubbliche, il procedimento decisionale non solo può svolgersi in modo maggiormente efficace e in economia di tempi e risorse ma pervenire alla produzione di “capitale sociale” come valore aggiunto; da inten- dersi, secondo la teoria relazionale della società133, nella sua dimensione valoriale e non meramente strumentale: ovvero come valorizzazione simbolica della stessa relazionalità in vista della costruzione effettiva della “cittadinanza societaria”.

131

Un modello di multilevel governance è quello proposto agli stati membri dalla Commissione europea nel Libro Bianco sulla governance, nel quale si fa esplicito riferimento al sistema policentrico, allargato e partecipato di poteri pubblici come condizione indispensabile per la risoluzione del deficit democratico im- putabile alla distanza e al senso di estraneità percepiti dai cittadini rispetto all’Unione e alle istituzioni na- zionali. «Il modello lineare, secondo il quale le politiche sono adottate ed imposte dall’alto» – si legge nel documento – «deve essere sostituito con un “circolo virtuoso”, basato sul feedback, sulle reti e su una par- tecipazione a tutti i livelli, dalla definizione delle politiche fino alla loro attuazione» (Commissione europea, 2001, p. 11).

132

Arena, La funzione di comunicazione, cit., pp. 43-44, c.vo nostro. 133

P. Donati, La cittadinanza societaria, Laterza, Roma-Bari, 1993; Id. (a cura di), Il capitale sociale.

L’approccio relazionale, in «Sociologia e politiche sociali», X, 1, 2007; Id., I. Colozzi (a cura di), Il valo- re sociale aggiunto alle relazioni sociali, in «Sociologia e politiche sociali», XIV, 1, 2011.

Come abbiamo visto, secondo gli studi sociologici condotti sul cambiamento organizza- tivo della pubblica amministrazione134, i processi di differenziazione dei sottosistemi pub- blici e di specializzazione delle funzioni in atto nelle società complesse hanno condotto per un verso all’individuazione di specifiche competenze, funzioni e campi d’azione, e per l’altro all’instaurazione di rapporti di cooperazione e di reti informative che potessero con- sentire l’integrazione tra le suddette specializzazioni. Cooperazione, comunicazione e in-

tegrazione diventano dunque le parole chiave su cui fa leva il modello organizzativo post-

burocratico di public governance, incentrato sull’interazione sistematica degli attori coin- volti e sulla ponderazione, mediazione e composizione – di per sé essenzialmente comuni- cative – delle differenti posizioni e dei molteplici interessi in gioco in un’azione unitaria e integrata; in quanto tale, atta ad incidere in maniera più efficace e democratica nel proces- so di riproduzione della vita sociale e nello sviluppo economico del Paese.

I recenti interventi in materia di comunicazione pubblica hanno riguardato i diversi ver- santi organizzativi, quello interno ed esterno (inter ed extra istituzionale), e nel contempo sono stati diretti a promuovere e disciplinare processi comunicativi integrati: ossia quei meccanismi di governance comunicativa essenziali al coordinamento e alla gestione più efficace della complessità delle interazioni intra, inter ed extra organizzative.

Il nuovo modello della comunicazione integrata richiede un corpo di codici simbolici socialmente condivisi e un set di strumenti, tecniche e canali tra loro interconnessi e ac- cessibili a tutti i livelli relazionali, funzionali non solo allo sviluppo di un’azione pubblica coerente ed efficace135 ma, in modo propedeutico, alla creazione di un dominio cognitivo e valoriale condiviso. I processi comunicativi intervengono infatti anche sul fronte simbo- lico delle interazioni tra i nodi della rete: se l’integrazione operativa tra atti comunicativi è a fondamento di un intervento pubblico efficace e di qualità, in quanto pone le condizioni di base strumentali per il coordinamento dell’azione pubblica allargata, la dimensione relazio- nale-pragmatica – insita nella stessa etimologia del termine “comunicazione” (che, si ricor- da, rimanda all’aggettivo communis e al verbo latino agere) – rende possibile invece “l’inte- grazione simbolica” e lo sviluppo di un’identità comune tra i partecipanti al processo di- scorsivo. La condivisione delle norme, dei valori e dei significati permette ai vari membri

134

F.P. Cerase, Pubblica amministrazione, cit.; Id., Amministrare: l’economia, la società, FrancoAn- geli, Milano, 2006. Si veda anche R. Mayntz, Soziologie der offentlichen Verwaltung, Miller Juristischer Ver- lag, Heidelberg, 1978. Trad. it. a cura di S. Cassese: Sociologia dell’amministrazione pubblica, il Mulino, Bo- logna, 1982.

135

Un ruolo decisivo è stato assegnato in tale direzione alla diffusione del communication mix nel set- tore pubblico: un esempio è offerto dal piano di comunicazione dell’ente, in cui la Struttura di coordina- mento delle attività di informazione e di comunicazione provvede alla programmazione e alla sintonizza- zione di strumenti, attività, risorse, strutture atte all’integrazione dei flussi comunicativi.

di assegnare un senso unitario all’azione collettiva e di conseguenza di contribuire coeren- temente alla costruzione della realtà sociale.

Il processo di costruzione identitaria che si attua all’interno della network governance, nonostante i limiti e le criticità rinvenibili nella partecipazione ai circuiti del potere deci- sionale da parte del cosiddetto cittadino “comune” e delle fasce socio-culturali più svan- taggiate136, contribuisce comunque a favorire nella società civile la diffusione dei valori e dei significati della partecipazione democratica al governo della res publica.

In questa sede ci limitiamo a indicare sinteticamente gli sviluppi in materia di comuni- cazione sui diversi fronti di un’organizzazione complessa al fine di collocare all’interno dei processi comunicativi e organizzativi il nostro specifico oggetto di studio; premetten- do che la distinzione tra processi comunicativi interni ed esterni risponde ormai, come la stessa evoluzione della normativa e dei communication studies verso il concetto di comuni- cazione integrata segnala137, a scopi meramente esplicativi.

Comunicazione interna. L’istituzione – in base alla legge 150 del 2000 di disciplina delle

attività di informazione e comunicazione delle amministrazioni pubbliche – di strutture e figure professionali preposte alla gestione dei rapporti con la stampa e i media (Ufficio stampa e Portavoce) e alla cura dei rapporti con cittadini e imprese (Urp138, sportelli per il cittadino, sportelli unici della pubblica amministrazione, sportelli polifunzionali, sportelli per le imprese, ecc.) ha ridefinito gli assetti organizzativi interni nell’ottica del potenzia- mento e dell’armonizzazione dei flussi comunicativi e assicurato un maggior raccordo ope- rativo tra le varie strutture (tra Urp e altri uffici, fra front office e back office). Un ruolo non meno rilevante nei processi di riorganizzazione interna hanno rivestito altresì strutture e strumenti comunicativi quali l’istituzione della struttura di coordinamento con funzioni di programmazione, indirizzo e raccordo delle attività comunicative e del relativo “piano an- nuale della comunicazione”139 per una politica coordinata e integrata di comunicazione isti-

136

E. Cellini, A.C. Freschi, V. Mete, Chi partecipa? Alla ricerca del significato politico di un’esperienza

partecipativo-deliberativa, in «Rivista italiana di scienza politica», XL, 1, 2010, pp. 1-32.

137

Si veda, tra tutti, Ducci, op. cit. 138

La Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 11 ottobre 1994, Principi per l’istituzione ed

il funzionamento degli Uffici per le Relazioni con il Pubblico, nello specificare le finalità di questo istituto,

stabilisce come la nuova struttura debba non solo «dare attuazione al principio della trasparenza dell’attività amministrativa, al diritto di accesso alla documentazione e ad una corretta informazione» e «rilevare siste- maticamente i bisogni ed il livello di soddisfazione dell’utenza per i servizi erogati e collaborare per adegua- re conseguentemente i fattori che ne determinano la qualità», ma anche «proporre adeguamenti e correttivi per favorire l’ammodernamento delle strutture, la semplificazione dei linguaggi e l’aggiornamento delle modalità con cui le amministrazioni si propongono all’utenza».

139

tuzionale; la recente informatizzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione (e-

government) per la condivisione di banche dati e documenti, nonché guide, manuali e codici

di stile e di comportamento volti a regolare in modo uniforme e coerente l’agire comunica- tivo degli attori pubblici.

L’attenzione e il presidio dei flussi comunicativi infra-organizzativi ha agito sia in dire- zione del potenziamento della cosiddetta vision, ossia del senso di appartenenza alla dimen- sione del lavoro pubblico, della solidarietà e della cultura organizzativa interna, sia dell’ero- gazione di un servizio pubblico efficace e di qualità e dunque in direzione del rafforzamento della mission istituzionale. La condivisione delle informazioni e delle esperienze professio- nali, e nondimeno dei significati e dei valori, alimentando tra i funzionari pubblici il senso di appartenenza (il “comune sentire”, la “solidarietà organizzativa”) e di responsabilità col- lettiva, incide positivamente anche sulla produttività e sull’efficacia dell’azione amministra- tiva.

Comunicazione inter-istituzionale. Il dislocamento dei poteri e delle competenze statali ver-

so organismi sovra-nazionali e autonomie locali ha richiesto modelli, metodi e strumenti co- municativi di raccordo e di coordinamento tra istituzioni (multilevel governance) che per- mettessero di consolidare la cooperazione inter-istituzionale in funzione del buon governo della cosa pubblica (good governance).

Il processo di delega alle articolazioni statali territorialmente più prossime al cittadino – secondo quanto previsto dal principio di sussidiarietà verticale in vista del miglior soddisfa- cimento delle esigenze locali e in aderenza ai criteri di differenziazione e di adeguatezza – ha inevitabilmente comportato un’intensificazione degli scambi comunicativi a sostegno de- lle strategie di cooperazione; tradottisi in tempi più recenti nell’assiduo ricorso agli stru- menti partecipativi e comunicativi della programmazione negoziata: “intesa istituzionale di programma”, “accordo di programma quadro”, “patto territoriale”, “contratto di program- ma” e “contratto d’area” (art. 2, legge 662 del 1996). Si tratta – insieme all’istituto della

Pubblica Frattini del 7 febbraio 2002 sulle attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni asse- gna il compito di redigere un piano annuale delle attività di comunicazione a una struttura di coordinamento, costituita dal direttore dell’Urp, dal direttore dell’ufficio stampa e dal portavoce, con funzioni di program- mazione, indirizzo e raccordo delle attività previste. Il piano deve contenere: «la definizione degli obiettivi e della strategia della comunicazione integrata […]; la descrizione delle singole azioni con l’indicazione dei tem- pi di realizzazione (calendarizzazione per fasi); la scelta dei mezzi di diffusione e di budget; la pianificazio- ne delle attività di monitoraggio e valutazione dell’efficacia delle azioni (sia in itinere al progetto sia ex po- st)». Per approfondimenti si rinvia a: N. Levi N.,a cura di, Il piano di comunicazione nelle amministrazioni

pubbliche. Analisi e strumenti per l’innovazione, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004; L. Macchioni,

conferenza dei servizi – delle forme più evolute del modello di concertazione dell’azione amministrativa; discendente dal superamento del modulo autoritativo classico dell’eser- cizio della funzione amministrativa e dal riconoscimento agli enti locali di una maggiore discrezionalità nella gestione delle politiche territoriali.

Comunicazione extra-istituzionale. Le nuove modalità contrattuali di decisioni pubbliche,

fondate sul “consenso formalizzato” di soggetti pubblici e privati che condividono un pro- getto comune di rilevanza sociale, implicano l’attivazione di un processo comunicativo «in cui le parti imparano a conoscersi e a dotarsi di un linguaggio comune, argomentano le loro posizioni e reagiscono agli argomenti proposti dalle controparti. […] all’immagine consueta del negoziato come processo di aggiustamento tra preferenze date, si può contrapporre l’immagine di un processo discorsivo o deliberativo in cui le parti modificano le loro prefe- renze in base all’andamento del confronto»140.

Nel nuovo modello di “amministrazione colloquiale”, le amministrazioni non sono più semplicemente chiamate a garantire il diritto del cittadino all’informazione (art. 21 Cost.)141, bensì ad assumere l’obbligo istituzionale di attivare processi comunicativi inclusivi (legge 150 del 2000): non soltanto dunque il dovere di trasmettere in modo trasparente contenuti normativi, informazioni e dati di pubblica utilità quanto piuttosto quello di assicurare ampi spazi partecipativi alla cittadinanza. L’accento viene posto in sintesi non tanto sulla compo- nente espressiva quanto su quella inclusiva e partecipativa della comunicazione; la quale a partire dalla fase di ascolto dei cittadini muove progressivamente e sulla base del loro coin- volgimento verso l’erogazione controllata del servizio e si conclude con la verifica della soddisfazione del cittadino.

Il coinvolgimento e la cooperazione dei cittadini al governo locale grazie ai nuovi istituti della partecipazione civica142 impongono di rivedere la concezione lineare della comunica-

140

Cfr. L. Bobbio, Le politiche contrattualizzate, in C. Donolo, a cura di, Il futuro delle politiche pubbli-

che, Mondadori, Milano, 2006, p. 74, c.vo nostro.

141

Negli anni Novanta viene pubblicata la prima importante indagine sulla chiarezza dell’informazione istituzionale (leggi, regolamenti, messaggi di pubblica utilità) in Italia promossa a partire dal 1987 dal presi- dente del Consiglio dei ministri Giovanni Goria e a cui partecipano giuristi, sociologi, linguisti e comunica- tori. Il diritto all’informazione viene affermato come diritto soggettivo e sociale a fondamento di un paese democratico. Cfr. E. Zuanelli (a cura di), Il diritto all’informazione in Italia, Presidenza del Consiglio dei mi- nistri, Dipartimento per l’Informazione e l’editoria, Roma, 1990.

142

Gli istituti della partecipazione popolare ai processi decisionali, promossi a partire dagli anni Set- tanta, vengono sanciti dalla legge n. 142 dell’8 giugno 1990, “Ordinamento delle autonomie locali” e quindi dal D.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000, “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”. Nella ri- forma delle autonomie locali, tra i compiti attribuiti ai comuni al fine di favorire processi di inclusione e di coinvolgimento vi è quello di valorizzare le libere forme associative e di promuovere la costituzione di or- ganismi di partecipazione dei cittadini all’amministrazione locale (circoscrizioni comunali, consulte di rap-

zione come semplice trasmissione di contenuti da un emittente a un ricevente e dunque del- la comprensione come effetto puramente speculare alla produzione, e di assicurare le pre- messe per una reale comunicazione interattiva tra le parti coinvolte e interessate al proce- dimento decisionale.

Nella nuova public governance lo schema analitico complessivo di riferimento per qualsi- voglia studio sulla comunicazione non può non essere rappresentato pertanto da quello della comunicazione integrata. L’analisi socio-linguistica condotta nel presente lavoro, sebbene si concentri in un primo step sul versante esterno della comunicazione pubblica (il rapporto dei cittadini con i testi scritti della pubblica amministrazione) al fine di porre in evidenza le criticità linguistiche e comunicative presenti nei testi pubblici, è nello specifico rivolta al- la comprensione delle dinamiche e dei processi comunicativi infra-organizzativi da cui di- scendono molte delle disfunzioni e delle patologie comunicative rinvenute.

Abbiamo fin qui insistito sull’attività di comunicazione come funzione integrativa: pre- requisito e precondizione necessaria del funzionamento e dell’integrazione istituzionale del sistema pubblico143. Il nostro studio a partire dal secondo capitolo sarà orientato in parti- colare a svelare le conseguenze contemporaneamente “disfunzionali” e “disgregative” che