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La riforma del linguaggio amministrativo

4. Per un confronto internazionale sul tema

In altri Stati – in particolare nei paesi anglofoni, in Germania e in Svezia – interventi atti a contrastare il ricorso di istituzioni pubbliche e private a linguaggi oscuri e autoreferenziali risalgono a qualche decennio prima rispetto al nostro Paese: ci riferiamo in particolare a in-

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I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Mondadori, Milano, 2009, p. 66. Per un’analisi sociologica di alcuni testi di Italo Calvino si veda: E. Gremigni, Italo Calvino. La realtà del-

l’immaginazione e le ambivalenze del moderno, Le Lettere, Firenze, 2011. Come ha sottolineato l’autrice, vi

è in Calvino «un costante sforzo per realizzare opere che siano il più possibile distanti dalla propria indivi- dualità e da una diffusa superficialità linguistica che impedisce di cogliere la ricchezza dell’ambiente che ci circonda». Ivi, p. 64.

terventi legislativi, all’istituzione di appositi uffici preposti alla semplificazione del linguag- gio amministrativo e alla pubblicazione di guide redazionali come strumenti pratici di con- sultazione e di formazione per i dipendenti pubblici.

Il dovere istituzionale della massima chiarezza linguistica possibile (plainness) nella re- dazione della testualità pubblica venne ufficialmente stabilito per la prima volta negli Stati Uniti d’America in seguito alle rivendicazioni avanzate nel corso degli anni Settanta sul di- ritto alla comprensione dei documenti di interesse pubblico da parte del movimento per la tutela dei consumatori48. Mediante l’emanazione di plain language laws, si ottennero le prime polizze assicurative e i primi contratti redatti nel rispetto degli standard di chiarezza e degli indici minimi di leggibilità – stimati sulla base di studi condotti sui livelli di alfabetiz- zazione presenti nella società americana dell’epoca. Le leggi prevedevano rigide sanzioni per coloro che, producendo contratti lunghissimi e utilizzando termini tecnici incomprensi- bili, mettevano il contraente nelle condizioni di firmare un atto senza che l’adesione fosse realmente informata e consapevole; e stabilivano requisiti linguistici e testuali che i docu- menti prodotti dovevano obbligatoriamente soddisfare, a pena d’invalidità dell’atto: tra que- sti, la suddivisione in sezioni e sottosezioni opportunamente intitolate, l’utilizzo di termini comuni e di frasi brevi e in forma attiva, la spiegazione dei tecnicismi e infine la sottoposi- zione dell’intero testo a misurazione matematica della leggibilità in modo che ne fosse og- gettivamente provata la chiarezza.

Qualche anno prima che intervenissero apposite leggi a prescrivere il dovere della chia- rezza nei testi di rilievo pubblico, nel 1966, John O’Hayre, ex impiegato del Ministero del- l’Interno, aveva già pubblicato alcuni saggi in cui consigliava lo stile di scrittura più adatto al largo pubblico; nel 1973 la First National City Bank decise di adottare strategie di chiari- ficazione linguistica per evitare contenziosi con i propri clienti e, quindi, dispendio di tempo e di risorse finanziarie; e negli anni successivi i presidenti R. Nixon, J. Carter e B. Clinton si fecero sostenitori dell’adozione del plain language all’interno dei regolamenti governativi. Sotto la presidenza Clinton fu redatto il manuale Writing User-Friendly Documents per una scrittura istituzionale rigorosamente reader-oriented49.

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Il movimento si ispirava teoricamente in particolare ai lavori dedicati allo “smascheramento” del potere della lingua da Stuart Chase, a partire dagli anni Cinquanta impegnato a dimostrare come il linguaggio fosse il principale strumento di manipolazione delle coscienze di cui si servivano il potere politico ed economico per «forgiare visioni del mondo», plasmare rappresentazioni della realtà da somministrare a cittadini e con- sumatori al fine di raggiungere i propri fini. S. Chase, The Power of Words, Harcourt Brace, New York, 1954. Trad.it.: Il potere delle parole, Bompiani, Milano, 1966, p. 114 ss.

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Per una storia del movimento si rinvia a: J. Locke, History of Plain Language Movement in the United

Attualmente è un’associazione non governativa, il Plain English Network che si occupa del miglioramento della comunicazione tra governo federale e cittadini. Nel marzo del 2011 l’associazione ha pubblicato le Federal Plain Language Guidelines, una revisione delle li- nee guida redatte già a metà degli anni Novanta come strumento di consultazione per i di- pendenti pubblici50.

E così in 37 su 51 degli Stati dell’Unione vigono norme sui livelli minimi di leggibilità di leggi, regolamenti e comunicazioni indirizzate dai poteri pubblici ai cittadini. La plainness (semplicità) e la perspicuity (chiarezza) del nuovo scientific prose-style assurgono a veri e propri standard qualitativi dell’agire istituzionale. Il fenomeno non è comunque alieno da distorsioni e rischiose degenerazioni: si pensi all’impoverimento del patrimonio lessicale e, aggiungiamo semantico, prodotto dalle tendenze più esasperate del basic english.

In Gran Bretagna già nel 1940 il primo ministro britannico Winston Churchill aveva invi- tato i membri del suo governo a scrivere rapporti brevi e incisivi e in uno stile colloquiale che avrebbe favorito la chiarezza dello stesso pensiero: «To do our work, we all have to read a mass of papers. Nearly wastes time, while energy has to be spent in looking for the essential points. I ask my colleagues and their staff to see to it that their reports are shorter. The aim should be reports which set out the main points in a series of short, crisp para- graphs. […]. Reports drawn up on the lines I propose may first seem rough as compared with the flat surface of officialese jargon. But the saving in time will be great, while the dis-

cipline of setting out the real points concisely will prove an aid to clearer thinking»51. Negli stessi anni George Orwell, nel saggio La politica e la lingua inglese (1946) denun- ciava l’abuso della lingua da parte dei politici: espressioni vaghe ed eufemistiche, impiegate al fine di non far comprendere le reali opinioni politiche all’uditorio, si diffondevano tra la popolazione senza che se ne conoscessero i significati originari. Allo stato di corruzione della lingua inglese, espressione del declino della politica e della società intera, secondo Orwell era possibile porre freno solo se si lasciava ai significati scegliere le parole e non al- le parole imporre significati.

http://plainlanguage.gov/whatis PL/history/locke.cfm; M. Cutts, C. Maher, The Plain English Story, Plain Eng- lish Campaign, 1988.

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Nel 1998 la Securities and Exchange Commission aveva già promosso un manuale di stile per l’ingle- se pubblico, A Plain English Handbook.

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Dal movimento dei consumatori nacque poi il plain language movement52, diffusosi in tutti gli altri paesi anglofoni (Canada, Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa) a tutela dei di- ritti di cittadini e consumatori e per una comunicazione pubblica e aziendale trasparente e non ingannevole. In Gran Bretagna nel 1979 un gruppo di pressione indipendente, il Plain

English Campaign, ottenne l’avvio di un vasto processo di revisione della modulistica delle

pubbliche amministrazioni britanniche (58.000 documenti riscritti e 36.000 soppressi) e l’applicazione di un Christal Mark su 18.300 documenti con alti indici di leggibilità, vale a dire accessibili anche a cittadini con bassi livelli di istruzione. Negli anni Ottanta a supporto del movimento nacquero centri di ricerca, furono promossi corsi di formazione e si tennero numerosi convegni e conferenze internazionali sul tema della semplificazione linguistica che videro linguisti e giuristi impegnati in un dialogo complesso, complicato ma fecondo53. Intervennero inoltre alcuni studi a dimostrare come l’utilizzo del plain language non favo- risse soltanto il rapporto dialogico con i cittadini ma consentisse alle stesse amministrazioni di lavorare all’interno in modo più efficiente e in economia di tempo e risorse54

: grazie al minor impiego di carta (fu stimato un risparmio annuo di circa 700 miliardi), alla diminu- zione degli errori commessi dai cittadini nella compilazione della modulistica e dei tempi dedicati dai dipendenti a offrire ulteriori chiarimenti e spiegazioni e anche ai minori rischi di incorrere in controversie e liti giudiziarie.

In Europa i principi del plain language si diffondono solo alla fine degli anni Ottanta a seguito di direttive emanate dalla Comunità economica europea a tutela del consumatore ri- guardo alla stesura dei contratti (direttiva 93/13/CEE) e dei foglietti illustrativi dei medici-

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D. Fortis, Il plain language: quando le istituzioni si fanno capire, in Il mestiere di scrivere, maggio 2003, in http://www.mestierediscrivere.com/pdf/PlainLanguage.pdf; J.C. Redish, The Plain English Move-

ment, in S. Greenbaum (ed.), The English Language Today, Pergamon Press, New York, 1985, pp. 125-138;

N.M. Smith, A Plain English Handbook: How to Create Clear Sec Disclosure Documents, Office of Inves- tor Education and Assistance U.S. Securities and Exchange Commission, Washington, 1998; B.A. Garner,

Legal Writing in Plain English, University of Chicago Press, Chicago, 2001.Numerosi interventi di studiosi del plain language sono raccolti nella rivista «Clarity».

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Parte del materiale informativo è stato tratto dal sito www.plainenglish.co.uk. Come dettagliatamente documentato da Daniele Fortis, si tratta di un percorso avviato in tutti i Paesi di lingua inglese: «In Australia il primo documento scritto in plain language – una polizza automobilistica – risale al 1976. Da allora le ini- ziative si moltiplicano, specialmente nel campo della redazione normativa. Un’impresa titanica, durata quat- tro anni, è la riscrittura della Corporations Law, la legge fondamentale del diritto societario australiano, fa- migerata per la sua complessità: un gruppo di esperti la semplifica riducendola della metà. In Sud Africa l’esigenza di chiarezza nel linguaggio giuridico e amministrativo è particolarmente sentita, specie con la nuova coscienza democratica sviluppatasi dopo l’abolizione dell’apartheid. La nuova costituzione sudafri- cana del 1996 è forse la prima al mondo a essere redatta nello scrupoloso rispetto dei principi del plain lan-

guage, con continui test sui lettori e la consulenza di esperti internazionali». Cfr. Fortis, Il plain language,

cit., p. 9. 54

J. Kimble, Plain English: A Charter for Clear Writing, in «Thomas M. Cooley Law Review» 9, 1992, pp. 1-58; Id., Writing for Dollars, Writing to Please, in «Scribes Journal of Legal Writing», 6, 1996-1997, pp. 7-19.

nali (direttiva 92/27/CEE)55. Uffici di semplificazione linguistica dei testi amministrativi so- no istituiti e operano stabilmente in Svezia (Plain Swedish Group e Divisione per la Revi-

sione giuridica), in Germania (Bundesverwaltungsamt), in Belgio (Bureau de conseil en li- sibilité).

A tempi più recenti risale invece l’attivazione del percorso di riforma in Francia, dove nel 2001 il ministro della Funzione pubblica Michel Sapin ha istituito il Comité d’orientation

pour la simplification du langage administratif, un comitato direttivo costituito da linguisti,

giuristi e altri esperti che, tra gli altri, ha il compito di predisporre guide, software e corsi di formazione per dipendenti pubblici56; e in Spagna, al cui Manual de Estilo del Lenguaje

Administrativo pubblicato dal Ministero della pubblica amministrazione si è ispirato il Co-

dice di stile italiano.

Di particolare rilievo in ambito comunitario la campagna Fight the Fog, avviata nel 1998 dal Servizio Traduzione della Commissione europea per combattere l’“euroburocratese”, la nebbia linguistica che rende assai difficoltosi i processi di traduzione dei documenti nelle diverse lingue ufficiali57. A tale servizio è collegata la Rete di Eccellenza per l’Italiano isti- tuzionale (Rei), costituitasi nel 2005 per impulso del Dipartimento italiano della Direzione generale per la Traduzione al fine di garantire una maggiore qualità e armonizzazione lin- guistica dei testi istituzionali58. Vi partecipano rappresentanti dell’Unione europea (tradutto- ri e interpreti della Commissione europea, del Parlamento e del Consiglio dell’Unione eu- ropea, del Comitato economico e sociale europeo, della Corte di giustizia, della Corte dei

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Nell’ordinamento italiano garanzie contro le clausole abusive e vessatorie contenute nei contratti stipu- lati tra professionisti e consumatori previste dalla direttiva CEE 93/13 vennero introdotte solo con la legge 52/1996, “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee”. In caso di incomprensibilità e di dubbio sul senso di una clausola a prevalere è l’interpretazione più favorevole al consumatore, il quale, acquisendo le vesti di contraente deve essere tutelato come e anzi maggiormente – considerata la posizione di debolezza in cui si trova rispetto al professionista – degli altri soggetti operanti nel mercato. In attuazione dei principi costituzionali di uguaglianza sostanziale e di solida- rietà sociale, il legislatore moderno ha inteso tutelare la categoria più debole del consumatore; a cui è rico- nosciuto, in base all’art. 2 del D.lgs. n. 206 del 6 settembre 2005 (c.d. “Codice del consumo”), tra gli altri, il diritto «ad un’adeguata informazione e ad una corretta pubblicità» e «alla correttezza, alla trasparenza e all’equità nei rapporti contrattuali».

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Il primo manuale di stile, promosso dalla Direction de l’Administration Générale, du Personnel et du

Budget del Ministère de la Solidarité nationale, risale comunque al 1982. Cfr. C. Ameline, C. Bois, Rigueur et lisibilité des écrits administratifs, Ministère de la Solidarité Nationale, Paris, 1982. Inoltre già la Charte des services publics francese poneva testi chiari e comprensibili a fondamento della società repubblicana e a

garanzia dello Stato di diritto. 57

Directorate-General for Translation European Commission (1998), Fight the Fog. How to Write Clear-

ty, in http://ec.europa.eu/translation/index-en.htm. Si veda anche il documento successivo realizzato dalla

Commissione europea come guida redazionale per il personale della Commissione europea, Scrivere chiaro (http://ec.europa.eu/translation/writing/clear_writing/how_to_ write_clearly_it.pdf) e il Manuale interistitu-

zionale di convenzioni redazionali per i documenti emanati da tutte le istituzioni europee.

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Il Gruppo si riunisce due volte all’anno (a Bruxelles, a Lussemburgo o a Roma) in giornate di studio. Argomento della Dodicesima giornata, tenutasi a Lussemburgo il 22 ottobre 2012, è stato quello della chia- rezza linguistica, lessicale e sintattica, nella traduzione scientifica, letteraria e giuridica.

conti, del Centro di traduzione), della Pubblica amministrazione italiana e svizzera, dell’Ac- cademia della Crusca, dell’Osservatorio legislativo interregionale, di università, enti e asso- ciazioni e professionisti a vario titolo impegnati nella redazione e nella traduzione di testi istituzionali chiari e comprensibili al largo pubblico e nella messa a punto di strumenti es- senziali alla produzione di testi istituzionali trasparenti e di qualità, da manuali redazionali a banche date lessicali. I diversi gruppi di lavoro si occupano della qualità della normazione e della redazione delle leggi, della terminologia giuridica, della lingua dell’economia e della finanza, con particolare attenzione al quadro europeo del drafting legislativo e della comu- nicazione istituzionale.

A partire dalla fondazione della Comunità Economica europea (1957) accanto alle diver- se varietà linguistiche nazionali viene a consolidarsi un “italiano comunitario”, l’italiano con cui vengono tradotte le leggi europee e che inevitabilmente influenza il linguaggio dei testi legislativi e amministrativi, della politica e dei media nazionali. Si inizia dunque ad av- vertire l’esigenza di armonizzare e rendere più semplice il codice giuridico-amministrativo a livello comunitario e nazionale. E in tal senso si può ben sperare in ricadute positivi, in termini di semplificazione ed efficacia comunicativa, sui testi pubblici nazionali dell’inten- so e difficile lavoro di traduzione in cui risulta impegnato il Gruppo di esperti Rei.

È proprio nello spazio amministrativo europeo che emergono i maggiori limiti della lin- gua italiana rispetto a lingue comunitarie come l’inglese. Com’è stato dimostrato in un re- cente studio condotto presso l’Università di Padova su alcune direttive comunitarie, già sol- tanto a livello lessicale è possibile notare come rispetto alla versione inglese quella italiana non contenga le stesse parole comuni. Esempi: ingl. tariff, it. tariffario; ingl. existing, it. vi-

gente; ingl. appropriate, it. pertinente; ingl. immediately, it. senza indugio; ingl. payment, it. versamento; ingl. possibility, it. eventualità; ingl. protection, it. tutela; ingl. sectors, it. filie- re; ingl. as, it. analogamente a; ingl. if, it. qualora o sempreché; ingl. law, it. normativa;

ingl. where, it. ogniqualvolta; ingl. while, it. nel contempo; ingl. that, it. suddetto59.