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Altri spazi in bilico: riviste e gabinetti di lettura

Tra Seicento e Settecento si era intanto aff ermata una nuova forma edito- riale, che pure consentiva il trasferimento sulla pagina scritta del ricco e variegato mondo della conversazione orale. In quei decenni erano infatti sorte le prime pubblicazioni periodiche d’informazione e intrattenimento e anzi, nei mesi tra il 1672 e il 1673, era nata la prima rivista femminile del mondo occidentale, il “Mercure Galant”, le cui pubblicazioni, dopo un ini- zio incerto, si sarebbero stabilizzate, continuando regolari dal 1677 al 1710, e oltre, fi no all’agosto 1965, quando, trasformatasi in “Mercure de France”, la rivista smetteva di animare il mondo francese quasi trecento anni dopo la prima apparizione.

180 l’umorismo letterario Ideatore e animatore di questo nuovo prodotto librario era Donneau de Visé, il quale, nel 1677, al momento di inaugurare «la ripresa delle pubblicazioni», presentava il suo progetto in maniera assai signifi cati- va. Egli sceglieva infatti di proporre alle sue lettrici, frammentata in una serie di articoli pubblicati in più numeri successivi, una Conversation sur le sujet du Mercure (“Conversazione a proposito del Mercure”), che si sa- rebbe tenuta tra alcuni mondani in un salotto privato. Si trattava, com’è evidente, di una fi nzione, che però riproduceva la pratica, consueta a quel tempo, di riportare per iscritto le discussioni, gli aneddoti, le battute che si erano potuti ascoltare nei più selezionati salotti parigini. Come Made- leine de Scudéry aveva intessuto i suoi romanzi di conversazioni galanti, successivamente estrapolate dal contesto narrativo originario, così adesso un abile organizzatore editoriale simulava di trascrivere a benefi cio dei suoi lettori la conversazione tenuta dai membri di una società distinta. Un’operazione di carattere metalinguistico, in cui non solo si proponeva la registrazione scritta di una serie di performance orali, ma che pren- deva come proprio tema lo stesso supporto che garantiva la trascrizio- ne della conversazione. È insomma un episodio assimilabile alla lettera con la quale Aretino comunicava a Speroni la lettura della sua opera; ma con un livello di complicazione ulteriore, che ricorda semmai la strategia del secondo volume del Don Chisciotte: le pagine del “Mercure Galant” si presentavano infatti come un’opera a stampa su cui erano trascritte le battute di una conversazione orale che aveva come oggetto quella stessa opera a stampa.

Questa dimensione metatestuale rientra nelle strategie tipiche dell’u- morismo letterario, così come il forte orientamento verso il pubblico, anch’esso adottato dal “Mercure Galant”, che anzi si basò su una «stretta collaborazione con il pubblico» (Vincent, 2005, p. 58), come ben si vede nella dedica del primo volume (1672), rivolta a una nobildonna appena insediata in provincia, la quale – proprio in virtù del suo legame con la rivista – diviene l’emissaria della società parigina. Questo rapporto con le lettrici fu raff orzato dal loro coinvolgimento diretto, giacché esse furono chiamate a esprimere la loro opinione inviando delle lettere alla redazione, le quali, a loro volta, vennero raccolte e, almeno tra il 1678 e il 1685, pub- blicate in un supplemento extraordinaire. Monique Vincent ha calcolato circa 400 lettere di gradimento, che costituiscono il massimo esempio di un fenomeno di fi delizzazione del pubblico basato sulla rottura della di- stanza, in apparenza insuperabile, tra mondo letterario e mondo della re-

la pagina e la voce 181 altà quotidiana e sulla conseguente costituzione di un’immagine di «cor- respondante fi ctive» (ivi, p. 255).

Questa dimensione editoriale non potrebbe in alcun modo essere sot- tovalutata, come vedremo nel capitolo 10 a proposito del mondo inglese. Ma già qui, dove discutiamo dei luoghi della conversazione e dove stiamo scoprendo che quella che sembrerebbe un’attività sommamente orale ha invece avuto una costante compromissione con la scrittura, forse addirit- tura dai tempi dei dialoghi socratici, per non parlare del Decameron e di un testo cardinale come il Libro del Cortegiano, possiamo fare un’ulteriore osservazione su un paio di luoghi che oggi sembrano essere quasi del tutto scomparsi: le società e i gabinetti di lettura. Questo sistema di diff usione del libro fi orì in particolare nel secolo xviii, rimediando all’ancora alto costo dei libri (anche di quelli in sottoscrizione), ai limiti di accesso e pre- stito delle biblioteche aperte al pubblico (peraltro non numerose) e alle insoddisfacenti condizioni di comodità, fornendo al contempo una gra- ditissima occasione di discutere in pubblico quel che si veniva leggendo in primato. Come ha spiegato Roger Chartier (1995, p. 43), «lo scambio, il dibattito, il confronto delle informazioni e delle idee» erano considerati elementi fondamentali della vita in società.

Esistevano due tipi principali di gabinetti di lettura: 1. le circulating libraries, cioè le biblioteche circolanti, che funzionavano con abbonamen- to annuale e off rivano possibilità di lettura sul posto o anche di prestito a domicilio; 2. i book clubs, chiamati in Francia chambres de lecture, che erano invece associazioni volontarie con statuto autonomo. In entrambi i casi si trattava di luoghi che rispondevano a quella richiesta di comfort che i nuovi strati sociali richiedevano con sempre maggior insistenza. Lo dimostrano i documenti del tempo raccolti da Chartier, a partire da una promozione pubblicitaria del 1762, che invitava a frequentare una certa bi- blioteca circolante in cui i lettori avrebbero trovato una sala ben illuminata e riscaldata da un buon caminetto, o dalla testimonianza di quel viaggia- tore che notò come in Francia le biblioteche avessero di solito tre sale: una destinata alla lettura, una contenente la biblioteca, una terza destinata alla conversazione (anche in questo caso si legge che «en hiver on y entretient de bons feux et il y a des bougies»: ivi, pp. 48, 49).

È importante considerare che queste istituzioni, sorte spesso in manie- ra spontanea o per l’iniziativa di commercianti librai, divennero (come per altri versi accadde anche nei salons aristocratici parigini), i luoghi di diff usione delle idee illuministe (per l’Aufk lärung in Germania, cfr.

182 l’umorismo letterario Chartier, 1995, pp. 52-3). Ma soprattutto esse furono – come ha spiegato lo stesso Chartier – luoghi di apprendistato della socialità democratica; essi si rivelarono cioè gli strumenti principali di quel «procès de civilisa- tion» che, nato nel mondo della corte, si allargò alla società nel suo com- plesso. Era qui che ci si poteva fare una «bonne chère» e stare di «bonne humeur» (“buona cera”, “buon umore”), purché si rispettassero le regole della convivenza. In questi spazi si costituirono gli elementi di quella rete intellettuale internazionale, con movimenti di libri, di persone e di idee, che contribuì in maniera decisiva alla trasformazione della società europea grazie alla possibilità di mettere pubblicamente in discussione le autorità. La plurisecolare storia della conversazione tra pari e del discorso faceto come strumento di intrattenimento e di controllo sociale si apriva a questo punto a una dimensione pubblica, con una precisa funzione politica, che avrebbe avuto eff etti profondi sulla nuova immagine della soggettività e della responsabilità personale, mettendo sempre più in evidenza la decli- nazione individuale dei sentimenti e delle opinioni.