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La forza dell’immaginazione

Occorre dunque individuare l’anello di congiunzione tra spazio e corpo, compito cui è dedicato il saggio Della forza dell’immaginazione. L’autore parte dal detto latino: «Fortis imaginatio generat casum» (“Una forte im- maginazione produce l’accadimento”), ponendo l’accento sulla dimensio- ne produttiva dell’immaginazione, capace di infl uenzare profondamente le vicende degli uomini. Montaigne spiega di temere questa forza e di ritenere più saggio evitarla piuttosto che aff rontarla («Mon art est de luy eschap- per, non pas de luy resister»), aggiungendo che vivrebbe volentieri soltanto con persone sane e allegre, perché «la vista delle angosce altrui mi ango- scia materialmente» (Montaigne, 1962, I, xxi, trad. it. p. 125). Il punto è importante: l’immaginazione viene infatti concepita come una “potenza epidemica”, una forza che permette alle passioni – positive o negative che siano – di trasferirsi da soggetto a soggetto. Come nel caso della paura, è anche sottolineata la compartecipazione di spirito e corpo, la causalità ma- teriale delle aff ezioni umane5.

Il primo esempio addotto è quello di un suo conoscente, il medico Simon Th omas, che anni prima aveva consigliato a un paziente anziano e dolorante di frequentare l’autore, a quel tempo ancora quasi un ragaz- zo, perché la sola vista della sua sana complessione avrebbe avuto su di lui un sicuro eff etto positivo. A quell’epoca le qualità contavano più delle quantità, e si era convinti della “simpatia” che corre tra membra, umori, complessioni; Montaigne partecipa di questo orizzonte concettuale, tan- to da concludere l’aneddoto aff ermando che l’eff etto positivo del giovane sul paziente sarebbe stato controbilanciato dall’infl uenza negativa della vista di un vecchio corpo malato su di un giovane in piena salute. Per il

montaigne, o la prospettiva 61 nostro autore vi è insomma una vera e propria potenza impressiva della immaginazione: come dimostra il caso di quel condannato a morte che, proprio mentre gli si toglievano le bende «per leggergli la grazia, si trovò morto stecchito sul patibolo per il solo eff etto della sua immaginazione» (ibid.). La facoltà immaginativa sconvolge gli uomini al punto da far loro commettere azioni controproducenti, come accadde a quel soldato che durante il Sacco di Roma (1527), alla sola vista dei Lanzichenecchi, provò tanta paura da buttarsi in un cunicolo laterale e mettersi a correre all’im- pazzata, prima di accorgersi che così si stava lanciando proprio in mezzo all’esercito nemico (Montaigne, 1962, I, xviii).

Montaigne propone qui, con ogni evidenza, un ragionamento sulla incorporazione come eff etto della potenza immaginativa. Lo mostra un episodio bizzarro, su cui l’autore si soff erma in un altro dei suoi Saggi, dove racconta il caso di Marie Germain, che egli stesso aveva conosciuto tempo prima, il quale un giorno era diventato improvvisamente maschio a causa di uno sforzo eccessivo. Al di là della motivazione fi siologica, che a noi oggi suona piuttosto strana, quel che colpisce nell’aneddoto è la cru- dissima rifl essione psicologica: per l’autore, l’immaginazione è infatti inti- mamente legata alla sessualità, tema da cui è anzi quasi continuamente oc- cupata. La trasformazione di Marie Germain sarebbe stata dovuta proprio a una tale ossessione: «Per non dover tanto spesso ricadere nello stesso pensiero e nello stesso ardente desiderio», la ragazza fu indotta a «incor- porare una volta per tutte» la «parte virile» tanto agognata (ivi, I, xxi, trad. it. p. 127, corsivo mio). Le passioni dunque prendono letteralmente corpo negli individui, sicché le reazioni indotte dal desiderio e dalla paura hanno eff etti causati non dall’attività razionale, che resta ferma nel suo assetto (l’«assiette» incontrata in precedenza), ma dall’opaco movimen- to dell’immaginazione: «Noi non comandiamo certo ai nostri capelli di rizzarsi e alla nostra pelle di fremere di desiderio o di timore» (ivi, trad. it. p. 132), come appunto accade nella citazione virgiliana.

Questo stesso saggio off re altri esempi del modo in cui Montaigne adduce prove al suo ragionamento. Intanto, andrà notato che l’osser- vazione appena ricordata è seguita dalla contraddizione di un caso che nell’antichità aveva segnalato Agostino e su cui si era soff ermato di re- cente l’umanista spagnolo Juan Luis Vives. Mi riferisco al caso dei pe- tomani, i quali non possono essere considerati una dimostrazione na- turale della somma sovranità della volontà umana sul corpo, sia perché l’organo preposto a tali secrezioni può a volte sottrarsi completamente

62 l’umorismo letterario al controllo delle persone (teste lo stesso Montaigne), sia perché non è questione di volontà, ma di immaginazione, come testimonia l’esempio opposto, portato da un farmacista, che gli aveva narrato di un uomo al quale, per recuperare la piena funzionalità delle viscere, bastava assistere al solo rito del clistere, eseguito correttamente secondo tutte le norme, per riprendere la piena funzionalità corporea, senza che fosse necessario applicare eff ettivamente la pompetta. Analogo è il caso di quelli che si sono convinti di aver ingoiato una spina di pesce e che per questo mo- tivo stanno tanto male da rischiare davvero la morte; o di quelli che si sono persuasi dell’effi cacia di un amuleto; o di quelle donne di colore bianchissimo che hanno generato fi gli dalla pelle nera pur non avendo mai giaciuto con uomini di quel colore6. Tutto ciò, conclude l’autore, va

attribuito «alla stretta congiunzione dello spirito e del corpo [l’estroite cousture de l’esprit et du corps] che si comunicano reciprocamente [s’en- tre-communiquants] le loro condizioni [leurs fortunes]» (Montaigne, 1962, I, xxi, trad. it. p. 135).

L’impatto corporeo dell’immaginazione viene illustrato da Montai- gne anche con un ragionamento sul fascino, ossia sul “malocchio” e sulla capacità di infl uenzare gli atti e le vicende degli altri attraverso un con- tatto “spiritale”. L’autore prende alla lettera una metafora classica del di- scorso sull’amore, l’immagine dell’assalto erotico che sin da Ovidio (con la decisiva ripresa di Petrarca) ha caratterizzato la poesia d’amore. Nella guerra tra donna e uomo «l’animo dell’assalitore», turbato dall’immagi- nazione, «si smarrisce facilmente» (ivi, trad. it. p. 131), come dimostrano due buffi aneddoti. Il primo riguarda un tale che, «avendo udito raccon- tare da un suo compagno» un caso di singolare impotenza (defaillance), «trovandosi in una circostanza simile, fu a un tratto così colpito nell’im- maginazione dall’orrore di quel racconto che incorse in un incidente si- mile» (ivi, trad. it. p. 128). Di fronte al ripetersi più volte della medesima occorrenza, quel tale decise di avvertire le sue partner prima del coito, così da sentirsi meno oppresso da quel che noi oggi chiameremmo “l’an- sia da prestazione”. L’altro episodio, che vede protagonista lo stesso au- tore, è ancora più curioso e sintomatico, perché incrocia due diversi tipi di credulità e due eff etti contrapposti dell’immaginazione. Un suo amico di alto lignaggio si era sposato con una donna dai beni cospicui, il che aveva provocato una certa invidia nei suoi confronti; egli, temendo che le persone gelose potessero gettargli il malocchio e danneggiarlo durante la prima notte con la moglie, se ne stava alla festa di nozze un po’ apparta-

montaigne, o la prospettiva 63 to, preoccupato dai possibili, infausti sviluppi notturni. Confi datosi con l’autore, questi gli impone di applicarsi sulla schiena una piastrina d’oro, d’indossare la veste da camera e di realizzare un complicato rituale. Ve- rifi catasi puntualmente la temuta impotenza, il nobile sposo segue alla lettera le indicazioni dell’amico e porta brillantemente a termine l’atto dovuto (ivi, trad. it. pp. 129-30).

La morale è chiara: non vi è «una sola parte del nostro corpo che non rifi uti spesso la sua opera alla nostra volontà, e che spesso non la compia contro la nostra volontà». Le parti del nostro corpo hanno ciascuna «pas- sioni proprie che la risvegliano e l’addormentano senza il nostro permes- so» (ivi, trad. it. p. 132): stimolazione, risveglio e sonno sono tutti opera dell’immaginazione, capace di trasformare una percezione in fantasma, in apparizione paurosa o perturbante, in proiezione «al di là» di sé, antici- pando il pericolo e facendolo diventare, per questo solo motivo, presente. Il teatro in cui questa presentifi cazione viene inscenata è il corpo, colletto- re che permette l’apparizione dei fantasmi e il loro incarnarsi.