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102 l’umorismo letterario tornarvi numerose volte, soprattutto nella terza parte, dedicata alla di- mensione estetica del fenomeno. In questo capitolo è utile soff ermarsi sul Tristram per aggiungere un tassello alla ricostruzione della genealogia del soggetto occidentale moderno quale si presenta nella letteratura eu- ropea. Genealogia alla quale, dopo la temporalità, il prospettivismo e la peculiarità individuale (ingenio), stiamo adesso provvedendo ad aggiun- gere – tra Cartesio e Sterne – il discorso sulla commistione di anima e corpo, con la quale si aprono le primissime pagine del romanzo, allorché Tristram, il gentiluomo che ha deciso di raccontare la propria vita al fi ne di istruire ed edifi care il lettore, descrive in maniera sobria, e spiritosa, il proprio concepimento, cioè l’atto fi sico durante il quale i due corpi, due spiriti e due temperamenti dei suoi genitori si sono uniti dando vita al primo germe di quel che egli sarebbe stato. Unione, questa dei corpi, spiriti e temperamenti di due esseri umani impegnati nell’atto del con- cepimento, sempre gravida di signifi cato, e sempre piena di rischi, spesso imprevedibili.

Prevedibile doveva essere invece il comportamento di sir Walter Shandy, padre del protagonista, il quale, ci spiega il fi glio, era una creatu- ra molto abitudinaria, anzi «l’uomo più metodico [regular] che sia mai vissuto» (ts I, iv, p. 10). Tra le altre sue abitudini, sir Walter aveva fi nito con lo stabilire un peculiare rapporto cronologico tra la ricarica della pen- dola di casa e il disbrigo di certe necessarie pratiche matrimoniali: la sera della prima domenica di ogni mese, dopo esser salito in cima alla scala di servizio per caricare la pendola di casa, egli si recava infatti in camera della moglie per coricarsi a letto con lei.

Con questa prima scena, che dovremmo forse chiamare – secondo la lezione di Sigmund Freud – la scena primaria, si apre appunto il romanzo. Nel momento in cui si aff accia sulla pagina, la creatura di inchiostro che promette di raccontare la storia della sua vita, o meglio della sua vita e delle sue opinioni, si soff erma dunque sul modo in cui è venuto al mondo, sottolineando che l’atto del concepimento implica la strettissima interre- lazione («arcte coniuncta», avrebbe detto Cartesio) di corpo e spirito, giacché durante la «procreazione di un Essere razionale» si determina «la felice costituzione e temperie del suo corpo», nonché «il suo genio e la forma stessa del suo spirito» (ts I, i, p. 7)2. Body, Mind, Genius, corpo,

mente e ingegno: nella pagina iniziale del Tristram Shandy precipitano tutti i termini che abbiamo incontrato nei precedenti capitoli, a partire dalla teoria umorale dell’antica Grecia. Evidenziando l’intreccio di cor-

sterne, o le opinioni 103 po e mente nella costituzione soggettiva degli individui, Sterne si rifaceva del resto a una nozione ampiamente diff usa ai suoi tempi, se è vero che cinquant’anni prima, il 22 settembre 1711, sullo “Spectator” era apparso un articolo dedicato a illustrare i vantaggi di una regolare attività fi sica, utilizzando, tra gli altri, il seguente argomento:

Ci devono essere frequenti Mozioni e Agitazioni per mescolare, digerire e separa- re i succhi contenuti nel corpo, così come per ripulire quell’infi nità di Tubi e Filtri di cui è composto e per dare alle sue parti solide un Tono più saldo e durevole. L’esercizio fi sico fa fermentare gli Umori, li avvia lungo i canali opportuni, giusti, elimina quanto vi è in Abbondanza e aiuta la Natura in quelle segrete Distribu- zioni senza le quali il Corpo non può conservare il proprio Vigore, né lo Spirito ritrovare la propria Allegria3.

Secondo la celebre rivista di Joseph Addison e Richard Steele, a una certa idea del corpo come macchina complessa fatta di tubi e ingranaggi corri- spondeva un modello psichico basato su un’altrettanto complessa idrau- lica digestiva e depurativa. La teoria era confermata qualche mese dopo da un altro articolo dello “Spectator”, nel quale si sosteneva che la buona indole individuale (Good Nature) deriva dall’azione congiunta del cor- po e della mente (Body e Mind): il carattere sarebbe infatti infl uenzato dall’«Abbondanza di Spiriti» che irradiano sulla Mente e dalla «Circo- lazione sanguigna» ben regolata (Spectator, 1987, vol. ii, p. 197). Affi nché questa interconnessione si realizzasse al meglio era necessaria la presenza di un luogo di articolazione e di traduzione tra i due sistemi: in tutta la tradizione del pensiero occidentale, a partire almeno dall’antichità greca fi no a Kant e oltre, questa funzione è stata abitualmente identifi cata con l’immaginazione: questa era anche la vulgata psicologica che circolava nell’Inghilterra del secolo xviii. Come ancora si legge nello “Spectator”, in un articolo pubblicato il 28 giugno 1712, dov’è illustrato un tipico esem- pio del rapporto mente-corpo:

Quando una delle idee [prodotte dalla contemplazione di un giardino] sorge nell’Immaginazione, e di conseguenza invia un getto [fl ow] di Spiriti Animali verso la Traccia corrispondente, questi Spiriti, nella violenza del loro Moto, non solo si aff ollano sulla Traccia, verso la quale sono più specifi catamente diretti, ma anche su molte altre che le sono contigue [that lie about it]. In questo modo, essi risvegliano altre idee dello stesso insieme [Sett], che subito determinano un nuovo Invio di Spiriti, che allo stesso modo aprono su ulteriori Tracce contigue. Il pro-

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cesso continua fi nché l’intero Insieme delle idee viene riempito e il complessivo Prospetto del Giardino fi orisce nell’Immaginazione4.

Com’è evidente, l’interconnessione tra mente e corpo, realizzata attraver- so la mediazione della facoltà immaginativa, a sua volta mossa da precisi elementi materiali, fi siologicamente identifi cabili nel corpo umano, deter- mina la costruzione delle idee e il modo in cui esse si associano. La cono- scenza umana è dunque basata sul supporto corporeo, mentre la relazione tra la dimensione astratta (la ragione) e il dato sensibile infl uenza l’indole e il temperamento soggettivi. L’interrelazione psicofi sica infl uisce sul co- stituirsi delle individualità umane e ne regola inoltre l’interazione, giac- ché l’equilibrio dei diversi temperamenti, la possibilità stessa di stabilire rapporti di reciprocità, di comunicazione, di amicizia o amore, è basata sull’intreccio di mente e corpo. È una dinamica particolarmente signifi - cativa nel caso dell’associazione delle idee, che per John Locke costituiva il principale fondamento della conoscenza e il presupposto stesso dell’in- terscambio tra le persone. Lettore del trattato lockiano, nelle primissime pagine della sua autobiografi a Tristram spiega che l’abitudine paterna di svolgere, una sola volta al mese e nel corso della medesima serata, le due diversissime attività di ricaricare l’orologio e di dedicarsi alle incombenze del matrimonio, aveva indotto un’infelice associazione di idee («unhappy association of ideas») nella moglie, la quale non poteva sentire ricaricar l’orologio («my poor mother could never hear the clock wound up»), che il pensiero di un’altra cosa («the thoughts of some other things») le si aff acciava inevitabilmente alla mente («unavoidably popp’d into her head»). Una strana «combination of ideas», continua il testo, che «il sagace Locke, il quale s’intendeva della natura di queste cose certamen- te meglio della maggioranza degli uomini, aff erma che hanno prodotto più azioni storte di tutte le altre fonti di pregiudizi messe insieme»5. Tra

le azioni «storte» prodotte dall’associazionismo mentale va annoverata quella che avrebbe segnato profondamente il carattere e il temperamento del protagonista, come ben mostra il celebre incipit del romanzo: «Avrei desiderato che mio padre o mia madre, o meglio tutti e due, giacché en- trambi vi erano ugualmente tenuti, avessero badato a quello che facevano, quando mi generarono» (ts I, i, p. 7).

L’autobiografi a di Tristram inizia dunque con un rimprovero ai genito- ri, quasi l’accusa di averlo fatto nascere, esponendolo agli infi niti mali del mondo. Del resto, i lettori del romanzo sterniano sanno bene che il prota-

sterne, o le opinioni 105 gonista è profondamente marcato dalla mancanza: il nome che porta non è quello scelto dai genitori ed è anzi massimamente detestato dal padre; il suo volto reca il segno immodifi cabile di una nascita soff erta, giacché il forcipe utilizzato dall’ostetrico gli ha deformato per sempre il naso; le sue parti sessuali sono state violentemente colpite durante uno sfortunato incidente domestico, tanto che viene insinuato il dubbio di una possibile mutilazione (cfr. almeno ts I, xix; II, xix; III, xxviii; IV, xiv; V, xvii). Segni d’incompiutezza, cui si sommano i diversi sintomi di aff aticamento e di malattia che si moltiplicano negli ultimi libri dell’opera (cfr. Pepe, 2012).

Ma torniamo alla battuta con cui si apre il romanzo, quando il narra- tore rimprovera i genitori perché avrebbero dovuto sapere che una qua- lunque scossa, o distrazione, o turbamento della regolarità dell’atto può decidere della costituzione psicofi sica del nascituro. Figurarsi, allora, che cosa dovette succedere in quell’arcano inizio della vita del protagonista, quando la madre, in virtù di un’infelice associazione d’idee, giacendo a letto con il marito, si rivolse verso di lui per chiedergli: «Scusa, caro, non hai dimenticato di caricar l’orologio?». Domanda legittima, quanto al principio dell’associazione di idee, cui tuttavia il padre non poté evitare di rispondere che «mai donna, da Eva in poi», aveva interrotto il suo uomo «con una domanda così sciocca» (ts I, i, p. 8). Dialogo stupendo, che merita di essere riproposto nella lingua originale:

Pray, my dear, quoth my mother, have you not forgot to wind up the clock? – Good G – ! cried my father, making an exclamation, but taking care to moderate his voice at the same time, – Did ever woman, since the creation of the world, interrupt a man with such a silly question?