• Non ci sono risultati.

L’ammissione ai partiti politic

CITTADINO, PARTITO E DEMOCRAZIA INTERNA 2.1 Il cittadino davanti al partito: come elettore e come iscritto

2.2 L’ammissione ai partiti politic

Il diritto dei cittadini o degli stranieri a essere ammessi ovvero a non essere arbitrariamente impediti dall’entrare in un partito, così come in generale il problema dei rapporti tra singolo aderente e partito politico, non trova alcuna espressa disciplina in Costituzione, né una specifica disciplina nella legge ordinaria. Si dovrà pertanto guardare alla disciplina contenuta negli statuti dei partiti politici, al fine di ricavare delle “costanti normative” in materia. Ora, sebbene come detto non vi sia alcuna previsione espressa, un diritto all’iscrizione ai partiti politici si può ricavare dall’articolo 49, nella parte in cui sancisce che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti”. Si riprende e si rafforza, come già detto, il diritto di associazione di cui all’articolo 18: i cittadini hanno non solo il diritto di costituire un partito (senza la possibilità di prevedere autorizzazioni), ma altresì di aderire ad un partito già esistente, di recedere dal partito al quale ci si è iscritti, inclusa la libertà negativa di non iscriversi ad alcun partito, senza temere che la propria esistenza lavorativa e sociale sia condizionata da questa decisione135. Non si deve però pensare al diritto all’iscrizione ai partiti politici come privo di limitazioni o restrizioni, “inviolabile”; già la Costituzione fissa specifici limiti nell’articolo 98, 3° comma, secondo cui “si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari e gli agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero”. La dottrina, a partire da Mortati, ha rilevato che i soggetti su elencati, in quanto deputati ad assicurare, nell’assoluta imparzialità rispetto al cittadino, il rispetto delle scelte operate dagli organi competenti, non possono esercitare la funzione di “concorrere con metodo

democratico alla determinazione della politica nazionale”. La disposizione è

assai circoscritta non solo in relazione all’individuazione dei soggetti nei cui

135

Oggi potrebbe sembrare un’ovvietà, ma in realtà si tratta di un’importante conquista storica, giacché sotto il regime fascista, complice la vocazione totalitaria del partito fascista e l’identificazione Stato-partito, questa libertà negativa esisteva solo formalmente, ma de facto era disincentivata. Lo stesso valeva per la Germania nazista e le democrazie popolari socialiste, ed ancora oggi nella Repubblica popolare cinese la mancata adesione al Partito comunista pregiudica limitandole le condizioni lavorative e sociali.

47

confronti il limite può essere posto e alla fonte normativa che può definirlo, ma anche per quanto attiene al contenuto, poiché essa fa esplicito riferimento soltanto all’iscrizione ai partiti, e dunque non può essere estesa ad altre associazioni o formazioni latu sensu politiche, né dovrebbe riguardare lo svolgimento di attività politiche genericamente intese. Tuttavia con la sentenza 224/2009 la Corte costituzionale, in particolare con riferimento alla magistratura, ha interpretato estensivamente la previsione costituzionale, sancendo non solo la possibilità di imporre “limiti” alla facoltà di iscriversi, ma un divieto assoluto, e ritenendo sanzionabile, pur in assenza di una formale iscrizione, anche la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici, condotta per fatti concludenti equivalente o sintomatica di un’iscrizione di fatto136. Il legislatore è intervenuto vietando l’iscrizione ai partiti soltanto nei confronti del personale civile e militare dell’amministrazione di pubblica sicurezza (d.l. lgt. 205/1945) e degli appartenenti alle forze di polizia (l. 121/1981). Per alcune delle altre categorie di cui all’articolo 98, il legislatore ordinario ha stabilito limiti riguardanti lo svolgimento dell’attività politica, ma non anche un vero e proprio divieto di iscrizione: ad esempio nei riguardi degli appartenenti alle forze armate (l. 382/1978), dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura (l. 74/1990), dei componenti della Corte costituzionale (l. 87/1953). Oltre a questi limiti di carattere costituzionale, ve ne sono altri che discendono direttamente dalla natura di associazione non riconosciuta che il partito ha nel nostro ordinamento: in un’associazione non riconosciuta la deliberazione che accoglie o respinge la domanda d’adesione è un atto di autonomia privata del tutto libero da vincoli, a parte quello del rispetto delle clausole statutarie che dettano le condizioni di ammissibilità. Gli statuti dei partiti possono determinare requisiti, più o meno stringenti, al fine di preservare la propria identità politico-ideologica, operando una selezione degli aspiranti all’iscrizione. Ed è questa la soluzione accolta dagli statuti della totalità dei partiti politici italiani, essendo rimaste confinate presso una dottrina minoritaria le tesi “rafforzative” del diritto all’iscrizione ai partiti politici, tendenti a valorizzare l’impossibilità da parte del partito di limitare il

136

S. De Nardi, L’art. 98, terzo comma, Cost. riconosce al legislatore la facoltà non solo di

“limitare” bensì di “vietare” l’iscrizione dei magistrati a partiti politici (anche se sono collocati fuori ruolo per svolgere un compito tecnico), in Giur. Cost., n. 6/2009, pp. 5121-5131.

48

diritto d’iscrizione dei cittadini sulla base di determinate condizioni economico- sociali, come avviene normalmente per le associazioni di categoria ed i sindacati137. Una questione determinante è rappresentata dalla problematica se il diritto all’ammissione del cittadino sia un vero e proprio diritto soggettivo; in altri termini, se un partito ha fissato specifiche qualità e requisiti per l’ammissione, e il cittadino dimostra di possederli, ci si chiede se il partito disponga o meno di un potere discrezionale circa l’ammissione del richiedente. In dottrina138 è stata sostenuta la tesi per cui il partito è tenuto a iscrivere il richiedente, e se non procede in tal senso, il richiedente può rivolgersi all’autorità giurisdizionale. È una tesi da condividere, in quanto accettare il contrario significa affidare la richiesta d’ammissione del cittadino all’arbitrarietà dell’organo di partito deputato a valutare la richiesta, che potrebbe rigettarla a prescindere dalla presenza dei requisiti richiesti, e svuotando quindi di ogni effettività la loro stessa previsione. La stessa dottrina prima citata è però consapevole dell’impossibilità dell’eliminazione di qualsiasi margine di discrezionalità, dal momento che l’ammissione di un soggetto ad un partito non può che presupporre una valutazione politica e comportare una discriminazione di carattere ideologico, dal momento che solo il partito sa cosa esso vuole essere ed i fini cui tende139. Altra problematica riguarda il tipo di sindacato che può porre in essere l’autorità giudiziaria qualora vi si rivolga l’iscritto per mancata ammissione al partito: tale sindacato dovrebbe infatti riguardare solo gli aspetti attinenti alla regolarità formale delle procedure di ammissione, limite non sempre facile da rispettare a causa della genericità di taluni requisiti140. Inoltre, un’iscrizione coercitivamente imposta sarebbe vanificata dall’ostracismo cui il soggetto coattivamente introdotto sarebbe sottoposto, rendendone estremamente difficile la partecipazione141. Occorre a questo punto osservare quali siano tendenzialmente i presupposti

137

C. Esposito, cit., p. 226.

138

A. Bardusco, L’ammissione del cittadino ai partiti politici, Milano, 1967, pp. 93 ss.

139

Sebbene si può obiettare che questa problematica potrebbe essere ridimensionata fissando nello Statuto le finalità dell’associazione partitica, come di regola accade.

140

Si pensi al tentativo di Marco Pannella di candidarsi alla segreteria del PD, caso approdato nelle aule giudiziarie. Il Tribunale di Roma (11 settembre 2007) non ha ritenuto di poter entrare nel merito della valutazione d’inammissibilità della candidatura del ricorrente, per via della sua natura prettamente politica di selezione ideologica degli aspiranti alla carica.

141

M. Eroli, Diritto d’iscrizione ed ordinamento democratico nelle associazioni non riconosciute, in Giurisprudenza italiana, n. 1/1989, pp. 75-80.

49

richiesti per l’ammissione ad un partito politico, tenendo conto anche che alcuni partiti contemplano la distinzione tra iscritti e simpatizzanti. In primo luogo, in tutti gli statuti è richiesta, sia per gli iscritti che per i simpatizzanti, un’età minima, di solito di 16 anni142. Altro prerequisito generalmente previsto per l’acquisto della qualità d’iscritto (ma di solito non di simpatizzante) è costituito dal pagamento della quota o contributo annuale associativo (la c.d. tessera). Ulteriore requisito (previsto sia per gli iscritti che per i simpatizzanti), tendenzialmente implicito (IDV, MPA, Lega Nord, SEL), è dato dall’adesione alla tavola ideologica del partito, talvolta esplicitato o attraverso un generico richiamo alla necessità di aderire agli ideali del partito o al riconoscersi nel partito (UDC e Scelta civica, e prima ancora DC e PCI) o prevedendo l’adempimento formale della sottoscrizione di un Manifesto o Carta di valori (PD, PDL, FLI). Come risposta ai numerosi scandali che hanno interessato esponenti della classe politica, in un numero sempre maggiore di statuti è richiesto il rispetto di un Codice etico o comportamentale, (PD, IDV143, SEL, FLI, UDC, Scelta Civica, Lega Nord) come presupposto per l’acquisto ed il mantenimento della qualità d’iscritto144

. Talvolta è richiamata la necessità per l’aspirante aderente a non essere iscritto in altri partiti o movimenti politici (Scelta civica, PD, Lega Nord). È chiaro che, alla luce di quanto osservato, un’eventuale legge sui partiti dovrebbe richiedere la necessità di fissare in modo chiaro e preciso nello Statuto i prerequisiti per l’iscrizione o adesione, quantomeno con riferimento ai parametri che già oggi si possono desumere da un’analisi comparata dei partiti, e ciò a garanzia del diritto

142

Così PD, PDL, UDC, FLI, Scelta civica, IDV, come già in precedenza la DC. L’MPA richiede almeno il compimento del quindicesimo anno di età, SEL del quattrodicesimo. La Lega Nord invece richiede per gli iscritti la maggiore età, mentre i minori di età possono aderire solo in qualità di simpatizzanti (c.d. soci sostenitori), se autorizzati anche da un solo genitore. Anche il PCI richiedeva la maggiore età come presupposto per l’iscrizione. Si tenga conto che quasi tutti i partiti hanno associazioni giovanili formalmente autonome dal partito medesimo, con un proprio statuto, per i quali sono previsti requisiti d’età differenti: ad esempio, il movimento giovanile di FLI, Generazione Futuro, prevede la possibilità d’iscrizione per i giovani di età compresa tra i 14 e i 30 anni.

143

Lo Statuto dell’IDV pone inoltre un veto all’adesione di soggetti condannati per reati che comportino incompatibilità sostanziale con le finalità del partito. Non si specifica quali siano tali reati, lasciandosi agli organi di garanzia il compito di valutare caso per caso.

144

Per un approfondimento sul tema, P. Marsocci, L’etica politica nella disciplina interna dei

50

all’iscrizione145

; tuttavia, il testo unificato adottato dalla I Commissione della Camera dei deputati il 9 maggio 2012 sulla disciplina dei partiti politici al riguardo non presenta alcuna indicazione. Titolare del diritto all’iscrizione al partito politico è sicuramente il cittadino, mentre invece è controverso se possa esserne titolare lo straniero. La questione ha assunto rilevanza concreta nel 1979: in seguito alle dimissioni presentate dal Presidente del Consiglio dei ministri on. Andreotti a causa dell’uscita del PCI dalla maggioranza parlamentare, il Presidente della Repubblica Pertini aveva tenuto le consultazioni, nel corso delle quali si rifiutò di ricevere il segretario nazionale del partito radicale Jean Fabre, di nazionalità francese, motivando la sua decisione adducendo al fatto che Fabre non avesse la cittadinanza italiana. Tale circostanza fu all’origine di un acceso dibattito dottrinale, avente come perno la possibilità da parte dello straniero di iscriversi e dunque di ricoprire una carica all’interno di un partito. Fondamentalmente furono avanzate tre tesi. La prima tesi146, di carattere restrittivo, si basava sul dato letterale dell’articolo 49, che parla espressamente di “cittadini”, ed escludeva il riconoscimento del diritto d’iscrizione in capo agli stranieri. Tale articolo è poi collocato nel titolo dedicato ai “Rapporti politici”, in cui si disciplinano gli aspetti fondamentali riguardanti i diritti ed i doveri di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. E ancora, le formule che riservano ai cittadini il diritto di voto, di petizione, di accesso alle cariche pubbliche, non solo limitano positivamente ai cittadini italiani tali diritti, ma escludono che le leggi ordinarie possano attribuirle agli stranieri147. Se gli stranieri non hanno un diritto d’iscrizione, tantomeno hanno il diritto ad assumere la titolarità di cariche direttive, anche perché in tal modo svolgerebbero funzioni pubbliche piuttosto importanti (si pensi alla partecipazione alle consultazioni del capo dello Stato), e potrebbero svolgere nell’interesse di uno Stato straniero. La seconda tesi, di

145

Ad esempio, l’art. 6, paragrafo 2, n. 2 della PartG tedesca impone l’obbligo per gli statuti di contenere norme “sull’ammissione e le dimissioni degli iscritti”, fermo restando che il successivo art. 10, paragrafo 1 della medesima legge fornisce una specifica disciplina da osservarsi, disponendo che “gli organi competenti del partito decidono liberamente sulla scorta delle ulteriori norme dello statuto con riferimento all’ammissione degli iscritti. Il rifiuto di una richiesta d’iscrizione non necessita di essere motivato. Non sono ammessi vincoli all’ammissione aventi carattere generale, anche se collegati ad un termine di scadenza. Le persone che in seguito ad una sentenza passata in giudicato non possiedono più il diritto di voto o i requisiti d’eleggibilità non possono essere membri di un partito”.

146

P. Ridola, Partiti politici, cit., p. 89.

147

51

carattere estensivo, sostiene che la legge, non risolvendo il problema, lo delega all’autonomia statutaria, e quindi i partiti possono “attribuire” un diritto d’iscrizione agli stranieri. Un’ulteriore tesi si incentra non tanto sul momento dell’ammissione, quanto su quello dell’espulsione, motivata dal fatto che lo straniero abbia, tramite l’azione del partito, sostenuto l’adozione da parte dello Stato di un provvedimento a lui favorevole ma pregiudizievole per la Nazione. Tra le tre tesi, quella preferibile sembra essere la seconda, nella formulazione che ne ha dato una certa dottrina148: nel precetto costituzionale non si trova un esplicito divieto o esclusione dell’appartenenza degli stranieri ai partiti politici, ma mentre i cittadini sarebbero titolari di un diritto costituzionalmente garantito, gli stranieri sarebbero titolari di una mera libertà di fatto che tanto il legislatore quanto l’autonomia statutaria dei partiti potrebbero limitare od escludere. È questa la tesi più adatta anche alla luce dell’evoluzione legislativa attuativa del diritto dell’Unione Europea, che ha fatto rientrare nello statuto della cittadinanza europea importanti diritti politici, come quelli riguardanti l’elettorato attivo e passivo alle elezioni europee e alle elezioni locali149. In effetti gli statuti dei partiti riconosco tendenzialmente150 il diritto d’iscrizione dei cittadini europei (UDC) o degli stranieri tout court (PD, MPA, FLI, SEL), talvolta subordinandolo a certi presupposti (ad esempio regolare permesso di soggiorno o regolare residenza sul territorio nazionale per un certo numero di anni). Circa il diritto degli stranieri di iscriversi ai partiti politici, la posizione del legislatore è rimasta di assoluta neutralità, delegando la scelta ai singoli partiti, come risulta dall’assenza di

148

A. Bardusco, cit., p. 127 ss.

149

La l. 9/1989 ha attribuito ai cittadini stranieri appartenenti ai Paesi dell’Unione europea il diritto di elettorato passivo al Parlamento europeo. Con il d. lgs. 197/1996, attuativo della dir. 94/80/CEE si è previsto altresì che i cittadini dell’Unione europea residenti in un Paese membro di cui non siano cittadini abbiano il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali e alle elezioni al Parlamento europeo. È opportuno ricordare che le disposizioni costituzionali che riservano ai soli cittadini la fruizione dei diritti elettorali hanno indotto l’Italia a non dare applicazione al capitolo C della Convenzione di Strasburgo del 5/2/1992 tra i Paesi aderenti al Consiglio d’Europa riguardante la partecipazione degli stranieri nella vita pubblica a livello locale, attraverso la concessione del diritto di voto attivo e passivo.

150

Scelta civica e IDV lasciano intendere implicitamente la possibilità d’iscrizione dello straniero, non essendoci precise disposizioni al riguardo. Quanto alla Lega Nord, nello Statuto non si parla espressamente di cittadini, ma tra i doveri degli iscritti vi è il perseguimento delle finalità del partito, e cioè “il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana”. Alla luce di ciò e delle posizioni del partito in materia di immigrazione e altre questioni afferenti agli immigrati, de facto è difficile che si ponga in concreto il problema di una richiesta d’iscrizione da parte di uno straniero.

52

qualsiasi riferimento alla questione nel testo unificato adottato dalla I Commissione della Camera dei deputati il 9 maggio 2012 sulla disciplina dei partiti politici. Restano da chiarire due aspetti: attraverso quali modalità ci si iscrive e qual è l’organo deputato a valutare tale richiesta. Anche per tali aspetti si deve guardare agli statuti, in assenza di una specifica normativa (che non sarebbe stata introdotta neppure se il testo unificato adottato dalla I Commissione della Camera dei deputati il 9 maggio 2012 sulla disciplina dei partiti politici fosse divenuto legge, facendo questi solo riferimento alla necessità per lo Statuto di prevedere “le modalità di partecipazione”). Quanto alle modalità, oltre alla tradizionale presentazione personale alla sezione territoriale (o ad altro apposito organo statutariamente competente), numerosi statuti prevedono la possibilità di iscrizione online, attraverso internet (PDL, PD, MPA, UDC, FLI, Scelta civica, SEL), di solito rinviando ad un regolamento per la specifica disciplina151. L’organo deputato a vagliare la richiesta d’ammissione varia considerevolmente da partito a partito: nei partiti storici della DC e del PCI, organi competenti per tale valutazione erano rispettivamente la Direzione della Sezione territoriale competente (l’organo “amministrativo” a livello periferico) e l’assemblea della cellula o sezione (l’insieme degli iscritti a livello locale) o il rispettivo Comitato direttivo (organo “amministrativo” a livello periferico). E’ questa la soluzione ancora oggi accolta: generalmente l’ammissibilità della richiesta è valutata dal competente organo a livello locale, o al più regionale, organo che può essere o l’assemblea degli iscritti, o l’organo amministrativo, sebbene sia possibile che lo Statuto preveda l’intervento di organi “gerarchicamente” superiori o di controllo del tesseramento, in presenza di specifici presupposti o con riguardo alla valutazione di specifici prerequisiti152. La valutazione a livello locale è

151

Disciplina che, se non impostata adeguatamente, può condurre a facili abusi. Ad esempio, in occasione del congresso provinciale torinese dell’UDC del 2007 per l’elezione della guida del partito a livello provinciale, si sono denunciati tesseramenti irregolari: in particolare negli ultimi giorni del 2006 si è assistito a 2600 tesseramenti informatici in poche ore. Nel resto d' Italia questo tipo di iscrizione per l’UDC riguardava in tutto 4.000 persone. Da ultimo analoghe problematicità sono emerse in occasione delle consultazioni per l’elezione dei componenti delle Convenzioni provinciali e della Convenzione nazionale del PD, durante le c.d. primarie per l’elezione del Segretario nazionale del 2013.

152

Ad esempio nello Statuto dell’MPA si prevede che la richiesta di adesione possa essere rigettata oltre che dalla Direzione regionale, su proposta del Segretario regionale (competente a ricevere la richiesta), anche dal Segretario federale. Nello Statuto dell’IDV si dice che la Segreteria Nazionale ha la facoltà di non accogliere motivatamente richieste di adesioni. Nell’UDC si stabilisce che non

53

sicuramente la migliore, in quanto l’organo territorialmente più vicino al richiedente, in virtù di tale vicinanza, è meglio in grado di verificare effettivamente la sussistenza di tutti i presupposti richiesti per l'adesione. Il controllo delle iscrizioni, e quindi del tesseramento, non è irrilevante: gli iscritti dispongono di diritti, in particolare elettivi, di cui i simpatizzanti non hanno la titolarità; il quantitativo di tessere di cui, direttamente o indirettamente, si è in grado di disporre, è la principale determinante dei rapporti di forza all’interno dell’associazione, specie nei partiti organizzati alla luce del principio della democrazia interna delegata, per cui le principali cariche interne sono elette non da tutti gli iscritti, ma delegati dei medesimi, che spesso e volentieri si riuniscono in correnti tra loro contrapposte che competono per il controllo del partito e l’occupazione di posti di potere (interni o esterni all’associazione) nella disponibilità del partito medesimo. Stando così le cose, in assenza di adeguati controlli e garanzie sul tesseramento, concreto è il rischio di irregolarità. Una delle principali contromisure che si possono adottare al fine di circoscrivere l’esercizio dei diritti connessi alla tessera solamente a coloro che si siano regolarmente iscritti, e che può assumere una funzione deterrente circa la commissione di irregolarità, è data dall’esistenza di un elenco o registro degli iscritti, di cui deve essere garantita adeguatamente la pubblicità. Non è un caso che l’articolo 3 del testo unificato adottato dalla I Commissione della Camera dei deputati il 9 maggio 2012 sulla disciplina dei partiti politici, richieda che gli statuti dei partiti indichino “le regole per l'istituzione e per l'accesso all'anagrafe

degli iscritti, nel rispetto di quanto previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.” Fermo restando che questa previsione non è legge,

Outline

Documenti correlati