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Il Congresso nazionale

IL PARTITO COME ORGANIZZAZIONE 4.1 Il partito come sistema internamente differenziato

4.4 Il Congresso nazionale

Il Congresso (denominato anche Convenzione o Conferenza), come si può ben comprendere, assume nel partito politico quasi un ruolo “costituente” dell’apparato partitico ad un dato livello territoriale, a cominciare da quello nazionale, rappresentando il momento più alto della vita del partito e della partecipazione dei suoi iscritti.288 Il Congresso può essere qualificato come un’assise, nella quale il partito “definisce la propria strategia in un contesto di progetto politico di ampio respiro”289

. Per la tendenziale pletoricità della sua composizione, nonché per il suo ruolo di massimo organo depositario dell’essenza democratica di un partito politico, il Congresso si connota per uno svolgimento con cadenza pluriannuale, variante da partito a partito (di norma almeno una volta ogni tre anni)290, essendo nei periodi di intermezzo le decisioni fondamentali assunte dall’Assemblea nazionale, organo collegiale più ristretto i cui componenti sono (almeno in parte) designati dal Congresso stesso. Già questo quadro è

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Non a caso esso è obbligatoriamente previsto in taluni ordinamenti, come si ricava dagli articoli 8 e 9 della PartG tedesca e dall’articolo 7 della legge spagnola sui partiti politici, che al n° 2 afferma che “i partiti politici devono avere un’assemblea generale dell’insieme dei propri membri, che possono partecipare direttamente o a mezzo di rappresentanti, e alla quale compete, in ogni caso, in quanto organo superiore di governo del partito, l’adozione delle decisioni più importanti dello stesso, incluso il suo scioglimento”.

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E. Rossi, I partiti politici, cit., p. 60.

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Più precisamente il termine di svolgimento del Congresso nazionale nei vari partiti è di 3 anni (Scelta civica, SEL, PDL, FLI, Lega Nord) o 2 anni (UDC, IDV).

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indicativo di un vulnus che tale disciplina infligge al rispetto del “metodo democratico”: l’eccessivo lasso temporale tra un Congresso e l’altro (spesso e volentieri nella prassi superiore a quello statutariamente previsto, a causa del mancato rispetto del termine fissato nello statuto per la sua tenuta) è così ampio che de facto impedisce ai partecipanti la determinazione di un mandato agli organi dirigenti sul quale poter operare una reale verifica la volta successiva, limitando considerevolmente il controllo democratico realizzato nei Congressi dagli iscritti per il tramite dei delegati291. Non è un caso se ad esempio la PartG tedesca all’articolo 9 impone l’obbligo per i Congressi di partito di riunirsi “almeno una volta ogni biennio”. La previsione di un termine per lo svolgimento di un Congresso non implica che lo stesso possa svolgersi anche prima del decorso del termine medesimo; l’assise congressuale che si tiene nei termini statutariamente previsti è un’assise ordinaria, ma il Congresso può riunirsi anche in via straordinaria, su convocazione dell’autorità indicata come competente ad indirla, solitamente per far fronte a quei momenti in cui le difficoltà del percorso politico portano ad una fase di rottura e, presumibilmente, alla sostituzione dei vertici del partito (ad esempio contrasto insanabili tra correnti interne al partito, necessità chiarificatorie a seguito di un pessimo risultato elettorale, necessità di realizzare un “momento di rottura” con una precedente gestione del partito pregiudicata da scandali e insuccessi)292. Che il Congresso sia il momento saliente dal punto di vista organizzativo dell’attività interna dell’associazione partitica è attestato dalle competenze che i vari statuti gli attribuiscono, le più ricorrenti delle quali sono: a) determinazione della linea politica del partito; b) modificazioni dello statuto; c) elezione del leader del partito e dei componenti di altri organi di partito293.

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E. Rossi, I partiti politici, cit., p. 61. Significativo è il fatto che in nessuno degli statuti in esame sia possibile trovare una previsione come quella prevista dalla PartG tedesca all’articolo 9, paragrafo 5, per cui “il Congresso del partito riceve almeno ogni due anni un rapporto di attività della presidenza e adotta una risoluzione con riferimento ad esso (…)”, finalizzata proprio a rafforzare i poteri di controllo del Congresso sul mandato degli organi dirigenti del partito.

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Ad esempio lo statuto di FLI parla di “particolari esigenze di carattere politico”.

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In effetti per il ruolo preminente che dovrebbe spettare al Congresso, in quanto assise rappresentativa degli iscritti, sarebbe opportuno che una legge fissasse le competenze minime spettanti inderogabilmente al Congresso; in tal senso si osservi l’articolo 9 della PartG tedesca, che attribuisce al Congresso poteri decisionali circa “i programmi del partito, lo statuto, il regolamento sui contributi e le quote d’iscrizione, l’ordinamento del collegio dei probiviri, lo scioglimento e la fusione con altri partiti”, nonché l’elezione del presidente dell’associazione, del suo sostituto e degli altri membri della presidenza, i membri di ogni altro organo e i rappresentanti inviati negli organi delle associazioni territoriali di grado superiore.

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Particolarmente delicata è l’attribuzione della competenza a revisionare o emendare lo statuto: attribuirla ad un organo differente significa rimettere l’intera disciplina interna di base del partito ad un organo che non è detto sia ugualmente rappresentativo allo stesso modo del Congresso degli iscritti e delle differenti posizioni politico/ideologiche che inevitabilmente in quest’assise si manifestano. In taluni statuti il potere di revisione statutaria è attribuito al Congresso solo nella misura in cui questi sia svolto, mentre nell’intervallo tra due Congressi, è attribuito ad altro organo, di solito l’Assemblea nazionale, che delibera a maggioranza qualificata294. In altri statuti, si riconosce la facoltà del Congresso di delegare il potere di modifica statutaria ad altro organo, tendenzialmente l’Assemblea nazionale. Perché il Congresso possa adeguatamente svolgere le sue funzioni, è però necessario che sia funzionale, ed è qui che emergono le problematicità. Una prima problematicità attiene alla sua composizione: esaminando i vari statuti, il Congresso risulta essere un’assise di centinaia di delegati. La necessità di garantire la più alta rappresentatività possibile all’assise è direttamente proporzionale alla sua pletoricità, e quindi, alla sua non funzionalità. Infatti ai Congressi nazionali partecipano, oltre ad alcuni componenti indicati nello stesso statuto (ad esempio parlamentari, consiglieri regionali etc…), i delegati eletti dalle articolazioni periferiche (regionali e/o provinciali) attraverso altrettanti Congressi periferici295. Tuttavia gli statuti non prevedono il conferimento di un mandato imperativo, così che i delegati sono liberi di interpretare le posizioni e le richieste degli iscritti che li hanno eletti296, cosa che nella prassi favorisce l’esercizio del voto nel Congresso secondo logiche correntizie. Taluni statuti (IDV, Radicali) prevedono la libera partecipazione al Congresso nazionale di tutti gli iscritti, ma l’estrema pletoricità che ne deriva paradossalmente rende il Congresso maggiormente suscettibile di essere eterodiretto nella formazione della sua volontà dal gruppo dirigente di

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Criticamente, l’IDV attribuisce tale potere all’Esecutivo nazionale.

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I criteri di calcolo del numero dei delegati del Congresso, o in generale di “un’assemblea dei delegati o di un altro organo che risulta composto in tutto o in parte da rappresentanti delle associazioni territoriali” potrebbero anche essere fissati per legge, come dimostra l’articolo 13 della PartG tedesca.

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comando297. Tra l’altro, anche una composizione del Congresso ristretta ai soli delegati determina problematiche di notevole rilievo: infatti i delegati sono eletti dagli iscritti, cioè i tesserati, a livello regionale o provinciale e, tendenzialmente, ciascuna struttura locale invia un certo numero di delegati, in proporzione al numero degli iscritti a livello locale; pertanto, maggiori sono le tessere rilasciate sul territorio, maggiore è il numero dei delegati che quel territorio può eleggere al Congresso. Inoltre, in alcuni partiti, gli statuti prevedevano a fini di praticità, l'istituto delle deleghe all’interno dello stesso Congresso, grazie al quale taluni esponenti intervenivano ed agivano in rappresentanza di altri, materialmente esibendo una pluralità di tessere (conferite loro dai deleganti) e non solo la propria. Poiché, come si avrà modo di dire, il Congresso ha rappresentato e rappresenta ancora oggi (anche se in misura minore) la sede di confronto (e di scontro) tra le correnti di partito, al fine di ottenere il controllo del medesimo, le correnti di partito, ed i singoli loro esponenti, soppesano la loro forza reciproca in base al numero di tessere possedute; maggiore è tale numero, e maggiore è il numero di delegati che quella corrente può eleggere nel Congresso e i voti che questa complessivamente può esprimere; banalmente, i capicorrente che detengono più deleghe, decidono, rendendo un sistema formalmente democratico sostanzialmente oligarchico298. Questo sistema, oltre a determinare una estrema conflittualità interna al partito, ed una sua intrinseca debolezza decisionale, finisce altresì, nella corsa all’accaparramento di tessere per acquisire potere congressuale e quindi decisionale, col determinare veri e propri abusi ed irregolarità, quali il rilascio di tessere false, cioè di iscrizioni fittizie, oppure di iscrizioni puramente

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Ne è un chiaro esempio il Congresso o Assemblea Nazionale dell’IDV: ad esso partecipano tutti gli aderenti al partito e non è espressamente ammessa la delega. L’assenza di delegati rende estremamente difficoltoso il controllo dell’esercizio del voto in assise da parte delle correnti, ma la previsione della deliberazione a maggioranza assoluta a prescindere da qualsiasi numero legale minimo, e l’esercizio del voto per via palese, mediante alzata di mano, nominativo o online, paradossalmente consentono al gruppo dirigente di comando del partito, che organizza e dirige i lavori del Congresso, di orientare facilmente in senso a sé favorevole le decisioni del medesimo, tra l’altro limitate alla “direzione ed indirizzo della linea politica”.

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Come osservato, la partecipazione degli iscritti alla formazione e all’esercizio della volontà associativa, sia che venga realizzata in via diretta, sia che ciò accada in via rappresentativa, incontra degli ostacoli, mirabilmente sintetizzati da Costantino Mortati in un suo studio del 1978, ed identificati in “inevitabili disuguaglianze fra i membri stessi, nonché le altrettanto naturali tendenze dei detentori del potere di alimentare la forza di pressione in senso conformistico sul gruppo, usando del potere stesso in modo da alterare il giuoco delle forze suscettibili di concorrere ad un equilibrato esercizio dell’autorità”.

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strumentali, effettuate da soggetti interessati solo per ragioni clientelari in occasione del Congresso299. L’opportunità di una legislazione sui partiti da questo punto di vista sarebbe estremamente opportuna, fissando rimedi volti a contrastare distorsioni in senso oligarchico del principio democratico rappresentativo e vere e proprie irregolarità nel tesseramento: soluzioni possibili potrebbero essere l’obbligo di sospensione del tesseramento perlomeno un certo numero di mesi prima della data del Congresso, per evitare tesseramenti all’“ultimo minuto”; previsione o potenziamento di organi e procedure per contestare eventuali irregolarità nel tesseramento e nell’incetta di deleghe (ad esempio PD e UDC prevedono già organi e procedure a ciò preposti), fissazione della disciplina dell’esercizio per delega del diritto di voto al Congresso (che vada oltre la mera esibizione della tessera), attribuzione di almeno una parte del numero dei delegati eletti da ogni Congresso periferico sulla base non del numero degli iscritti ma di altri criteri (ad esempio il numero dei voti riportati dal partito localmente nelle ultime elezioni politiche300) etc.. La non funzionalità del Congresso di partito trova una sua ulteriore causa nella sua pletoricità. Tuttavia, questa è solo una delle possibili concause del cattivo funzionamento dell’assise congressuale, poiché un’altra concausa è data dalla regolamentazione del procedimento assembleare. La relativa disciplina è spesso rimessa ai regolamenti, specie con riguardo al sistema e alla modalità di voto; negli statuti è di solito delineata la disciplina della sua convocazione, rimessa di regola al vertice del partito, cioè al Presidente o Segretario (PDL, Lega Nord, MPA, FLI), o più raramente all’Assemblea nazionale (UDC, Scelta civica) o all’Esecutivo (PD). La convocazione del Congresso è obbligatoria tendenzialmente in due casi: quando lo statuto fissa un termine per il suo svolgimento, come già visto, e quando ne faccia richiesta la minoranza politica interna al partito. Nei vari statuti tendenzialmente si prevede infatti che l’organo competente indica il Congresso su richiesta o di un organo,

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Si potrebbe pensare che queste pratiche siano venute meno con la fine dei partiti della prima Repubblica, ma la cronaca dimostra come non sia così, recentissime sono le vicende di accuse di irregolarità e tesseramenti sospetti registrati a livello periferico in occasione dei Congressi periferici finalizzati all’elezione dei delegati per la Convenzione nazionale del PD del 24 novembre 2013, e che hanno indotto la Direzione nazionale del partito a sospendere il tesseramento l’11 novembre, sospensione tardiva in quanto ormai i voti per i Congressi periferici si erano svolti quasi ovunque. Inevitabile quindi che la rappresentanza dei delegati (ed il peso delle varie correnti) nella Convenzione nazionale sia in parte illegittimamente falsata.

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ovvero di una certa percentuale dei suoi membri, di solito l’Assemblea nazionale301, o su mozione sottoscritta e approvata da una certa percentuale di iscritti302. La determinazione di data, luogo ed ordine del giorno è attribuita all’organo competente per l’indizione del Congresso. Gli statuti generalmente non prescrivono un quorum costitutivo, mentre invece tendono a prevedere un quorum deliberativo, di solito consistente, salvo che per specifiche votazioni non sia diversamente previsto, nella maggioranza assoluta dei presenti. La disciplina statutaria, così come la prassi, dimostrano quanto sia opportuna una previsione normativa che quantomeno imponga ai partiti di riconoscere il diritto di intervento al Congresso dei delegati, il voto a scrutinio segreto per l’elezione dei componenti di altri organi di partito, l’obbligo di verbalizzazione dell’attività congressuale. Ci si può chiedere se nell’ultimo progetto di legge finalizzato a dare una regolamentazione ai partiti, il testo unificato adottato dalla I Commissione della Camera dei deputati il 9 maggio 2012 sulla disciplina dei partiti politici, vi siano disposizioni volte a regolamentare lo svolgimento del Congresso nazionale. Al riguardo non si ritrova alcuna disposizione diretta, possono rilevare, nella loro estrema genericità, solamente le previsioni che impongono allo statuto di indicare “le procedure richieste per l'approvazione degli atti che impegnano il partito”; “i criteri con i quali è assicurata la presenza delle minoranze in tutti gli organi collegiali non esecutivi”; “le procedure per modificare lo statuto, il simbolo e la denominazione del partito”; “le modalità con le quali gli iscritti partecipano alle votazioni interne”.

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