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Segue: il Partito Democratico: il rapporto col gruppo parlamentare e l’attività di selezione delle candidature Il concetto di democrazia

LA DEMOCRAZIA INTERNA NEGLI STATUTI (E NON STATUTI) DI PDL, PD E M5S: UN’ANALISI CRITICA

5.5 Segue: il Partito Democratico: il rapporto col gruppo parlamentare e l’attività di selezione delle candidature Il concetto di democrazia

implicito nello Statuto

È opportuno chiedersi quale sia il rapporto tra il partito extraparlamentare ed il partito parlamentare, cioè tra l’apparato di partito del PD ed i gruppi parlamentari (e consiliari) del PD. Nello Statuto non vi è alcuna sezione che affronta specificamente la tematica dei rapporti con i gruppi parlamentari: è possibile tuttavia ricavare alcune indicazioni. Ai sensi dell’articolo 2 dello Statuto, “tutti gli elettori e le elettrici del PD hanno il dovere di […] aderire ai gruppi del Partito Democratico nelle assemblee elettive di cui facciano parte”. Tra i doveri degli eletti indicati all’articolo 22 dello Statuto si stabilisce l’obbligo per i gruppi del PD nelle assemblee elettive di approvare e rendere pubblico un regolamento di disciplina della loro attività. Specifici obblighi di contribuzione finanziaria sono dettati per gli eletti da un apposito regolamento, in attuazione di un principio di “onere di concorso economico” fissato nel Codice etico. Il Codice etico, inoltre, disciplina in modo dettagliato tutte le condizioni il cui verificarsi obbliga gli eletti a rassegnare le dimissioni dal relativo incarico. Non vi sono ipotesi di “unione” tra carica parlamentare e cariche dirigenziali all’interno del partito, salvo la partecipazione dei Presidenti dei gruppi di Camera e Senato alla Direzione nazionale in qualità di membri di diritto (articolo 8). Resta da esaminare un’ultima questione: la disciplina eventualmente dettata dallo Statuto circa lo svolgimento dell’attività di selezione delle candidature. La peculiarità sta nel fatto che il PD è stato il primo partito italiano a prevedere in sede statutaria l’utilizzo delle

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primarie; nella versione originaria dell’articolo 18 dello Statuto si dava anche una definizione di primarie, quali “elezioni che hanno ad oggetto la scelta dei candidati a cariche istituzionali”, ma essa è stata in seguito rimossa. In effetti, in base alla precedente definizione, tutte le consultazioni per la designazione del candidato alla Presidenza del Consiglio, così come del Segretario nazionale, non sarebbero potute essere denominate (in senso tecnico) primarie. Lo Statuto si occupa della disciplina di selezione delle candidature rispettivamente per le cariche monocratiche (articolo 18) e per le cariche degli organi assembleari (articolo 19). Per le cariche monocratiche (Sindaco, Presidente di Provincia e Presidente di Regione) si impone il ricorso alle primarie, di coalizione o, nel caso in cui non si svolgano e non si sia concordato con la coalizione un metodo diverso, di partito. Il loro svolgimento è disciplinato da un apposito regolamento, definito d’intesa con le forze politiche alleate, è approvato con i voti favorevoli della maggioranza assoluta dei componenti della Direzione del PD del livello territoriale corrispondente. Si impone che le primarie, di coalizione o di partito, si svolgano con il metodo della maggioranza relativa. Quanto alla scelta delle candidature per le assemblee rappresentative, essa avviene o mediante le primarie, oppure “anche in relazione al sistema elettorale, con altre forme di ampia consultazione democratica”. Anche tale attività di selezione trova una specifica disciplina in un regolamento, approvato di volta in volta dalla Direzione nazionale. Negli artt. 18 - 19, si fissano specifici contenuti per i regolamenti disciplinanti le elezioni primarie: mentre il regolamento per la scelta dei candidati alle cariche monocratiche “stabilisce le norme per l’esercizio del diritto di voto, le modalità e i tempi per la presentazione delle candidature e la convocazione della consultazione, disciplina la competizione per la fase che va dalla presentazione delle candidature alle elezioni, fissa modalità rigorose di registrazione dei votanti e di svolgimento delle operazioni di voto”, per il regolamento per la selezione delle candidature alle assemblee rappresentative lo Statuto impone il rispetto di specifici principi, quali l’uguaglianza di tutti gli iscritti e di tutti gli elettori; la democrazia paritaria tra donne e uomini; il pluralismo politico nelle modalità riconosciute dallo Statuto; l’ineleggibilità in caso di cumulo di diversi mandati elettivi; la rappresentatività sociale, politica e territoriale dei candidati; il principio

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del merito che assicuri la selezione di candidati competenti, anche in relazione ai diversi ambiti dell’attività parlamentare e alle precedenti esperienze svolte; la pubblicità della procedura di selezione. È opportuno domandarsi quale sia il livello di democraticità di queste modalità di selezione, lungo l’asse inclusività – esclusività, guardando ai candidabili ed al selectorate. Il selectorate è massimamente inclusivo, coincidendo per previsione statutaria non solo con gli iscritti, ma anche con gli elettori, in quanto entrambe le categorie hanno il diritto di “partecipare alle elezioni primarie per la scelta dei candidati del partito alle principali cariche istituzionali”. Dal punto di vista dei candidabili, si trova una maggiore esclusività; è vero che sia iscritti che elettori hanno il diritto di “avanzare la propria candidatura a ricoprire incarichi istituzionali”, ma è anche vero che i regolamenti di disciplina delle elezioni primarie fissano dei criteri di scelta di queste pre-candidature, che restringono l’inclusività statutariamente prevista387. È opportuno domandarsi come possano essere classificate le primarie svolte dal PD: molto dipende dalla disciplina di volta in volta dettata dai regolamenti; a titolo d’esempio, si può analizzare la disciplina prevista per lo svolgimento delle primarie del 29 – 30 dicembre 2012 per la selezione dei candidati alle elezioni politiche, prima occasione in cui il PD ha utilizzato l’istituto delle primarie per la scelta dei candidati deputati e senatori. Erano ammessi al voto gli iscritti al partito che avessero rinnovato l’adesione fino al momento del voto, e gli elettori che: avessero sottoscritto il pubblico Appello di sostegno della Coalizione di centro sinistra “Italia Bene Comune” e dichiarato di riconoscersi nella sua Carta d’intenti, e che si fossero iscritti in un apposito Albo delle elettrici e degli elettori, tra il 4 ed il 25 novembre 2012388. Si tratta di

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Già lo Statuto, stabilisce specifici criteri di selezione delle candidature: “nel caso di primarie di partito (per le cariche monocratiche istituzionali, N.d.R), la candidatura a Sindaco, Presidente di Provincia e Presidente di Regione può essere avanzata con il sostegno del dieci per cento dei componenti della Assemblea del relativo livello territoriale, ovvero con un numero di sottoscrizioni pari almeno al tre per cento degli iscritti nel relativo ambito territoriale. Nel caso di primarie di partito, qualora il Sindaco, il Presidente di Provincia o di Regione uscenti, al termine del primo mandato, avanzino nuovamente la loro candidatura, possono essere presentate eventuali candidature alternative se ricevono il sostegno del trenta per cento dei componenti della Assemblea del relativo livello territoriale, ovvero di un numero di sottoscrizioni pari almeno al quindici per cento degli iscritti nel relativo ambito territoriale.”

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In realtà il regolamento parla di “elettrici/ori compresi nell’Albo delle primarie dell’“Italia Bene Comune”, ma consiste appunto in un richiamo al regolamento delle “primarie” di coalizione per la scelta del “candidato premier” che si erano tenute un mese prima. In altri termini, per poter

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primarie open declaration, che conservano alla scelta di voto il carattere di una scelta visibile e pubblica, ma rendono molto labile il legame tra il partito e l’elettore389

. Basandosi unicamente sulla disciplina statutarie e la sua prassi applicativa, resta da chiarire quale sia la concezione di democrazia sottesa all’ideologia del PD: l’impressione che si ricava è che il “metodo democratico” sia quasi inteso come sinonimo di “metodo elettorale”. Ne è una prova la determinazione dell’indirizzo politico non mediante lo strumento congressuale, ma mediante l’elezione del Segretario nazionale e dell’Assemblea nazionale, espressione di una democraticità interna solo “immediata” o “elettoralistica”, non supportata cioè da un sistema capace di gestire ad alto livello l’elaborazione e le idee che giungono dal basso, ma puntando fortemente sullo spazio che alla base è concesso in termini di consultazioni (scelta delle cariche, elezioni primarie e referendum). Lo Statuto appare scisso al suo interno fra un nucleo di norme che appaiono democraticamente orientate (quelle che riguardano la regolamentazione delle elezioni primarie) ed una serie di norme che sono volte, invece, a costruire una “democrazia del segretario” e che finiscono per sottrarre quest’ultimo, almeno durante la sua lunga carica, ad un reale indirizzo politico degli iscritti ed all’esercizio di un’efficace azione di responsabilità politica da parte di essi. Sono perciò presenti influenze proprie della concezione democratico-plebiscitaria, quali la necessità di instaurare un rapporto diretto tra la leadership e la “base”, non organizzata e non strutturata, caratterizzata (presuntivamente) da una bassa propensione partecipativa e tutt’al più, da coinvolgere solo in alcuni momenti elettorali, quali appunto rischiano di essere e ridursi le primarie390. Nella prassi tuttavia questa tendenza plebiscitaria è controbilanciata efficacemente da un sistema di correnti, la cui esistenza è incentivata dalla struttura non snella e pletorica dell’organizzazione interna nonché da taluni aspetti propri della concezione elettoralistica (sistema elettorale proporzionale, previsione di liste di candidati all’Assemblea nazionale collegate al candidato Segretario, composizione dell’Assemblea nazionale, disciplina dei rapporti tra partito e

partecipare alle primarie per la scelta dei candidati alle elezioni politiche, bisognava essere stati ammessi ad esercitare il diritto di voto nelle precedenti “primarie”.

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A. Floridia, cit., p. 12.

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“fondazioni”). Il momento elettorale finisce così con l’essere non un confronto tra opinioni ed idee degli iscritti che si concluderà con l’affermarsi di un certo indirizzo politico, personificato in un candidato alla Segreteria, ma finisce col costituire il momento di confronto/scontro tra correnti politiche per misurare i reciproci rapporti di forza ed ambire al controllo del partito, con seri rischi per la coesione interna. Si assiste perciò ad un Segretario connotato da una forte legittimazione diretta da parte della “base”, ma che di fatto risulta essere vincolato nella sua azione politica dall’attività di contrasto delle altre correnti, insediate in tutti gli altri (numerosi) organi, che, a causa della vaga ripartizione delle competenze, finiscono tutti a vario titolo con l’essere coinvolti nella determinazione della linea politica.

5.6 Il Popolo della Libertà:la posizione dell’individuo all’interno del partito e

la giustizia interna

Il Popolo della Libertà (PDL) è391 un partito politico di centrodestra, fondato formalmente nel marzo del 2009 per iniziativa dei due principali partiti di centroxzdestra presenti in Italia, Forza Italia e Alleanza Nazionale, sebbene de

facto annunciato improvvisamente (ed unilateralmente) nel corso di una

manifestazione dal Presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, nel novembre del 2007, e già presentatosi come formazione unitaria alle elezioni politiche del 2008. Come nel PD, anche in questo caso le fonti di cui ci si servirà sono lo Statuto, modificato da ultimo nel luglio del 2011, ed i regolamenti attuativi, oltre che la prassi applicativa delle relative previsioni. L’articolo 1 dello Statuto definisce il PDL “un movimento di donne e uomini […]”; i successivi articoli 2 e 4 individuano le due forme di partecipazione al partito, rispettivamente quella dell’aderente e quella dell’associato. Si tratta di posizioni che afferiscono alla dimensione associativa, distinta nettamente da quella elettorale, i cui ruoli sono chiaramente definiti in relazione alla differente intensità della militanza. Sono aderenti al PDL “le cittadine e i cittadini italiani che sottoscrivendo liberamente la

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Con deliberazione del 16 novembre del 2013, il Consiglio nazionale del PDL all’unanimità (ma con l’assenza di un terzo circa dei componenti in dissenso con la maggioranza del partito) ha dichiarato lo scioglimento del PDL e la (ri)costituzione di Forza Italia. Pertanto il PDL si avvia ad essere un partito “storico”. In questa sede, si procederà comunque all’analisi del suo Statuto, sia perché è ancora assolutamente incerta l’organizzazione interna di Forza Italia, sia perché in ogni caso il PDL ha rappresentato la principale forza politica di centro-destra dal 2008 al 2013.

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Carta dei Valori, ne facciano domanda e abbiano compiuto i 16 anni di età”; sono associati al PDL “le cittadine e i cittadini italiani, anche già aderenti, che ne facciano esplicita richiesta nei modi e nelle forme stabilite da apposito Regolamento e che versino la quota associativa fissata annualmente”. L’acquisizione di quest’ultimo status è obbligatoria per coloro che ricoprano un incarico elettivo negli enti locali, nonché per chiunque voglia assumere un incarico ad ogni livello all’interno del partito. Per quanto riguarda la regolamentazione delle procedure d’adesione, associazione, rinnovo e versamento delle quote annuali lo Statuto rinvia al Regolamento, che disciplina anche uno specifico Settore adesioni. È prevista la pubblicità dell’elenco degli iscritti e degli associati. Il Settore adesione, tra le varie funzioni, esercita anche quella di vigilanza del rispetto, nel trattamento delle informazioni, del “Codice in materia dei dati personali”. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda d’adesione da parte del Settore adesioni, il Coordinatore Regionale o Provinciale o di Grande città possono esprimere un parere negativo motivato; tuttavia a decidere definitivamente sull’acquisizione dello status di aderente o associato o sulla decadenza per mancato versamento della quota, risulta essere la Commissione di Garanzia che ne da comunicazione al Settore adesioni, al Coordinatore e all’interessato. Risulta suscitare perplessità la previsione del regolamento attuativo che contempla una facilitazione di pagamento della quota attraverso la c.d. “formula famiglia”, prerogativa dei soli associati: infatti il rapporto associativo dovrebbe essere individuale, dovendo riguardare il singolo che liberamente compie la scelta di iscriversi al partito. Il gruppo famiglia di per sé non è idoneo ad esprimere un orientamento ideologico unitario. Non è contemplata la possibilità di iscrizione per gli stranieri, anzi il riferimento nell’articolo 1 all’italianità dei cittadini sembra escluderla. Ritornando alle qualifiche di aderenti ed associati, esse sono profondamente distinte dall’angolo visuale dei diritti e dei doveri. Sia gli aderenti che gli associati devono condividere i principi e i programmi del partito e dello statuto, e collaborare per realizzare gli scopi associativi; tuttavia gli associati sono tenuti inoltre a rispettare le norme statutarie e regolamentari, nonché tenere comportamenti ispirati al rispetto e alla dignità degli altri associati. Gli aderenti hanno il diritto di

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partecipare alle consultazioni e alle iniziative di democrazia diretta previste dallo Statuto; gli associati hanno il diritto di partecipare a tutte le attività del PDL; quello di elettorato attivo e passivo; quello di poter essere designati o nominati a cariche interne al partito. Entrambe le categorie sono obbligate al pagamento di una quota associativa. Tanto gli aderenti quanto gli associati sono tenuti a ricorrere preventivamente al Collegio dei Probiviri in caso di controversie sulle attività del PDL, interpretazione dello Statuto e rapporti con le Associazioni, ma ai soli associati spetta il diritto di promuovere il provvedimento disciplinare. Affinché i diritti ed i doveri siano effettivamente garantiti, è necessario che gli organi interni di garanzia siano terzi; rileva pertanto la loro composizione. La Commissione di garanzia è composta da 7 membri nominati dall’Ufficio di Presidenza, mentre il Collegio nazionale dei probiviri è composto da 9 membri eletti dal Congresso nazionale, scelti tra i soci che abbiano almeno 40 anni di età e che non abbiano altri incarichi di partito. La composizione di questi organi suscita perciò perplessità quanto all’assenza di effettiva indipendenza e terzietà. Il procedimento delineato nei suoi caratteri principali nello Statuto invece presenta una maggiore attenzione al garantismo: è contemplato un doppio grado di “giurisdizione”, essendo consentito proporre appello avverso le decisioni del collegio regionale dei probiviri davanti a quello nazionale, la cui statuizione è definitiva. Sono esplicitate le varie fasi dell’iter processuale che l’associato deve seguire, rimandandosi ad un regolamento approvato dall’Ufficio di presidenza al fine di stabilire le regole di contraddittorio e del diritto di difesa. È inoltre prevista la non pubblicità delle sedute degli organi di garanzia, nonché un termine massimo di durata (30 giorni) per ogni procedimento disciplinare in ogni grado di giudizio, nonché un termine per le impugnazioni (10 giorni dalla comunicazione della decisione). Si dettano altresì regole sul voto in seno al Collegio (maggioranza con intervento di almeno 5 membri), ed il carattere definitivo di tali decisioni; infine il deposito delle decisioni presso la segreteria del Collegio, in modo da consentire a ciascun associato di prenderne visione. Le misure disciplinari contemplate statutariamente sono la sospensione e l’espulsione. Si specifica che l’espulsione è inflitta per “infrazioni gravi alla disciplina del Movimento o per indegnità morale o politica”. Fondamentalmente vi è una grande

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discrezionalità nell’irrogare sanzioni disciplinari. La prassi ha fatto emergere un tendenziale utilizzo strumentale dell’organo di giustizia interna a fini di repressione del dissenso interno: si allude alla nota vicenda che ha portato alla fuoriuscita dal PDL del suo co-fondatore, Gianfranco Fini. A causa dell’emersione di un contrasto particolarmente forte tra i due co-fondatori, l’Ufficio di presidenza nel 2010 ha adottato una risoluzione che considerava “le posizioni dell’On. Fini assolutamente incompatibili con i principi ispiratori del Popolo della Libertà, con gli impegni assunti con gli elettori e con l’attività politica del Popolo della Libertà”. Tutto ciò non ha condotto tuttavia ad una pronuncia di espulsione, o a una proposta agli organi competenti di dichiararla, ma ha indotto a rilevare il venir meno della fiducia del PDL nei confronti di Fini quale Presidente della Camera (chiedendone implicitamente le dimissioni, dato che il nostro ordinamento non prevede un voto di sfiducia nei confronti di tale carica). Al contempo, l’Ufficio di presidenza “ha condiviso la decisione del Comitato di Coordinamento di deferire ai Probiviri gli onorevoli Bocchino, Granata e Briguglio”, membri del partito legati a Fini, al fine evidente di chiederne l’espulsione dal partito stesso. Interessante notare come, sino a quel momento, non era chiaro neppure se il Collegio nazionale dei probiviri fosse stato effettivamente costituito, ed in ogni caso non si era mai riunito. Da ultimo, occorre rilevare che la perdita della qualifica di aderente o associato può avvenire anche volontariamente (per dimissioni) o per decadenza (a seguito del mancato pagamento della quota associativa nei termini previsti).

5.7 Segue: il Popolo della Libertà: l’organizzazione centrale, l’articolazione

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