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Il partito degli eletti: il gruppo parlamentare (e consiliare)

IL PARTITO COME ORGANIZZAZIONE 4.1 Il partito come sistema internamente differenziato

4.8 Il partito degli eletti: il gruppo parlamentare (e consiliare)

L’articolo 49 della Costituzione, nella sua accezione più letterale, attribuisce ai partiti il concorso nella determinazione della politica nazionale (ma lo stesso vale per ogni livello territoriale). È stato osservato350 che tale contribuzione alla determinazione della politica si realizza principalmente in due modi: la selezione delle candidature (di cui si è già trattato nel Capitolo III) e la determinazione delle linee programmatiche attraverso le quali i rappresentanti svolgono le loro attività all’interno delle istituzioni rappresentative. Perché questa seconda modalità di determinazione della politica, in primo luogo nazionale, si realizzi, è necessario che si instauri un rapporto tra il partito politico e i candidati tendenzialmente eletti nelle liste da questi presentate, organizzatisi all’interno dell’istituzione rappresentativa in gruppo (parlamentare o consiliare). Non vi è dubbio che i gruppi siano il “principale tramite di istituzionalizzazione dei partiti nella sfera degli organi formalmente preposti alla definizione dell’indirizzo politico”351. Nella prosecuzione di questa trattazione, ci si soffermerà sul livello nazionale, e cioè sulla natura dei gruppi parlamentari e sul loro rapporto con i partiti politici, sulla base del presupposto che quanto si dirà tendenzialmente varrà, in modo analogo, sul piano regionale e degli enti locali. In altri termini, si procederà all’esame del profilo del party in the public office, col fine di trovare una risposta ad un preciso quesito: se i gruppi parlamentari siano o meno organi del partito politico. Rispondere ad una simile questione significa, da ultimo, cercare di chiarire i rapporti tra i termini della “triade”352

formata dal partito, dal gruppo parlamentare e dal singolo parlamentare, soggetti che contribuiscono tutti, seppure in modi differenti, alla determinazione della politica nazionale. I rapporti tra i tre termini della “triade” in esame vanno altresì analizzati avendo sullo sfondo il circuito democratico – rappresentativo all’interno del quale hanno luogo le dinamiche di tale relazione, e che si è già avuto modo di descrivere. Il tema della natura giuridica del gruppo parlamentare è stato lungamente dibattuto dalla

350

E. Rossi, I partiti politici, cit., p. 18.

351

G. Rizzoni, cit., p. 996.

352

G. M. Raffa, I rapporti tra i partiti politici e i gruppi parlamentari, in E. Rossi – L. Gori (a cura di), Partiti politici e democrazia, cit., p. 87.

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dottrina, che nel corso degli anni ha creato diverse “formulazioni metaforiche”353: i gruppi politici come l’“espressione” dei partiti politici, la loro “proiezione” nelle istituzioni pubbliche, la loro “filiazione”, il loro essere un “organo” all’interno delle assemblee rappresentative; è ciò perché per molto tempo è mancata una qualsiasi definizione normativa di cosa fosse il gruppo parlamentare. Quel che era (ed è) certo, è che l’esistenza dei gruppi parlamentari è “presupposta” dalla Costituzione, che li richiama agli articoli 72 ed 82, e benché siano oggetto di una disciplina nei regolamenti delle Camere (artt. 14 – 15 ter R.C. e artt. 14 – 16 bis R.S.), essi hanno sempre goduto nella prassi di un’ampia autonomia normativa, politica ed amministrativa. Infatti sino a non molto tempo fa la disciplina regolamentare si limitava a fissare i criteri per la costituzione dei gruppi, e a dettare una serie di disposizioni molto generali sulla loro organizzazione (un Presidente, alcuni vice – Presidenti e, solo alla Camera, un Comitato direttivo) e a garantire il buon svolgimento delle loro funzioni attraverso la previsione dell’assegnazione di locali, strutture, risorse e di un contributo a carico del Parlamento, in base alla consistenza numerica di ciascun gruppo o della componente politica per il gruppo misto. Tuttavia, a seguito degli scandali relativi all’abuso della contribuzione pubblica da parte dei parlamentari e come reazione al clima di sfiducia nei confronti della classe politica diffuso nel Paese, le Camere nei mesi finali del 2012354 hanno modificato le relative disposizioni regolamentari in materia di gruppi, rafforzando la trasparenza ed il controllo sull’utilizzo dei fondi pubblici e sull’organizzazione interna del gruppo. Rilevanti in tal senso sono le previsioni che hanno imposto l’obbligo per i gruppi parlamentari di dotarsi di uno statuto355, che deve essere approvato entro 30 giorni dalla costituzione del gruppo dall’Assemblea del gruppo (organo prima non positivizzato, sebbene de facto presupposto ed esistente), il quale deve prevedere l'organo competente ad approvare il rendiconto, individuare gli organi responsabili della gestione amministrativa e della contabilità del Gruppo e disciplinare altresì le modalità e i criteri secondo i quali l'organo responsabile

353

R. Bin, Rappresentanza e parlamento. I gruppi parlamentari e i partiti, in S. Merlini (a cura di), La democrazia dei partiti e la democrazia nei partiti, cit., p. 253.

354

Il R. C. è stato modificato il 25 settembre 2012, il R. S. il 21 novembre 2012.

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della gestione amministrativa destina i contributi statali. Dello statuto è garantita la pubblicità mediante la sua pubblicazione sul sito internet dell’assemblea parlamentare. Ma l’obbligo regolamentare per i gruppi di dotarsi di uno statuto con specifici contenuti, e per i quali è prevista la necessaria pubblicità, non è la sola principale novità delle riforme regolamentari del 2012: per la prima volta, sebbene nel solo regolamento della Camera dei deputati, è introdotta infatti una definizione normativa di gruppo parlamentare. Recita l’articolo 14, comma 01356

, R. C.: “I Gruppi parlamentari sono associazioni di deputati la cui costituzione avviene secondo le disposizioni recate nel presente articolo”. La disposizione è estremamente stringata e apparentemente semplice, ma della massima importanza, in quanto risolve quasi definitivamente il rebus della natura giuridica dei gruppi parlamentari. Essa consente di rigettare tutte le ricostruzioni dottrinarie finalizzate a configurare i gruppi politici come organi delle Camere, accogliendo quelle tesi dottrinarie che invece li qualificano come associazioni non riconosciute. Del resto, la stessa giurisprudenza di legittimità357 aveva chiarito che i gruppi, rispetto ai propri organi, regolamenti, bilancio, uffici e impiegati, si comportano come soggetti privati o più esattamente come associazioni non riconosciute. Parte della dottrina358 non aveva mancato di rilevare che i gruppi non potevano essere organi interni alle Camere in quanto, pur costituiti al loro interno, non erano abilitati a manifestarne la volontà (a differenza di giunte e commissioni). La definizione normativa tuttavia non chiarisce che rapporto ci sia tra l’associazione partito politico e l’associazione gruppo parlamentare: in dottrina359

si è sostenuto si tratti di due entità giuridicamente ben distinte anche se collegate di regola da comuni finalità e da comuni programmi; addirittura si è arrivati a sostenere che la definizione più appropriata per i gruppi sarebbe quella di associazioni di diritto

pubblico, in quanto inserite nell’organo costituzionale, e quindi qualitativamente

distinte dai partiti che sono associazioni di diritto privato, anche se a rilevanza pubblica. La giurisprudenza360, pur rilevando che per definire la natura giuridica

356

Si è data tale numerazione essendo stato inserito tale comma precedentemente al comma numero 1.

357

Cass. s. u. civili ord. n. 3335 del 19 febbraio 2004.

358

G. de Vergottini, cit., p. 464.

359

G. de Vergottini, cit., p. 464 – 465.

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dei gruppi bisogna distinguere due aspetti, uno “squisitamente parlamentare in relazione al quale i gruppi costituiscono gli strumenti necessari per lo svolgimento delle funzioni proprie del Parlamento (…) l’altro più strettamente politico che concerne il rapporto molto stretto e in ultima istanza di subordinazione del singolo gruppo al partito di riferimento”, non ha accolto la qualificazione “pubblica” dei gruppi, affermando che essi “sono da assimilare ai partiti politici ai quali va riconosciuta la qualità di soggetti privati”. Alla luce della definizione normativa contenuta nel regolamento della Camera dei deputati, e della pregressa giurisprudenza in materia, si può affermare che i gruppi parlamentari (e ritengo per analogia anche consiliari) siano associazioni non riconosciute di diritto privato, distinte dai partiti politici, sebbene vi possano essere (come di regola accade) collegamenti tra le due associazioni, informati al principio costante per cui il gruppo è subordinato al partito361. Questo rapporto risulta però essere in gran parte “presupposto”362

, poiché né la Costituzione né i gruppi parlamentari si spingono a definire questo vincolo di dipendenza di carattere formale tra partito e gruppo parlamentare. Infatti nel nostro ordinamento l’adesione dei parlamentari ai diversi gruppi avviene sulla base di una semplice dichiarazione del parlamentare interessato, senza che vi sia alcuna verifica di coerenza tra gruppo di appartenenza e l’identità della formazione politica sotto il cui contrassegno è avvenuta l’elezione363

. In altri ordinamenti invece il collegamento tra partito politico e gruppo parlamentare è esplicitato364. Conseguentemente, nel nostro ordinamento la relazione che si viene a formare tra i gruppi e i partiti è di tipo “funzionale”: gli iscritti al gruppo fanno propria la linea politica del partito tramite le cui liste sono stati eletti e al quale, generalmente, sono legati da un vincolo di associazione365.

361

G. U. Rescigno, Gruppi parlamentari, in C. Mortati – S. Pugliatti, Enciclopedia del diritto, Giuffré Editore, 1970.

362

G. Rizzoni cit., p. 996.

363

Un collegamento con un partito che abbia concorso alle elezioni non è del resto richiesto neppure per la stessa formazione dei gruppi parlamentari, se non per autorizzare la formazione di gruppi con una composizione numerica inferiore al minimo stabilito (20 deputati o 10 senatori).

364

Ad esempio in Germania. L’articolo 10 del regolamento del Bundestag prevede che le

Fraktionen possano essere formate da almeno il 5% dei parlamentari appartenenti allo stesso

partito.

365

G. M. Raffa, cit., p. 90. Questo sistema permette la perdurante possibilità di formazione nel nostro ordinamento di partiti puramente parlamentari o lo svolgimento da parte degli stessi gruppi del ruolo di “incubatori” di nuovi partiti, similmente a quanto accadeva all’epoca della democrazia liberale. Ad esempio origine parlamentare hanno avuto Futuro e Libertà, Fratelli d’Italia, il Centro

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Con l’avvento del partito di massa (e quindi extraparlamentare), e a maggior ragione oggi che i partiti italiani sono caratterizzati da processi di accentramento e concentrazione del potere decisionale nel leader, le formazioni politiche hanno tentato di rafforzare il vincolo con i gruppi parlamentari, al fine di “egemonizzare” o almeno “influenzare” in modo decisivo i gruppi. Nel perseguire questo fine, essi però incontrano limiti di diritto e di fatto. Il principale limite di diritto è rappresentato dallo strumento legale di tutela della libertà del parlamentare del divieto di mandato imperativo, di cui all’articolo 67 della Costituzione, per il quale il parlamentare “rappresenta la Nazione ed esercita le

sue funzioni senza vincolo di mandato”. Tale previsione costituisce un

fondamentale controlimite al principio democratico del “concorso permanente” dei partiti nella determinazione dell’indirizzo politico366

, è rappresenta un istituto di chiara matrice democratica liberale. Se inizialmente esso era stato pensato per contrastare il sistema di rappresentanza per ceti, nel presente sembra essere finalizzato a tutelare l’indipendenza dei singoli eletti nei riguardi degli schieramenti di appartenenza367. Com’è noto, dietro lo “schermo” del divieto di mandato imperativo si sono realizzati fenomeni più o meno consistenti di “mobilità”, “transfughismo”, “nomadismo” parlamentare, parlandosi talvolta di vero e proprio “tradimento”, accompagnati in taluni casi da sospetti di fenomeni corruttivi a fondamento del “cambio di casacca”368. Per arginare tali fenomeni di “solipsismo trasformistico” sono state ipotizzate varie soluzioni (ad esempio la previsione del divieto di cambiare gruppo parlamentare, da inserire nei regolamenti, o la decadenza dal seggio parlamentare369), ma esse suscitano seri dubbi di costituzionalità: infatti la Corte costituzionale ha stabilito370 che “il divieto del mandato imperativo importa che il parlamentare è libero di votare

cristiano democratico, e natura puramente parlamentare hanno avuto il Movimento di Responsabilità Nazionale e l’Unione democratica per la Repubblica.

366

G. Rizzoni, cit., p. 997.

367

L. Ciaurro, Art. 67, in Commentario alla Costituzione, vol. II (artt. 55-100), Utet, Torino, 2006, pp. 1293.

368

In particolare la XIII e la XVI Legislatura sono state caratterizzate da elevati livelli di “migrazione” di parlamentari da un gruppo (e da uno schieramento) all’altro in conseguenza della liquefazione delle formazioni partitiche, con conseguente ipertrofia del gruppo misto, tant’è che proprio a causa di questo fenomeno nel 1997 si modificarono i regolamenti parlamentari costituendo le componenti politiche del gruppo misto ed attribuendosi loro specifiche prerogative.

369

Prevista ad esempio dall’articolo 160 della Costituzione del Portogallo del 1975.

370

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secondo gli indirizzi del suo partito ma è anche libero di sottrarsene; nessuna norma potrebbe legittimamente disporre che derivino conseguenze a carico del parlamentare per il fatto che egli abbia votato contro le direttive del partito”. Pertanto, espedienti e sanzioni quali le “dimissioni in bianco”, l’“impegno d’onore” con il partito d’appartenenza, “vincoli di fedeltà “etc… non sono assistiti da alcuna garanzia giuridica, e sono costituzionalmente illeciti. A questi limiti di diritto si aggiungono limiti di fatto: la disponibilità da parte dei gruppi parlamentari di sempre più risorse finanziarie, amministrative ed organizzative autonome, di disporre di locali propri, di dotarsi di personale di staff (consulenti legislativi ed amministrativi, segreterie politiche, esperti di vario tipo, personale di collegamento con le circoscrizioni elettorali); la tipologia di legge elettorale371. Stabilito che il partito politico non dispone di mezzi di potere legale sul gruppo, è opportuno osservare quali misure siano elaborate dai rispettivi statuti al fine di far rientrare i gruppi all’interno della propria struttura e garantirsi l’obbedienza alla disciplina di partito dei parlamentari eletti. Tali misure, nella maggioranza dei casi, hanno un mero significato politico, non potendo in base a quanto detto essere fatte valere giuridicamente nei confronti dei singoli parlamentari o dei gruppi. Principalmente dall’esame degli statuti dei partiti si rinvengono cinque categorie di misure: a) imposizione ai parlamentari di “doveri” di lealtà e di fedeltà agli indirizzi politici deliberati dagli organi di partito; b) “unione” di importanti cariche parlamentari a rilevanti cariche dirigenziali all’interno della struttura del partito; c) obbligo di contribuire finanziariamente alle spese del partito devolvendo parte delle proprie indennità; d) “sanzioni” di varia natura per comportamenti contrari allo statuto del partito; e) la modalità di selezione delle candidature. In diversi statuti (Lega Nord, MPA, UDC, PD, SEL372) sebbene con formulazioni diverse, si arriva ad imporre più o meno espressamente ai parlamentari l’obbligo di seguire le indicazioni programmatiche e politiche deliberate dal partito di appartenenza. Taluni statuti (IDV, Scelta civica)

371

In Italia la l. 270/2005, per la sua peculiare struttura che si è già analizzata, ha tuttavia conferito un ruolo di assoluta predominanza ai partiti politici rispetto ai parlamentari, dipendendo la loro elezione o rielezione dal favore dei dirigenti e della segreteria del partito.

372

Nello Statuto di SEL sembra configurarsi un rapporto di collaborazione, e non subordinazione del gruppo al partito, infatti si dice che “Le/gli elette/i e i nominati aderenti a SEL si impegnano a collaborare lealmente con gli organismi di SEL per affermare le scelte programmatiche e gli indirizzi politici comuni.

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prevedono l’esistenza di una vera e propria Assemblea degli eletti, con mere funzioni consultive. Alla luce di quanto osservato, ferma restando che la distinzione in soggetti giuridici diversi tra gruppo e partito politico sembra essere la soluzione più opportuna373, l’attuale sistema normativo forse risulta essere eccessivamente sbilanciato a tutela della libertà del parlamentare, agevolando quei fenomeni trasformistici cui si è accennato. Sarebbe pertanto opportuno, fermo restando la garanzia dell’autonomia del gruppo dal partito politico, contenere o disincentivare tali comportamenti, modificando la disciplina dei regolamenti parlamentari allo scopo di rafforzare la coerenza tra il “dato elettorale” e il “dato parlamentare”, ossia la corrispondenza tra i partiti politici (e le coalizioni) che si presentano alle elezioni e i gruppi parlamentari che si vengono a formare dopo di esse. Tale tendenza si concreterebbe imponendo la corrispondenza dei gruppi con una lista che si sia presentata alle elezioni e che, allo stesso tempo, abbia ottenuto seggi374.

373

È da ritenersi la più opportuna al fine di evitare un sostanziale “svuotamento” della funzione delle istituzioni rappresentative e il tralignamento della originaria forma di governo parlamentare verso una forma sostanzialmente “partitocratica”, se non addirittura democratica plebiscitaria, in caso di soppressione del divieto di mandato imperativo.

374

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CAPITOLO 5

LA DEMOCRAZIA INTERNA NEGLI STATUTI (E NON

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