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L’attuale assetto normativo: la designazione interna e le primarie negli statuti dei partit

PARTITI E SELEZIONE DELLE CANDIDATURE 3.1 Il cittadino come candidato e la selezione delle candidature

3.4 L’attuale assetto normativo: la designazione interna e le primarie negli statuti dei partit

Tirando le fila del discorso, possiamo affermare che in Italia l’attività di selezione delle candidature è una funzione pubblica di rilievo non costituzionale che i partiti sono chiamati a svolgere in base alla legge. Essa tuttavia non fissa in concreto

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Analogamente, dunque, altri vincoli all’autonomia del partito potrebbero essere posti per legge, allorché finalizzati a garantire interessi costituzionali (come ad esempio la tutela del diritto riconosciuto ad ogni cittadino dall’art. 49 Cost.). Cfr. E. Rossi, La democrazia interna nei partiti

politici, cit., p. 6.

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M. Mariotti, Le elezioni primarie, in Partiti politici e democrazia, cit., p. 162. L’autore limita l’analisi alle procedure delle primarie, ma ritengo che il discorso possa essere esteso più in generale alla selezione dei candidati, qualunque sia la modalità prescelta.

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alcuna modalità per lo svolgimento di tale selezione219, ma si limita a fissare alcuni limiti (incandidabilità, quote rosa) a garanzia di interessi costituzionalmente rilevanti. Secondo un’impostazione fondamentalmente comune a tutti gli ordinamenti europei220, si attribuisce in via generale la competenza normativa in materia di selezione delle candidature all’autonomia statutaria dei partiti. Si è osservato come, durante la c.d. prima Repubblica, la selezione delle candidature fosse stata attribuita ad organi interni al partito, ma che, complice l’assenza di una regolamentazione sui partiti volta a garantirne la democraticità e la trasparenza, essa fosse degenerata in pratiche surrettiziamente cooptative, piegate a logiche di conservazione delle oligarchie dominanti nei partiti. E ciò a contribuito alla loro implosione nel biennio 1992-1994. Alla luce di quanto detto, al fine di individuare lo stato attuale della disciplina in materia, non può che guardarsi agli statuti dei partiti in una prospettiva di comparazione, cogliendosi fondamentalmente questa tendenza di fondo: la democratizzazione dei processi di selezione dei candidati, che si risolve in una maggiore inclusività del

selectorate, in requisiti più inclusivi per le candidature e in un maggior

decentramento. Le ragioni di questa evoluzione sono molteplici221, quel che conta è che l’attuale sistema partitico italiano ricorre fondamentalmente a due modelli di selezione delle candidature: la designazione dei candidati ad opera di organi interni dei partiti, e le primarie. Nessuno dei due sistemi, come si avrà modo di osservare, è perfetto, entrambi presentano problematiche e sono suscettibili di degenerazioni. Il sistema di selezione interna ad opera di apparati interni del partito è ancora oggi adottato dalla maggioranza dei partiti italiani. Il potere di selezione è attribuito a seconda dei partiti, con riferimento ai candidati alle

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Un’eccezione limitata è rappresentata dalle leggi regionali toscana e calabrese cui si è già accennato, e di cui si parlerà in seguito.

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Solo la PartG tedesca dedica uno specifico Capo alla selezione dei candidati alle elezioni, composto da un solo articolo (articolo 17), che impone che la selezione delle candidature avvenga a scrutinio segreto e attribuisce la competenza normativa in materia al legislatore (mediante la legge elettorale) e agli statuti dei partiti. E così per le candidature al Bundestag si rimanda agli articoli 18 ss. della legge elettorale, dai quali si ricava che le candidature di partito devono essere decise da un’assemblea di iscritti per la scelta di un candidato di collegio ovvero da un’assemblea straordinaria o generale di rappresentanti, organi la cui composizione è delineata sommariamente dall’articolo 21, sulla base del principio generale che la selezione delle candidature debba svolgersi al corrispettivo livello delle elezioni.

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elezioni politiche, o ad un organo di partito collegiale (Lega Nord222, Scelta civica223 , IDV224) ovvero direttamente al leader di partito (MPA225, UDC226, PDL227), sebbene con formule che formalmente tendono ad attribuirgli un mero ruolo di ratifica di decisioni assunte da altri organi. Tuttavia, mai come nella selezione delle candidature, la prassi prende le distanze da quanto positivamente previsto negli statuti, e per comprendere come realmente operi spesso presso i partiti che adottano questi metodi di selezione tale attività, si deve chiarire la natura dei partiti che accolgono tale modello. Infatti i partiti di cui si sta trattando sono tutti accomunati dal fatto che fondano il proprio ordinamento interno sul principio della leadership, o del carisma del leader. Si tratta di c.d. partiti personali, se non partiti azienda ovvero, con espressione più “nobile”, partiti carismatici. Benché il primo esempio di partito personale italiano chiaramente inquadrabile come tale sia stato il movimento guidato da Mario Segni nei primi anni ’90, l’archetipo di tali partiti è stato rappresentato da Forza Italia, partito di centrodestra incentrato sulla leadership di Silvio Berlusconi. Ma Forza Italia (come il PDL poi) non ha costituito l’unico esempio di partito personale, anzi le altre formazioni politiche hanno adottato il relativo modello accentrato e verticistico. La maggior parte dei partiti della c.d. seconda Repubblica (e questo vale per tutti i partiti al cui statuto si accennato sopra) sono associazioni in cui le idee sono elaborate dall’alto, dal leader appunto, che le comunica e le trasmette alla base, la quale ha il compito di recepirle, sostenerle e diffonderle a sua volta228. In una simile concezione del partito, è chiaro che il leader, se non a livello

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Il Congresso federale che ratifica le proposte di candidatura dei Consigli Nazionali.

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La Direzione nazionale approva le candidature su proposta del Comitato di Presidenza.

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L’Esecutivo nazionale approva le liste per le elezioni politiche nazionali.

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Il Segretario federale autorizza i delegati alla presentazione dei candidati, approvati dal Comitato federale, su proposta della Direzione federale.

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Il Segretario politico autorizza la presentazione dei candidati proposti dai Comitati provinciali e regionali.

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Il Presidente Nazionale, d’intesa con l’Ufficio di Presidenza, definisce le nomine e le candidature, formalizzate dal Segretario politico nazionale.

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M. Calise, Il partito personale, Laterza, Roma-Bari, 2000. Non è un caso che i destini delle formazioni politiche di cui si sta parlando, nonché le rispettive vicende ed il relativo successo elettorale, siano strettamente connesse alla figura dei relativi leader, in una sorta di immedesimazione: Lega Nord – Bossi, Scelta Civica – Monti, IDV – Di Pietro, MPA – Lombardo, UDC – Casini, PDL – Berlusconi. E’ interessante notare come al venir meno del leader (per varie ragioni) venga di fatto meno la maggior parte dei consensi, compromettendo seriamente la sopravvivenza del partito a prescindere dal leader: si pensi ai risultati elettorali della Lega Nord o dell’IDV dopo il venir meno dei loro leader storici.

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statutario, dispone de facto di potere di controllo e amministrazione del partito estremamente estesi, e le scelte che formalmente spettano ad altri organi sono dal leader direttamente influenzate; questo vale anche per la selezione delle candidature, che spesso è effettuata sulla base di criteri di compiacenza e di premialità verso la fedeltà al leader, o comunque questo dispone de facto del potere di “revisionare” insindacabilmente le candidature selezionate dagli organi pur statutariamente competenti. E’ anche laddove non si giunga ad una gestione della selezione delle candidature così “disinvolta” e accentrata al di là di qualsiasi limite statutario nelle mani di una sola persona (o da chi delegato da lei), l’attribuzione della selezione delle candidature ad organi interni di partito rischia di far discostare sensibilmente tale attività da standard effettivamente democratici. Questo può accadere proprio in assenza di una disciplina volta a garantire un’organizzazione effettivamente democratica all’interno del partito, con chiara definizione della composizione e dei poteri dei singoli organi, con chiare procedure di formazione della relativa volontà, con diritti e doveri degli iscritti specificamente delineati e garantiti, in particolare il diritto/dovere di partecipare alla vita interna del partito, secondo le modalità appositamente delineate. Nei partiti attuali da questo punto di vista gli statuti si presentano spesso e volentieri deficitari (si pensi a quello dell’IDV), e se anche risultano completi, l’inefficacia disciplina degli organi di controllo previsti (se non la loro effettiva parzialità, che li rende spesso e volentieri espressione degli stessi gruppi di potere che dominano il partito) finisce col rendere disattese le previsioni statutariamente previste. E’ in questo quadro di complessiva “debolezza normativa” che la selezione delle candidature avviene secondo le modalità della cooptazione: la scelta dei candidati si consuma in stanze chiuse, nel silenzio del diritto229. Letteralmente il termine cooptazione indica un sistema mediante il quale la scelta di soggetti chiamati a far parte di un organo collegiale avviene a opera dei componenti del medesimo collegio230. Più in generale, come in questo caso, con “cooptazione” si intende la prassi mediante la quale i soggetti da destinare a determinati incarichi

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M. Ainis, La cura, Milano, Chiarelettere, 2009, p. 53.

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In questa accezione, a servirsi per la prima volta della cooptazione fu il caucus di Birminghan, celebre archetipo dell’organizzazione partitica: un apparato centralizzato costituito dal gruppo degli eletti dettava la linea politica e nominava i futuri candidati.

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(ad esempio gli incarichi elettivi nelle assemblee rappresentative) non sono selezionati in base a procedure democratiche o trasparenti, ma sono scelti dagli apparati partitici interni e dai loro vertici; in altri termini, sono espressione del gruppo di comando dominante nel partito, che in questo modo si perpetua, ed ottiene la compattezza e l’obbedienza del futuro gruppo parlamentare rispetto alle decisioni della segreteria politica. Paradossalmente, il sistema della cooptazione favorisce uno dei presupposti per il buon funzionamento di una forma di governo parlamentare, e non è un caso che sostanzialmente tutti i partiti della c.d. prima Repubblica adottassero, implicitamente o esplicitamente231, tale regola di trasmissione del potere. Oggi, come risulta dall’esame degli statuti dei partiti citati, la cooptazione si realizza in forme oblique ed implicite, prevedendo l’obbligatoria partecipazione agli organi di selezione di membri non eletti, ma designati a determinati incarichi. Ricapitolando, la selezione delle candidature attribuita ad organi interni di partito di per sé non è incompatibile col metodo democratico (non a caso è la modalità più utilizzata all’estero, addirittura codificata in Germania), ma in assenza di una disciplina, legislativa o statutaria, che imponga effettivamente procedure interne democratiche e trasparenti circa la composizione degli organi, la formazione della loro volontà, ed il controllo della loro attività, rischia di degenerare o nella cooptazione o nella selezione verticistica ed insindacabile ad opera di un leader carismatico. Comunemente, si ritiene che un modo per superare tale sistema, e garantire al rito democratico un ouverture democratica, sia rappresentato dal sistema delle elezioni primarie. In realtà il termine “primarie” ha un significato ambiguo e sfuggente, potendosi intendere con tale espressione fenomeni assai diversificati; un’efficace definizione che è stata data in dottrina232 è la seguente: “procedimento finalizzato a influenzare e/o a determinare la selezione dei candidati a successive elezioni, ai quali in via di principio partecipi, ancorché con alcune limitazioni e ad alcune condizioni, lo stesso corpo elettorale di queste ultime, e che siano promossi da quanti intendano appunto presentare candidati per l’elezione di cariche esecutive monocratiche

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L’articolo 26 dello statuto del PCI del 1979 prevedeva espressamente il metodo della cooptazione negli organismi dirigenti.

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C. Fusaro, Elezioni primarie: prime esperienze e profili costituzionali, in Quaderni

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ovvero per l’elezione a cariche rappresentative in assemblee, a qualsiasi livello di governo”. Proprio per la varietà di esperienze di selezione che possono essere ricondotte al concetto di primarie, occorre operare alcune precisazioni233. Le primarie possono essere organizzate per l’individuazione di cariche monocratiche o di liste di candidati; possono essere pubbliche (se in carico, anche da un punto di vista economico, ai pubblici poteri) o private (se organizzate interamente da soggetti politici, senza interferenza della legge); obbligatorie (se la loro celebrazione è imposta dalla legge a pena di sanzione per i trasgressori) o

facoltative (nel caso contrario, fermo restando che possono essere incentivate

dalla legge); vincolanti (se alle elezioni vere e proprie possono essere candidati solo i vincitori delle primarie), semivincolanti (se possono essere candidati alle elezioni vere e proprie anche altri soggetti, sebbene tali candidature richiedano specifiche giustificazioni) o non vincolanti (se l’obbligo di candidatura dei vincitori delle primarie è solo politico). A seconda dell’elettorato attivo le primarie possono essere aperte (se possono parteciparvi tutti coloro che dispongono di caratteristiche generali come l’età e la cittadinanza), semiaperte (se è richiesta l’adesione ad un ideale o ad un partito/gruppo) o chiuse (se gli elettori sono individuate attraverso liste). Tutte queste caratteristiche possono combinarsi variamente tra loro. L’adozione in corso di diffusione da parte delle formazioni politiche, non solo in Italia, ma generalmente negli Stati occidentali, delle primarie quale mezzo di selezione dei candidati alle elezioni, si inserisce appieno in quel percorso di democratizzazione dei processi di selezione dei candidati di cui si è parlato, al fine di rivitalizzare l’istituzione “partito politico”. C’è da dire che il modello cui i partiti europei hanno guardato per organizzare le rispettive primarie è stato quello delle primarie utilizzate dai partiti statunitensi; le primarie infatti nascono negli USA234, e nascono per le stesse ragioni per cui in Europa ed in particolare in Italia si tende ad introdurle, cioè reagire alla degenerazione della

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M. Mariotti, cit., pp. 157-158.

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Esse furono utilizzate per la prima volta nel 1842 dal Partito democratico nella contea di Crawford, ed i primi stati ad imporre per legge le primarie furono la South Carolina (1896) e il Wisconsin (1903). Esse si diffusero fino al 1916 in 26 Stati, per poi declinare fino agli anni ’70, quando furono rilanciate dalla Convenzione democratica del 1968 e da allora sono assunte come metodo principale per la selezione dei candidati.

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vita pubblica causata dai partiti235. Tuttavia, come rilevato in dottrina236 “le primarie americane sono tutt’altra cosa rispetto alle primarie che si svolgono in Europa o in altre democrazie occidentali (come in Israele). Le prime, come metodo di selezione di candidati per cariche pubbliche monocratiche (presidente, parlamentari, governatori degli Stati e altre cariche elettive locali), riguardano gli elettori, sono regolate dalle leggi dei singoli Stati, sono gestite dalle autorità pubbliche (che pagano anche le spese e il finanziamento delle campagne dei candidati), le seconde gli iscritti e sono regolate dagli statuti e convenzioni interni dei partiti e da questi sono interamente gestite. Negli USA237, insomma, la selezione dei candidati è una elezione pubblica vera e propria, il che fa un’enorme differenza con le altre esperienze di primarie”. Bisogna osservare quale sia la disciplina accolta ed il modo di operare delle elezioni primarie nel contesto

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Gli atti delle commissioni congressuali che avevano affrontato il fenomeno parlano di: “manipolazione clientelare degli immigrati, corruzione politico-amministrativa diffusa, ricorso ad attività illegali per finanziare l’attività partitica, alleanza con gruppi criminali e mafiosi per risolvere i conflitti con gli avversari politici, controllo spietato della stampa cittadina, uso della violenza all’interno stesso dei partiti, inquinamento malavitoso delle corti e controllo partitico delle cariche giudiziarie elettive”. Cfr. S. Fabbrini, Che cosa sono le primarie americane?, in

Italianieuropei, 5, p. 23.

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O. Massari, cit., p. 132.

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In realtà, le primarie americane non sono uguali per tutti gli Stati, esistendo per lo meno cinque tipi differenti di primarie, in relazione agli elettori ed al tipo di scheda. La “primaria coperta”, o generale o completa (c.d. blanket), adottata in quattro Stati, è caratterizzata dal fatto che i votanti ricevono un’unica scheda per ogni determinata carica in palio; la scheda elenca i candidati di tutti i partiti in corsa per la carica e saranno nominati per l’elezione successiva i due candidati più votati senza riguardo per l’affiliazione partitica (quindi potranno concorrere alla carica anche candidati dello stesso partito). La primaria chiusa (c.d. closed), adottata in quindici Stati, si connota per il fatto che vi possono partecipare solamente quegli elettori che si sono anticipatamente registrati in un partito; il registro è depositato presso un’autorità pubblica e da quest’ultima è scrutinato, mentre gli elettori ricevono una scheda in cui sono elencati solamente i candidat i del partito in questione che corrono per una data carica politica. Le primarie chiuse possono essere dirette o indirette; in quest’ultimo caso, gli elettori eleggono delegati a un collegio o convenzione, come nel caso delle primarie presidenziali nella maggior parte degli Stati. La primaria chiusa, ma aperta agli indipendenti (c.d. open to indipendets), adottata in dodici Stati, funziona come la precedente, salvo che agli elettori non affiliati è permesso votare; generalmente, questi elettori vengono registrati in un partito il giorno in cui si presentano al seggio. La primaria aperta con dichiarazione pubblica (c.d. open with public declaration), adottata in undici Stati, vede gli elettori dichiarare pubblicamente la loro scelta di partito al seggio elettorale nel giorno dell’elezione, senza necessità di alcuna registrazione; l’elettore prende la scheda del partito alla cui primaria ha deciso di partecipare, appone la propria preferenza e quindi la restituisce ai rappresentanti di quest’ultimo seggio (in cui si tengono le primarie anche di altri partiti. Infine, la primaria aperta, ma con scelta segreta o privata (c.d. open with private choice), adottata in nove Stati, si caratterizza per il fatto che possono parteciparvi tutti gli elettori che si presentano al seggio in cui si tengono le primarie dei vari partiti; ciascun elettore riceverà le schede dei vari partiti, con il nome dei candidati che corrono nella primaria di ognuno di essi, e nella segretezza del seggio sceglierà a quale primaria partecipare, apponendo la propria preferenza nella scheda relativa e restituendola insieme alle schede degli altri partiti.

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italiano, ed in tal senso, una prima problematica è stabilire in che misura esse risultino essere costituzionalmente conformi. La dottrina concordemente ritiene che, quanto alle primarie per le cariche pubbliche monocratiche, esse non sarebbero ammissibili, almeno in senso tecnico-giuridico, e quindi vincolante, per cariche non direttamente individuabili dal corpo elettorale (ad esempio il Presidente del Consiglio o il Presidente della Repubblica)238. In tali casi non si potrà parlare di primarie strictu sensu, ferma restando il valore politico di queste libere consultazioni, che possono essere tenute privatamente dai partiti prima delle elezioni. Se così non fosse, si realizzerebbe una menomazione delle competenze costituzionalmente attribuite ad organi costituzionali239. Pertanto, tale tipo di primaria non potrà essere in nessun modo incentivata o imposta da istituzioni pubbliche. Invece, come rilevato in dottrina240 “a diversa conclusione deve giungersi nell’ipotesi di candidature a cariche monocratiche conseguenti ad elezioni popolari. In tal caso la primaria ha lo scopo di selezionare il candidato da presentare agli elettori, e dovrebbe logicamente realizzarsi all’interno della coalizione che intenda presentarsi unita con un unico candidato: non […] pare possano sussistere dubbi, in tal caso, che essa sia possibile, mentre sarà valutato successivamente se essa possa essere prevista (o meno) in via obbligatoria”. Quanto alle primarie per l’individuazione di liste di candidati, occorre distinguere tra liste “aperte”, per le quali è possibile il voto di preferenza, e liste “chiuse”, rispetto le quali gli elettori non possono esprimere alcuna preferenza; in questa seconda ipotesi sembra opportuna la previsione di elezioni primarie241, in quanto agli elettori è impedito di potersi in seguito pronunciare sulla composizione e l’ordine della lista, una volta presentata242

. Potrebbe sorgere un problema di

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L’osservazione non è astratta, si pensi alle c.d. quirinarie indette dal M5S per il 15 aprile 2013 per individuare il candidato Presidente della Repubblica del M5S, o alle elezioni primarie indette dalla coalizione di centrosinistra il 16 ottobre 2005 ed il 25 dicembre 2012 per l’elezione del candidato Presidente del Consiglio dei ministri.

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Come sostiene, C. Fusaro, Elezioni primarie: prime esperienze, cit., p. 55, per il quale “non è immaginabile istituire elezioni primarie pubbliche per cariche elettive nell’ordinamento inesistenti”.

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E. Rossi, La democrazia interna nei partiti politici, cit., p. 16.

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In dottrina c’è chi non condivide questa posizione, ritenendo che le primarie mal si conciliano con l’esigenza di favorire liste di coalizione ovvero con liste che garantiscano un adeguato livello di “pubblica rappresentatività”. Cfr. S. Ceccanti, Intervento, Convegno Società italiana studi

elettorali, 2 dicembre 2005.

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In tal senso si giustificano le primarie tenute dal PD e SEL il 29-30 dicembre 2012, e le c.d. parlamentarie del M5S tenute dal 3 dicembre al 6 dicembre 2012.

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compatibilità in tal caso con riferimento alla presenza di vincoli legislativi (ovvero addirittura costituzionali) alla confezione delle liste stesse, (ad esempio circa i criteri in ordine alla rappresentanza di genere), ma si tratta di problemi che

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