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L’Assemblea nazionale, la Direzione nazionale ed il vertice del partito Per sua natura, il Congresso si è visto non poter avere carattere permanente: pur

IL PARTITO COME ORGANIZZAZIONE 4.1 Il partito come sistema internamente differenziato

4.6 L’Assemblea nazionale, la Direzione nazionale ed il vertice del partito Per sua natura, il Congresso si è visto non poter avere carattere permanente: pur

tuttavia è necessario che esista nell’organizzazione centrale del partito un organo assembleare di carattere deliberativo, che si riunisca molto più spesso del Congresso e che risulti essere competente per le decisioni fondamentali, oltre che controllare tutta l’attività politica tra un Congresso ed il successivo. Quest’organo, che potremmo definire come l’organo assembleare dell’associazione partito politico, è quello che tradizionalmente è chiamato Assemblea nazionale. L’Assemblea nazionale in un certo qual modo fa le veci del Congresso, e dovrebbe risultare vincolata dalle sue determinazioni: come talvolta gli statuti tendono a precisare (Lega Nord, Scelta civica) mentre il Congresso delinea il programma politico del partito, l’Assemblea nazionale delibera indirizzando l’attività del partito nell’ambito delle scelte programmatiche decise dal Congresso nazionale. L’Assemblea nazionale è di norma composta da un numero variabile di componenti eletti dal Congresso nazionale ovvero designati dagli organi regionali

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e/o provinciali del partito, oltre che dai rappresentanti dei gruppi parlamentari316. Circa il suo funzionamento interno e le procedure decisionali, si ripresentano le stesse problematiche viste per il Congresso. A seconda dei partiti, le competenze dell’organo corrispondente all’Assemblea nazionale variano notevolmente: se in taluni partiti sostanzialmente essa assume il ruolo precedentemente tratteggiato di organo deliberativo del partito (UDC, Scelta civica), in altri partiti assume un ruolo piuttosto sfumato e residuale, sovrapponendosi le sue competenze con quelle di altri organi permanenti (PDL, MPA, SEL), in altri ancora le competenze attribuitegli e la stessa composizione lo rendono un organo prossimo al Congresso (PD), in altri partiti ancora si assiste ad una sostanziale coincidenza tra l’organo assembleare deliberativo e l’organo di direzione ed amministrazione (Lega Nord), e taluni partiti non contemplano tale organo, riservando le funzioni deliberative della linea politica solo al Congresso (IDV). Ci si chiede se quest’organo sia strettamente necessario, e se un’eventuale legislazione debba imporlo come tale: ritengo che possa non esserlo, ma molto dipende dalla distribuzione delle relative competenze che tradizionalmente gli vengono attribuite, e da altri fattori; ad esempio, le attribuzioni deliberative di indirizzo politico in conformità del programma delineato dal Congresso di modesta entità potrebbero essere attribuite all’Esecutivo, o con le opportune garanzie di controllo, addirittura al vertice del partito; eventuali poteri di nomina di altri organi potrebbero essere attribuiti al Congresso (di cui però sarebbe necessario imporre lo svolgimento in tempi molto più ravvicinati rispetto ai tendenziali tre anni), così come le grandi deliberazioni relative alla linea politica (quali ad esempio quelle relative alle alleanze, o alla posizione del partito rispetto ad un tema politico/legislativo di grande rilevanza), fermo restando che queste ultime potrebbero essere direttamente attribuite agli iscritti o addirittura ai simpatizzanti, attraverso consultazioni di carattere referendario o anche attraverso l’utilizzo del Web e delle piattaforme digitali317. Esaminato l’organo deliberativo ed assembleare, procediamo all’esame dell’organo di amministrazione dell’associazione partito politico,

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Tuttavia nello statuto di SEL la sua composizione non è indicata, salvo che per la presenza del Presidente nazionale; il procedimento di formazione e composizione dell’Assemblea nazionale del PD è estremamente peculiare, si rimanda per la sua analisi al Capitolo V.

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tradizionalmente denominato Esecutivo o Direzione. Sostanzialmente il suo compito è dare esecuzione alle delibere dell’Assemblea nazionale, mediante appositi regolamenti. La sua composizione, ancora una volta, è estremamente variegata: oltre che da componenti eletti dai Congressi nazionali, regionali e locali, esso è composto dai responsabili dei dipartimenti tematici nei quali si struttura l’attività del partito; tra di essi, ha una funzione fondamentale il responsabile dell’organizzazione, che ha il controllo delle iscrizioni al partito e quindi esercita un forte potere al suo interno. Con varie denominazioni, quest’organo risulta essere presente in tutti i partiti: è denominato Direzione nazionale (PDL, PD, Scelta civica, UDC), Esecutivo nazionale (IDV), Direzione federale (MPA), Coordinamento nazionale (SEL), Consiglio federale (Lega Nord). Il principale problema che si pone con riferimento a quest’organo è dato dalla tendenziale sovrapposizione, specie nella prassi, delle sue competenze con quelle del vertice del partito, inteso non tanto come la figura monocratica del Segretario o Presidente, quanto con l’apparato collegiale che negli statuti lo coadiuva, la Segreteria o Presidenza318. Dal punto di vista della funzione di “governo”, i partiti politici italiani presentano perciò una struttura che potremmo dire bicefala, partecipando a questa funzione la Direzione nazionale e la Segreteria o Presidenza. Ci si chiede se sia possibile, guardando più dettagliatamente alla disciplina degli statuti, riscontrare differenziazioni nelle competenze almeno di carattere formale. Effettivamente a ben guardare taluni statuti (IDV, MPA319) tendono a delineare le funzioni della Direzione nazionale come meramente esecutive, ponendo l’accento circa le competenze della Segreteria/Presidenza e/o del Segretario/Presidente sulle funzioni di coordinamento e sovrintendenza nei confronti di tutti gli organi del partito. Le competenze esecutive diversamente attribuite sono tuttavia riportate a tendenziale unità a causa della comune presenza nei due organi del Segretario/Presidente. Certamente questa confusione di attribuzioni rende difficoltosa una chiara distribuzione delle responsabilità all’interno del partito, oltre a favorire l’affermarsi di uno “statuto materiale” del partito ben diverso da quello formale.

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Ad esempio è il caso di PD, PDL, Scelta civica, UDC, SEL.

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In questo partito la Direzione federale ha compiti di coordinamento, mentre il Segretario federale compiti esecutivi.

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Non è un caso che ad esempio nella PartG tedesca, dove però si fornisce (ed impone) un modello corporativo caratterizzato da specifici organi, è delineato un unico organo di direzione ed esecuzione: la Presidenza, che all’articolo 11 si afferma “dirige l’associazione territoriale e conduce le sue attività in base alla legge e allo statuto, come pure realizza le risoluzioni adottate dagli organi ad essa sopraordinati”. Probabilmente, proprio per evitare confusioni, incertezze ed abusi, la soluzione migliore sarebbe quella di imporre per legge ai partiti un unico organo esecutivo, con al più una differenziazione di funzioni (chiaramente delineata dallo statuto o dalla legge) tra l’Esecutivo collegiale e il vertice del partito, Segretario/Presidente320. Esaminiamo da ultimo l’organo monocratico di vertice del partito, a seconda degli statuti variamente denominato Segretario (PD, Lega Nord, IDV, MPA, UDC) o Presidente (PDL, Scelta civica, SEL, FLI). Complice il ruolo sempre più decisivo che i media stanno assumendo nella comunicazione politica, e l’utilizzo di sistemi elettorali incentrati più sulla persona che sul partito, in Italia (ma è una tendenza che si riscontra in tutta Europa) si è assistiti ad una tendenziale personificazione del partito, che spesso e volentieri nell’elettorato ha finito con l’identificarsi con uno specifico soggetto, il leader del partito. Se a ciò si aggiunge il modello del partito personale e leaderistico che è stato accolto nell’ultimo ventennio dalla maggior parte delle forze politiche, si comprende come tra tutti gli organi di partito il suo vertice, cioè il Segretario/Presidente, sia quello che assuma maggiore importanza concreta, coincidendo tendenzialmente con il leader del partito321. Ci si chiede quali siano le competenze generalmente attribuite al Segretario/Presidente; esse sono piuttosto mutevoli da statuto a statuto, ma talune risultano essere ricorrenti: rappresentanza politica e legale del partito, potere di convocazione dell’Assemblea nazionale, della Direzione nazionale e della Segreteria/Presidenza, potere di direzione e coordinamento del partito politico. Si è già visto come taluni statuti gli attribuiscano competenze esecutive, che comunque indirettamente finisce con

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L’unico partito che ha accolto questo modello è la Lega Nord, dove esiste un unico organo esecutivo, l’Ufficio della Segreteria politica federale.

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La coincidenza tra vertice del partito e leader del medesimo non si realizza sempre, si pensi all’UDC, dove il leader riconosciuto, l’on. Pier Ferdinando Casini, non ricopre formalmente alcun incarico nel partito, essendo un semplice parlamentare iscritto, mentre la carica di Segretario politico è ricoperta dall’on. Lorenzo Cesa. Nella prassi risulta tuttavia chiaramente che l’indirizzo politico è determinato dal leader.

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l’esercitare sempre in quanto tendenzialmente presiede o comunque partecipa alla Direzione nazionale. In taluni statuti322, in cui il vertice è il Presidente, è prevista una specifica figura, quella del Coordinatore nazionale, cui specificamente è attribuito il potere di direzione e coordinamento, in vece del Presidente. La sua previsione tendenzialmente è finalizzata ad accentuare il profilo “garantistico” del Presidente rispetto a quello “direttivo”. In taluni statuti è prevista contemporaneamente la figura del Segretario e quella del Presidente. È opportuno chiedersi come si atteggi il rapporto tra le due figure: al riguardo si possono distinguere due modelli. Il primo modello (PD, UDC, MPA, Lega Nord) vede il Presidente del partito presiedere l’Assemblea Nazionale e far parte della Direzione Nazionale; il secondo modello, proprio del PDL, si presenta piuttosto ambiguo, apparentemente configurando una struttura bicefala del vertice del partito, le cui teste sarebbero il Presidente ed il Segretario; lo si esaminerà più nel dettaglio nel Capitolo V. Resta da esaminare un’ultima questione: l’elezione del vertice del partito, Segretario o Presidente che sia. Si prevedono tre modelli, che in ordine di apertura democratica si possono così elencare: l’elezione diretta da parte della base (PD, Lega Nord323); l’elezione diretta da parte del Congresso (PDL, IDV, MPA, FLI); l’elezione da parte dell’Assemblea nazionale (Scelta civica, UDC, SEL). Delle tre modalità, sicuramente quella più coerente col “metodo democratico” inteso come principio recettivo del canone della democrazia rappresentativa, risulta essere la seconda, l’elezione da parte del Congresso, l’assise rappresentativa della generalità degli iscritti. La prassi però ha dimostrato come, al di là delle previsioni formali e statutarie, l’elezione da parte del Congresso (per non parlare di quella da parte di altri organi) abbia avuto ben poco di democratico, essendosi addirittura in taluni casi risolta in un’elezione plebiscitaria per acclamazione (quindi senza neppure una effettivo esercizio del voto) dell’unico candidato alla carica di Segretario/Presidente, tra l’altro il

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Ad esempio FLI e Scelta civica.

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Lo Statuto della Lega Nord afferma che il Segretario federale è eletto dal Congresso; tuttavia nel settembre 2013 il Consiglio federale, approvando la richiesta del Segretario federale, ha deliberato lo svolgimento di “primarie” per l’elezione diretta del segretario federale, attribuendo l’elettorato attivo a tutti i militanti iscritti da almeno un anno, e l’elettorato passivo a tutti i militanti iscritti da almeno dieci anni e che abbiano raccolto almeno mille firme a sostegno della propria candidatura. Le primarie è previsto precedano lo svolgimento del Congresso federale di una settimana, Congresso cui spetta ancora l’elezione (formale) del nuovo segretario.

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fondatore del partito, che de facto già risultava essere il leader incontestato della formazione politica324. Quanto all’elezione diretta del vertice monocratico da parte della base, l’unico partito che finora ha in due occasioni325

proceduto a tale elezione è stato il PD, e la disciplina osservata non risulta essere esente da problematiche, come si avrà modo di osservare nel Capitolo V. Quel che è certo, alla luce di quanto osservato, è che il principio del metodo democratico, in quanto di per sé non include il concetto di democrazia rappresentativa escludendo quello di democrazia diretta, legittimerebbe una previsione legislativa che imponesse all’autonomia statutaria di eleggere il vertice del partito o mediante consultazione diretta della base, imponendo l’osservanza di taluni accorgimenti finalizzati a garantire la correttezza della consultazione, ovvero di eleggere tale vertice nell’ambito del Congresso, fissando in tal caso specifici accorgimenti quali la votazione a scrutinio segreto, un specifico quorum deliberativo, l’obbligo di osservare termini minimi per il deposito delle candidature e la necessità che vi siano più candidature, almeno due. La legge dovrebbe lasciare all’autonomia statutaria, a prescindere dalla procedura elettiva prescelta per il vertice, la scelta se abbinare le candidature ad altri organi di partito (ad esempio l’Assemblea nazionale) alle candidature alla carica monocratica di vertice326. Come già accennato, il più recente progetto di legge di regolamentazione dei partiti politici, il testo unificato adottato dalla I Commissione della Camera dei deputati il 9 maggio 2012, non contiene alcuna specifica previsione circa l’organizzazione corporativa del partito politico, assumendo una qualche rilevanza unicamente le lettere a) e b) del secondo comma dell’articolo 3, le quali sanciscono l’obbligo per lo statuto di indicare “gli organi dirigenti, le loro competenze, le modalità della loro elezione e la durata degli incarichi” e “i casi di incompatibilità tra cariche dirigenziali all'interno del partito e incarichi, o nomine, a livello istituzionale e delle amministrazioni pubbliche nazionali e locali”, nonché la lettera e) per cui lo statuto deve indicare “i criteri con i quali è assicurata la presenza delle minoranze

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Esemplari sono l’elezione a Presidente del PDL di Silvio Berlusconi, nel Congresso del 29 marzo 2009, e l’elezione a Presidente di FLI di Gianfranco Fini, nell’Assemblea costituente del 13 febbraio 2011.

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Tali elezioni “primarie” si sono tenute il 14 ottobre 2007 ed il 25 ottobre del 2009. L’8 dicembre del 2013 tale modalità di elezione verrà utilizzata per la terza volta per designare il Segretario del PD.

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in tutti gli organi collegiali non esecutivi”. Ugualmente deficitaria risulta essere la disciplina dettata circa la formazione della volontà politica negli organi di partito, rilevando unicamente l’obbligo per lo statuto di indicare “le modalità con le quali gli iscritti partecipano alle votazioni interne”, di cui alla lettera l) del secondo comma dell’articolo 3. Pertanto, il progetto di legislazione italiana risulta chiaramente lacunoso e quasi totalmente insensibile alla problematica della tutela delle minoranze interne al partito, specie se si raffronta tale schema di legislazione con la legislazione di altri ordinamenti327.

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