• Non ci sono risultati.

ANALISI DELL'ART 147-BIS DISP ATT C.P.P

LE OPERAZIONI SOTTO COPERTURA NELL'AMBITO DELLE INDAGINI DI POLIZIA

PROFILI PROCESSUALI DELLA FIGURA

H) ANALISI DELL'ART 147-BIS DISP ATT C.P.P

La norma che mi accingo ad analizzare in questo paragrafo è stata introdotta, inizialmente, nel nostro ordinamento dall'art. 7 D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modifica dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 e poi ampliato dall'art. 3, legge 7 gennaio 1998, n. 11, che ne ha conferito la struttura attuale; lo scopo dell'istituto in esame è garantire maggior sicurezza a collaboratori o testimoni di giustizia, limitando il fenomeno cd. del “turismo giudiziario”, consistente nei continui trasferimenti dei collaboratori o testimoni dalla località protetta al luogo della deposizione, per evitate quindi alla persona protetta di ritornare nella zona dove si trova ad operare l'organizzazione criminale evitando intimidazioni o minacce o per evitare 265 Le parole virgolettate sono di F. Caprioli, in op. cit., pag. 67-68

266 G. Ubertis, La Corte di Strasburgo quale garante del giusto processo, in Argomenti di procedura penale. III, Giuffrè 2011, p. 209

che, incontrando in aula l'imputato, il teste subisca condizionamenti e pressioni psicologiche deleterie, ma non sono secondarie anche le ragioni economiche nel senso di voler risparmiare tempo e denaro eliminando i trasferimenti e riuscendo al contempo a salvare il principio dell'oralità267. Al comma 1-bis dell'art. 147-bis disp. Att. c.p.p viene stabilito l'obbligo per il giudice, o nei casi di urgenza per il presidente, di assumere nella fase dibattimentale tutte le cautele necessarie e volte alla tutela ed alla riservatezza della persona sottoposta all'esame, le quali siano idonee ad evitare che la fisionomia del soggetto esaminato possa essere visibile e dunque riconoscibile: perciò, a meno che il giudice non ritenga che sia assolutamente necessaria la presenza della persona da esaminare, l'esame si deve svolgere a distanza «mediante collegamento audiovisivo che assicuri la contestuale visibilità delle persone presenti nel luogo dove la persona sottoposta ad esame si trova» e con la presenza «di un ausiliario abilitato ad assistere il giudice in udienza, designato dal giudice o, in caso di urgenza, dal presidente, è presente le luovo ove si trova la persona sottoposta ad esame e ne attesta le generalità»268; su questo punto vi è da sottolineare

come, già più volte detto, le generalità attestate dall'ausiliario del giudice, ai sensi del nuovo art. 497 comma 2-bis c.p.p., sono quelle di copertura.

Per la natura delle operazioni sotto copertura si deve precisare che i tratti somatici degli agenti undercover sono già conosciuti agli occhi degli imputati, quindi ciò che non convince appieno, secondo A. Zappulla, è la rigidità dell'obbligatorietà dell'esame a distanza ottenuta attraverso l'inserimento della lettera c-bis all'elenco dell'art. 147-bis comma 3 disp. Att. c.p.p269, elenco che contiene le particolari ipotesi, al verificarsi delle quali si debba necessariamente procedere all'esame a distanza, mediante i mezzi audiovisivi e la schermatura del volto. La ratio di una tale tutela rafforzata “riguarda principalmente la salvaguardia delle potenzialità investigative e 267 F. Alessandroni, in Videoconferenze giudiziarie: la partecipazione al

procedimento penale a distanza e l'esame in dibattimento dei collaboratori di giustizia, in Studium Iuris, n.4, 1998, cit. pag. 345-353

268 Testo del comma 2 art. 147-bis disp. Att. c.p.p, in Codice di procedura penale 2016, a cura di P. Corso

269 A. Zappulla, in Commento all'articolo 8 della L. 13.8.2010 n. 136, op. cit., pag. 461

l'incolumità del dichiarante che abbia partecipato alle operazioni sotto copertura”270.

I) LA DOCUMENTAZIONE DELLE OPERAZIONI SOTTO COPERTURA

Una questione, direttamente connessa alla possibile testimonianza dell'agente undercover, attiene la relazione redatta direttamente dall'ufficiale di polizia giudiziaria infiltrato ed il suo livello di apprezzamento nel corso del processo.

È preliminarmente necessario capire quale sia la forma di documentazione più idonea a soddisfare le prescrizioni legislative riguardanti questo tema271; dalla prescrizione contenuta nell'art. 357 c.p.p in dottrina si è dedotto che non si può prendere nota di attività consistite in simulate trattative se non cercando di riportare, nella maniera più fedele ed aderente, il contenuto dei colloqui sostanzianti le trattative, così da doversi ritenere pienamente utilizzabili anche le relazioni di servizio redatte dall'agente sotto copertura272. Da tenere bene a mente è che la relazione di servizio si distingue dall'annotazione – che è forma ordinaria di documentazione sia dell'attività atipica che di quella di più limitata rilevanza e la cui valenza esterna è indirizzata all'autorità giudiziaria273 – in quanto trattasi di un atto interno, funzionale ad informare l'ufficio di appartenenza ed il superiore gerarchico comunicando la tipologia delle attività compiute274; seguendo questa ricostruzione, la mancata verbalizzazione nelle forme di rito non dovrebbe inficiare la valenza probatoria delle relazioni di servizio, nelle quali saranno riportate in forma di citazioni le dichiarazioni rese inconsapevolmente 270 Cit. A. Zappulla, in op. cit., pag. 461

271 v. G. De Stefano, in Colloqui registrati dalla polizia giudiziaria all'insaputa dell'interlocutore informato sui fatti: la problematica configurazione tra legalità delle indagini e ricerca della prova inconfutabile, in Cass. Pen. 2003, 1270 272 B. Petralia- G. Salerno, in Le operazioni sotto copertura in materia di armi e

riciclaggio, in Riv. Guard. Fin. 2003, 960

273 Cit. P. Paulesu, sub art. 357 c.p.p, in Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda- G. Spangher, II, 2010, 4279

dall'indagato di polizia giudiziaria275. Le relazioni sarebbero perciò pienamente utilizzabili sia perché la documentazione acquisisce la sola funzione illustrativa delle attività svolte, sia perché le frasi riportate non dovrebbero essere considerate vere e proprie dichiarazioni, in quanto sono state rese all'ufficiale di polizia solo in via mediata ed inconsapevole appunto; inoltre, viene sostenuto che la verbalizzazione nelle forme di legge sarebbe incompatibile con l'attività dell'agente infiltrato che, per il buon esito delle indagini e per garantire la propria incolumità personale, deve mantenere il segreto sulla propria reale identità: così, la relazione di servizio dovrà entrare a far parte del fascicolo del dibattimento, posto che in esso sono contenuti anche i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria276. Bisogna sottolineare come, pur essendo condivisibile, questa ricostruzione interpretativa non sia esente da critiche: in primis, per quanto attiene alla forma della documentazione dell'attività undercover, non convince la presunta incompatibilità con la verbalizzazione completa dell'attività simulata, posto che le ragioni temporali, nonché quelle attinenti alla tutela dell'identità dell'agente, possono essere superate per il tramite di una verbalizzaizone successiva, anche se va posto l'accento sull'intrinseca utilità della verbalizzazione in quanto dotata di un maggior grado di persuasività rispetto all'annotazione ed alle relazioni di servizio; inoltre va ricordato come il legislatore, nell'unico passaggio normativo in cui si è occupato di documentazione dell'attività undercover277, egli abbia imposto la verbalizzazione e non individuiamo un'incompatibilità della stessa con l'attività undercover, anzi, si potrebbe analogicamente ricavare un obbligo di 275 Cass. 15 maggio 1997, in CED, 208128 si esprime in questo senso

276 G. Barrocu, op. cit., pag. 154

277 In realtà, oggi, la documentazione dell'attività sotto copertura è prevista anche dal comma 1-bis dell'art. 115 disp.att. c.p.p, introdotto dall'art. 8 L. 136/2010, che prescrive come “le annotazioni di cui al comma 1, se riguardanti le attività di indagine condotte da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nel corso delle operazioni sotto copertura ai sensi dell'art. 9 della legge 16 marzo 2009, n. 146, e successive modifiche, contengono le generalità di copertura dagli stessi utilizzate nel corso delle attività medesime”; la norma, rivolta a fornire una tutela completa dell'identità dei soggetti protagonisti dell'indagine, non semba tuttavia, offrire un'indicazione decisiva sul tipo di documentazione richiesta poiché l'indicazione generica di “annotazione” non tiene conto dei diversi atti che è possibile compiere nel corso dell'indagine e, ancor di più, della loro possibile utilizzabilità processuale. v. G. Barrocu, op. cit., nota 130 a pag. 155

documentazione integrale che va ad investire l'intera operazione sotto copertura.

Inoltre, appare inesatta la tesi secondo cui tutto ciò che viene trascritto in tale documentazione può costituire elemento di prova da valutare in dibattimento; al pari di quanto avviene in tema di testimonianza dell'agente undercover, l'annotazione ovvero il verbale non possono essere utilizzati per aggirare i divieti posti dalla legge a garanzia del diritto al silenzio dell'imputato278. Ultima questione da affrontare sull'argomento riguarda la possibile utilizzazione probatoria delle registrazioni audiovisive eseguite dall'agente infiltrato: a conferma di quanto detto a proposito della documentazione, le Sezioni Unite della Cassazione hanno escluso che possano essere acquisiti sotto forma di documenti, registrazioni audio-video contenenti dichiarazioni provenienti dall'indagato o da testimoni effettuate dalla polizia giudiziaria in violazione di specifiche regole di acquisizione della prova, in quanto «non è utilizzabile come prova la registrazione fonografica effettuata clandestinamente da personale della polizia giudiziaria e rappresentativa di colloqui intercorsi fra lo stesso ed i suoi confidenti o persone informate dei fatti od indagati, perché urta contro i divieti di cui agli artt. 63 comma 2, 191, 195 comma 4 e 203 c.p.p»279. Va da sé che sarà consentita l'acquisizione della registrazione audiovisiva come prova documentale purché, per il proprio contenuto, non sia idonea ad aggirare i divieti di acquisizione probatoria relativi ad atti tipici del procedimento, poiché deve essere considerato inutilizzabile il «dictum formalmente extraprocessuale dell'indiziato (o di chi debba ritenersi sostanzialmente tale ovvero dell'indagato o dell'imputato di reato connesso o collegato) che, però, si collochi in un contesto di ricerca investigativa preordinato alla sua acquisizione e che sia oggetto di memorizzazione fonica»280.

278 P. Tonini, Il valore probatorio dei documenti contenenti dichiarazioni scritte, in Cass. Pen. 1990, 2217

279 Cass. 28 maggio 2003, in Arch. Nuova proc. Pen. 2003, 540; in dottrina G. Carofiglio-A. Susca, La testimonianza dell'ufficiale e dell'agente di polizia giudiziaria, Milano 2° ed. 2005, 150

L) PROVE ILLECITE, PROVE ILLEGITTIME ED ATTIVITÀ

Documenti correlati