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UNA PARTICOLARE IPOTESI DI OPERAZIONE CONTROLLATA: IL PAGAMENTO SIMULATO DEL RISCATTO

LE OPERAZIONI SOTTO COPERTURA NELL'AMBITO DELLE INDAGINI DI POLIZIA

G) UNA PARTICOLARE IPOTESI DI OPERAZIONE CONTROLLATA: IL PAGAMENTO SIMULATO DEL RISCATTO

NEL SEQUESTRO DI PERSONA

Avendo parlato nel paragrafo precedente delle differenze tra i servizi di intelligence e le operazioni undercover svolte dalla polizia giudiziaria, bisogna adesso introdurre ed analizzare una particolare figura di operazione controllata: infatti, l'art. 7 del D.L. 8/1991 ha introdotto nel nostro ordinamento uno strumento di intelligence non convenzionale dotato di caratteristiche non rinvenibili nella disciplina delle altre operazioni undercover. Oggi il testo è stato integralmente riproposto, in virtù di quella reductio ad unum di cui parlavo in merito dell'art. 9 L. 146/2006; la ratio delal norma è resa esplicita nel punti in cui indica il fine dell'operazione nella necessità di “acquisire rilevanti elementi probatori, ovvero per l'individuazione o la cattura dei responsabili del delitto di cui all'art. 630 c.p”. Le due condizioni parrebbero evidentemente alternative, anche se, secondo alcuni gli elementi da acquisire – siano essi probatoriamente rilevanti ovvero utilizzabili per la cattura degli autori dei delitti di sequestro di persona a scopo di estorsione – non sembrano dover avere una valenza probatoria diretta in ordine al suddetto reato oppure ai suoi autori169. Tuttavia, la dizione letterale del comma 6-bis dell'art. 9 L. 146/2006 configura la materia in esame in modo del tutto eccezionale e, come tale, sottoposta ad un'interpretazione restrittiva; non solo quindi l'operazione potrà essere autorizzata per il solo fine di ricercare elementi probatori rilevanti o per la cattura dei responsabili del delitto, ma il termine necessario utilizzato dal 169 Cfr. D. Manzione, sub art. 7 D.L. 15/1/1991 n°8, in Legisl. Pen. 1992

legislatore induce a ritenere che i casi nei quali si possano svolgere operazioni controllate di pagamento del riscatto debbano essere limitati a quelle situazioni di fatto in cui non si può raggiungere il medesimo risultato investigativo con metodi meno rischiosi; come dire che la necessità di acquisire elementi pare escludere il ricorso ad operazioni controllate, rispetto ad altri metodi investigativi tradizionali, «allorché si ravvisi una mera utilità in ordine all'acquisizione di tali elementi, ma al contempo consente la procedura anche quando quest'ultima non sia assolutamente indispensabile ovvero priva di possibili alternative investigative»170.

Pur nell'ottica di una visione tassativa delle ipotesi disciplinate dalla norma, occorre sopperire alla macroscopica dimenticanza del legislatore, nel punto in cui fra i fini ultimi cui deve tendere l'operazione, non ha previsto la possibilità che – pur non riuscendo a raccogliere rilevanti elementi probatori ovvero a catturare i sequestratori – la consegna controllata possa permettere la liberazione dell'ostaggio. È evidente che la tutela del bene giuridico protetto dalla norma, in un reato permanente deve essere inteso come il primo e fondamentale risultato investigativo da conseguire.

La disciplina appare, in realtà, eccessivamente concisa anche sotto altri profili, sicché quanto alla definizione di “operazione controllata di pagamento del riscatto” – ma anche per comprendere alcuni aspetti non del tutto chiari della norma – è opportuno rifarsi alla relazione al d.d.l. 5375 per la conversione del D.L. 8/1991 che per primo aveva introdotto tale disciplina nel nostro sistema giuridico, secondo il quale «al fine di evitare che il provvedimento di sequestro dei beni possa compromettere, contrariamente allo scopo per il quale è stato disposto, il risultato dell'azione investigativa, ed al contempo innescare inziative autonome dei familiari della vittima, mossi, comprensibilmente, dal coinvolgimento umano ed affettivo nella vicenda, l'art. 7 del decreto prevede che il pubblico ministero, pur se adottato il sequestro dei beni, possa tuttavia autorizzare la disposizione degli stessi e del denaro già sottoposti a vincolo per scopo di pervenire all'individuazione ed alla cattura dei sequestratori […] la disposizione di cui sopra risponde alla finalità ispiratrice del provvedimento di convogliare ogni iniziativa volta alla 170 Cit. D. Manzione, op. cit., pag. 668

liberazione dell'ostaggio o ad assicurare alla giustizia gli autori del delitto, nell'alveo della strategia investigativa decisa dall'autorità giudiziaria procedente»171. Attraverso quindi una ricostruzione eziologica l'espressione operazione controllata di pagamento del riscatto dovrebbe essere intesa nel senso di rappresentare quell'attività complessa, preventivamente determinata dall'autorità giudiziaria, tramite la quale si svolge un pagamento simulato del riscatto richiesto dai rapitori; così, pur dovendosi sottolineare come la normativa in esame vada a costituire quell'insieme di leggi che autorizzano nel nostro ordinamento lo svolgimento di indagini eccezionali – genericamente definite operazioni sotto copertura –, occorre precisare che essa presenta alcuni aspetti del tutto peculiari rispetto alle altre disposizioni simili disciplinate nel nostro ordinamento. È previsto, infatti, che l'operazione controllata di pagamento del riscatto sia autorizzata dal giudice per le indagini preliminari con decreto motivato su richiesta del pubblico ministero. La norma nell'imporre a quest'ultimo l'indicazione delle modalità con cui intende procedere, sembra introdurre quella duplicazione di decreti – uno di carattere autorizzatorio, l'altro volto a regolamentare l'operazione – imposto dal legislatore in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni; pur mancando l'indicazione dell'atto con cui il pm presenta la richiesta, l'obbligo di motivazione in ordine alle modalità di esecuzione dell'operazione, fa propendere verso un atto tipico quale il decreto motivato. Si tratta dell'unica norma in materia che impone una garanzia giurisdizionale rafforzata, probabilmente dovuta alla necessità di proteggere, in questa fattispecie, non solo l'incolumità degli agenti di polizia giudiziaria impegnati nell'operazione, ma anche la vita stessa del sequestrato. Ad ogni modo, occorre rilevare la mancanza di una disposizione che autorizzi il pm, in caso di urgenza, ad iniziare l'attività senza attendere l'autorizzazione del giudice: in questo caso la scelta legislativa, che potrebbe comportare ritardi determinanti il fallimento dell'operazione, sembra condizionata sia dalla mancanza della materiale disponibilità dei beni oggetto dell'attività investigativa da parte del pm, sia dall'irrevocabilità degli effetti prodotti da un'incauta iniziativa effettuata d'urgenza dallo stesso. La norma nell'imporre 171 Cit. Rel. d.d.l 5375, in Doc. giust. 1991, 3, 334 cotenuto in G. Barrocu, Le

al pm la richiesta di autorizzazione al giudice non è affatto chiara quanto all'identificazione dei beni, denaro o altra utilità, che possono essere impiegati per l'operazione. In base alla relazione al d.d.l 5375, il pagamento controllato dovrebbe essere effettuato con le cose o il denaro già sottoposte al blocco dei beni di cui all'art. 1 del D.L 8/1991 secondo le modalità di esecuzione descritte nella richiesta del pm; fermo restando che il blocco dei beni è quel provvedimento del giudice atto a comprimere la disponibilità delle cose, dei beni e di altre utilità appartenenti alla persona sequestrata, al coniuge e ai parenti e affini conviventi, la disponibilità degli stessi, tuttavia, resta vincolata alla titolarità dei medesimi, per cui deve ritenersi che, anche in assenza di un'espressa previsione legislativa, il consenso dei titolari dei beni all'operazione autorizzata di pagamento debba ritenersi implicito nella norma. Si discute, inoltre, circa la possibilità di effettuare l'operazione con beni diversi da quelli sotoposti a sequestro: potrebbe presentarsi la situazione in cui il provvedimento di blocco dei beni non sia stato pronunciato o, ancora, l'ipotesi deteriore in cui la famiglia del sequestrato non sia in grado di far fronte alla richiesta; se per quanto attiene alla prima ipotesi, non sembrano esserci particolari difficoltà nel prevedere che i prossimi congiunti del sequestrato forniscano il denaro o altri beni per procedere all'operazione controllata di pagamento del riscatto – considerato peraltro che il co. 6-bis dell'art. 9 L. 146/2006 indica genericamente beni, denaro o altre utilità senza fare alcun cenno all'avvenuto blocco degli stessi – maggiori difficoltà crea l'eventualità che una simile operazione avvenga in mancanza di un patrimonio idoneo della famiglia del sottoposto a sequestro; la norma infatti qualora avesse previsto tale eventualità avrebbe dovuto disporre un'apposita copertura finanziaria attraverso l'istituzione di un fondo al quale i pubblici ministeri impegnati in tali indagini avrebbero potuto chiedere il finanziamento dell'operazione. La disposizione originaria proseguiva introducendo anche per la materia in oggetto, il potere di differimento degli atti dovuti; la disposizione, solo in parte analoga a quella contemplata dall'abrogato art. 98 D.P.R. 309/1990, consentiva al pm di ritardare l'esecuzione del provvedimento cautelare, dell'arresto del fermo dell'indiziato di delitto e del sequestro. Il pm, tuttavia, in questa fattispecie poteva esclusivamente ritardare l'esecuzione o disporre che sia ritardata l'esecuzione

dei suddetti provvedimenti, ma non ometterli come previsto dalle altre normative in materia di operazioni undercover. Inoltre, il ritardo era oggetto di una decisione che competeva al solo pm, e non quindi al giudice o alla polizia giudiziaria, per cui, pur in mancanza di una disposizione che gli attribuisca il potere di non emettere l'atto, lo stesso pubblico ministero poteva differire anche l'esecuzione di provvedimenti sottratti alla sua competenza, quali, nel caso de quo, l'arresto. In relazione a questa interpretazione, non è mancato chi ha sostenuto come il ritardo consentito riguardava in realtà l'emissione del provvedimento più che la sua esecuzione; atteso, infatti, che i presupposti di applicazione delle diverse figure dovevano essere accertati anche al momento dell'esecuzione, si finisce con il far coincidere il giudizio sulla tempestività dell'emissione del provvedimento cautelare con quello sulla tempestività dell'esecuzione: con ciò sembra confutato il dato letterale che autorizzava la mera ritardata esecuzione172. Ora, tuttavia, il quadro normativo di riferimento è notevolmente mutato poiché l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 630 c.p è stata inserita tra i casi in cui è possibile compiere, genericamente, complesse operazioni sotto copertura. Pur rimanendo in vigore le particolarità relative all'operazione controllata di pagamento del riscatto, anche la disciplina del ritardo ed omissione degli atti di ufficio per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione è quella prevista in generale dal co. 6 dell'art. 9 L. 146/2006.

CAPITOLO IV

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