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LA TESTIMONIANZA ANONIMA: punto di svolta o nodo insolubile?

LE OPERAZIONI SOTTO COPERTURA NELL'AMBITO DELLE INDAGINI DI POLIZIA

PROFILI PROCESSUALI DELLA FIGURA

E) LA TESTIMONIANZA ANONIMA: punto di svolta o nodo insolubile?

osservazione di una contestazione: e dunque al principio di iniziativa viene a sostituirsi un principio di inerzia esattamente antitetico al primo, nel quale il dichiarato è frutto dell'inerte conservazione dell'originaria cadenza colloquiale con il proprio interlocutore, ispirata, come ogni conversazione non formalizzata, ad un'accentuata 'mobilità disordinata del dire'.

228 M. Scarpone, Agenti segreti di polizia, in Riv. it. Dir. Proc. Pen. 1973, 310 229 G. Barrocu, op. cit., pag. 150

Già diversi anni prima dell'introduzione della L. 136/2010 nel nostro ordinamento, sembrava chiaro come un'ipotesi indubbiamente in grado di scongiurare i rischi – quali le minacee o o le ritorsione derivanti da una possibile testimonianza dell'agente undercover – potesse essere rappresentata dalla possibilità per il chiamato a deporre di mantenere celate le proprie generalità ed il proprio aspetto: in altre parole dall'istituto della testimonianza anonima. Premesso che l'istituto suscita non pochi dubbi circa la sua possibile conformità con i principi enunciati negli artt. 24 e 111 Cost., è giusto osservare come esso sia stato introdotto nel nostro sistema giuridico soltanto di recente: questo perché la testimonianza anonima non solo non era prevista nel nostro sistema processuale ma, in quanto epressione di «un arnese così cruciale nelle fucine inquisitorie»230 è stata considerata contraria allo stesso principio del contraddittorio che ispira il sistema di matrice tendenzialmente accusatoria; a tal proposito è interessante notare come, già sul finire dell'Ottocento, un'illustrissima dottrina231 ammoniva su come «una buona legge procedurale mai deve ammettere che possano in un processo criminale accettarsi testificazioni di persone che nascondono il proprio nome» auspicando che «una sanzione penale colpisca di nullità tutti quei processi orali dei quali si fosse fatto mostruoso strumento un testimone mascherato od anonimo».

Fatte queste considerazioni di matrice storico-culturale ed in attesa che l'utilizzazione dello strumento offra lo spunto per una pronuncia della Corte costituzionale, è del tutto interessante verificare come si sia orientata la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo chiamata a pronunciarsi sull'argomento; va detto, infatti, che alcuni paesi che aderiscono alla CEDU non hanno mai considerato i principi in essa contenuti come un ostacolo vero e proprio all'introduzione di una testimonianza anonima nel proprio sistema processuale: ad esempio, in Austria al giudice è data facoltà di garantire l'anonimato al testimone, permettendogli di astenersi dal rispondere alle domande relative alla propria identità personale quando vi è il 230 Le parole sono di M. Vogliotti, in La logica floue della Corte europea dei diritti

dell'uomo tra tutela del testimone e salvaguardia del contraddittorio: il caso delle testimonianze anonime, in Giur. it. 1998, 851

timore, derivante da fatti determinati, che il teste possa esporre sé o terze persone ad un pericolo grave per la vita, la salute o la libertà nel riferire il proprio nome o altri dati personali; una norma simile è possibile rinvenirla anche nell'ordinamento tedesco in cui è consentito celare l'identità del testimone per salvaguardare la vita, la salute o la libertà sua o di terze persone, ed in più, per l'agente undercover è possibile testimoniare utilizzando le proprie generalità di copertura. Particolare importanza, poi, è rivestita dall'ordinamento belga ed olandese: in Belgio infatti la disciplina di questo istituto contenuto in una norma legislativa del 8 aprile 2002 che si ispira quasi totalmente alla normativa olandese232; il dato interessante di questa disciplina è la differenziazione tra anonimato parziale ed anonimato completo: nel primo caso la protezione del soggetto esposto a pericolo o minacca per la propria od altrui incolumità si esplica attraverso l'omissione di alcuni dati identificativi ovvero, se si tratta di un agente di polizia, utilizzando l'indirizzo di servizio al posto del domicilio233; il giudice istruttore e quello del merito hanno quindi la possibilità di ascoltare un testimone senza che nel verbale di assunzione di informazioni od in quello d'udienza siano riportati alcuni dati identificativi. Dato da sottolineare è che, per la legislazione belga, questa disciplina dovrebbe essere riservata ai cd. testimoni occasionali, cioè a quei soggetti che, non appartenendo all'ambiente dell'imputato, vengono a conoscenza del fatto di reato in modo casuale e quindi, essendo sconosciuti alle persone sospettate, nulla impedisce che essi compaiano in udienza davanti al giudice del merito ed anzi, l'anonimato parziale fa sì che niente vieti l'escussione diretta del teste234: ed è per queste ragioni che, in caso di anonimato parziale, il giudice istruttore non è tenuto a verificare l'affidabilità del testimone, la quale sarà rimessa alle contestazioni delle parti nel corso del giudizio ed alla verifica diretta del giudice di merito. Come accennato poco fa, l'ordinamento belga permette, per alcune categorie di testimoni, la possibile sostituzione dell'indirizzo di servizio con l'indirizzo 232 La disposizione olandese di riferimento è la legge 11 novembre 1993, n. 603, la

quale ha aggiunto al codice di procedura penale una serie dettagliata di disposizioni relative alla “protezione del testimone”

233 M.A. Beernaert, La legge belga 8.4.2002 relativa all'anonimato dei testimoni, in Legisl. Pen. 2004 n. 2, 278

di domicilio: questa possibilità viene ad assumere un'importanza fondamentale in materia di operazioni undercover, posto che nella prima categoria prevista vi rientrano indubbiamente gli agenti sotto copertura, in quanto ricompresi nella categoria degli “attori della giustizia penale”235. Quello che risulta di maggiore interesse al fine di comprendere quali siano i presupposti normativi all'interno dei quali si è costruito il giudizio della Corte europea dei diritti dell'uomo, riguarda definitivamente la possibilità prevista dalle due legislazioni in questione di utilizzare nel processo penale la figura di un testimone la cui identità sia tenuta completamente segreta: il cd. anonimato completo. La competenza ad ascoltare un testimone che versa in simili condizioni di anonimato è da considerarsi prerogativa esclusiva del giudice istruttore, pur con la possibilità per la corte d'Appello o il tribunale correzionale di ordinare al giudice istruttore di riascoltare il teste o di esaminare un nuovo soggetto che è completamente anonimo. Ciò fa capire ed emergere una chiara esistenza di un regime particolare concernente la possibile utilizzabilità degli elementi probatori emersi durante la testimonianza: anzitutto questa potrà essere utilizzata solo per i gravi reati tassativamente selezionati dal legislatore, dipoi, l'elemento probatorio emerso dalla testimonianza anonima dovrà ottenere una sufficiente corroboration, tale che la sentenza di condanna non possa essere basata in via esclusiva su tale elemento probatorio236.

La Corte europea, investita della questione, è stata chiamata a sciogliere un nodo giuridico di non facile interpretazione – anche alla luce delle diverse interpretazioni nate nei diversi Stati europei a cui abbiamo accennato fino a poco fa – al fine di salvaguardare due diritti certamente meritevoli di tutela, sbilanciandosi a tal punto da creare una sorta di gerarchia tra i due diversi interessi in gioco: da un lato abbiamo l'esigenza di garantire e tutelareil testimone da possibili rischi per la sua vita e quella dei suoi familiari, dall'altro, questa testimonianza crea una qualche frizione con il sistema di garanzie dell'imputato previste nella CEDU stessa, quali il principio del 235 Emendamento n. 39 del Governo belga, Documents parlamentaires Chambre,

2000-2001, 1185/6, 2

contraddittorio delineato all'art. 6, il quale principio, descritto come un diritto di “difendersi provando”237, viene ostacolato dall'istituto del teste anonimo in quanto, anche qualora sia rimanga invariato il diritto alla controprova, inteso sia nel senso della possibilità di controesaminare il teste che di ammettere ulteriori prove a discarico, la mancata conoscenza dell'identità del dichiarante costituisce un evidente ostacolo per l'effettività della cross examination e per la verifica della credibilità del teste.

Non è un caso allora se la Corte europea ha espresso un principio pressoché identico per l'acquisizione di verbali di prove dichiarative in caso di minaccia o subordinazione del teste ed in caso di testimonianza anonima: ossia che non potranno mai costituire l'unica prova su cui fondare la condanna238. Così secondo la Corte europea dei diritti dell'Uomo, pur non dovendosi considerare la testimonianza dell'agente sotto copertura come astrattamente incompatibile con la Convenzione, la stessa, lungi da poter avere un canale privilegiato di utilizzazione rispetto al testimone comune, deve essere considerata del tutto eccezionale – e, ad ogni modo, limitata a fornire un apporto probatorio non determinante nel convincimento del giudice nazionale.

Alla luce di queste considerazioni di carattere sovranazionale, suscita non poche perplessità l'esiguo disposto introdotto con l'art. 8 della L. 136/2010, in ragione dell'automatismo che si è configurato fra azione undercover e testimonianza resa con identità fittizia, senza alcun limite derivante da un pericolo reale valutato caso per caso dal giudice, che rende il sacrificio al diritto dell'imputato ad un contraddittorio pieno assolutamente non bilanciato da altri diritti di pari rango. Inoltre, l'assenza di indicazioni in merito alla possibilità che l'autorità giudiziaria competente nella specifica fase procedimentale conosca le reali generalità del teste così da permettere una valutazione di attendibilità affidata ad un organo terzo ed imparziale, sembra 237 Cit. G. Vassalli, Il diritto alla prova nel processo penale, in Riv. it. Dir. Proc. Pen.

1968, 12

238 CEDU, 14 febbraio 2002, Visser c. Paesi Bassi, in www.echr.coe.int, dove la Corte dichiarò la violazione dell'art. 6 comma 1 e 3 lettera d della CEDU, affermando che, verificato l'impiego determinante contra reum di una testimonianza anonima, non era necessario esaminare la compatibilità con le prescrizioni convenzionali del procedimento probatorio adottato dall'autorità giudiziaria nazionale

rendere inevitabile una declaratoria di incostituzionalità oltre che una pronuncia di iniquità dei procedimenti che verranno sottoposti all'attenzione della Corte europea dei diritti dell'Uomo239.

F) LA TESTIMONIANZA INDIRETTA DELL'AGENTE SOTTO

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