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LO STATUTO DELLE OPERAZIONI SOTTO COPERTURA

L'AGENTE INFILTRATO

C) LO STATUTO DELLE OPERAZIONI SOTTO COPERTURA

L'attività sotto copertura ha da sempre avuto come caratteristica fondamentale l'eccezionalità dei casi nei quali è consentito ricorrervi, anche perché le norme erano tutte contenute in disposizioni extracodicistiche emanate per far fronte a situazioni emergenziali causate dalla commissione di reati di particolare offensività ed allarme sociale: come abbiamo già visto, si tratta degli artt. 97 e 98 D.P.R 309/1990 relativi al traffico di stupefacenti, dell'art. 12-quater L. 356/92 in materia di ricettazione e riciclaggio, dell'art. 14 L. 269/98 per reati aventi ad oggetto lo sfruttamento della prostituzione, la pedo-pornografia ed il turismo sessuale a danno dei minori e, infine, l'art. 4 L. 438/01 concernenti misure urgenti per contrastare il terrorismo internazionale.

Questo panorama legislativo, se da un lato ha contribuito a selezionare il diverso tipo di attività sotto copertura necessaria in relazione alle diverse situazioni emergenziali, dall'altro ha, però, posto in luce il problema della mancanza di una figura unitaria di agente undercover. A porre fine a tale frammentarietà della disciplina è stata emanata la legge 16 marzo 2006, n. 146 che, nel ratificare la Convenzione ed i protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale (Convenzione di Palermo 12-15 dicembre 2000), ha razionalizzato tutta la normativa previgente.

L'art. 9 della L. 146/06 ha istituito quello che è stato definito lo “Statuto delle operazioni sotto copertura”: nello specifico, esso prevede una causa di non punibilità per gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, nel caso di operazioni sotto copertura.

Questa norma ha dato attuazione all'art. 20 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (CTOC), che prevede esplicitamente per ciascuno Stato l'obbligo di adottare “le misure necessarie a consentire l'appropriato impiego della consegna controllata e, laddove ritenuto opportuno, l'impiego di altre tecniche speciali di investigazione, quali la sorveglianza elettronica o di altro tipo e le operazioni sotto copertura da parte delle autorità competenti sul suo territorio allo scopo di

combattere efficacemente la criminalità organizzata”, purché, naturalmente, queste siano non contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico nazionale e “nella misura delle proprie possibilità nonché alle condizioni stabilite dal proprio diritto interno”58.

Nel testo della Convenzione, le consegne controllate e le operazioni sotto copertura sono annoverate fra le “special investigative techniques” (SIT), le quali si possono distinguere in due categorie: la prima è formata da tecniche di investigazione di natura “passiva”, in quanto fondate sul monitoraggio in tempo reale dell'attività criminosa in corso di esecuzione, in questa categoria rientrano le omissioni od i ritardi di atti d'ufficio da parte dei soggetti incaricati dell'indagine, e quindi, le consegne controllate e il differimento dei provvedimenti di cattura o sequestro; la seconda categoria è formata da tecniche di investigazione undercover “attive”, in quanto finalizzate all'acquisizione di elementi di prova raccolti nell'immediatezza del fatto o nel momento in cui l'attività criminosa è in corso di esecuzione, generalmente, avvalendosi di un agente provocatore.

A ben vedere, nel nostro ordinamento, esistevano già norme volte ad autorizzare le operazioni sotto copertura; lo scopo di questo intervento normativo era quello di estendere la fruibilità delle speciali tecniche di investigazione nei procedimenti relativi ai reati previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale: i cosiddetti serious crimes, definiti, dall'art. 2 della CTOC e dall'art. 3 della legge di ratifica, come i reati commessi con il coinvolgimento di un gruppo criminale organizzato per i quali sia prevista una pena alla reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. La legge di ratifica ha però una portata limitata: infatti non vi è una previsione esplicita che consenta di utilizzare le SIT al fine di contrastare i fenomeni associativi in sé considerati, all'infuori dei casi nei quali i gruppi criminali svolgano attività di narcotraffico, riciclaggio di denaro, tratta di persone e riduzione in schiavitù, ovvero stiano per compiere attentati di tipo terroristico. Non è stata dunque colta l'occasione di colmare una lacuna del nostro sistema; infatti, si può sostenere che per quanto riguarda le tecniche di investigazione speciale la Convenzione di Palermo non ha avuto nel nostro ordinamento una concreta attuazione. 58 v. De Amicis, Cooperazione giudiziaria e corruzione internazionale, Milano 2007

Risulta impossibile per l'autorità giudiziaria avvalersi dell'utilizzo delle SIT in procedimenti per i quali l'utilizzo dell'attività sotto copertura non è consentito neppure per i reati commessi all'interno del nostro territorio. Lo scopo della L. 146/2006 si può ritrovare nell'intento del legislatore di riordinare una disciplina frammentata in più norme, e non, nella volontà introdurre nuove ipotesi di attività sotto copertura.

Tuttavia, nemmeno il risultato di una reductio ad unum è stato pienamente raggiunto: infatti, il legislatore aveva omesso di abrogare una serie di leggi che quindi continuavano a disciplinare autonomamente le attività sotto copertura in relazione a determinati reati; le attività undercover in materia di stupefacenti erano ancora disciplinate dagli artt. 97 e 98 D.P.R. 309/1990; quelle in materia di pedopornografia dall'art. 14 L. 269/1998 ed infine, quelle in relazione al sequestro di persona a scopo di estorsione dall'art. 3 D.L. 8/1991.

L'elenco tassativo delle ipotesi per le quali si poteva procedere ad indagini sotto copertura, previsto dall' art. 9 L. 146/2006 , comprendeva:

1. riciclaggio ed impiego di denaro, beni od altre utilità di provenienza illecita (artt. 648-bis e 648-ter c.p.)

2. delitti contro la libertà personale previsti dal libro II, titolo XII, capo III c.p

3. delitti concernenti armi, munizioni ed esplosivi

4. immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione di clandestini ( art. 12 comma 3, 3-bis, 3-ter, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286)

5. sfruttamento ed induzione alla prostituzione ( art. 3 l. 20 febbraio 1958, n. 75)

6. delitti commessi con finalità di terrorismo

7. estorsione ed usura (art. 629 e 644 c.p.), per i quali gli ufficiali di polizia giudiziaria potevano solamente omettere o ritardare atti di propria competenza dandone immediato avviso al p.m

Inoltre, in riferimento ai reati per i quali è possibile ritardare od omettere atti d'ufficio, l'art. 4 del D.L. 374/06 aveva esteso la disposizione dell'art. 10 D.L. 419/1991 anche ai reati previsti dall'art. 407 comma 2 lettera a) c.p.p: tale

disposizione è stata espressamente sostituita dall'art. 9 L. 146/06 senza che venisse riproposta la possibilità di omettere o ritardare gli atti improrogabili per tali reati. Facendo un confronto tra i reati per i quali questa opportunità è stata nominalmente riprodotta e quelli contenuti nell'art. 407 comma 2 lettera a), ne conseguiva l'impossibilità di avvalersi di tale strumento investigativo, fra gli altri, per i delitti commessi con finalità di eversione dell'ordinamento costituzionale, di partecipazione sovversiva e di banda armata: nel rilevare una tale mancanza veniva sostenuto che trattandosi di reati particolarmente gravi “sembrava potersi escludere che tale lacuna fosse frutto di una precisa scelta di politica criminale, ma appariva più probabile una semplice – ancorché nociva – svista” 59.

Come detto, però, a porre rimedio all'imprecisione del testo originario dell'art. 9 L. 146/06 è intervenuta la L.136/2010 che ha avuto il merito, oltre a completare l'opera di razionalizzazione delle norme in materia di operazioni sotto copertura, di introdurre l'attività undercover per nuove fattispecie di reato e di completare la disciplina per altre. Sotto il primo aspetto, con esclusione delle azioni simulate in materia di pedopornografia, sia la disciplina delle operazioni simulate e ritardo od omissione degli atti di ufficio nel contrasto al narcotraffico, sia il pagamente simulato nei delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione sono stati ricondotti sotto la disciplina dello statuto delle operazioni sotto copertura. In secondo luogo, è stata introdotta ex novo la possibilità di ricorrere all'investigazione simulata per i delitti di contraffazione, alterazione od uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali (art. 473 c.p.) e di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.), del delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina anche nelle ipotesi non aggravate (art. 12 comma 1 T.U. Sull'immigrazione 286/1998), del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 D. LGS. 152/2006), ipotesi di reato che l'art. 11 L. 136/2010 ha, inoltre, inserito tra i delitti distrettuali cui all'art. 51 comma 3-bis c.p.

Per quanto concerne, invece, i delitti di estorsione (art. 630 c.p) ed usura (art. 59 v. F. Gandini, Lotta alla criminalità organizzata, le operazioni sotto copertura,

644 c.p) la disciplina è stata razionalizzata nel senso di consentire non solo specifiche ipotesi di differimento ed omissione degli atti dovuti, ovvero per il sequestro di persona le sole operazioni controllate di pagamento del riscatto, ma offrendo la possibilità agli investigatori impegnati nell'indagine di svolgere vere e proprie operazioni sotto copertura così come disciplinate dall'art. 9 comma 1 L. 146/2006.

Infine, l'art. 8 comma 1 L. 136/2010 ha introdotto nella lettera b dell'art. 9 comma 1 L. 146/2006, dopo il richiamo ai delitti “commessi con finalità di terrorismo” le parole “o di eversione”, ponendo così rimedio a quella incoerente mancanza del testo originario che impediva di fatto la possibilità di svolgere operazioni undercover per gravi delitti finalizzati a porre in pericolo l'esistenza stessa dello Stato.

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