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LEGISLAZIONE ALL'AVANGUARDIA IN TEMA DI AGENTE UNDERCOVER

La Svizzera è senza dubbio fra i paesi che sono approdati ad una legislazione che può essere considerata la vera e propria sintesi delle istanze di prassi e dottrina, perlomeno così come si sono sviluppate nel nostro paese. Nello stato elvetico si è raggiunto un invidiabile livello di determinatezza legislativa, non solo per l'esistenza di una normativa specifica sulla materia, ma per le caratteristiche proprie di questa regolamentazione che ne fanno un modello di cui sarebbe auspicabile l'emulazione99.

Il primo riferimento riferimento legislativo è contenuto nella legge Betàubugsmittelgesetz del 3 ottobre 1951, novellata dall'art. 23 della L. 20 marzo 1975, che disciplina, con modalità diverse dall'ordinamento italiano, l'attività del funzionario di polizia che partecipi ad un'operazione simulata per la repressione di reati di traffico di stupefacenti. La norma prevede una scriminante speciale per l'agente che “a scopo investigativo accetta in prima persona o attraverso altri un'offerta di stupefacenti ovvero riceve personalmente o attraverso altra persona delle sostanze stupefacenti”.

Successivamente, in seguito alla presentazione del messaggio del Consiglio federale del 1° luglio 1998, è stata emanata la legge federale sull'inchiesta mascherata del 20 giugno 2003100; all'art. 1 la legge chiarisce anzitutto lo scopo dell'inchiesta mascherata, rivolta “ad infiltrare gli ambienti criminali con membri della polizia non riconoscibili come tali ed a contribuire in tal 98 Cit. J.A. Colquitt, Rethinking entrapment, in Ann.Crim. L. Rev., 2004, 41, 1389 99 Per una dottrina sulle indagini sotto copertura in Svizzera v. M. Dell'Ambrogio,

L'indagine mascherata dal punto di vista della polizia, in Schweizerische Zeitschrift fur Strafrecht, 1992, pag. 110 196

100 Tale normativa ad oggi è inserita nel nuovo codice di procedura penale federale elvetico agli artt. 286-298

modo al chiarimento di reati particolarmente gravi”. L'art. 3 enuncia poi due principi generali governanti la disciplina, i quali si caricano di un immediato valore pragmatico: da un lato è previsto che “l'integrità e l'identità dell'agente infiltrato sono protette”, dall'altro, che “la forma e l'entità dei mezzi utilizzati a tal fine devono permettere di stabilire i fatti, preservando però, il diritto delle persone interessate a un equo processo, ed in particolare, al diritto di difesa”. A questo scopo sono predisposte una serie di prescrizioni a garanzia della legittimità delle operazioni undercover: viene infatti posto, all'art. 4, l'elenco dei gravi reati per i quali è possibile attivare l'inchiesta mascherata, all'art. 5., vengono precisati quali possano essere i soggetti protagonisti dell'indagine.

L'indagine può essere attivata sia da membri del corpo di polizia sia da persone assunte a titolo provvisorio al fine di svolgere un compito di polizia, anche se prive di formazione professionale: tale disposizione permette di risolvere le incertezze concernenti l'utilizzo di soggetti privati all'interno di attività sotto copertura, attraverso la loro assunzione temporanea per il tempo necessario all'esecuzione dell'operazione. Inoltre, si prevede espressamente la possibilità di assegnare ai soggetti un'identità fittizia con la garanzia che la loro reale identità non sarà rivelata nemmeno nell'ambito di un procedimento giudiziario nel quale l'agente infiltrato stesso compaia come persona informata sui fatti o come testimone, con la precisazione che, qualora lo stesso agente infiltrato avesse commesso un reato nel corso della sua attività, spetterà all'autorità giudiziaria decidere sotto quale identità si svolgerà il procedimento penale.

La legge federale del 2003 ha poi il notevole merito di risolvere normativamente due fra i più pesanti dubbi ermeneutici sorti nell'applicazione pratica di tale istituto nei vari paesi continentali: per un verso, stabilisce con precisione il rapporto tra polizia ed autorità giudiziaria, per l'altro verso, detta un'apposita disciplina a seconda che l'attività undercover sia da svolgersi all'interno di un procedimento penale già avviato ovvero in presenza di un mero sospetto o del timore che possa essere compiuto un grave reato101.

Per quanto riguarda il primo aspetto, l'art. 7 chiarisce che la designazione di un agente infiltrato va sottoposta ad approvazione giudiziaria, specificando che la stessa autorità deve pronunciarsi espressamente circa la possibilità di «allestire o alterare documenti per costituire o conservare un'identità fittizia, fare la promessa di riservatezza» dell'identità dell'agente e designare un infiltrato non appartenente al corpo di polizia; siffatta autorizzazione deve essere motivata e non può avere durata superiore ad un anno, prima della scadenza di tale termine il comando di polizia cui appartiene l'infiltrato deve redigere un rapporto sull'attività espletata e, laddove necessario, chiedere una proroga. Inoltre, al fine di creare un dovuto bilanciamento fra il necessario rapporto di subordinazione con l'autorità giudiziaria e le esigenze di sicurezza dell'agente infiltrato, è stata istituita una nuova figura definita “persona di contatto”: questa, per tutta la durata dell'intervento, istruisce l'agente infiltrato e mantiene il collegamento con l'autorità che ha ordinato l'inchiesta mascherata, in aggiunta ha la facoltà di impartire indicazioni alla stregua di un superiore gerarchico ed infine ha il compito di dirigere ed assistere l'agente per tutta la durata dell'intervento.

Invece, per quanto riguarda il secondo aspetto, ossia la distinzione tra attività sotto copertura preventiva ed attività sotto copertura finalizzate alla repressione di reati, bisogna dire che l'art. 12 precisa quale debba essere l'utilizzazione degli elementi emersi nel corso di un'inchiesta svoltasi al di fuori di un procedimento penale: qualora il rapporto dell'agente infiltrato contenga accertamenti relativi ad un crimine o ad un delitto, il comando di polizia denuncia il caso all'autorità giudiziaria competente per il perseguimento penale, e, allo scopo di evitare che l'inizio di un procedimento ufficiale possa compromettere l'indagine sotto copertura, “la denuncia può essere accompagnata dalla richiesta di rinunciare momentaneamente a qualsiasi operazione d'inchiesta riconoscibile come tale […] se gli accertamenti sono indispensabili per l'assunzione di prove, un rapporto di polizia è integrato negli atti processuali”102. L'art. 13, di converso, chiarisce in quali casi il comando di polizia debba porre fine all'intervento e vengono

6B_777/2007, sentenza 16 giugno 2008; Trib. Fed. 1P566/2002, sentenza 18 aprile 2003

enunciate 3 ipotesi in cui non è più utile o conveniente protrarre l'inchiesta mascherata: oltre al caso in cui non appare ipotizzabile, entro un termine ragionevole, l'intervento nell'ambito di un procedimento penale, l'indagine undercover va interrotta senza ritardo qualora «i rischi o il dispendio dell'intervento siano sproporzionati rispetto all'esito atteso, ovvero l'agente infiltrato non si attiene alle istruzioni, informa scientemente in modo falso la persona di contatto o non rispetta gli obblighi in qualsivoglia altra maniera»103. La seconda Sezione della leggel federale è intitolata “intervento nell'ambito di un procedimento penale”: secondo l'art. 22 l'autorità che ha ordinato l'inchiesta mascherata informa l'imputato, al più tardi prima della fine dell'istruttoria o dopo la decisione di non doversi procedere, che nei suoi confronti è stata svolta un'inchiesta mascherata. Qualora le informazioni non siano utilizzate a scopo probatorio, l'autorità giudiziaria può eccezionalmente differire la comunicazione o rinunciarvi se sussiste il pericolo di un grave pregiudizio per l'agente infiltrato o espone a serio pericolo terze persone, o ancora se è indispensabile a tutela degli interessi pubblici preponderanti, in particolare per la sicurezza interna od esterna o per la lotta al crimine organizzato. Infine, l'art. 23, prescrive le modalità attraverso cui verrno garantite misure di protezione dell'identità dell'infiltrato una volta terminato l'intervento: le sue generalità non saranno rivelate neppure durante il procedimento giudiziario e non figureranno negli atti processuali, se il giudice ritenga necessario procedere all'interrogatorio di tale soggetto, l'autorità prenderà le misure di protezione indispensabili per mantenere la promessa di riservatezza, che possono andare dall'alterazione dell'aspetto o della voce, all'audizione in luogo separato o a porte chiuse, all'esclusione della partecipazione degli imputati se il confronto dovesse costituire una minaccia considerevole per l'infiltrato.

Da questa breve disanima emerge come le norme introdotte nell'ordinamento elvetico rispondano con prontezza alle esigenze di garanzia ed equità processuale nonché alla necessità di assicurare l'incolumità dei soggetti coinvolti e da questo deriva una riflessione importante: se consideriamo lo scarso e lacunoso apporto normativo dato nel nostro paese dal cd. statuto 103 Testuali parole dell'art. 13 comma 1 della L. federale 2003

delle operazioni sotto copertura, appare quanto mai difficile ipotizzare che la polizia svizzera accetti di collaborare ad un'indagine transfrontaliera con l'Italia, in ragione delle insufficienti garanzie che avrebbero nell'operare nel nostro territorio e, tale valutazione, rende ancor più necessaria l'adozione di una normativa europea comune che possa essere poi utilizzata come modello degli accordi bilaterali con gli Stati non comunitari: con ciò “ci si riferisce ad un'unica normativa di carattere processuale e sostanziale che permetta di creare uno spazio comune di repressione della criminalità organizzata in cui gli agenti di polizia dei diversi paesi possano operare con la garanzia di una regolamentazione uniforme”104.

CAPITOLO III

LE OPERAZIONI SOTTO COPERTURA NELL'AMBITO

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